2025-10-19
A Gaza schermaglie navali. Hamas: non ce ne andiamo. Transizione a guida Egitto
Netanyahu esorta a riconsegnare gli ostaggi uccisi. I tagliagole: serve tempo. Vance atteso in Israele. L’Onu studia la «Forza» che avrà poteri nella Striscia.Più passano i giorni, più la tregua siglata dopo la liberazione degli ostaggi mostra la sua fragilità. Hamas non ha ancora consegnato i corpi di tutti gli israeliani uccisi e continua a fornire giustificazioni che Gerusalemme giudica inaccettabili. L’ultima, secondo quanto riferito da fonti israeliane, sarebbe: «Non sappiamo dove si trovano i cadaveri e ci vorrà tempo». Israele non crede a questa versione. L’ufficio del primo ministro Benjamin Netanyahu ha nuovamente esortato Hamas a rispettare l’accordo di cessate il fuoco e a restituire i resti degli altri 18 ostaggi ancora trattenuti nella Striscia di Gaza. La richiesta segue la conferma del ritrovamento del corpo di Eliyahu Margalit, 75 anni, ucciso durante l’attacco del 7 ottobre 2023 al Kibbutz Nir Oz. Secondo le Forze di difesa israeliane (Idf), il corpo era stato portato a Gaza subito dopo il massacro e identificato dagli esperti forensi. L’ufficio del premier ha ribadito che «non faremo compromessi e non risparmieremo alcuno sforzo fino a riportare tutti gli ostaggi caduti, fino all’ultimo». Israele - prosegue la nota - resta «determinato, impegnato e al lavoro senza sosta» per ottenere la restituzione dei corpi, sottolineando che Hamas è «tenuta a rispettare i propri impegni verso i mediatori internazionali». Ma da Gaza arriva un messaggio opposto. In un’intervista alla Reuters, il dirigente di Hamas Mohammed Nazzal ha dichiarato che il movimento islamista «non intende andarsene» e vuole mantenere il controllo della sicurezza a Gaza «per un periodo di transizione». Un atteggiamento che «riflette le difficoltà che gli Stati Uniti devono affrontare per porre fine alla guerra» e che mostra «i principali ostacoli alla piena attuazione dell’accordo». La mancata riconsegna dei corpi e la volontà di Hamas di restare al potere rischiano così di far naufragare la tregua. Per tentare di evitarlo l’inviato della Casa Bianca Steve Witkoff è atteso in Medio Oriente per seguire da vicino l’attuazione del cosiddetto piano Trump per la fine del conflitto. Secondo Axios, anche il vicepresidente J.D. Vance si recherà in Israele nei prossimi giorni, in concomitanza con la missione dello stesso Witkoff. In un’intervista al programma 60 Minutes della Cbs Steve Witkoff e Jared Kushner, principali mediatori del cessate il fuoco, hanno ammesso di essersi «sentiti un po’ traditi» dopo il fallito blitz israeliano a Doha, lo scorso mese, contro i vertici di Hamas. Nonostante ciò, entrambi hanno ribadito il proprio impegno a «trovare una via d’uscita stabile e duratura per la Striscia». Tuttavia, in Israele non mancano le perplessità per quanto affermato dai due inviati di Trump che sono notoriamente in affari con gli emiri di Doha. Nonostante la sfiducia crescente, il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite si prepara a discutere una mozione - sostenuta da Stati Uniti ed Europa - per istituire una forza di stabilizzazione internazionale incaricata del controllo della sicurezza a Gaza. Secondo il Guardian la guida della missione dovrebbe spettare all’Egitto, che resta in consultazione con Washington e con il segretariato Onu per definire i parametri dell’intervento. L’obiettivo è creare un dispositivo con mandato delle Nazioni Unite ma privo dello status formale di «forza di pace», simile a quello dispiegato ad Haiti per contrastare le bande armate. Tra i Paesi che potrebbero contribuire con truppe figurano Egitto, Turchia, Indonesia e Azerbaigian. Non è invece previsto, almeno per ora, il coinvolgimento diretto di forze europee. Il clima resta estremamente teso. Nelle ultime ore una nave della marina israeliana ha sparato colpi di avvertimento contro alcune imbarcazioni palestinesi che «violavano il blocco navale e rappresentavano una minaccia» per le truppe dispiegate al largo della costa meridionale della Striscia. L’esercito ha riferito che le barche hanno invertito la rotta dopo gli spari, senza che si registrassero feriti. Sul fronte marittimo, resta alta l’allerta anche nel Golfo di Aden: una petroliera battente bandiera camerunense è stata colpita da un proiettile degli Huthi mentre navigava da Sohar, in Oman, verso Gibuti. Secondo l’azienda di sicurezza Ambrey, l’equipaggio avrebbe abbandonato la nave e mentre scriviamo sono in corso operazioni di soccorso. Intanto Israele ha annunciato la creazione della cosiddetta «linea gialla» a Gaza, una fascia di confine che delimita le aree sotto controllo israeliano da quelle ancora in mano ad Hamas. Le Idf controllano attualmente circa il 50% della Striscia, e il nuovo perimetro - visibile anche fisicamente - servirà a impedire infiltrazioni e attacchi improvvisi. Il ministro della Difesa Israel Katz ha avvertito che «qualsiasi violazione o tentativo di oltrepassare il limite verrà reagito con il fuoco», mentre il valico di Rafah «resterà chiuso fino a nuovo ordine e la riapertura sarà valutata in base alla collaborazione di Hamas nella restituzione dei corpi degli ostaggi e nell’attuazione dell’accordo stabilito».
Francesca Albanese (Ansa)
La sede della Corta penale internazionale dell’Aia (Ansa)