
L'erede, con la sorella Silvia, della Manifattura di Domodossola: «Creiamo intrecciati di lusso, arredamento e una linea di borse».Le belle storie d'Italia sono tantissime, quasi impossibile scoprirle e raccontarle tutte. Straordinarie realtà, molto spesso conosciute solo dagli addetti ai lavori (e all'estero) che ben sanno delle straordinarie capacità di chi mette anima e corpo nella propria azienda. E così capisci dove sta la forza di questo Paese: creatività, idee, professionalità, eccellenza del prodotto. Quel made in Italy che il mondo ci invidia e che andrebbe sempre più valorizzato e portato avanti come una bandiera. È il caso della Manifattura di Domodossola, nata nel 1913 nel cuore della Val d'Ossola, meraviglioso territorio ricco di valli, laghi, cascate, montagne e fiumi, diventata oggi un'eccellenza mondiale per le lavorazioni intrecciate. Arrivata alla quarta generazione, il cammino prosegue con la tenacia e la voglia delle due giovani pronipoti del fondatore, Giulia e Silvia Polli, ancora guidate dal «grande capo», papà Giuseppe, che ce la stanno mettendo tutta per non deludere il bisnonno, anche lui Giuseppe, creatore dell'azienda, e il nonno Gianfranco. «Siamo orgogliosi», dice con fervore Giulia, «di portare avanti il gruppo con lo sguardo verso il futuro ma senza mai dimenticare gli antichi valori che ci tramandiamo di generazione in generazione». Come nasce la Manifattura di Domodossola?«All'inizio l'azienda produceva funi per le navi ma anche lacci per scarpe e cordini per lampadari. Sempre nell'ambito degli intrecciati, quello era il nostro mondo più di 100 anni fa. Ai tempi di mio nonno, dopo la seconda guerra mondiale, la produzione era principalmente di stringhe per le scarpe. Poi nostro padre negli anni Settanta ha convertito l'azienda perché quello stava diventando un mercato povero, in quanto le stringhe arrivavano ormai dalla Cina. È stato lui a creare la prima cintura intrecciata che, ancora oggi, caratterizza la nostra azienda. Le cinture in commercio ora, quelle elastiche e intrecciate in cuoio, sono state inventate da lui. Riconvertite le macchine per la nuova produzione e acquistati i macchinari, nel corso degli anni siamo diventati i maggiori produttori al mondo di intrecci principalmente per cinture, manici di borse e braccialetti». Che materiali vengono intrecciati?«Noi intrecciamo tantissime materie prime come cuoio, cotone, rayon, lino, rame e molte altre. A ognuna viene riservato un trattamento particolare. Il cuoio conciato al vegetale viene tinto da noi a mano con colori all'acqua assolutamente atossici, e con queste materie prime andiamo a fare i semilavorati e il prodotto finito. Siamo l'unica azienda a livello mondiale che ha tutta la filiera interna: dalla materia prima al semilavorato. La ceratura del cotone avviene tramite un'antica ricetta a base di fecola di patate. Tutte le nostre lavorazioni si svolgono nel totale rispetto dell'ambiente. Dopo essere stato tagliato in strisce sottili, il cuoio viene avvolto sulle bobine dei grandi telai anni Sessanta. Il processo di trecciatura richiede tempo e pazienza, come tutte le grandi arti. Gli intrecci a volte sono in un unico materiale, a volte combinati. E abbiamo telai che intrecciano tessuti per l'arredamento. Il rame lo utilizziamo soprattutto su queste macchine e viene impiegato per rivestire le pareti come, ad esempio, nei negozi Chanel dove si trovano i nostri pannelli di rame color oro. C'è un architetto che si occupa delle loro boutique e ordina da noi i materiali. Anche Zegna utilizza intrecci per i negozi».Quindi lavorate per grandi marchi.«Abbiamo clienti come Zegna, Hermès, Louis Vuitton, Prada, Christian Louboutin, Salvatore Ferragamo, Giorgio Armani e altri. Tutti quelli che acquistano intrecci si rivolgono a noi. E li serviamo sia per l'arredamento sia per i negozi. Ci rivolgiamo sempre all'alta gamma perché creiamo prodotti molto costosi, soprattutto quelli d'arredamento. In questo caso noi forniamo il materiale. Mentre nel caso della pelletteria possiamo produrre noi l'oggetto completo, dalla cintura al bracciale fino alla borsa. C'è chi acquista solo l'intreccio e chi la cintura finita. Per questo abbiamo deciso di avere un nostro marchio. Serviamo gli altri brand ma ci siamo anche creati una nostra nicchia di produzione». Che si chiama il vostro brand?«Athison, marchio di borse, perché non vogliamo essere terzisti di un prodotto che abbiamo imparato a fare internamente in azienda. Non creiamo solo borse, ma anche cinture e una linea di guinzagli per cani. Athison è l'antico nome del fiume Toce che scorre tra la Svizzera e il Lago Maggiore. E anche alle borse abbiamo dato il nome delle nostre valli, delle montagne e dei paesi. Siamo molto radicati, siamo un vero made in Italy e potremmo dire anche made in Ossola. Abbiamo un sito (www.athison.com) con i tanti articoli della collezione». Chi disegna i vostri prodotti?«Le cinture sono disegnate internamente, per quanto riguarda le borse invece abbiamo un modellista che ci segue e collaboriamo con le scuole di moda attraverso il concorso Intreccincantiere, aperto anche agli istituti esteri. Quest'anno abbiamo collaborato con lo Ied di Torino. Dovevamo fare il lancio al Pitti di giugno, ma è slittato tutto. La prossima edizione del concorso sarà a Linea pelle: daremo agli studenti la possibilità di partecipare sia singolarmente sia con la scuola. Forniamo il materiale gratuitamente e i ragazzi possono cimentarsi in vari rami, dall'abbigliamento a pelletteria, calzature, arredamento e gioielleria. Scelgono il loro ambito e noi presentiamo le loro creazioni nel nostro stand. Una prestigiosa giuria deciderà il vincitore. Nel 2020 siamo stati costretti a farlo online e non in presenza. Diamo un premio in denaro e una targa. Così nascono importanti collaborazioni. Ogni anno i ragazzi fanno dei capolavori, sono bravissimi. C'è una grande partecipazione, tanto entusiasmo». E per quanto riguarda l'arredamento?«Il marchio d'arredamento è Oxilla, il vecchio nome latino dei popoli che abitavano le nostre vallate, specializzato nella produzione di intrecciati di pregio pensati per rivestire pareti di yacht, aerei, residenze private, negozi e hotel. Completa l'offerta una selezione di tubulari, profili e intrecci metallici stratificati sotto vetro». Quali sono i numeri della Manifattura di Domodossola?«Abbiamo 75 dipendenti con una percentuale di donne intorno all'80%. Il 60% dei dipendenti è under 30, 60 i Paesi in cui esportiamo. Un milione di metri d'intrecciato all'anno. Per quanto riguarda il fatturato la moda è prevalente, l'arredamento è prerogativa di studi d'architettura molto famosi, costosi e rinomati». Quali sono i mercati di riferimento?«Tutti quelli che recepiscono appieno la qualità del made in Italy come l'Oriente, il Giappone, la Corea del Sud, gli Stati Uniti, dove siamo presenti da moltissimi anni, e poi l'Europa, che oggi è molto rallentata. In Giappone abbiamo uno showroom di proprietà dove esponiamo sia Athison sia Oxilla. Lì abbiamo realizzato molti progetti interessanti, c'è una cultura diversa. È quasi più facile vendere all'estero che qui. Gli italiani non sono così ricettivi verso il made in Italy, è più facile trovare i nostri brand in Giappone che in Italia. Se si va in una grande magazzino a Tokyo ci si chiede come mai diano così risalto ai prodotti italiani, cosa che non succede nei nostri grandi magazzini di prestigio».L'azienda sorge a Domodossola?«Dodici anni fa ci siamo trasferiti nel paese a fianco, a poca distanza, Villadossola. L'azienda, in oltre 100 anni, era stata inglobata dalla città, quasi in pieno centro, ed era problematica l'intera gestione. Abbiamo 8.000 metri quadri di produzione oltre agli altri uffici immersi nel verde. Gli intrecci richiedono colore. Il fatto di vivere in un ambiente luminoso porta chi studia gli accostamenti stilistici a fare le scelte giuste».
Emmanuel Macron (Ansa)
L’intesa risponderebbe al bisogno europeo di terre rare sottraendoci dal giogo cinese.
Il tema è come rendere l’Ue un moltiplicatore di vantaggi per le nazioni partecipanti. Mettendo a lato la priorità della sicurezza, la seconda urgenza è spingere l’Ue a siglare accordi commerciali nel mondo come leva per l’export delle sue nazioni, in particolare per quelle che non riescono a ridurre la dipendenza dall’export stesso aumentando i consumi interni e con il problema di ridurre i costi di importazione di minerali critici, in particolare Italia e Germania. Tra i tanti negoziati in corso tra Ue e diverse nazioni del globo, quello con il Mercosur (Brasile, Argentina, Paraguay ed Uruguay) è tra i più maturi (dopo 20 anni circa di trattative) e ha raggiunto una bozza abbastanza strutturata.
Automobili Byd (Ansa)
La società cinese ha selezionato 85 ditte dell’indotto automobilistico mollate dall’ex Fiat. Rendere profittevole l’elettrico anche qui, quindi, è possibile... per chi sa e vuole farlo.
Byd si sta prendendo tutti i fornitori italiani che Stellantis ha lasciato a piedi. Verrebbe da pensare, allora, che il modo per rendere profittevole l’auto elettrica in Italia esiste e forse il gruppo guidato dall’ad Antonio Filosa non ha saputo coglierne le opportunità.
La gentrificazione - cioè l’esproprio degli spazi identitari, relazionali e storici - quelli che Marc Augé ci consegna come i luoghi in opposizione ai non luoghi ha fatto sì che i ristoranti assumano sempre di più desolatamente le sembianze dello spaccio di calorie non obbedendo più a quella cucina urbana che è stata grandissima anche nelle case borghesi dall’Artusi in avanti.






