2025-10-19
Venti Stati all’Ue: «Rimpatriare gli afgani»
Una coalizione di nazioni, Italia inclusa, scrive alla Commissione: «Troppe violenze, a casa chi delinque». I tedeschi, con tanti saluti al requisito dei «Paesi sicuri», già si sono mossi. A costo di accreditare diplomatici talebani e di dare i criminali in pasto alla sharia.Tra un po’, dei «Paesi sicuri» resterà traccia soltanto nelle sentenze dei giudici italiani, che tirano fuori i clandestini dai Cpr. L’Europa va in un’altra direzione, sebbene tra divisioni ed egoismi. Anzi, un po’ proprio in virtù degli egoismi, visto che stavolta è nell’interesse della Germania imporre un giro di vite. Così, 20 Stati membri dell’Ue su 27 hanno spedito una lettera al commissario agli Interni, Magnus Brunner, e all’Alto rappresentante, Kaja Kallas, chiedendo di potenziare il meccanismo dei rimpatri accelerati e forzati verso l’Afghanistan.L’iniziativa, che secondo Euractiv è partita dai belgi, ma che sta parecchio a cuore ai tedeschi, ha goduto del sostegno di Italia, Austria, Bulgaria, Cipro, Repubblica ceca, Estonia, Finlandia, Grecia, Irlanda, Lituania, Lussemburgo, Malta, Norvegia, Paesi Bassi, Polonia, Slovacchia, Svezia e Ungheria.«La presenza di cittadini afgani irregolari nell’Ue», si legge nel documento, «richiede un approccio coordinato» per «gestire i casi di chi non ha diritto» a essere ospitato da noi. «Il rimpatrio ordinato, dignitoso e sicuro delle persone senza motivi legali per rimanere, in particolare di coloro che rappresentano una minaccia per l’ordine pubblico o la sicurezza nazionale, è una componente necessaria di una politica migratoria credibile e sostenibile». Ineccepibile. Le cancellerie europee vogliono il permesso di rispedire velocemente a Kabul gli immigrati che commettono reati, oppure che sono sospettati di attività terroristiche. L’esigenza di proteggere i cittadini, finalmente, prevale su afflati umanitari quasi sempre ipocriti e pelosi. «Nel 2024», lamenta la lettera, «22.870 afgani hanno ricevuto una decisione di rimpatrio nell’Ue, ma solo 435 sono tornati nel loro Pease di origine, con un tasso di appena il 2%». Il testo denuncia «un aumento degli episodi di violenza da parte di cittadini afgani». Perciò, aggiunge, occorre «una risposta coerente e collettiva», tale da includere «un ruolo rafforzato per Frontex», l’agenzia che sorveglia le frontiere esterne del continente.Al netto del contributo del Belgio, l’input della petizione alla Commissione è ovviamente giunto da Berlino. Già il precedente cancelliere socialdemocratico, Olaf Scholz, si era preso la briga di far decollare qualche volo charter, con a bordo gruppi di stranieri espulsi. Finora, è stato il Qatar a mediare tra la Germania e il regime dei talebani. L’idea di Friedrich Merz, braccato da Alternative für Deutschland, ormai primo partito nei sondaggi, è invece di istituzionalizzare i canali di comunicazione con i mullah, in modo da aprire corridoi permanenti e rapidi. A costo di accreditare alcuni rappresentanti diplomatici dei fondamentalisti, come quello da poco giunto al consolato di Bonn. Sulla Verità, ve ne parlavamo una ventina di giorni fa. La svolta sta provocando malumori, tanto che lo staff degli uffici in Nordreno si è dimesso per protesta. Il governo, tuttavia, insiste. Il ministro dell’Interno, Alexander Dobrindt, a metà settembre assicurava che, «molto presto», sarebbe stato stipulato «un accordo che ci consentirà di rimpatriare in modo regolare le persone verso l’Afghanistan su voli programmati». Sono in corso «contatti tecnici», spiegava. Intanto, a beneficio di chi è scettico sull’opportunità di legittimare la teocrazia dei musulmani che segregano le donne, la sua omologa belga, Anneleen Van Bossuyt, ha precisato che si tratta semplicemente di adottare un approccio pragmatico: «Dobbiamo parlare anche a regimi che non sosteniamo». A Bruxelles e a Berlino forse non ci sono le toghe di Magistratura democratica, le quali, in attesa che il nuovo Patto Ue sulle migrazioni faciliti le procedure accelerate di rimpatrio, hanno svuotato i centri aperti da Giorgia Meloni in Albania. Se no, scoppierebbe una guerra a colpi di carte bollate. Tanto più che il ministro dell’Interno afgano, Abdul Mateen Qani, all’emittente tedesca Adr ha illustrato chiaro e tondo quale sarà il destino dei criminali rispediti a casa: dal momento che essi «rappresentano la nazione» e la screditano all’estero con le loro malefatte, verranno giudicati «secondo la sharia».Altro che Ilaria Salis e le lezioncine sullo Stato di diritto all’Ungheria. Qui diventa concreto persino il pericolo che, nelle maglie del sistema, rimangano intrappolati pure gli oppositori dei talebani. Gente per la quale l’Afghanistan non rappresenta di certo un Paese sicuro, secondo la definizione che ne danno la Corte di giustizia Ue e i nostri giudici. Quelli che considerano un’inaccettabile violazione dei diritti umani collocare gli irregolari nelle moderne strutture di Gjadër e, poi, rimandarli nel luogo da cui erano partiti.In Egitto no, in Afghanistan sì. Ce lo chiede l’Europa.
Francesca Albanese (Ansa)
La sede della Corta penale internazionale dell’Aia (Ansa)