2023-04-04
Macron spinge per una legge sul fine vita
«La voglio entro l’estate», ha detto il presidente alla Convenzione dei cittadini, 184 francesi estratti a sorte e riuniti per diversi mesi. Maggioranza a favore dell’«assistenza attiva alla morte», ma a certe condizioni. Contrari sanitari, ordine dei medici e intellettuali.Il parlamento francese discuterà un nuovo progetto di legge sul fine vita «entro la fine dell’estate 2023», parola di Emmanuel Macron. L’annuncio presidenziale è arrivato ieri dopo la conclusione dei lavori della Convenzione civica sul fine vita. Nonostante, per buona parte della durata dei lavori, i media mainstream e le lobby pro morte abbiano cercato di far credere che i membri della Convenzione fossero tutti d’accordo per autorizzare l’eutanasia e il suicidio assistito al di là delle Alpi, le conclusioni di ieri hanno fotografato una situazione molto più complessa. In effetti i 184 cittadini estratti a sorte per contribuire a parte di questa istanza consultiva civica, non si sono trovati sempre d’accordo. In particolare quando si è trattato di affrontare le questioni più delicate. Ad esempio, il 75,6% dei votanti si è detto favorevole all’aiuto attivo a morire. Questo significa che circa un quarto (23,2 %) di questo campione della popolazione francese non ha voluto sentir parlare di aperture alla «dolce morte». Nel farlo, questa fetta consistente dei membri della Convenzione ha sottolineato che in Francia c’è una «scarsa conoscenza e una scarsa applicazione» della legge Clays-Leonetti, che disciplina dal 2016 la materia del fine vita Oltralpe. Quando è stato affrontato il capitolo delle «modalità» attraverso le quali dovrebbe essere praticato l’aiuto attivo a morire, la maggior parte dei membri della Convenzione si è detto favorevole al suicidio assistito. Mentre solo il 28,2% dei pro dolce morte ha approvato l’eutanasia. Se è chiaro che la maggioranza di questo campione di francesi sia favorevole all’apertura alla morte facilitata va detto che, nel complesso, la Convenzione ha insistito sulla creazione di un percorso articolato e costellato di paletti ben precisi per evitare derive, tipo quelle che si sono prodotte in Belgio. Ad esempio, coloro che decidessero di ricorrere all’eutanasia o al suicidio assistito, dovrebbero poter beneficiare di un «accompagnamento medico e psicologico completo». Inoltre, chi volesse richiedere la dolce morte, dovrebbe essere in condizione di esprimere la propria volontà in qualsiasi momento. Questo anche nel caso di un cambiamento di idea. Poi, i membri della Convenzione si sono detti favorevoli al mantenimento di un «clausola di coscienza» per il personale sanitario. Proprio dagli addetti ai lavori, nel corso dei quattro mesi di attività della Convenzione, erano arrivate le maggiori resistenze all’apertura alla dolce morte. A metà febbraio, un documento contro l’aiuto attivo a morire - di cui Le Figaro aveva pubblicato alcuni estratti in esclusiva - era stato firmato da 800.000 persone tra medici, infermieri, assistenti sanitari, ecc. Il titolo del lavoro era chiarissimo: «La somministrazione della morte può essere considerata come una cura?». Poi, qualche giorno fa, l’Ordine dei medici transalpini aveva emesso un parere «non favorevole» all’eutanasia. I camici bianchi hanno detto che, in caso di modifiche legislative volte ad autorizzare qualsiasi forma di morte assistita, il loro ordine «non sarà favorevole alla partecipazione dei medici a una procedura capace di portare all’eutanasia» perché «un medico non puo’ provocare deliberatamente la morte attraverso la somministrazione di un prodotto letale».Solo una questione ha visto la Convenzione esprimersi praticamente all’unanimità: l’inadeguatezza del sistema sanitario che, secondo l’istanza consultiva, si trova in una «situazione allarmante». In effetti, l’organo consultivo ha rilevato «l’assenza, nel quadro attuale, di risposte soddisfacenti a certe situazioni». Questo si traduce in una situazione «di accesso ineguale nell’accompagnamento della fine vita». Questa parte delle conclusioni sembrava tanto un’ulteriore stoccata a Emmanuel Macron e alla politica sanitaria condotta dai governi, che si sono succeduti durante i suoi quasi 7 anni all’Eliseo, nonché dalle maggioranze che lo hanno sostenuto in parlamento. Vista la complessità dell’argomento, in questo caso il presidente francese non ha potuto adottare la sua solita tattica di «nello stesso tempo». Così l’inquilino dell’Eliseo ha confermato la necessità di garantire un «accesso effettivo e universale alle cure di accompagnamento al fine vita». Nel suo intervento davanti alla Convenzione, il capo dello Stato francese ha anche promosso un «piano decennale nazionale per l’assistenza al dolore e per le cure palliative».La decisione della Convenzione civica sulla fine vita ha suscitato diverse reazioni. Tra queste, quella dello scrittore Michel Houellebecq. Nell’articolo pubblicato sulla rivista americana Harper’s, l’autore si detto «disgustato» da «questo misto di estrema infantilizzazione, dove ci si rimette all’istituzione medica per decidere fino al momento della morte, e di rivendicazione piagnucolosa di una “libertà definitiva”». Il deputato europeo, Sandro Gozi, ha invece detto che è arrivato il momento «di aprire una discussione in maniera aperta anche nel nostro Paese, si tratta di una questione di civiltà».
Jose Mourinho (Getty Images)