2024-10-18
La Meloni conferma 6,5 miliardi per la sanità
Il premier spegne le polemiche sui numeri: previsti 2,37 miliardi in più nel 2025 e altri 4,12 nel 2026. Le risorse serviranno ad assumere medici e a detassare le buste paga. Protestano le associazioni dei sanitari: dateci subito la maggior parte dei fondi.Il presidente dei privati, Gabriele Pelissero: «Sistema in difficoltà, ma noi facciamo sempre formazione».Lo speciale contiene due articoli.Una girandola di cifre, la polemica delle categorie di settore, smentite e precisazioni e sullo sfondo l’occhio vigile di Bruxelles. È il consueto balletto della legge di bilancio ma complicato quest’anno dai vincoli stringenti del nuovo Patto di stabilità. Così tra impegni europei e promesse di legislatura, per il governo far quadrare i conti è un gioco di equilibrismo, un lavoro di cesello soprattutto per la sanità, un comparto sul quale il premier Giorgia Meloni si è spesa in prima persona. Le carte della manovra sono ancora coperte, mancano i dettagli, si ha la cornice ma tanto è bastato a far scattare la protesta dei medici ospedalieri che già minacciano la mobilitazione mentre il Pd soffia sul fuoco dimenticando di aver chiuso cento e più ospedali e falcidiato la spesa sanitaria, nei passati dieci anni di governo.Meloni ieri è dovuta intervenire a chiarire le «molte falsità» che circolano sui fondi per la sanità inseriti nella legge di bilancio: «Più 6,5 miliardi per la sanità in due anni (+2,37 miliardi nel 2025 e +4,12 miliardi nel 2026). Record della storia d’Italia per il fondo sanitario nazionale: 136,48 miliardi nel 2025 e 140,6 miliardi nel 2026. Questi i numeri. Il resto sono mistificazioni». Per personale e assunzioni ci sono 1,25 miliardi per il 2025 (quindi più degli 880 milioni netti di cui si era parlato in un primo momento) cui si deve sommare il miliardo già previsto dalla precedente manovra. Si arriva così a un incremento di circa a 2,3 miliardi. Per il 2026 le somme aggiuntive saliranno invece a oltre 3 miliardi come emerge dal Documento programmatico di bilancio inviato a Bruxelles.Lo stesso Quotidiano della Sanità scrive che è «una cifra in linea col tetto massimo di 2 miliardi in più preventivato nei mesi scorsi dal ministero dell’Economia». Pertanto la sanità evita i tanto temuti tagli e ottieni più risorse ma rischia di rinviare al 2026 gli interventi più pesanti e i importanti. Certo il ministro Orazio Schillaci si aspettava di avere già il prossimo anno 3,7 miliardi per far partire subito il suo maxi piano di assunzioni da oltre 30.000 medici e infermieri ma la rotta di rientro dal deficit eccessivo non consente molti margini di manovra. Il quadro delineato dalla premier conferma che la crescita delle risorse c’è ma il trend sarà più lento e graduale di quanto era atteso. Nel 2024 il fondo sanitario nazionale supererà di poco i 134 miliardi, il prossimo anno, grazie appunto ai 2,3 miliardi in più, raggiungerà i 136,5 miliardi e poi nel 2026, appunto 140 miliardi. Queste risorse in più serviranno a finanziare la detassazione della busta paga del personale sanitario e ad attuare le assunzioni di medici e infermieri. Il rischio però, se non verranno inserite altre risorse, è di veder slittare al 2026 il grosso degli ingressi di nuovo personale. La flat tax sulla busta paga dei sanitari dovrebbe scendere al 15% tra due anni mentre nel 2025 si fermerebbe al 30%.Queste cifre che si desumono dal Documento programmatico di bilancio inviato a Bruxelles e confermati dalla premier Meloni hanno scatenato un vespaio di polemiche. «Siamo pronti a forti azioni di protesta», ha annunciato il segretario del maggiore sindacato dei medici ospedalieri, l’Anaao Assomed, Pierino Di Silverio mentre il ministro Schillaci si trincera dicendo che «la suddivisione tra questo anno e l’anno prossimo è in corso. Appena abbiamo i dati, li daremo». Va giù duro il presidente della Fondazione Gimbe, Nino Cartabellotta: «Nonostante l’encomiabile impegno del ministro Schillaci per aumentare il finanziamento della sanità pubblica, i dati emersi mostrano chiaramente che il ministero della Salute può ormai essere considerato senza portafoglio». E poi: «L’incremento di soli 900 milioni di euro per il 2025 è del tutto insufficiente per affrontare le urgenti necessità di un sistema sanitario nazionale in codice rosso, oltre che per sostenere le riforme avviate, in particolare quella sulle liste di attesa. Con questa cifra irrisoria nel 2025 non vi sarà alcun potenziamento della sanità pubblica con ulteriore aumento della spesa privata e della rinuncia alle cure da parte di milioni di persone» Cartabellotta chiede che parte dei 3 miliardi previsti per il 2026 vengano resi disponibili già sul prossimo anno «per evitare che l’accesso alle cure diventi un privilegio riservato a chi può permetterselo, invece di essere un diritto garantito per tutti».La polemica è cavalcata dalla segretaria del Pd, Elly Schlein, che sul web ha inscenato un duello a distanza con Meloni: «Alla sanità il minimo storico. Il governo ci dà una buona dose di propaganda quotidiana. Annunciano 3,7 miliardi in più sulla sanità pubblica, ma la verità è che per il 2025 mettono soltanto 900 milioni che si aggiungono al miliardo già stanziato. Quindi meno della metà di quello che hanno già stanziato, di certo non i 4 miliardi che noi chiedevamo per fare nuove assunzioni e abbattere per davvero le liste d’attesa».<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/meloni-6-5-miliardi-sanita-2669437340.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="dopo-dieci-anni-di-disinvestimenti-ci-sono-dei-segnali-incoraggianti" data-post-id="2669437340" data-published-at="1729240130" data-use-pagination="False"> «Dopo dieci anni di disinvestimenti ci sono dei segnali incoraggianti» «Leggendo tante dichiarazioni dell’opposizione capisco che si tenta come sempre di creare una competizione tra pubblico e privato come se la quantità di risorse destinate al Servizio sanitario nazionale possano favorire in qualche modo le strutture private che collaborano con il pubblico. Ma è un approccio sbagliato». Gabriele Pelissero, presidente dell’Aiop, la maggiore associazione degli operatori di diritto privato che lavorano per il pubblico (550 aziende ospedaliere con una dotazione di 55.000 posti letto in tutte le regioni italiane) ci tiene a far chiarezza. Quale è il suo giudizio sulle risorse per la sanità quali entrerebbero nella legge di Bilancio? «Non entro nel merito dell’entità dei fondi perché c’è un balletto di cifre spesso usate in modo strumentale per fare polemica puramente politica». L’accusa della sinistra è che ci sono poche risorse e questo andrebbe a vantaggio della sanità privata. «Il Servizio sanitario nazionale è composto da operatori di diritto pubblico e da operatori di diritto privato ai quali il cittadino si rivolge come meglio crede. L’importante è che riceva la migliore prestazione possibile. Se questa viene da una struttura privata, alla quale il paziente può accedere con la tessera sanitaria, o in una totalmente pubblica, cosa importa, che differenza fa? Mi sembra una visione sovietica del sistema sanitario. A Milano ci sono grandi ospedali di proprietà di soggetti privati e ospedali della regione ma se lei chiede a un paziente quale è l’azionariato proprietario di sicuro non solo non ne è a conoscenza ma non gliene importa nulla. Il suo interesse è ricevere le migliori cure. Dalle dichiarazioni della premier Giorgia Meloni mi sembra di capire che ci sono risorse in più e questo è positivo anche perché veniamo da anni in cui tutti i governi hanno ridotto di un decimo di punto di Pil la spesa sanitaria mettendo in difficoltà il sistema. Dall’anno scorso c’è stata una inversione di tendenza, è innegabile». Un’altra critica alla manovra è che le poche risorse spingeranno i giovani medici a lasciare l’Italia, che ne pensa? «Non vedo perché dovrebbero andarsene dal momento che i loro stipendi aumenteranno. Inoltre ci sono illustri realtà, penso al San Raffaele o all’Humanitas, che hanno università che forniscono una formazione di eccellenza». La Fondazione Gimbe sostiene che negli ultimi anni c’è stato un aumento consistente della spesa sanitaria privata. «La Fondazione Gimbe ha commesso un errore grossolano come hanno fatto notare i ricercatori della Bocconi e ci aspettiamo che lo riconosca. La spesa della sanità privata è stabile almeno da 15 anni, intorno al 2% del Pil, oscilla dall’1,9% al 2,1% del Pil. Si tratta di piccolissime oscillazioni, legate alla rilevazione statistica. Durante il Covid c’è stato un aumento poi ridimensionato». Di cosa avrebbe bisogno il sistema sanitario? «Se guardiamo oltre confine, il nostro sistema sanitario si colloca tra i migliori ed è stato riconosciuto anche durante la pandemia. Certo ci sono spazi per un miglioramento dell’efficienza e della produttività, aumentando il numero delle prestazioni e usando meglio i soldi che ci sono. La competizione tra pubblico privato non esiste. C’è una quota di attività pubblica pari al 28% che fa il privato da oltre 15 anni e non è aumentata significativamente. La competizione semmai è sulla qualità». E la manovra va in questa direzione? «Nella manovra economica, in base alle cifre che circolano, non vedo quello stravolgimento di cui alcuni parlano. Certo il sistema sanitario si trova in una difficoltà innegabile ma che deriva dal progressivo disinvestimento operato negli ultimi dieci anni. Ora mi sembra che si stiano mettendo risorse aggiuntive e non può che essere un’operazione benefica dopo un lungo periodo di tagli dissennati». Con le nuove risorse si può fare più formazione? «A prescindere dalle risorse noi facciamo sempre formazione. Con noi lavorano professionisti di alto livello e la formazione è parte integre ante della loro attività».
«Haunted Hotel» (Netflix)
Dal creatore di Rick & Morty arriva su Netflix Haunted Hotel, disponibile dal 19 settembre. La serie racconta le vicende della famiglia Freeling tra legami familiari, fantasmi e mostri, unendo commedia e horror in un’animazione pensata per adulti.