2021-09-19
L’Italia ha un grande cuore verde. Quattro passi per i parchi nazionali
Il nostro Paese è stato tra i primi in Europa a dotarsi di leggi speciali: oggi conta ben 871 circuiti protetti. L'anno prossimo il sito del Gran Paradiso e quello d'Abruzzo taglieranno il traguardo del secolo di vita.Dopo la serie di articoli dedicati alle rose, torniamo ai luoghi naturali. A pochi mesi dalle celebrazioni dei cento anni dei nostri primi due parchi, ovvero il Gran Paradiso istituito per decreto regio nel 1922, stesso anno in cui viene siglato per iniziativa privata un primo accordo di tutela dei boschi del cuore d'Abruzzo, riconosciuto in seguito quale nucleo fondante del parco nazionale nel gennaio del 1923, inizieremo a visitare alcuni dei nostri parchi. Dopo un secolo di protezionismo, si contano venticinque parchi nazionali, a cui si aggiungerà nei prossimi anni un'altra manciata tra Abruzzo, Sicilia e foce del Po, ben 134 parchi regionali, 6 parchi urbani, un centinaio di oasi Lipu, 106 oasi Wwf e decine e decine di altre riserve tra le quali riserve naturali, collinari, fluviali, marine, aree integrali, nonché il santuario delle cosiddette balene, per un totale di 871 siti protetti. Oltre un decimo del paesaggio italiano ne è direttamente interessato, coinvolgendo un terzo dei Comuni. Il novero dunque di luoghi che potremo andare a perlustrare, ad incontrare, passo passo, è sconfinato. Due sono state inizialmente le spinte che hanno portato alla nascita dei primi parchi: il pericolo di estinzione di alcuni animali, anzitutto lo stambecco alpino, quindi il timore di compromettere ecosistemi naturali che la crescita demografica stava mettendo in serio pericolo. L'esempio dei parchi nazionali e statali del Nordamerica, avventura iniziata negli anni Sessanta del XIX secolo, appariva oramai imprescindibile, e l'Italia, va dato atto, è stato uno dei primissimi Paesi continentali a muoversi in questa direzione: in Svizzera il parco nazionale svizzero viene istituto nel 1914, in Spagna il Covadonga e l'Ordesa nel 1918, in Inghilterra e nel Galles i primi parchi vengono riconosciuti nel 1951, in Francia il Vanoise è istituito nel 1963 mentre in Germania la Foresta bavarese nel 1970; gli Alti Tauri in Austria, il più vasto parco dell'Europa centrale, soltanto nel 1981. Negli anni Trenta vengono istituiti due altri parchi nazionali, il Circeo e lo Stelvio. La guerra, la lenta ripresa, il boom industriale non hanno di certo favorito la conservazione degli ambienti, come dimostra quel celebre documento filmato dell'Istituto Luce che mostra l'eradicazione di decine e decina di ulivi plurisecolari, quando non millenari, per costruire i grandi impianti di trasformazione delle materie inaugurati nel Sud Italia nell'immediato dopoguerra. E infatti bisognerà attendere la fine degli anni Sessanta prima che il movimento ambientalista, col supporto di alcune frange della politica italiana, ricominci a far erigere i confini di nuove riserve. Ma gli amanti della natura in verità non erano rimasti con le mani in mano: ad esempio nel 1959 venne istituita una prima riserva «integrale» - ovvero inaccessibile al pubblico - nel cuore delle Foreste Casentinesi, quel nostro minuscolo eden che è Sasso Fratino, grazie al lavoro di due appassionati forestali come Fabio Clauser (1919), oggi felice centenario, e l'entomologo, ecologista, professore Mario Pavan (1918-2003), figure portanti del conservazionismo nostrano. Clauser, dopo anni al ministero dell'Agricoltura e dell'Ambiente, lavorò da forestale qual era nei nostri cuori arborei, vivendo tutte quelle problematiche che l'istituzione e la regolamentazione di riserve si porta appresso: il non facile dialogo con gli amministratori locali e con le realtà da sempre in movimento sui territori, come i cacciatori, il complesso rapporto fra i proprietari delle terre su cui si intende definire il confine di una riserva, data la connotazione della nostra geografia, i paesi diffusi, i centri, la suddivisione delle proprietà, e anche la scelta dello Stato di non possedere direttamente parte dei territori, come invece può accadere in certi stati dell'Alaska o della California, o nel poco popolato ma abnorme Canada, laddove gli abitati sono al massimo alle porte dei parchi e l'intero territorio diventa confederale, nazionale, e quindi inesigibile, intoccabile. In Italia la maggior parte delle riserve si sviluppa su territori privati i cui proprietari si sono accordati con regione, enti e/o Stato.La nascita di una riserva oggi è paradossalmente più facile che non cento anni fa, o ottanta. Perché? Perché le economie locali raramente dipendono per la maggior parte dallo sfruttamento, o detto in altro modo, dalla resa delle risorse naturali. I tempi delle miniere non sono ancora finiti ma siamo agli sgoccioli, i grandi abbattimenti forestali sono cambiati radicalmente, gli stessi boschi, le stesse foreste oggi sono più utili come attrattori turistici. Un tempo molte famiglie dipendevano dal carbone vegetale, nei secolo XVII e XVIII, quando l'idea stessa di preservare la natura avrebbe fatto sorridere chiunque, ambienti boschivi intatti in diverse parti dello Stivale vennero abbattuti e riconvertiti, lo testimonia Fulco Pratesi nella sua preziosa Storia della natura d'Italia (Rubettino), cambiando il paesaggio dei Monti Lessini, alle spalle di Verona, del Vicentino, delle Prealpi, dei castagneti delle Giulie, il Bellunese. Un'altra causa di deforestazione furono le invasioni degli eserciti esteri, francesi e tedeschi, come testimoniano i numerosi abbattimenti di abeti e faggi in Cansiglio al tempo delle campagne di Napoleone Bonaparte. Non parliamo nemmeno della vasta consunzione dei boschi lungo i confini delle trincee della Grande guerra, quanto della scomparsa di migliaia di alberi nelle aree verdi delle città, durante i lunghi e spaventosi inverni del successivo conflitto mondiale. A Torino, per fare un esempio, si usavano le ultime corse dei tram per abbattere alberi nel piccolo bosco che circonda la Palazzina di Caccia di Stupinigi, quella legna riscaldava i camini delle case. Se l'istituzione per decreto regio di una riserva fu ostacolato e comunque servì ad una causa che al tempo era oramai sotto gli occhi di tutti, ovvero la salvaguardia di una specie animale tanto amata quanto stupidamente cacciata, invece il lavoro dei sindaci coinvolti in Abruzzo fu ancora più colossale. Ma anche le più recenti istituzioni vengono talora ostacolate, basti pensare alla nascita del parco nazionale del Monviso, in Piemonte, che pare aver avuto, purtroppo, come conseguenze ovviamente involontarie, l'innesco di alcuni incendi scoppiati nelle valli del cuneese, probabilmente quale segno di protesta di singoli quanto incauti contadini. Ma le storie sarebbero moltissime e a fronte di quanti sono contrari, per partito preso o per interesse, vi sono molte più persone a favore. Per coloro che vogliano approfondire evoluzione e caratteristiche dei parchi italiani e della nostra natura consiglio, tra i diversi titoli, il saggio di Pratesi segnalato poche riga fa, ma anche Storia del bosco di Mauro Agnoletti (Laterza), il memoir Romanzo forestale di Fabio Clauser (Libreria Editrice Fiorentina), nonché la collana Parchi d'Italia che National Geographic, Cai e La Repubblica stanno mandando in edicola in questi mesi.
Jose Mourinho (Getty Images)