Anglo american rifiuta l’offerta di acquisto di Bhp: in gioco giacimenti di platino e rame. Mosse Usa per ridurre l’egemonia di Pechino sulle miniere. Ma l’Ue resta indietro.
Anglo american rifiuta l’offerta di acquisto di Bhp: in gioco giacimenti di platino e rame. Mosse Usa per ridurre l’egemonia di Pechino sulle miniere. Ma l’Ue resta indietro.Le cronache finanziarie di questi giorni raccontano di un interessante ping pong tra il colosso londinese Anglo american e l’australiana Bhp. Argomento del contendere le materie prime alla base della transizione green e di quella digitale. La seconda azienda lancia una offerta di acquisto da circa 36 miliardi. La prima rifiuta e rispedisce al mittente la missiva. Il cda del gruppo minerario ha infatti rigettato all’unanimità un’offerta che «sottovaluta in maniera rilevante» la società e «le sue prospettive», si legge in una nota. Il presidente del gruppo, Stuart Chambers, ha espressamente parlato di «proposta opportunistica» e «fortemente non attraente», che verrebbe a creare «una notevole incertezza sui rischi di attuazione, quasi interamente a carico di Anglo american e dei suoi azionisti». L’operazione proposta da Bhp sarebbe stata subordinata alla cessione da parte di Anglo american delle partecipazioni delle sue unità di platino e minerali di ferro in Sudafrica. Oltre al tema assai caldo della corsa al rame. Al di là della specifica operazione che tocca altri player della finanza internazionale come il fondo Elliott (che in Anglo american ha investito circa 1 miliardo di dollari) la tentata Opa da parte degli australiani punta i riflettori su un mercato che tenderà a crescere in modo esponenziale nei prossimi due decenni. Ieri ad esempio la quotazione del rame a Londra ha superato la cifra tonda dei 10.000 dollari. Nella sfera occidentale cominciano così le tensioni e le guerre societarie, ma questo non è necessariamente un male. I fari possono finalmente portare alla consapevolezza che il predominio cinese va contrastato. Pechino assorbe da sola non meno del 40% del rame mondiale. Il suo colossale fabbisogno la spinge ad acquisire il maggior numero possibile di asset per alimentare la sua industria di raffinazione (40% della capacità globale). «Pechino ha preso il controllo del 60% delle catene di valore dei metalli utilizzati nelle batterie (litio, nichel, cobalto) e nei motori (terre rare per i magneti)», spiegava il mese scorso a Le Monde l’industriale Philippe Varin. «Per quanto riguarda il rame, controlla tra il 42% e il 45% di questo metallo, con una strategia di insediamento in Africa e in Sud America. La sicurezza è stata pianificata attraverso l’iniziativa Nuove vie della seta e la strategia di sottomettere alcuni Stati attraverso il debito». Nulla di nuovo, ne scriviamo da tanto tempo. Dietro la domanda crescente però si celano mosse e continue acquisizioni. La più grande miniera di rame al mondo è in Botswana. È stata acquistata da China minmetal per quasi 2 miliardi. Non soddisfatta, Pechino ha stanziato altri 2,4 miliardi per espandere la miniera di rame di Julong in Tibet con l’obiettivo di estrarre 100 milioni di tonnellate l’anno e portare il sito in cima alla classifica dei produttori. Se poi applichiamo come punto di vista quello del Vecchio continente per la stragrande maggioranza delle materie prime critiche l’approvvigionamento è quasi totalmente concentrato in Paesi terzi: a titolo non esaustivo, oltre il 98% della fornitura di terre rare importate dall’Ue proviene dalla Cina, il 98% del borato dalla Turchia, l’87% del litio dall’Australia, il 71% del platino dal Sudafrica, l’85% del niobio dal Brasile. Per capirsi meglio se analizziamo il processo creativo di una batteria al litio utilizzata per le auto elettriche vediamo che il 32% delle materie prime è cinese, solo l’1% proviene dall’Europa. La quota di materie lavorate che compongono i materiali catodici che tocca la Cina sale al 52% e quella Ue sale ma di poco: 8%. Stesso discorso per la componentistica. Se poi si valuta il quarto pilastro di produzione delle batterie, l’assemblaggio delle celle agli ioni di litio, la quota cinese schizza al 66%, mentre quella Ue crolla a zero. «Guardando ad altre tipologie di materie prime, oltre il 70% del volume di cobalto estratto dalle miniere viene dalla Repubblica democratica del Congo», si legge in un report di analisi firmato Cdp, «ed è in gran parte in mano cinese, che presidia 15 delle 19 miniere attive in Congo. Le zone ad alta intensità estrattiva (Est e Sud del Paese) sono al centro di un nuovo corso di instabilità geopolitica e il governo centrale ha indetto più volte negli ultimi due anni lo stato di emergenza affidandone la gestione ai militari». Di fronte a tale disparità è interessante vedere che al di là delle sportellate tra Anglo american e Bhp, negli ultimi mesi grandi miniere sono passate in mano occidentale. Oz minerals è stata presa dalla stessa Bhp e l’americana Newmont ha pagato 19 miliardi per acquistare Newcrest, con sede in Australia. In tutto ciò, l’Europa continua a risultare non pervenuta. Nonostante il piano per la sicurezza delle materie prime lanciato da Ursula von der Leyen, la capacità di controllo delle materie prime da parte dell’Ue risulta bassissima. Le sanzioni alla Russia continuano a spingere Mosca nelle braccia della Cina peggiorando la situazione.
Antonio Scoppetta (Ansa)
- Nell’inchiesta spunta Alberto Marchesi, dal passato turbolento e gran frequentatore di sale da gioco con toghe e carabinieri
- Ora i loro legali meditano di denunciare la Procura per possibile falso ideologico.
Lo speciale contiene due articoli
92 giorni di cella insieme con Cleo Stefanescu, nipote di uno dei personaggi tornati di moda intorno all’omicidio di Garlasco: Flavius Savu, il rumeno che avrebbe ricattato il vicerettore del santuario della Bozzola accusato di molestie.
Marchesi ha vissuto in bilico tra l’abisso e la resurrezione, tra campi agricoli e casinò, dove, tra un processo e l’altro, si recava con magistrati e carabinieri. Sostiene di essere in cura per ludopatia dal 1987, ma resta un gran frequentatore di case da gioco, a partire da quella di Campione d’Italia, dove l’ex procuratore aggiunto di Pavia Mario Venditti è stato presidente fino a settembre.
Dopo i problemi con la droga si è reinventato agricoltore, ha creato un’azienda ed è diventato presidente del Consorzio forestale di Pavia, un mondo su cui vegliano i carabinieri della Forestale, quelli da cui provenivano alcuni dei militari finiti sotto inchiesta per svariati reati, come il maresciallo Antonio Scoppetta (Marchesi lo conosce da almeno vent’anni).
Mucche (iStock)
In Danimarca è obbligatorio per legge un additivo al mangime che riduce la CO2. Allevatori furiosi perché si munge di meno, la qualità cala e i capi stanno morendo.
«L’errore? Il delirio di onnipotenza per avere tutto e subito: lo dico mentre a Belém aprono la Cop30, ma gli effetti sul clima partendo dalle stalle non si bloccano per decreto». Chi parla è il professor Giuseppe Pulina, uno dei massimi scienziati sulle produzioni animali, presidente di Carni sostenibili. Il caso scoppia in Danimarca; gli allevatori sono sul piede di guerra - per dirla con la famosissima lettera di Totò e Peppino - «specie quest’anno che c’è stata la grande moria delle vacche». Come voi ben sapete, hanno aggiunto al loro governo (primo al mondo a inventarsi una tassa sui «peti» di bovini e maiali), che gli impone per legge di alimentare le vacche con un additivo, il Bovaer del colosso chimico svizzero-olandese Dsm-Firmenich (13 miliardi di fatturato 30.000 dipendenti), capace di ridurre le flatulenze animali del 40%.
Matteo Bassetti (Imagoeconomica)
L’infettivologo Matteo Bassetti «premiato» dal governo che lui aveva contestato dopo la cancellazione delle multe ai non vaccinati. Presiederà un gruppo che gestirà i bandi sui finanziamenti alla ricerca, supportando il ministro Anna Maria Bernini. Sarà aperto al confronto?
L’avversione per chi non si vaccinava contro il Covid ha dato i suoi frutti. L’infettivologo Matteo Bassetti è stato nominato presidente del nuovo gruppo di lavoro istituito presso il ministero dell’Università e della Ricerca, con la funzione di offrire un supporto nella «individuazione ed elaborazione di procedure di gestione e valutazione dei bandi pubblici di ricerca competitivi».
Sigfrido Ranucci (Imagoeconomica)
- La trasmissione lancia nuove accuse: «Agostino Ghiglia avvisò Giorgia Meloni della bocciatura del dl Riaperture». Ma l’attuale premier non ebbe alcun vantaggio. Giovanni Donzelli: «Il cronista spiava l’allora leader dell’opposizione?». La replica: «Sms diffusi dal capo dell’autorità».
- Federica Corsini: «Contro di me il programma ha compiuto un atto di violenza che non riconosce. Per difendersi usa la Rai».






