2020-05-13
Niente assicurazioni né credenziali. I pm puntano la Onlus della Romano
La Africa Milele non è nell'elenco delle agenzie di cooperazione e in tutto il 2018 sottoscrisse solo 156 euro di polizze (nessuna per la milanese). Dubbi anche sui guardiani, il Ros ha fatto segnalazione ai magistrati. La Onlus che piaceva a Pippo Civati e ai pentastellati marchigiani, e che in Africa era chiacchierata perché offriva sul Web voli scontati per cooperanti, aveva assicurato i suoi volontari con 156 euro complessivi nel 2018. Il contratto di assicurazione, insieme alle registrazioni in ambasciata e alle certificazioni delle autorità keniote, è tra i documenti che i carabinieri del Ros che si stanno occupando del rapimento di Silvia Romano hanno acquisito dall'Unità di crisi della Farnesina e inviato in Procura. E se a questo si aggiunge che i Romano vogliono sapere se il sequestro della loro figliola si poteva evitare e se tutti gli standard di sicurezza sono stati rispettati, è facile immaginare che il pm Sergio Colaiocco qualche valutazione sulla Onlus di Fano, Africa Milele, per conto della quale Silvia portava avanti un programma di educazione per bambini di strada, dovrà farla. La ragazza durante il suo interrogatorio avrebbe raccontato di essere stata lasciata da sola a operare a Chakama. La mamma della volontaria, Francesca Fumagalli, intervistata dal Tg3 - prendendo ancora una volta pubblicamente le distanze dalla onlus - ha dichiarato: «Non sono io l'ordine preposto per parlare di queste cose, c'è una Procura che indaga e ci pensano loro, io non rilascio dichiarazioni sull'argomento». E ora anche Silvia Santilli, la portavoce dell'Associazione delle ong italiane (Aoi), la più grande rappresentanza del settore in Italia, vuole vederci chiaro: «Tutte le organizzazioni devono avere un codice etico e un protocollo di sicurezza», ha precisato in un'intervista a Redattore sociale, «le organizzazioni che chiedono l'adesione ad Aoi, Cini e Link, devono averlo, consultabile sul sito, e lo verifichiamo. La onlus in questione, Africa Milele, non aderisce a nessuna di queste organizzazioni». Non è, insomma, nell'elenco delle organizzazioni dell'Agenzia della cooperazione. La Santilli aggiunge: «Ora siamo noi per primi a chiederci se è stato fatto tutto secondo la norma, se la ragazza avesse un referente per la sicurezza in loco o se sia stata lasciata sola in una zona a rischio, senza una scorta». La fondatrice di Africa Milele, Lilian Sora, però, si pone come una testimone chiave dell'inchiesta: «Certo che so chi ha tradito Silvia, ma l'ho detto a familiari e inquirenti e basta». E sostiene di essersi trasformata in investigatrice in Kenya: «Ho fatto le mie indagini per capire cosa fosse successo». Aggiunge anche: «Penso di averlo scoperto». Lilian ritiene che la ragazza fosse controllata da qualcuno. E ipotizza che «alcuni componenti del commando abbiano dormito vicino alla nostra casa, prima del rapimento». Inoltre, con i cronisti di Repubblica, ha difeso col coltello tra i denti l'attività in Africa, anche su quella che ora sembra una parete scivolosa: la sicurezza. «A Chakama la sicurezza c'era», afferma Lilian. E si fa schermo con la sua ex collaboratrice: «Lo so, ci hanno buttato addosso tanto fango ma la protagonista ora è Silvia e risponderà lei, sono sicura». E quando le dicono che i familiari hanno preso le distanze dalla Onlus replica: «Davvero? Per tramite dei volontari mi sono arrivate parole carine da parte di Silvia». In Africa a difendere la Romano e gli altri volontari c'erano dei masai. «Hanno una grande energia», afferma la Sora, «è bello poterli accogliere ma uno si faceva i selfie nel campo di marijuana, l'altro lo scopri “affettuoso" coi bambini, un altro ancora... lasciamo perdere, ci domandavamo se fosse meglio avere solo cooperanti». La possibilità di un rapimento, a quanto sembra, proprio non l'avevano presa in considerazione: «Non ci abbiamo mai pensato», sostiene Lilian, «se conosceste quel villaggio e la sua gente capireste». E quando è stata rapita Silvia c'erano ben due guardiani di turno: «John perlustrava intorno e Joseph, il mio compagno, era appena andato via. Ne resta sempre uno solo a dormire, la sera». Parole che di certo la responsabile della onlus avrà già ripetuto davanti alle autorità. I carabinieri del Ros hanno ascoltato più volte Lilian e hanno riscontrato, per esempio, come riporta il Corriere della Sera, che Silvia era in Kenya senza nemmeno uno straccio d'assicurazione per le malattie e gli infortuni («non c'era stato ancora il tempo materiale di fare la polizza», la spiegazione). Resta da chiarire chi ha tradito Silvia e se si nascondesse proprio tra chi doveva garantire la sua sicurezza nel villaggio. I contatti tra il commando e i somali, avvenuti anche prima del rapimento, e i quattro video girati durante la prigionia e forniti come «prove di esistenza in vita» di Silvia sono tra i pochi elementi che gli investigatori hanno in mano per cercare di individuare i carcerieri. Ora che il pool antiterrorismo della Procura di Roma, guidato dal pm Colaiocco, sta cercando di verificare se alla cooperante erano state garantite tutte le condizioni di sicurezza, sono in tanti a prendere le distanze da Africa Milele. Il deputato del M5s Roberto Rossini, per esempio, se prima sosteneva di aver visto Africa Milele «nascere e crescere», ora dichiara: «Mia moglie non l'ha fondata ed è semplicemente un membro del direttivo di questa onlus dal 2014. Da quando Silvia è stata rapita il 20 novembre 2018 la mia unica preoccupazione, anche da parlamentare, è stata quella di informarmi quotidianamente sulle sue condizioni e sull'evolversi della situazione». E afferma la sua estraneità nei rapporti con la onlus. Pippo Civati, leader di Progresso, quasi quotidianamente dal giorno del sequestro ha twittato qualcosa per Silvia. Da ieri, invece, si è silenziato. Ma sostiene di farlo «per rispetto».