2024-10-31
La Lombardia frena sul fine vita
Bocciata in commissione la proposta dei radicali: «Legiferare spetta al Parlamento». Giulio Gallera vota con la sinistra. A novembre il testo finirà in Consiglio. Stop pure in Friuli.«Serve una legge nazionale, la materia non è di nostra competenza». È con questo punto esclamativo che la commissione Affari istituzionali della Regione Lombardia ha votato a maggioranza con l’astensione (dando quindi parere negativo) sulla proposta di legge sul suicidio assistito. E con un documento presentato dal presidente Matteo Forte ha disinnescato il candelotto di dinamite dei radicali (Associazione Coscioni e Marco Cappato), blitz appoggiato dal centrosinistra. «Non vale l’interferenza della legislazione regionale in una materia affidata in via esclusiva alla competenza dello Stato». Respinti gli emendamenti dell’opposizione.Ritenere che la Regione Lombardia debba sostituire il Parlamento nazionale nel legiferare sul fine vita significa fare «una ricostruzione caricaturale del quadro delle relazioni istituzionali del nostro Paese». La bordata arrivata qualche settimana fa da parte del giudice emerito della Corte costituzionale Nicolò Zanon rappresenta la linea guida per il centrodestra di un dibattito che ieri è andato a sintesi in commissione. Al centro della discussione è ancora una volta il suicidio assistito, nascosto dietro le «Procedure e tempi per l’assistenza sanitaria regionale al suicidio medicalmente assistito ai sensi e per effetto della sentenza n.242/19 della Corte costituzionale», progetto che vorrebbe bypassare il legislatore e incuneare i principi dell’eutanasia nel corpaccione dello Stato di diritto passando attraverso la porta delle regioni.Le commissioni consiliari della Lombardia, nei mesi scorsi, hanno audito autorevoli esperti del diritto e della medicina, con deadline finale: la dichiarazione di non competenza sulla materia da parte dell’assemblea regionale. Perché la Corte costituzionale non ha affermato alcun diritto al suicidio assistito. Su questo punto sarà chiamata a esprimersi l’Aula entro il 26 novembre. Un passaggio chiave per evitare una spaccatura all’interno del centrodestra, che ci sarebbe nel caso in cui si entrasse nel merito e dovesse pesare la «libertà di coscienza» data dalla Lega ai suoi eletti. E seguita da alcuni esponenti turbo-liberali di Forza Italia; lo conferma il voto di Giulio Gallera con la sinistra.Il professor Zanon, che faceva parte della Consulta firmataria della sentenza del 2019 con la quale si indicava la depenalizzazione per chi assiste colui che richiede il suicidio volontario, è stato preciso nell’indicare le prerogative del provvedimento. E nel dare la linea. «Qualcuno di voi ha sottolineato che rispetto all’anarchia della buona morte è meglio il federalismo della buona morte. Ma se il legislatore statale non interviene, il rimedio non è sostenere che i princìpi fondamentali si trovino nella sentenza della Corte e che la Regione debba intervenire a supporto. Non attraversate il Rubicone delle competenze». Sempre Zanon ha illuminato un altro punto chiave: da nessuna parte nelle sentenze della Consulta (neppure nella più recente del 2024) si trova l’affermazione che ottenere la morte è un diritto da soddisfare da parte di una struttura del servizio sanitario pubblico. «Questo non c’è scritto da nessuna parte. Si parla di libertà. E voi sapete molto bene che la figura della libertà (la libertà di darsi la morte) è molto diversa dal diritto». L’unica istituzione che può legiferare in merito è il Parlamento. Il luminare di Diritto penale dell’Universita Cattolica di Milano, Luciano Eusebi, ha sottolineato: «In materia penale la riserva è assoluta. Se in materia civile o amministrativa sussiste una funzione di “completamento” della legge da parte di fonti sub legislative, ciò non vale nell’ambito penale».La stessa Corte europea dei diritti dell’uomo in materia di fine vita è chiara: «In capo ai singoli Paesi sussiste un amplissimo margine di apprezzamento che consente agli ordinamenti nazionali di abbracciare qualunque soluzione normativa». Ordinamenti nazionali, non regionali. Il centrosinistra grida allo scandalo con una metafora imbarazzante: «Una legge uccisa nella culla». Ora la parola passa al Consiglio. Quello del Friuli Venezia-Giulia, ieri, ha respinto una mozione simile a quella lombarda e anche lì un forzista ha votato con l’opposizione. Campo (quasi) largo.
Francesca Albanese (Ansa)