2025-10-19
Francesca Albanese, una Chiara Ferragni con la kefiah addosso
Francesca Albanese (Ansa)
La special rapporteur dell’Onu sulla Palestina è diventata un brand, un fenomeno mediatico, la Nostra Signora dell’intifada. I suoi modi da maestrina spazientiscono anche la sinistra, mentre la verve anti israeliana la porta a inquietanti scivoloni.Cognome e nome: Albanese Francesca Paola. La Rosa Luxemburg di tutte le buone cause (in realtà solo di quella palestinese, strameritevole di attenzione, certo, ma: e le altre?).Una Chiara Ferragni con lo scialle: «Pensati gazawa». Una talebana del Pensiero Unico. Il suo, ovviamente. E chi dissente? Fatwa lo colga. Richiestissima ospite tv, «fin che dura» (così Il Foglio).Supponente: «Ti pare normale che tu mi fai un’intervista dopo tre anni che sono relatrice speciale sulla Palestina?» (a Diego Bianchi, su La7), aggiungendo poi «sto scherzando», postilla usata in genere da chi deve dissimulare la propria acredine.Con Zoro che, in apparenza rammaricandosi, ne smonta la «specialità»: «Sapessi quanti relatori non ho intervistato...». E comunque - ammonisce lo scriteriato Dagospia- «Avvisate l’Albanese che la “benedizione” di Zoro non è garanzia di successo: vedere alla voce Aboubakar Soumahoro», ecco. «Giuseppi» Conte vorrebbe per lei il Nobel per la pace (e con uno sponsor così, cosa può andare storto?). Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni, il Gatto & il Gatto, la vedrebbero bene in Parlamento (e si sa, tutto ciò che il duo tocca si trasforma in Soumahoro...).Rocciosa avellinese di Ariano Irpino, ha ricevuto le «chiavi» dalle mani del sindaco il 28 luglio.Che però si è fatto battere sul tempo dal collega della vicina Gesualdo, che il giorno prima le ha conferito la cittadinanza onoraria, tiè.Da lì in poi, un Vajont di candidature: Napoli, Firenze, Bologna, Isernia. Milano, mancano solo Ovindoli e Pizzighettone. Sì, no, forse, boh. E dire che ancora tre anni fa era una militante ignota.2022. I media apprendono della sua esistenza. Come special rapporteur dell’Onu sullo stato dei diritti umani nei territori palestinesi occupati.Paolo Mastrolilli, Repubblica, 15 dicembre: «È una legale che da anni si occupa della situazione in Medio Oriente».Lo Special One è un esperto indipendente, nominato dallo Human Rights Council di Ginevra, il Consiglio per i diritti umani, organismo intergovernativo all’interno dell’Onu (47 stati membri, a rotazione tra quelli dell’Assemblea generale), sulla base di candidature presentate a titolo individuale.Quindi non è espressione del governo del Paese di origine.Albanese è stata scelta a marzo 2022, quando l’Italia non era peraltro nel Consiglio (il premier era Mario Draghi).Il codice di condotta del mandato impone di evitare «doppi standard e politicizzazione» delle questioni trattate, agendo con «integrità, probità, imparzialità, onestà e buona fede». Ecco perché, a dicembre 2022, il patatrac.Riciccia una sua pagina Facebook in cui Albanese sosteneva che «America ed Europa, soggiogati dalla lobby ebraica gli uni, e dal senso di colpa per l’Olocausto gli altri, continuano a condannare gli oppressi - i palestinesi - che si difendono con i mezzi che hanno (missili squinternati) invece di richiamare Israele alle proprie responsabilità secondo la legge internazionale».Si noti: all’epoca nessun «genocidio», il cui inizio oggi viene retrodatato almeno alla guerra dei 6 giorni del 1967.Michèle Taylor, ambasciatrice americana al Council (è una dem nominata dal regnante presidente Joe Biden, non dal puzzone con i capelli color polenta), spara a palle incatenate. Arriva da più voci la richiesta di dimissioni.Albanese si scusa: «Alcune delle parole che avevo usato durante l’offensiva israeliana a Gaza del 2014 sono state infelici, analiticamente inaccurate e involontariamente offensive. Le persone commettono errori. Non le userei oggi, né le ho usate come Special Rapporteur».Poi, erutta l’orgoglio irpino: «Non permetterò mai a nessuno di definire chi sono e per cosa combatto, come professionista e come essere umano, non sarò messa a tacere».Ultimo dettaglio non marginale: dalla querelle si chiamò fuori il segretario generale António Guterres, che attraverso il suo portavoce Stephane Dujarric fece sapere che «l’attuale carica di Francesca Albanese non dipende dal Segretario Generale... che (attenzione!) in linea di principio si è sempre espresso con forza contro l’antisemitismo in tutte le sue manifestazioni». Però. Classico caso di excusatio non petita, che però ha obliquamente «mascariato» Albanese. La quale scompare dai radar.7 ottobre 2023: l’ecatombe sul suolo di Israele ad opera di Hamas. Come reagisce «la rockstar dell’intifada»? Inizialmente Albanese conserva un certo equilibrio, non esitando anche a condannare gli attacchi.Dopo di che, la virata. Lo storytelling diventa progressivamente monodirezionale. Le responsabilità israeliane esclusive e fuori discussione. Una presa di coscienza spontanea o - per i detrattori - «spintanea», cioè indotta da Rete e social, il cui utilizzo concorre a costruire la sua immagine pubblica, quindi la sua monumentalizzazione.Come intrepida paladina della causa palestinese, la sola, l’unica Nostra Signora della kefiah, in lotta contro il mondo (quello occidentale, perché la latitanza di quello arabo sfugge, non viene calcolata, non fa notizia) indifferente al «genocidio».Il termine deflagra nel dibattito pubblico nel marzo 2024, quando Albanese licenzia il rapporto Anatomia di un genocidio, la cui tesi di fondo è: ci sono «ragionevoli basi» per ritenere che Israele si sia macchiata di tale enormità nella Striscia di Gaza.Et voilà, Albanese si ritrova sulla rampa di lancio della comunicazione, soprattutto digitale.E anche se la parola era già stata sdoganata un mese prima, nientemeno che sul palco del Festival di Sanremo (do you remember Ghali e il suo «Stop al genocidio»?), con lei conosce una nuova spinta propulsiva. Le ricerche su di lei, come certificato da Google Trend, salgono ancora di più dopo l’ulteriore report del giugno scorso Dall’economia dell’occupazione all’economia del genocidio, mentre sui social è una sinfonia cacofonica delle stesse parole d’ordine, ripetute ad libitum: impunità (di Israele), complicità (dell’Occidente), resistenza (palestinese), fame (carestia) e infanticidio (bambini morti, bambini uccisi).Ripetiamolo ad uso degli utonti: qui non si nega l’apocalisse in cui è sprofondata Gaza, ci si riferisce alla tempesta perfetta che ha trasformato Albanese in un brand, con un suo posizionamento strategico tra militanza e «autorevolezza», indignazione e competenza (sbattuta in faccia ai malcapitati interlocutori).Tanto più grazie agli algoritmi che premiano i personaggi «divisivi», trasformati in entità superiori mainstream. Una miscela inebriante che può dare alla testa.Per cui ecco l’assoluzione elargita ex cathedra al sindaco di Reggio Emilia, «hai sbagliato, ma non lo fare più».Ecco la fuga dallo studio de La7, «avevo un altro impegno, comunicato in precedenza ai conduttori» (in seguito spiegherà che gli altri ospiti non erano all’altezza, salvo poi presentarsi pochi giorni dopo sul palco di un teatro a disquisire di Palestina con due comici). Ecco lo sfregio a Liliana Segre sull’antisemitismo, sui tumori ti confronti con un oncologo, mica con un malato (giusto, quindi come considerare rilevanti gli interventi del capo dello Stato Sergio Mattarella su mafia o terrorismo, avendo lui avuto il fratello Piersanti ammazzato a pistolettate?). Esternazione inqualificabile per cui ha chiesto venia, e meno male.Quindi ha chiarito che sul «genocidio» lei può discutere, ma con «accademici sionisti» («esisterà un albo apposito?», si è interrogato ironicamente Massimo Gramellini sul Corriere della Sera), ma non con altri, tutti più o meno soggetti disagiati per «analfabetismo funzionale».Gramellini negli ultimi 15 giorni ha dedicato alla «Marchesa del Grillo» e alla sua «claque fischiettante» ben due «caffè» sulla prima pagina del Corriere.Con un urticante ringraziamento: «All’esimia giurista la nostra gratitudine per il tempo che trascorre in tv nel tentativo davvero improbo di istruirci». Gli ha fatto eco Corrado Augias, su La7: «Albanese? Reazioni improprie che sconfinano nel fanatismo». «La politica deve ragionare con la testa fredda. Questa - (con aria finto-svagata) Albanese, si chiama? - non va in tale direzione, francamente se ne può fare a meno».Michele Serra, su Repubblica: «Sono tra i tanti bene impressionati dal lavoro di Albanese. In virtù di questa stima, rimango male impressionato dalla maniera brusca con cui affronta sulle scena pubblica le divergenze di opinioni su una materia, i diritti umani, delicatissima di per sé». Poi, dopo essersi chiesto «a che titolo?» Albanese abbia espresso il suo «perdono» al sindaco di cui sopra (e aver definito «non credo casuale» l’abbandono del talk citato) ha concluso: «Il mondo ha un disperato bisogno di ragione, informazione, gentilezza. La sinistra rimproverante ha fatto il suo tempo, è di quella convincente che si sente la mancanza».Perplessità cui aggiungo la mia: ma perché la sinistra ciclicamente si lega mani e piedi al Carro di Tespi dove tengono banco ameni personaggi che hanno il merito - se non l’unico, il principale - di vantare un qualche seguito social, da Fedez alla signora Albanese?
Nel riquadro: Ferdinando Ametrano, ad di CheckSig (IStock)