2018-09-04
L’Unicef temporeggia sui parenti di Renzi. Ancora zero denunce contro i Conticini
I fratelli sono accusati di aver sottratto fondi. Ma senza querela di parte l'inchiesta sull'appropriazione indebita si fermerà.Ci mancavano le minacce di morte. Il portavoce dell'Unicef Italia Andrea Iacomini, ma anche il neo presidente Francesco Samengo, avrebbero subito pesanti intimidazioni su Internet e le avrebbero denunciate all'autorità giudiziaria. La causa scatenante sarebbe la vicenda della presunta appropriazione indebita da parte dei fratelli Conticini (Alessandro, ex socio della famiglia Renzi, e Luca) di 6,6 milioni di dollari di fondi provenienti da organizzazioni umanitarie e destinati ai bambini africani denutriti.Le accuse sono state mosse dal procuratore aggiunto Luca Turco e dalla pm Giuseppina Mione. Gli avvisi di garanzia e le perquisizioni risalgono al 2016 e hanno coinvolto anche il cognato di Matteo Renzi, Andrea Conticini, indagato per riciclaggio. Ma dopo due anni la vicenda giudiziaria è ancora in fase istruttoria. Infatti ad aprile il governo Gentiloni ha trasformato l'appropriazione indebita in un reato procedibile solo su querela di parte e per questo i magistrati sono dovuti uscire allo scoperto invitando, attraverso una rogatoria internazionale, le organizzazioni umanitarie a denunciare. «Siamo in contatto costante via chat con l'ufficio Unicef di New York, a cui non risulta ancora giunta alcuna richiesta di rogatoria», ci informano dalla sede romana dell'agenzia. «Nei prossimi giorni il direttore generale dell'Unicef Italia (Paolo Rozera, ndr) rilascerà un comunicato». La realtà è che giornali e cittadini quella risposta la attendevano già un mese fa, quando l'inchiesta sui fratelli Conticini è tornata d'attualità, dopo che la richiesta di rogatoria è trapelata sui media. Andrea Iacomini, portavoce dell'Unicef, spiega alla Verità: «Contiamo nei prossimi giorni di avere notizie. Ma la vicenda ha innescato meccanismi perversi. Io ho ricevuto minacce di morte e anche il presidente ha dovuto sporgere denuncia. Ci era successo qualcosa del genere al tempo della campagna per lo ius soli. E le minacce sono arrivate anche da account riconducibili a qualche partito politico». Partito politico? «Non i partiti direttamente. C'erano dei profili che dicevano “io sono un attivista dei 5 stelle", “io sto con Matteo Salvini". Quelli che hanno attaccato me erano una decina. Purtroppo non riusciamo a far passare il concetto che in questa vicenda siamo la parte lesa». Forse perché i vertici dell'Unicef non hanno ancora fatto denuncia e da inizio agosto è attesa una dichiarazione ufficiale della sede di New York… «È l'ufficio centrale (negli Usa, ndr) che deve battere un colpo su questo. All'Unicef abbiamo problemi procedurali, tempi di audit molto lunghi» ammette Iacomini. «Io spero che rispondano al più presto, noi li solleciteremo, anche perché io avrei risposto un mese fa, in casi come questi bisogna essere molto veloci. La nostra casa madre secondo me sta sottovalutando questa cosa. Noi abbiamo spiegato che è importante per l'Italia». Ma per ora non ci sono state reazioni. Resta da capire perché in due anni i responsabili dell'organizzazione non abbiano trovato il tempo di andare in Procura a Firenze a occuparsi della questione. «Mi risulta che New York abbia collaborato, ma non so in che termini», ci fa sapere il portavoce. Non è possibile che i Conticini abbiano qualche santo a New York?Iacomini nega di saperne qualcosa: «I programmi di Play therapy non riguardavano le raccolte fondi italiane. So che nel 2013 con loro la partita è finita, quando Unicef ha riscontrato che non erano stati all'altezza». E quali sono state le motivazioni che hanno portato alla chiusura del rapporto? Iacomini assicura di aver chiesto a New York di renderle pubbliche.Visto che il quartier generale latita, sui social gli utenti attaccano il comitato italiano dell'agenzia per l'infanzia. Per esempio i commenti a una richiesta di donazioni per acquistare vaccini sono davvero pepati: «Salverebbero molti bambini anche i 6 milioni rubati da persone che voi non volete denunciare», accusa Fabio. «Ma vi rendete conto del colossale danno di immagine che state ricevendo per la mancata denuncia? Ho contribuito più volte alla vostra causa, ma come può un onesto cittadino fidarsi ancora di Unicef Italia?», domanda Enrico. «Ma se vi mando 1.000 euri quanti ne vanno in riva all'Arno?», provoca Andrea. L'Unicef sulla sua pagina Facebook in queste ore preferisce non ribattere. Lo aveva fatto nei giorni scorsi, anche con qualche ruvidezza. «Non sappiamo se tu abbia problemi di udito», si legge in un post di risposta. «Se hai difficoltà a capire, fatti aiutare, ma da qualcun altro», è scritto in un secondo messaggio. Nella pagina ufficiale dell'organizzazione vengono attaccati i «media che perseguono obiettivi politici» e ventilati complotti: «Come mai è diventato così facile oggi scagliare la prima pietra contro le organizzazioni umanitarie? Questa domanda non te la sei posta?», viene chiesto a un contestatore.La mancata consegna della rogatoria, visto il periodo estivo e la gincana che deve affrontare la lettera (deve passare dal ministero della Giustizia, da quello degli Esteri, dall'ambasciata a Washington e dalla nostra rappresentanza all'Onu, dove ha sede l'Unicef), non stupisce gli inquirenti. Né li preoccupa, visto che il conto alla rovescia dei 90 giorni utili per sporgere denuncia partirà solo al momento della notifica. A quanto risulta alla Verità i magistrati sono piuttosto sicuri delle prove raccolte. Grazie alle indagini hanno appurato che i soldi utilizzati per acquistare ville e palazzine in Portogallo e fare investimenti finanziari nei paradisi fiscali provenivano da un conto personale della Cassa di risparmio di Rimini intestato ai Conticini, conto che sarebbe stato alimentato non con ricche eredità, ma con i fondi raccolti dalla Play therapy Africa, la società fondata da Alessandro Conticini e che si occupava di aiutare i bambini africani denutriti con una terapia legata al gioco. Secondo l'accusa sarà difficile per i Conticini dimostrare che i 6,6 milioni di dollari utilizzati per investimenti personali fossero i risparmi di una vita, come sostenuto dalle difese con i giornalisti. Tale versione, però, non è ancora stata ufficializzata davanti ai magistrati. Le toghe attendono da più di due anni di mettere a verbale le dichiarazioni degli indagati. Ma per ora nessuno di loro ha varcato la porta della Procura.
Beatrice Venezi (Imagoeconomica)