2025-09-05
Mamma li turchi, strage sfiorata in processione
La Digos ha fermato due uomini in un B&b a Viterbo: avevano mitra, pistole e munizioni. Il sospetto è che preparassero un attentato contro l’affollata processione per la Festa di Santa Rosa. La cerimonia si è tenuta lo stesso ma in un regime di massima sicurezza. A Viterbo le strade sono un fiume di gente, 40.000 persone si accalcano tra vicoli e piazze per il trasporto della Macchina di Santa Rosa, un campanile luminoso che i facchini della Santa portano a spalla giù per le vie del centro. Un rito secolare, un bagliore che da secoli accende il cuore della città proprio il 3 settembre. Ma in un bed and breakfast posizionato alla fine del percorso, dietro una porta chiusa, ci sono due persone che non hanno l’aspetto dei turisti. Sono due cittadini turchi ma di etnia curda, K. B. 22 anni di Eminler, in Anatolia, e Y. A. 34 anni di Beypazari, distretto di Ankara. Ed è a questo punto che il giorno della festa si trasforma in una storia di armi, di mafia turca e di documenti falsi.Il primo indizio lo coglie un uomo che non è un poliziotto, ma ci è cresciuto accanto: il gestore del B&b è il fratello di un agente dell’anticrimine. Ha l’occhio allenato alle stranezze. Due ospiti turchi, pochi bagagli, una settimana di permanenza in un punto da cui avrebbero potuto sparare sui fedeli in processione. Parte una segnalazione. Il questore Luigi Silipo viene subito avvisato. Il capo della Digos, Flaminia Donnini, 30 anni, non perde tempo. Prende cinque uomini, un passepartout e una decisione: entrare. Un’azione alla Serpico. Armi in pugno. Nessun rumore. Uno dei due è in piedi, l’altro sdraiato sul letto. Hanno una mitraglietta d’assalto, due pistole e tre caricatori pronti all’uso, munizioni calibro 9 per 21. Non c’è il tempo per pensare. Li bloccano e li ammanettano. In un caso il nome corrisponde al documento d’identità lasciato in portineria. Nell’altro no.In un primo momento si pensa a una identità di copertura. Ma più si scava su quei due, più emerge che è probabilmente ci sia un terzo uomo in fuga. E mentre scattano le ricerca, i due curdi vengono rinchiusi. Il pm Massimiliano Siddi fa partire subito la comunicazione per la nomina di un avvocato d’ufficio. E sui primi documenti giudiziari compare il nome dell’avvocato Remigio Sicilia. I due però poco dopo dicono di avere un difensore di fiducia.Nel frattempo le indagini si concentrano su tre piste. La prima, più accreditata: i due potrebbero essere trafficanti di armi e di droga legati alla mafia turca, attivissima sul territorio viterbese. L’arresto di uno dei suoi esponenti la scorsa settimana potrebbe averli portati in città. Ma, dicono tre fonti investigative, «al momento non sono emersi collegamenti diretti». La seconda: non si escludono rapporti con il presunto boss curdo Baris Boyun, arrestato nel maggio 2024 a Bagnaia e ora in carcere. Tempo fa avevano tentato di ucciderlo durante un periodo in cui si era rifugiato a Crotone, ma scampò all’attentato. Più remota, quasi di contorno, invece, la pista del terrorismo: «Non è emerso alcun legame con ambienti del terrorismo internazionale», ripetono le stesse fonti. Ma non viene escluso che possano saltare fuori collegamenti. Per la Procura di Viterbo i due sono sospettati di traffico di armi. La Procura antimafia di Roma verrà informata. Mentre le notizie raccolte da Digos, Squadra mobile e carabinieri del Ros vengono incrociate con le autorità turche e con le informazioni dell’Interpol. Smartphone e oggetti sequestrati sono sotto esame. Niente esplosivi. In prefettura si riunisce il comitato di sicurezza. Le forze speciali e le unità cinofile pattugliano la città che, intanto, vive il suo rito. La Macchina di Santa Rosa sfila tra cori e applausi. Ma i fedeli notano qualcosa di strano: le luci non si spengono. Il vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani, per sicurezza, è stato trasferito in una caserma, la vicepresidente del Parlamento europeo, Antonella Sberna, e il deputato Mauro Rotelli hanno seguito la manifestazione dalle finestre del Comune. Mentre all’ambasciatore israeliano, Jonathan Peled, che aveva annunciato la sua presenza, è stato sconsigliato di partecipare. C’erano anche il ministro della Cultura, Alessandro Giuli, la senatrice Stefania Craxi e il senatore Maurizio Gasparri. La mente corre indietro di 10 anni esatti: il 3 settembre 2015 Denis Illarionovs, 24 anni, origini lettoni ma cresciuto a Viterbo, scagliò un ordigno rudimentale contro la Macchina. L’attentato fallì solo perché l’esplosivo non si incendiò. La parola «terrorismo» aleggia come uno spettro. Ad agosto la Squadra mobile aveva fermato Ismail Atiz per riciclaggio, estorsione, possesso di armi. E prima ancora, a maggio 2024, un maxi blitz internazionale aveva portato all’arresto di 18 persone tra Bagnaia e altri comuni della provincia, smantellando una rete accusata di traffico d’armi, droga, favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e finalità terroristiche. Nel marzo 2025, a Vetralla, un uomo legato a quella rete è stato arrestato in flagranza con armi e stupefacenti. E solo dieci giorni fa, sempre a Viterbo, è stato arrestato un altro turco, risultato ricercato a livello internazionale per crimini violenti, estorsione, riciclaggio e uso di armi. Pezzi di un mosaico che disegnano una mappa inquietante: criminalità organizzata, legami con ambienti curdi che un tempo erano vicini al Pkk, dal quale il gruppo di Boyun si è poi affrancato. E perfino rivoli che porterebbero verso il fondamentalismo islamico. Alla fine la Macchina arriva a destinazione, il rito si compie. Il sindaco Chiara Frontini lo dice chiaramente: «A poche ore dal trasporto ci siamo trovati di fronte a una possibile minaccia». Il buio torna solo da metà percorso, quando la tensione si allenta. I due turchi restano in cella e fanno scena muta davanti agli inquirenti. La Macchina di Santa Rosa ha trovato la sua strada, ma Viterbo adesso sa che lungo quel percorso non ci sono solo cori e luci. Ci sono anche ombre. Quelle della mala curda.
Il ministro della Salute Orazio Schillaci (Imagoeconomica)
Orazio Schillaci e Giuseppe Valditara (Ansa)