Di Donna in allarme per la copertina di «Panorama» in tv. «Distrusse le prove»

La scena che passerà alla storia dell'inchiesta su Luca Di Donna, l'avvocato amico dell'ex premier Giuseppe Conte, è quella ripresa nella notte tra il 27 e il 28 settembre dal sistema di videosorveglianza di piazza Cairoli 6, a Roma, dove si trovano lo studio professionale dello stesso Di Donna (accusato di associazione per delinquere finalizzata al traffico di influenze) e quello del suo maestro, il giurista Guido Alpa. Ma prima di descrivere la scena, occorre tornare indietro di qualche ora. Il perché lo scrivono ai magistrati i carabinieri del Nucleo investigativo nel penultimo capitolo di un'informativa di 196 pagine inviata urgentemente il 28 settembre alla Procura di Roma. Il motivo dell'urgenza è esplicato nel titolo del paragrafo 11 del documento: «L'anticipazione nel corso di una trasmissione televisiva della copertina del settimanale Panorama in cui verrà pubblicato che il legale (Di Donna, ndr) sarebbe indagato nell'ambito di un'indagine della Procura di Roma». I militari annotano che «nella serata di lunedì 27 settembre, dopo che intorno alle 21,10 il giornalista Maurizio Belpietro ha mostrato» in tv la copertina di Panorama «nella quale è ritratto, sotto il titolo “L'uomo che inguaia Conte", l'immagine di Luca Di Donna, lo stesso legale, che si trovava in ufficio, si è trattenuto oltre il solito orario (nel corso dell'indagine non è quasi mai rimasto in ufficio oltre le 20)». Ebbene, alle 0,43, una telecamera installata dai carabinieri riprende una donna, identificata «verosimilmente» nell'avvocato Maria Concetta Marzo, penalista e compagna di Di Donna, uscire dal portone dove si trova lo studio e rientrare «un minuto dopo, come se avesse fatto un giro di perlustrazione». All'1,18, sempre la stessa signora «esce dal portone con uno scatolone in mano e rientra un minuto dopo, senza scatolone». Di Donna, invece, «si allontana dall'ufficio» all'1,50. Per questo i carabinieri, guidati dal tenente colonnello Dario Ferrara, sottolineano «l'urgenza di acquisire quanto prima tutti gli elementi di prova ancora esistenti, in quanto qualora venisse citato qualcun altro degli indagati nell'articolo che domattina 29 settembre 2021 verrà pubblicato sul settimanale Panorama, vi sarebbe la probabilità che altri soggetti coinvolti nella vicenda decidano di distruggere altre prove». Per questo gli investigatori chiedono di «valutare la possibilità di emettere con urgenza […] un decreto di perquisizione personale» nei confronti di sette indagati, tra cui Di Donna e i colleghi Gianluca Esposito e Valerio De Luca. Le perquisizioni erano pronte per il 29 settembre mattina. Ma poi sono state rinviate, forse per non influenzare le elezioni della domenica successiva.
Lo 007
Nella storia entrano anche i servizi segreti. Infatti, come ha raccontato l'imprenditore Giovanni Buini, a un incontro con Di Donna per discutere di una fornitura di mascherine, era presente anche il capo di gabinetto dell'Aise Enrico Tedeschi, cinquantaseienne di Cerchio (L'Aquila), il quale, il 30 dicembre 2020, ha spiegato al procuratore aggiunto Paolo Ielo e al pm Fabrizio Tucci, come fosse entrato in contatto con Di Donna: «L'ho conosciuto a casa della dottoressa Brunella Bruno (giudice amministrativo, ndr), con cui ho rapporti di amicizia, a una cena, alla presenza di magistrati contabili. Il rapporto si è poi evoluto attraverso Giovanni Bruno, professore alla Sapienza e fratello di Brunella Bruno, che credo fosse presente anche alla cena di cui ho parlato». Giovanni Bruno è un altro allievo di Guido Alpa e nell'agosto del 2018 è stato scelto come commissario della società Condotte Spa, in amministrazione straordinaria. Da Condotte e da una controllata, come ha svelato Panorama, Di Donna ha già incassato 637.000 euro di consulenze. Nel febbraio 2021 i commissari hanno conferito a Di Donna un ulteriore incarico che prevede una retribuzione con una parte fissa di oltre 20.000 euro al mese più una parte variabile per una durata di circa 2 anni. I pm hanno chiesto a Tedeschi la ragione della sua presenza nello studio Alpa insieme con Di Donna. Risposta: «La ragione era istituzionale. Per le funzioni che svolgo, in quel momento di estrema difficoltà nell'approvvigionamento di dispositivi di protezione individuale, noi come struttura eravamo alla ricerca di forniture di mascherine. Ne avevo parlato con Di Donna, così come, del resto, con altre persone ed egli mi comunicò che doveva incontrare un fornitore di mascherine che poteva essere utile consultare». Ma a Tedeschi non sarebbe stato presentato solo Buini: «Vi erano anche altre persone. In particolare incontrai altri due possibili fornitori di strumenti di sanificazione. Ho il ricordo di aver chiesto a un collaboratore della mia struttura, esperto di questioni tecniche, di essere presente, soprattutto con riguardo alla materia delle sanificazioni e termoscanner. Voglio aggiungere che la mia struttura non ha mai chiuso alcun tipo di accordo di forniture con Buini, né con gli altri».
«braccio destro di Conte»
Il 26 dicembre 2020 Buini in Procura dà la sua versione dei fatti e spiega che era stato l'amico Mattia Fella (cinquantottenne imprenditore barese domiciliato a Miami con buone entrature politiche) a consigliargli di parlare con Esposito, che conosceva, il quale aveva buoni rapporti con la struttura commissariale: «Io presi un appuntamento con l'avvocato Esposito, che incontrai nel suo ufficio, insieme a un altro legale, che si presentò come avvocato Di Donna. In questa circostanza egli mi disse di essere il braccio destro del presidente del Consiglio e di avere buoni rapporti con la struttura commissariale». Il 28 dicembre, sentito una seconda volta dai carabinieri del Nucleo investigativo di Roma, Buini approfondisce il racconto: «Esposito mi parlò dell'avvocato Di Donna, alla sua presenza, e per farmi comprendere chi avevo di fronte mi fece leggere un articolo di stampa che cercò su internet in cui il Di Donna era dipinto come un “fedelissimo" del capo del governo Giuseppe Conte. Esposito mi cominciò a parlare del lavoro che stavo facendo per la fornitura delle mascherine e dei dpi ed io gli parlai delle varie difficoltà affrontate. Esposito mi disse che lui e Di Donna, qualora ce ne fosse stato bisogno, avrebbero potuto agevolarmi o crearmi delle opportunità di lavoro con la Presidenza del Consiglio dei ministri, sempre facendo riferimento alla vicinanza del Di Donna al Presidente del Consiglio». La narrazione di un Di Donna legatissimo a Conte, trova riscontro nell'intercettazione del 7 settembre 2021 effettuata sul cellulare del broker sanitario Lorenzo Gragnaniello (indagato). Al telefono con un uomo che gli investigatori identificano come Salvatore, Gragnaniello parlando del legale dice: «Non hai ancora avuto la notizia… adesso è il referente di Conte per quanto riguarda la ristrutturazione del partito ...». Quindi aggiunge: «Comunque ha avuto questo incarico, quindi di conseguenza sarà pure impegnato politicamente». Nonostante il vantato rapporto con l'ex premier il contratto tra Buini e i due avvocati ha, però, vita breve: «Uscito dall'ufficio dell'Esposito, ho riferito a Fella l'esito dell'incontro e gli ho parlato anche dei contratti firmati. Fella mi rispose sorpreso e scocciato per la stipula del contratto […]. Nel corso della stessa conversazione Fella mi consigliò di recedere immediatamente dal contratto. Personalmente rassicurai Fella dicendogli che nel corso dell'incontro che avrei avuto con il Di Donna, avrei revocato ogni mandato». Il 5 maggio 2020, alle 12, Buini si reca all'appuntamento con Di Donna presso lo studio Alpa e lo trova con altre due persone che non conosceva: «Uno dei due si è presentato come il generale Enrico Tedeschi dei servizi segreti, mentre il secondo uomo, che non si è presentato, nel corso della conversazione è stato indicato come generale dei Ris dei carabinieri. […] Credo che l'incontro, assolutamente interlocutorio, sia durato circa mezz'ora ed io […] lasciai la riunione andando via senza nemmeno affrontare il problema della revoca del mandato. Per revocare il mandato e il contratto stipulato con i due legali, ho provveduto ad inviare una Pec in data 7 maggio 2020».
Gli sms col commissario
Nei giorni in cui si articola la vicenda Di Donna, Esposito e il commissario Arcuri si scambiano numerosi messaggi. Il 30 aprile, giorno del primo incontro tra Buini e i due avvocati, Esposito, alle 21,44, invia 4 sms sul cellulare del commissario. Che a sua volta risponde due volte nel giro di 120 secondi. C'è poi un altro botta e risposta e, infine, Esposito chiude le comunicazioni con altri tre invii. Gli investigatori rilevano anche «gli sms scambiati dall'utenza in uso all'avvocato Di Donna con quella in uso al commissario Arcuri tra il 5 e il 7 maggio. Tra le 18,31 e le 21,06 del 5 maggio Di Donna invia 7 sms ad Arcuri. Che replica con due messaggi alle 22,55. Di Donna ne invia altri tre, l'ultimo alle 23,38. Il 7 maggio, alle 15,52, Di Donna spedisce due sms ad Arcuri, apparentemente privi di riscontro. Alle 11,55, quattro ore prima, Buini aveva inviato ai due avvocati indagati la Pec con la disdetta del contratto e alle 12,20, appena 25 minuti dopo l'annullamento dell'accordo, Esposito aveva mandato un whatsapp a Fella, piuttosto aggressivo, che si chiudeva così: «A buon rendere».
L'8 maggio Antonio Fabbrocini, responsabile del procedimento, liquida sulla porta del suo ufficio Buini e gli annuncia che «non avrebbe proceduto alla definizione della fornitura concordata pochi giorni prima, senza fornire alcuna giustificazione».
La denuncia
Sette mesi dopo, Fella, stimolato dalle notizie pubblicate dalla Verità (e rilanciate soprattutto in tv) sulla maxi commessa di mascherine da 1,2 miliardi di euro vendute grazie all'intermediazione di Mario Benotti & C. al commissario, racconta l'accaduto a un ufficiale dell'Arma, che informa l'autorità giudiziaria. Da questo scaturisce il fascicolo aperto dalla Procura di Roma. Ai magistrati che, il 24 dicembre 2020, gli chiedono conto dell'irrituale procedura Fella spiega: «Sono portatore di conoscenze, alcune delle quali dirette, altre mediate, in relazione alla questione dell'approvvigionamento delle mascherine, nel primo periodo della pandemia. Dalla lettura dei giornali di questo periodo ho ritenuto che tali conoscenze fossero utili per le indagini in corso presso la Procura di Roma». Un'intuizione davvero azzeccata.






