2024-05-04
«Meglio i cani dei figli»: oggi vince la paura
Hélène Gateau (Getty Images)
Nel suo ultimo libro, arrivato in Italia, la scrittrice Hélène Gateau mette nero su bianco il disagio del nostro tempo davanti alla maternità. Ma dietro un apparente individualismo radicale traspare il terrore del futuro e il desiderio di autodistruzione.«Ho iniziato ad avere ritmi quotidiani diversi per prendermi cura di lui, al punto che alcune persone intorno a me hanno pensato che il mio rapporto con il cane fosse un po’ esagerato. Il mio cane ha assunto un ruolo importante in una fase cruciale della mia vita, cioè alla fine di una storia d’amore e quando si pone ancora la questione dei figli. Non ho mai voluto avere figli, preferisco dedicarmi al mio cane. Ho scelto di essere più individualista e di dare priorità al mio stile di vita, alla mia libertà». Questo è il pensiero di Hélène Gateau così come lei stessa lo ha riassunto a Madame Figaro qualche anno fa, quando il suo libro è diventato un caso editoriale in Francia. Veterinaria, conduttrice televisiva di un programma sugli animali, la Gateau ha pubblicato un volumetto intitolato Perché ho scelto di avere un cane (e non un bambino), portato ora in Italia dall’editore Tre60. Il testo racconta del suo amore per un border terrier chiamato Colonel, una cane piuttosto carino e simpatico che Hélène ha adottato dopo la fine di una storia d'amore e di cui si prende cura come di un bambino. Le vanno riconosciuti, se non altro, onestà e coraggio: ha messo nero su bianco, con notevole capacità di introspezione, ciò che molti pensano. O, peggio, che molti praticano senza averci pensato bene. «La maternità non l’ho mai presa neppure in considerazione», dice. «Non mi sono mai riconosciuta nel ruolo di madre che ho visto adottare dalle mie sorelle e amiche. Non ho mai voluto (o forse solo una volta, da lontano...) e non voglio fare figli. Non sono l’unica. Lo dimostra il fatto che nel gennaio 2023 I’Insee, l’istituto di statistica francese, basandosi sui dati dell’anno precedente, ha rivelato che per trovare una natalità tanto bassa in Francia bisogna risalire al 1947. Non volere figli comincia a diventare un vero e proprio movimento, una presa di posizione sempre più accettata e rivendicata come tante altre forme di affermazione di sé e del proprio modo di vita. Queste persone vogliono sentirsi libere di vivere, amare, lavorare, muoversi e concepire la propria famiglia come meglio credono. Le famiglie si trasformano in base a matrimoni e divorzi, c’è chi congela gli ovociti, fa figli con la Pma, la fecondazione assistita, o la Gpa, la gestazione per altri, chi è eterosessuale oppure omosessuale, binario o non binario, vive in tre, usa pronomi neutri parlando di sé, cresce figli per conto suo; e c’è chi decide di non avere figli. Nei Paesi anglosassoni questa tendenza della società ha un nome (come se bisognasse sempre incasellare le persone in base alle loro pratiche): è il movimento childfree o no kids, nato negli anni Settanta negli Stati Uniti». Le argomentazioni della Gateau vanno prese molto sul serio. Anche perché, va detto, lei non sfugge alle questioni più spinose e di sicuro non si nasconde. «E quindi sono incapace di quel famoso “dono di sé” di cui parla il mio amico Matthieu, indissociabile dalla condizione di genitori? Incapace no, non credo. Ma non ne ho voglia. È una scelta. Sì, la mia gratificazione personale dipende dalla mia libertà nella vita di tutti i giorni e dalla mia libertà in assoluto. Avere un figlio è la sola decisione che ti impegna per tutta la vita e che è irreversibile», scrive. E continua, non senza snocciolare tesi interessanti: «Significa che le “volontarie senza figli sono egoiste, secondo la scorciatoia preferita delle “pro figli”, perché non sono disposte a ritirarsi in secondo piano rispetto ai discendenti? Scorciatoia alla quale le childfree rispondono in coro: “Ma sarete voi le egoiste, a far figli in un pianeta già sovrappopolato, con risorse limitate, e in un contesto geopolitico angosciante. Ci pensate, voi, all’avvenire dei vostri figli? Non hanno scelto loro di venire al mondo”. O anche: “Fate figli per non essere soli quando sarete più vecchi. Non è egoismo, quello?”. Il mio punto di vista è un mix di entrambi. Non desiderare di diventare genitori è segno di individualismo più che di egoismo, ed è effettivamente una tendenza presente in molte forme in parecchi nostri contemporanei». Come vedete, la veterinaria francese non evita le riflessioni più spinose. Il problema semmai è che le risolve in modo legittimo e diretto, ma vagamente inquietante.Leggere: «Lasciare una traccia di noi stessi, regalarci una pseudoeternità attraverso la generazione seguente, non volere che il proprio retaggio famigliare scompaia, conoscere l’amore genitoriale, incondizionato e unico, trasmettere i propri geni e i propri valori, costruire un nucleo famigliare per non essere o non invecchiare da soli, dare vita a un progetto con il partner, avere la sensazione di essere indispensabile per qualcuno... Per alcune di queste motivazioni, il cane può bastare. E siccome i figli a un certo punto chiede ranno di avere un cane, tanto vale prendere un cane subito, allora! La maggior parte delle ragioni a favore della procreazione ha una componente egoista e, soprattutto, narcisista». Il punto, qui, non è tanto stabilire il grado di egoismo della scrittrice francese, e decretarne la condanna morale. La sua, semmai, è una testimonianza che ci costringe a guardare dentro il buco nero che siamo diventati. Una confessione che chiarisce come il problema della natalità dipenda in larghissima parte dalla cultura prevalente e non (soltanto) da ragioni economiche. Il fatto è che qui si va oltre la decisione - inappellabile, per carità - di non avere figli. L’idea che un cane possa sostituire un figlio e, almeno in parte, un compagno o una compagna di vita credo sia una prova determinante della incapacità diffusa di accoglienza dell’altro. Chiaro: la Gateau parla di indipendenza e persino di ragioni ecologiche (la vecchia storia di fare meno bambini per emettere meno CO2). Ma in fondo sta dicendo che le costa troppo sforzo non tanto prendersi cura di un altro essere vivente - cosa che lei in effetti fa - quanto stabilire una relazione che preveda il confronto con un simile ma diverso. È una espressione radicale di individualismo, all’apparenza, ma più probabilmente, scavando appena più a fondo, quel che si trova è la paura di aprirsi, di accogliere, di cimentarsi nella sfida al mistero. Non è un giudizio, sia chiaro: è una dolorosa constatazione. Oggi c’è chi vagheggia uteri artificiali o gravidanze conto terzi per «liberare» le donne dal fardello della maternità. La tanto agognata liberazione, tuttavia, si risolve in uno sconcertante terrore del futuro. Ecco dove ci ha condotto il desiderio indotto di correggere una creazione sbagliata e una natura ingiusta: alla brama di autodistruzione. All’annichilimento in nome della libertà.
Emmanuel Macron (Getty Images). Nel riquadro Virginie Joron
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L'evento organizzato dal quotidiano La Verità per fare il punto sulle prospettive della transizione energetica. Sul palco con il direttore Maurizio Belpietro e il vicedirettore Giuliano Zulin, il ministro dell'Ambiente Gilberto Pichetto Fratin, il presidente di Regione Lombardia Attilio Fontana, il presidente di Ascopiave Nicola Cecconato, il direttore Ingegneria e realizzazione di Progetto Terna Maria Rosaria Guarniere, l'Head of Esg Stakeholders & Just Transition Enel Maria Cristina Papetti, il Group Head of Soutainability Business Integration Generali Leonardo Meoli, il Project Engineering Director Barilla Nicola Perizzolo, il Group Quality & Soutainability Director BF Spa Marzia Ravanelli, il direttore generale di Renexia Riccardo Toto e il presidente di Generalfinance, Boconi University Professor of Corporate Finance Maurizio Dallocchio.
Kim Jong-un (Getty Images)