
Legittima difesa o illegittima vendetta? Secondo la sentenza d’Appello del tribunale di Torino non ci sono dubbi: i 14 anni e 9 mesi inflitti a Mario Roggero sono una dura punizione per chi «è andato oltre». La giustificazione d’una «reazione istintiva per proteggere la famiglia» dai rapinatori non ha retto in aula ma diventa il cuore del dibattito scaturito dalla severa condanna del gioielliere di Grinzane Cavour. Siamo in presenza di qualcosa che va al di là del provvedimento giudiziario e tocca il nervo scoperto della protezione dei cittadini da parte dello Stato. Prima che sia tardi, prima che sia Far West.
«Lo so che, viste le modalità, in molti pensano che la sentenza sia giusta, ma non può esistere un eccesso di legittima difesa». Annamaria Bernardini de Pace va dritta al punto con la consueta perizia. «Secondo me, oltre al rispetto della legge è fondamentale l’etica nell’applicarla. Mi chiedo perché si sia così severi, legittimamente, con gli stupratori e non nel valutare il gesto di rapinatori che per primi attentano alla vita del cittadino perbene. Per dirla con una semplificazione, se i giudici non fossero garantisti nei confronti dei criminali ci sarebbero meno crimini». Secondo la celebre avvocatessa milanese, l’impatto sociale della sentenza è enorme. «Oltre all’eccesso di legittima difesa, i giudici dovrebbe preoccuparsi per l’eccesso di criminalità oggi in Italia, determinato anche da certe decisioni dei tribunali».
Il tema è delicato e ha un centro motore evidente: il cittadino sempre più indifeso, laddove il percepito sconfina nella realtà. Per Roberto Poletti, conduttore Mediaset, non ci sono dubbi. «È una questione di scelta di campo, o stai dalla parte dei rapinatori o da quella del gioielliere. Purtroppo in questo caso lo Stato sta dalla parte dei rapinatori trasformati in vittime. Tutto ciò con buona pace dell’assunto secondo cui la difesa è sempre legittima. Una simile sentenza è destinata ad aumentare la conflittualità fra magistratura e politica, sulla pelle dei cittadini perbene. E per la soddisfazione di una sola categoria, quella dei malviventi».
«Quando non si è giuristi è difficile entrare nel dettaglio, ma in questo caso noto che la severità della legge non è uguale per tutti». Marcello Foa approccia l’argomento con un parallelismo calzante. «Mi colpisce la simultaneità di questa notizia con quella del rinvio a giudizio dei sette carabinieri per il caso milanese di Ramy Elgaml, il ragazzo morto dopo essere sfuggito a un posto di blocco. La mia sensazione è che i giudici eccedano nel calcare la mano sui militari che hanno compiuto soltanto il loro dovere o, nel caso del gioielliere, sui cittadini onesti. E in altre circostanze, per esempio davanti alle manifestazioni violente delle piazze, lascino correre con eccessiva leggerezza».
Per il giornalista e opinionista tv, da questo magma emerge un senso di mancata protezione dei cittadini. «In altri Paesi non è così, difficilmente all’estero i tutori dell’ordine sarebbero stati messi sotto processo, sullo stesso piano di chi delinque. Tornando al gioielliere, giustificare il gesto puro e semplice con l’inseguimento fuori dal negozio è impossibile. Ma bisogna anche considerare la reazione emotiva del commerciante già rapinato in passato, la paura per l’incolumità dei famigliari. Tutte attenuanti che non possono essere dimenticate. In questi scenari, dentro queste penombre, è fondamentale ripristinare un valore assoluto: la tutela dei cittadini onesti».
Un’opinione condivisa da Giuseppe Cruciani. Il conduttore de La Zanzara su Radio24 chiarisce subito un concetto: «Mi sento più vicino al gioielliere che ai rapinatori. E mi sorprende constatare che una persona incensurata che ha aperto un’attività con investimenti, sacrifici e dedizione, si ritroverà in prigione anche a lungo. Al di là delle modalità, questa non può che essere un’assurdità. Viste dall’esterno le circostanze fanno riflettere, quel rapinatore colpito a terra è testimonianza di una reazione sconsiderata. Ma lo Stato deve saper difendere l’uomo onesto, senza precedenti penali, già vittima di rapina e travolto di nuovo da una situazione per lui impensabile, in preda alla paura e all’eccesso di emotività. Le famiglie dei malviventi verranno risarcite mentre Roggero, se la Cassazione non cambierà la sentenza, si farà 14 anni di carcere. Qui siamo al paradosso».
Nicola Porro ha postato sul suo profilo Facebook la vicenda con un commento lapidario: «Una storia che fa gelare il sangue». Lo approfondisce così: «Una condanna incredibile. Il punto vero non è nella legittima indignazione per la sentenza, ma nel considerare che i magistrati non si rendono conto degli effetti. Fa notizia il giustiziere, non il fenomeno della microcriminalità, il veleno quotidiano che rovina la vita dei cittadini. Il caso del gioielliere conferma la totale incapacità della giustizia di affrontare questa piaga sociale. Ormai in Italia c’è un livello di microcriminalità insopportabile, stiamo arrivando a grandi passi alla giustizia fai da te. Il Far West è già qui».






