
L'operazione Quercia del 12 settembre 1943 ha una verità nascosta: una sorta di accordo segreto italotedesco per consegnare il Duce ai nazisti. Non c'erano misure cautelative e non vi fu alcuna reazione dei nostri soldati.Dall'atterraggio del primo aliante alla presa in consegna di Benito Mussolini erano trascorsi appena quattordici minuti. A Campo Imperatore, nel primo pomeriggio di domenica 12 settembre 1943, si concludeva una delle più incalzanti spy story della seconda guerra mondiale, a suggello di una serrata caccia all'uomo iniziata all'indomani della destituzione e dell'arresto del duce. Quando i paracadutisti del maggiore Harald Mors eseguivano con successo l'operazione Quercia (questo il nome in codice) a quota 2.200 metri, sul Gran Sasso d'Italia, non erano consapevoli che quel blitz curato in tutti i dettagli e scattato come un implacabile meccanismo avrebbe fatto scuola. In tutti i sensi, considerando che si studia nelle accademie militari ancora oggi. Il piano era stato elaborato appena il giorno prima dal maggiore Mors su incarico del generale Kurt Student, il quale eseguiva l'ordine di Adolf Hitler di trovare, liberare e portare in Germania il suo amico Mussolini fatto arrestare da Vittorio Emanuele III che l'aveva sostituito con Pietro Badoglio. La determinazione del Führer era antecedente all'uscita dell'Italia dalla guerra con l'armistizio di Cassibile, e l'incarico affidato al capitano Ss Otto Skorzeny di dare la caccia alla prigione del duce era un atto di ostilità: se si fosse concretizzato durante la detenzione all'isola di Ponza o alla Maddalena, sarebbe stato un perfetto casus belli per lo sganciamento dell'Italia da quell'alleanza disastrosa. Ma la storia aveva deciso altrimenti: in ambedue i casi Skorzeny era arrivato tardi rispetto alle mosse degli italiani, che erano riusciti con grande abilità a depistare le ricerche tedesche. Poi, però, era precipitato tutto. L'8 settembre l'annuncio della resa diffuso da Radio Algeri aveva gettato nel panico il governo italiano che, invece di stare ai patti sottoscritti il 3 dal generale Giuseppe Castellano per dar seguito al rovesciamento di alleanze, aveva optato per l'abbandono di Roma lasciando l'esercito senza ordini o con direttive contraddittorie o incomprensibili. Nella fuga per Pescara prima e da Ortona poi, Badoglio si era «dimenticato» di Mussolini che si trovava anche lui in Abruzzo, in una stanza della stazione sciistica più alta d'Europa, a Campo Imperatore. Eppure l'articolo 29 dell'armistizio lungo prevedeva la sua consegna agli Alleati. Sull'atteggiamento di Badoglio possono farsi solo ipotesi, la più accreditata delle quali è che sarebbe stato preferibile che il duce se lo fossero preso i tedeschi: qualunque cosa avesse detto in seguito, contro di lui e contro i personaggi più in vista della nomenklatura italiana di quel momento, sarebbe stato frutto di un rancore personale, mentre invece se fosse stato processato dagli angloamericani sarebbero emerse responsabilità e connivenze molto imbarazzanti. Nell'individuazione del nascondiglio di Mussolini avevano giocato un ruolo ben preciso e determinante il capo della polizia politica tedesca a Roma, Herbert Kappler, e il suo uomo di fiducia Erich Priebke che si era recato dalla capitale alle falde del Gran Sasso in Topolino, per accertare se in quota fosse davvero custodito il duce. Anche il generale Student, non disponendo di un servizio di spionaggio e controspionaggio, aveva inviato il suo uomo di fiducia, il capitano medico Leo Krutow, a sondare cosa ci fosse a quota 2.200. I tedeschi avevano solo indizi e nessuna prova. Skorzeny, proprio l'8 settembre, con una finta missione aveva sorvolato l'aeroporto di Pescara e poi sulla rotta del ritorno a Pratica di Mare l'hotel di Campo Imperatore per scattare alcune fotografie, che erano il vero obiettivo di quel volo. Student aveva deciso di agire. L'11 settembre aveva chiamato il suo miglior comandante di battaglione e gli aveva detto che avrebbe dovuto liberare Mussolini.Il maggiore Mors aveva allora elaborato un piano secondo il quale una compagnia aviotrasportata, agli ordini del tenente Georg von Berlepsch (un barone di antica aristocrazia), avrebbe preso d'assalto dal cielo l'hotel, mentre tre compagnie da lui personalmente guidate avrebbero circondato e isolato la zona. Mussolini era sorvegliato da un reparto misto di carabinieri e poliziotti, poco meno di sessanta uomini ma ben armati, sotto la responsabilità dell'ispettore generale Giuseppe Gueli, un ambiguo questore, e del tenente Alberto Faiola, referente ad personam di Badoglio. Il coordinamento da Roma era del capo della polizia Carmine Senise, che si barcamenava nella tempestosa situazione italiana post armistiziale, a sua volta più ambiguamente di Gueli. Un telegramma nel quale si sosteneva che «le misure di sicurezza sul e intorno al Gran Sasso sono ultimate», intercettato da Kappler, lo aveva messo in guardia sulla possibilità che lì vi fosse l'uomo che i tedeschi cercavano. Non si era sbagliato. Skorzeny, che a questo punto era rimasto fuori dai giochi, aveva fatto di tutto pur di rientrarci, ottenendo alla fine da Student di poter partecipare all'operazione come «osservatore politico». In fin dei conti era l'emissario di Hitler e del partito nazista. Il suo grado era stato «congelato», perché non si poteva mettere un capitano, per di più Ss, agli ordini di un tenente come Berlepsch, mentre il problema non si poneva per alcuni dei suoi selezionatissimi uomini. Con una mossa che in seguito Mors definirà «da gangster», si era portato dietro anche un ostaggio, il generale dei metropolitani Ferdinando Soleti, persino drogato dopo un maldestro tentativo di suicido. Berlepsch si era mostrato molto contrariato dal dover lasciare a terra i suoi addestrati soldati per far posto alle Ss, ma neppure Mors aveva potuto farci nulla. L'operazione Quercia, nonostante le pesanti interferenze di Skorzeny, che aveva esercitato il suo grado per costringere il pilota del suo aliante a scendere in picchiata (manovra espressamente vietata da Student e da Mors) pur di essere il primo tra i dieci velivoli a toccare terra. Avrebbe fatto di peggio nelle ore successive, con l'avallo di Ernst Kaltenbrunner, Heinrich Himmler e Joseph Goebbels, spacciandosi per il liberatore di Mussolini. Un falso storico giunto fino ai giorni nostri. Gli italiani non avevano sparato un solo colpo. Facevano la guardia a un prigioniero che prima o poi qualcuno sarebbe venuto a prendersi, e loro erano confinati in alta montagna mentre l'Italia implodeva e altri soldati come loro se ne erano tornati a casa. L'ordine «massima prudenza» impartito da Roma a Gueli era stato interpretato come l'autorizzazione a non fare nulla. E così era stato. Tolte le mitraglie dal tetto, rinchiusi i cani da guardia in un recinto, i moschetti erano rimasti a tracolla. Ma più in basso qualcuno che aveva fatto il proprio dovere c'era stato. La guardia forestale Pasqualino Vitocco aveva scorto un sidecar tedesco in esplorazione, era stato intercettato mentre correva e non si era fermato all'alt. I paracadutisti avevano fatto partire una breve raffica, ma la fitta vegetazione aveva nascosto ciò che era accaduto, tanto che i tedeschi non riporteranno nulla sul rapporto. Ad Assergi, nella postazione alla base della funivia neutralizzata dagli uomini di Mors, il carabinere Giovanni Natale aveva tentato una manovra dal retro verosimilmente per aprire il fuoco contro i tedeschi, ma era stato anticipato e ferito mentre impugnava il moschetto. Morirà, come accaduto a Vitocco, per le conseguenze delle ferite. Nonostante la verità fattuale e nonostante i rapporti tedeschi non facciano menzione di questi due caduti (non se ne erano neppure accorti: per decenni si è definita l'operazione Quercia senza spargimento di sangue), questo è bastato per inserire i nominativi di Vitocco e Natale tra quelli delle vittime contenuti nell'Atlante delle stragi nazifasciste affidato a ricercatori Anpi e sostenuto economicamente dall'Ambasciata di Germania. Falso. Quel che è vero è che in un giorno in cui nessuno, tra gli italiani, fece il proprio dovere, ce ne furono due che tentarono di farlo. Per loro nessuna medaglia. Con la liberazione di Mussolini, Hitler otteneva la risurrezione del fascismo e l'instaurazione della Repubblica di Salò, aprendo la dolorosa guerra civile e una profonda ferita nella coscienza degli italiani che non è ancora rimarginata.
Il premier dalla National Italian American Foundation di Washington: «Il Columbus Day non si cancella, e' qui per restare».
«Ci sono forze che cercano di dividerci, di ridefinire la nostra storia e di distruggere le nostre tradizioni condivise. La chiamano la cultura woke». Lo ha detto la premier Giorgia Meloni in un video messaggio al gala 50esimo anniversario della National Italian American Foundation a Washington. "È un tentativo di cancellare la storia fondamentale degli italoamericani e di negare il loro posto speciale in questa nazione. Non glielo permetteremo. Il Columbus Day è qui per restare», ha aggiunto il presidente del Consiglio ringraziando Donald Trump per aver ripristinato quest'anno la celebrazione.
Continua a leggereRiduci
L'amministratore delegato e direttore generale di Gruppo FS Stefano Antonio Donnarumma premiato a Washington
L’amministratore delegato del Gruppo FS Italiane ha ricevuto il Premio Dea Roma della National Italian American Foundation per il contributo alla modernizzazione delle infrastrutture di trasporto e alla crescita sostenibile del Paese.
La NIAF (National Italian American Foundation) ha conferito a Stefano Antonio Donnarumma, amministratore delegato e direttore generale del Gruppo FS Italiane, il Premio NIAF Dea Roma come leader nell’eccellenza ingegneristica per la crescita nazionale e l’infrastruttura sostenibile.
La cerimonia si è svolta sabato 18 ottobre 2025 durante il Gala del 50° Anniversario della NIAF, all’Hotel Washington Hilton di Washington D.C. negli Stati Uniti d’America. Il riconoscimento è stato assegnato per evidenziare il ruolo cruciale svolto da Donnarumma nella trasformazione e modernizzazione delle infrastrutture di trasporto italiane, con un forte impegno verso la sostenibilità e l’innovazione.
«È un vero onore ricevere questo premio che ho il piacere di dedicare a tutti gli italiani che creano valore sia nel nostro Paese che all’estero e diffondono principi volti a generare competenze specifiche nell’ambito dell’ingegneria, della tecnologia e dell’innovazione. Nel Gruppo FS Italiane abbiamo avviato quest’anno un Piano Strategico da 100 miliardi di euro di investimenti che rappresenta un motore fondamentale per la crescita e lo sviluppo del Paese». ha dichiarato Stefano Antonio Donnarumma.
Sotto la guida di Donnarumma, il Gruppo FS sta promuovendo importanti progressi nello sviluppo di linee ferroviarie ad Alta Velocità e nelle soluzioni di mobilità sostenibile, contribuendo a collegare le comunità italiane e a supportare gli obiettivi ambientali nazionali. Il Piano Strategico 2025-2029 include diversi interventi per migliorare la qualità del servizio ferroviario, costruire nuove linee ad alta velocità e dotare la rete del sistema ERTMS per garantire maggiore unione fra le diversi reti ferroviarie europee. Più di 60 miliardi è il valore degli investimenti destinati all'infrastruttura ferroviaria, con l'obiettivo di diventare leader nella mobilità e migliorare l’esperienza di viaggio. Questo comprende l’attivazione di nuove linee ad alta velocità per collegare aree non ancora servite, con l'obiettivo di aumentare del 30% le persone raggiunte dal sistema Alta Velocità. Sul fronte della sostenibilità, inoltre, il Gruppo FS - primo consumatore di energia elettrica del Paese con circa il 2% della domanda nazionale – si pone l’obiettivo di decarbonizzare i consumi energetici attraverso la produzione da fonti rinnovabili e l’installazione di oltre 1 GW di capacità rinnovabile entro il 2029, pari al 19% di tutti i consumi del Gruppo FS, e di circa 2 GW entro il 2034. Fondamentale è anche il presidio internazionale, con una previsione di crescita del volume passeggeri pari al 40%.
Il Gruppo FS ha infatti inserito lo sviluppo internazionale tra le sue priorità, destinando una quota significativa degli investimenti al rafforzamento della propria presenza oltre confine. L’obiettivo è consolidare il posizionamento del Gruppo in Europa, ormai percepita come un’estensione naturale del mercato domestico, e promuovere una rete ferroviaria sempre più integrata e in linea con i principi della mobilità sostenibile.
Continua a leggereRiduci
Volodymyr Zelensky (Ansa)
Retroscena sul vertice con l’ucraino. Che rilancia: «Andrei a Budapest da Putin».