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2020-06-23
Il triplo azzardo dell’Italia sul vaccino
Ansa
Nella grande ammucchiata del vaccino contro il Covid-19, ormai è un furibondo «tutti contro tutti». Organizzazioni internazionali, singoli Stati, organismi sovranazionali alla stregua dell'Unione europea, cordate di Paesi come la neonata «Alleanza europea del vaccino», dal primo all'ultimo terrorizzati dall'arrivo della temutissima seconda ondata di contagi, si sono buttati a capofitto per scovare uno strumento utile a prevenire un possibile ritorno del virus. Unica costante, case farmaceutiche e produttori che sullo sfondo si sfregano le mani in vista dell'arrivo di una montagna di profitti.
Ma come si posiziona l'Italia nella corsa globale per il vaccino? Sono almeno tre le piste che l'esecutivo sta battendo in questa partita. Su tutte però gravano forti perplessità e pesantissimi caveat. La prima riguarda la firma di un accordo con Astrazeneca, multinazionale biofarmaceutica che lavora in partnership con l'Università di Oxford. L'intesa è stata salutata dal ministro della Salute, Roberto Speranza, come un «primo promettente passo avanti per l'Italia e per l'Europa». La firma del contratto ha fatto seguito alla nascita, annunciata ai primi di giugno, di un sodalizio stretto insieme ai governi di Germania, Francia e Paesi Bassi. Sulle cifre messe in campo da questo consorzio c'è ancora nebbia fitta. L'unico dato certo riguarda l'entità della fornitura prenotata ad Astrazeneca, pari a 300 milioni di dosi, con la possibilità di incrementare il numero fino a 400 milioni. Purtroppo, a discapito della trasparenza, il testo del «memorandum of understanding» sottoscritto dai quattro Paesi non è rintracciabile né sul sito del ministero della Salute, né tantomeno su quello del governo italiano. Per trovarlo, la Verità ha dovuto consultare il sito dell'esecutivo dei Paesi Bassi. Quattro articoli piuttosto asciutti, più un'appendice dedicato alle policy sulle trattative con le aziende che producono i vaccini, tutto all'interno di tre paginette. Scopo dell'Alleanza, «garantire l'approvvigionamento alla popolazione dell'Ue ma non solo, a un prezzo equilibrato». Degno di nota il punto relativo all'organizzazione: l'Alleanza verrà governata e amministrata da un «gruppo ristretto» in rappresentanza dei membri, affiancati da un team di esperti nel campo legale e in quello della finanza. Quasi a chiarire che quella del vaccino, prima che sanitaria, è una questione di natura economica. Voci preoccupate arrivano proprio dai Paesi Bassi, dove esperti e politici hanno sollevato dubbi sulla scelta di Astrazeneca. Oltre alla lunga serie di controversie collezionate negli anni dall'azienda britannico-svedese, legate perlopiù a contenziosi sulla durata dei brevetti e sul prezzo dei farmaci messi in commercio, alcuni mettono in dubbio la bontà stessa della scelta fatta dai quattro Paesi. «È un po' come comprare casa da un venditore con precedenti penali», ha dichiarato a proposito del vaccino il deputato Henk van Gerven (che tra l'altro di professione fa il medico), «non abbiamo in mano i progetti, e non sappiamo nemmeno se verrà effettivamente costruita, ma nel frattempo dobbiamo firmare il contratto». Parlando domenica da Barbara d'Urso, il ministro della Salute Roberto Speranza si è comunque detto certo che il vaccino di Astrazeneca arriverà «entro fine anno».
Ma che succede se il cavallo sul quale il nostro governo sembra aver puntato tutto o quasi dovesse rivelarsi un bluff? Qua si apre la seconda pista. Qualche giorno in un'intervista pubblicata su Repubblica, Walter Ricciardi, che di Speranza è consigliere, ha dichiarato: «Punteremo sugli altri vaccini, come quelli su cui la Ue sta per investire 2 miliardi». Come annunciato il 17 giugno in occasione della presentazione della strategia dell'Ue, «la Commissione concluderà accordi con singoli produttori di vaccini a nome degli Stati membri» finanziando «una parte dei costi sostenuti dai produttori». Tutto grazie ai fondi dello Strumento per il sostegno di emergenza (Esi), attivato lo scorso aprile con una dotazione di 2,7 miliardi di euro finanziati dal bilancio Ue. Considerato che l'Italia contribuisce al budget dell'Unione per il 12%, si tratta in definitiva di 324 milioni di soldi nostri. Curiosità: a negoziare i prezzi dei vaccini con i produttori ci sarà un'italiana, Sandra Gallina, appena approdata in qualità di vicedirettore generale alla Direzione generale salute e sicurezza alimentare dalla Direzione generale del commercio. «Con il trasferimento della Gallina», si legge nel comunicato, «la Commissione si avvale di un forte negoziatore allo scopo di rafforzare il lavoro sulle numerose priorità sanitarie nel contesto attuale, inclusa la strategia di acquisto anticipato di vaccini».
Arriviamo alla terza pista, quella che riguarda la raccolta fondi lanciata dalla Commissione europea a fine aprile e che culminerà con l'evento-concerto del 27 giugno organizzato in collaborazione con l'Ong Global citizen, di cui è partner Bill Gates. Per capirci, l'appuntamento oggetto dell'affettuoso scambio di tweet tra Conte e la cantante Myley Cyrus. È in quella data che Ursula von der Leyen batterà cassa per tramutare le promesse di donazioni, pari a 9,8 miliardi di euro, in finanziamenti concreti. L'assegno a sei zeri in partenza dall'Italia riporta la considerevole cifra di 381 milioni di euro. Certo, esiste il pericolo concreto che il vaccino non si trovi mai, o peggio che le formulazioni sviluppate non si rivelino efficaci, ma grazie alla mole di finanziamenti già stanziati le aziende coinvolte sono sicure di cadere in piedi. E alla fine il prezzo di questo fallimento rischia di ricadere, come spesso accade, sulle spalle degli onesti contribuenti.
Lo studio avverte: «L’antinfluenzale aggrava il Covid»
Il Lazio di Nicola Zingaretti e la Calabria di Jole Santelli hanno prescritto la vaccinazione antinfluenzale a over 65 e personale sanitario dal 15 settembre; la Giunta pugliese di Michele Emiliano ha approvato un regolamento per imporla agli operatori sanitari. Ma stando a uno studio pubblicato da Giovanni Fioriti editore, questo provvedimento non faciliterà la diagnosi differenziale del Covid-19. L'antinfluenzale non ci aiuterà a riconoscere più facilmente un caso di coronavirus e potrebbe pure aggravare il quadro clinico di un'infezione da Sars-Cov-2.
Vaccinazione antinfluenzale: che cosa dicono le prove scientifiche, è il saggio firmato da Alberto Donzelli, specialista in igiene e medicina preventiva, già in servizio presso la Asl di Milano; Daniele Agostini, epidemiologo; Paolo Bellavite, già prof di patologia generale all'Università di Verona; Adriano Cattaneo, epidemiologo esperto di salute dell'infanzia; Piergiorgio Duca, ordinario di statistica medica all'Università di Milano; ed Eugenio Serravalle, specialista in pediatria. Le conclusioni della loro indagine sono chiare. Primo: la vaccinazione antinfluenzale ha un'efficacia moderata nella prevenzione dell'influenza, ma «non è efficace verso le ben più numerose sindromi influenzali», causate da virus diversi da quelli della classica stagionale. Secondo: il vaccino potrebbe aumentare l'incidenza di altre infezioni respiratorie, incluse quelle da coronavirus, anche se «mancano prove rispetto al Sars-Cov-2». Terzo: la vaccinazione non permette «di distinguere sindromi influenzali da forme iniziali di Covid-19». Quarto: dato il costo economico e organizzativo di una campagna di somministrazione obbligatoria, essa si dimostra meno utile dei tamponi a tappeto.
Lo scorso 24 maggio, La Verità aveva già evidenziato che l'ipotesi al vaglio dell'Iss e del ministero della Salute, di vaccinare contro l'influenza bambini e anziani, avrebbe comportato grossi dispendi e difficoltà logistiche. Il dicastero di Roberto Speranza ha poi corretto il tiro, con una circolare in cui si parla di «opportunità di raccomandare la vaccinazione» per i piccoli tra i 6 mesi e i 6 anni. La strada della «raccomandazione», per ora, è la stessa battuta dalla Campania, nonostante gli annunci roboanti di Vincenzo De Luca sull'obbligatorietà. La ricerca del team di studiosi, in ogni caso, alimenta dubbi che oltrepassano l'aspetto economico. Dubbi scientifici.
Il punto più importante, visto che lo menzionano tutte le ordinanze regionali, riguarda la possibilità di usare la vaccinazione per accelerare le diagnosi di Covid-19. Gli autori ricordano che una soluzione simile era già tramontata nella stagione 2003-2004, quando si pensò di vaccinare tutti i bambini contro l'influenza a causa delle somiglianze, allo stadio iniziale, con la Sars. Si desistette perché le sindromi simil influenzali (Ili), «clinicamente indistinguibili, ma certo molto più frequenti sia dell'influenza che della Sars» e non coperte dal vaccino, «avrebbero reso di fatto irrilevante il ruolo della vaccinazione antinfluenzale per una definizione della diagnosi differenziale». Una situazione destinata a riproporsi con il Covid-19. Su 100 pazienti, 85 potrebbero ammalarsi a causa di virus influenzali per i quali il vaccino non offre protezione. Dal che si comprende che «la pregressa vaccinazione non aggiungerebbe nulla di sostanziale a una corretta diagnosi eziologica, che necessita inevitabilmente di effettuare comunque un test rapido».
Insomma, i tamponi rimangono un metodo «molto più razionale e preciso rispetto al tentare diagnosi “per esclusione"».
L'altro capitolo cruciale riguarda le interferenze virali: «Nei vaccinati contro l'influenza», spiegano i sei scienziati, «può esserci un rischio di eccesso di altre malattie virali». Un'indagine condotta su militari Usa ha rilevato un incremento del 36% di patologie legate ai coronavirus (prima del Sars-Cov-2), mentre in Spagna sarebbe stata individuata «una relazione diretta tra vaccinazioni antinfluenzali» e «decessi da Covid-19». È presto per trarre conclusioni sul loro impatto sul morbo cinese. Ma il solo sospetto di interferenze virali è motivo sufficiente per evitare decisioni avventate.
Tanto più che proprio sulle categorie oggetto delle ordinanze, over 65 e sanitari, il vaccino non garantisce miglioramenti. Gli studi randomizzati controllati hanno dimostrato che l'antinfluenzale reca benefici ai pazienti attempati solo se hanno cardiopatie croniche. Una ricerca britannica, invece, ha rilevato una tendenza al peggioramento dei dati su ricoveri e mortalità negli anziani non cardiopatici vaccinati. Risultati non incoraggianti si sono registrati altresì su bimbi e puerpere. Ciò mette in questione anche la costituzionalità di un obbligo vaccinale: mancano le prove, richieste in virtù di una sentenza della Consulta, che il trattamento possa «migliorare o preservare lo stato di salute di chi vi è assoggettato»; e non si può affermare neppure che «esso non incida negativamente sullo stato di salute».
Nel suo ultimo libro, Ilaria Capua azzarda: se gli italiani vaccinati per l'influenza fossero stati di più, «i numeri del contagio da Sars-Cov-2 sarebbero stati più contenuti». L'ex montiana ammette di non avere «ancora a disposizione informazioni tali da poter suffragare» la sua tesi. Però, ribadisce, «ne sono convinta». Per una scelta politica così delicata può bastare un atto di fede?
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Oltre all'accordo con Astrazeneca, dai costi ignoti, il governo partecipa alla ricerca Ue con 324 milioni Altri 381 andranno alla raccolta fondi di Bill Gates sponsorizzata dalla Cyrus. Senza garanzie sull'esito.Cinque esperti lontani dalla galassia No vax: la profilassi obbligatoria è costosa e non scongiura le diagnosi sovrapposte.Lo speciale contiene due articoliNella grande ammucchiata del vaccino contro il Covid-19, ormai è un furibondo «tutti contro tutti». Organizzazioni internazionali, singoli Stati, organismi sovranazionali alla stregua dell'Unione europea, cordate di Paesi come la neonata «Alleanza europea del vaccino», dal primo all'ultimo terrorizzati dall'arrivo della temutissima seconda ondata di contagi, si sono buttati a capofitto per scovare uno strumento utile a prevenire un possibile ritorno del virus. Unica costante, case farmaceutiche e produttori che sullo sfondo si sfregano le mani in vista dell'arrivo di una montagna di profitti. Ma come si posiziona l'Italia nella corsa globale per il vaccino? Sono almeno tre le piste che l'esecutivo sta battendo in questa partita. Su tutte però gravano forti perplessità e pesantissimi caveat. La prima riguarda la firma di un accordo con Astrazeneca, multinazionale biofarmaceutica che lavora in partnership con l'Università di Oxford. L'intesa è stata salutata dal ministro della Salute, Roberto Speranza, come un «primo promettente passo avanti per l'Italia e per l'Europa». La firma del contratto ha fatto seguito alla nascita, annunciata ai primi di giugno, di un sodalizio stretto insieme ai governi di Germania, Francia e Paesi Bassi. Sulle cifre messe in campo da questo consorzio c'è ancora nebbia fitta. L'unico dato certo riguarda l'entità della fornitura prenotata ad Astrazeneca, pari a 300 milioni di dosi, con la possibilità di incrementare il numero fino a 400 milioni. Purtroppo, a discapito della trasparenza, il testo del «memorandum of understanding» sottoscritto dai quattro Paesi non è rintracciabile né sul sito del ministero della Salute, né tantomeno su quello del governo italiano. Per trovarlo, la Verità ha dovuto consultare il sito dell'esecutivo dei Paesi Bassi. Quattro articoli piuttosto asciutti, più un'appendice dedicato alle policy sulle trattative con le aziende che producono i vaccini, tutto all'interno di tre paginette. Scopo dell'Alleanza, «garantire l'approvvigionamento alla popolazione dell'Ue ma non solo, a un prezzo equilibrato». Degno di nota il punto relativo all'organizzazione: l'Alleanza verrà governata e amministrata da un «gruppo ristretto» in rappresentanza dei membri, affiancati da un team di esperti nel campo legale e in quello della finanza. Quasi a chiarire che quella del vaccino, prima che sanitaria, è una questione di natura economica. Voci preoccupate arrivano proprio dai Paesi Bassi, dove esperti e politici hanno sollevato dubbi sulla scelta di Astrazeneca. Oltre alla lunga serie di controversie collezionate negli anni dall'azienda britannico-svedese, legate perlopiù a contenziosi sulla durata dei brevetti e sul prezzo dei farmaci messi in commercio, alcuni mettono in dubbio la bontà stessa della scelta fatta dai quattro Paesi. «È un po' come comprare casa da un venditore con precedenti penali», ha dichiarato a proposito del vaccino il deputato Henk van Gerven (che tra l'altro di professione fa il medico), «non abbiamo in mano i progetti, e non sappiamo nemmeno se verrà effettivamente costruita, ma nel frattempo dobbiamo firmare il contratto». Parlando domenica da Barbara d'Urso, il ministro della Salute Roberto Speranza si è comunque detto certo che il vaccino di Astrazeneca arriverà «entro fine anno». Ma che succede se il cavallo sul quale il nostro governo sembra aver puntato tutto o quasi dovesse rivelarsi un bluff? Qua si apre la seconda pista. Qualche giorno in un'intervista pubblicata su Repubblica, Walter Ricciardi, che di Speranza è consigliere, ha dichiarato: «Punteremo sugli altri vaccini, come quelli su cui la Ue sta per investire 2 miliardi». Come annunciato il 17 giugno in occasione della presentazione della strategia dell'Ue, «la Commissione concluderà accordi con singoli produttori di vaccini a nome degli Stati membri» finanziando «una parte dei costi sostenuti dai produttori». Tutto grazie ai fondi dello Strumento per il sostegno di emergenza (Esi), attivato lo scorso aprile con una dotazione di 2,7 miliardi di euro finanziati dal bilancio Ue. Considerato che l'Italia contribuisce al budget dell'Unione per il 12%, si tratta in definitiva di 324 milioni di soldi nostri. Curiosità: a negoziare i prezzi dei vaccini con i produttori ci sarà un'italiana, Sandra Gallina, appena approdata in qualità di vicedirettore generale alla Direzione generale salute e sicurezza alimentare dalla Direzione generale del commercio. «Con il trasferimento della Gallina», si legge nel comunicato, «la Commissione si avvale di un forte negoziatore allo scopo di rafforzare il lavoro sulle numerose priorità sanitarie nel contesto attuale, inclusa la strategia di acquisto anticipato di vaccini». Arriviamo alla terza pista, quella che riguarda la raccolta fondi lanciata dalla Commissione europea a fine aprile e che culminerà con l'evento-concerto del 27 giugno organizzato in collaborazione con l'Ong Global citizen, di cui è partner Bill Gates. Per capirci, l'appuntamento oggetto dell'affettuoso scambio di tweet tra Conte e la cantante Myley Cyrus. È in quella data che Ursula von der Leyen batterà cassa per tramutare le promesse di donazioni, pari a 9,8 miliardi di euro, in finanziamenti concreti. L'assegno a sei zeri in partenza dall'Italia riporta la considerevole cifra di 381 milioni di euro. Certo, esiste il pericolo concreto che il vaccino non si trovi mai, o peggio che le formulazioni sviluppate non si rivelino efficaci, ma grazie alla mole di finanziamenti già stanziati le aziende coinvolte sono sicure di cadere in piedi. E alla fine il prezzo di questo fallimento rischia di ricadere, come spesso accade, sulle spalle degli onesti contribuenti.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/litalia-fa-scommesse-su-tre-tavoli-ma-sul-vaccino-niente-paracadute-2646235592.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="lo-studio-avverte-lantinfluenzale-aggrava-il-covid" data-post-id="2646235592" data-published-at="1592864460" data-use-pagination="False"> Lo studio avverte: «L’antinfluenzale aggrava il Covid» Il Lazio di Nicola Zingaretti e la Calabria di Jole Santelli hanno prescritto la vaccinazione antinfluenzale a over 65 e personale sanitario dal 15 settembre; la Giunta pugliese di Michele Emiliano ha approvato un regolamento per imporla agli operatori sanitari. Ma stando a uno studio pubblicato da Giovanni Fioriti editore, questo provvedimento non faciliterà la diagnosi differenziale del Covid-19. L'antinfluenzale non ci aiuterà a riconoscere più facilmente un caso di coronavirus e potrebbe pure aggravare il quadro clinico di un'infezione da Sars-Cov-2. Vaccinazione antinfluenzale: che cosa dicono le prove scientifiche, è il saggio firmato da Alberto Donzelli, specialista in igiene e medicina preventiva, già in servizio presso la Asl di Milano; Daniele Agostini, epidemiologo; Paolo Bellavite, già prof di patologia generale all'Università di Verona; Adriano Cattaneo, epidemiologo esperto di salute dell'infanzia; Piergiorgio Duca, ordinario di statistica medica all'Università di Milano; ed Eugenio Serravalle, specialista in pediatria. Le conclusioni della loro indagine sono chiare. Primo: la vaccinazione antinfluenzale ha un'efficacia moderata nella prevenzione dell'influenza, ma «non è efficace verso le ben più numerose sindromi influenzali», causate da virus diversi da quelli della classica stagionale. Secondo: il vaccino potrebbe aumentare l'incidenza di altre infezioni respiratorie, incluse quelle da coronavirus, anche se «mancano prove rispetto al Sars-Cov-2». Terzo: la vaccinazione non permette «di distinguere sindromi influenzali da forme iniziali di Covid-19». Quarto: dato il costo economico e organizzativo di una campagna di somministrazione obbligatoria, essa si dimostra meno utile dei tamponi a tappeto. Lo scorso 24 maggio, La Verità aveva già evidenziato che l'ipotesi al vaglio dell'Iss e del ministero della Salute, di vaccinare contro l'influenza bambini e anziani, avrebbe comportato grossi dispendi e difficoltà logistiche. Il dicastero di Roberto Speranza ha poi corretto il tiro, con una circolare in cui si parla di «opportunità di raccomandare la vaccinazione» per i piccoli tra i 6 mesi e i 6 anni. La strada della «raccomandazione», per ora, è la stessa battuta dalla Campania, nonostante gli annunci roboanti di Vincenzo De Luca sull'obbligatorietà. La ricerca del team di studiosi, in ogni caso, alimenta dubbi che oltrepassano l'aspetto economico. Dubbi scientifici. Il punto più importante, visto che lo menzionano tutte le ordinanze regionali, riguarda la possibilità di usare la vaccinazione per accelerare le diagnosi di Covid-19. Gli autori ricordano che una soluzione simile era già tramontata nella stagione 2003-2004, quando si pensò di vaccinare tutti i bambini contro l'influenza a causa delle somiglianze, allo stadio iniziale, con la Sars. Si desistette perché le sindromi simil influenzali (Ili), «clinicamente indistinguibili, ma certo molto più frequenti sia dell'influenza che della Sars» e non coperte dal vaccino, «avrebbero reso di fatto irrilevante il ruolo della vaccinazione antinfluenzale per una definizione della diagnosi differenziale». Una situazione destinata a riproporsi con il Covid-19. Su 100 pazienti, 85 potrebbero ammalarsi a causa di virus influenzali per i quali il vaccino non offre protezione. Dal che si comprende che «la pregressa vaccinazione non aggiungerebbe nulla di sostanziale a una corretta diagnosi eziologica, che necessita inevitabilmente di effettuare comunque un test rapido». Insomma, i tamponi rimangono un metodo «molto più razionale e preciso rispetto al tentare diagnosi “per esclusione"». L'altro capitolo cruciale riguarda le interferenze virali: «Nei vaccinati contro l'influenza», spiegano i sei scienziati, «può esserci un rischio di eccesso di altre malattie virali». Un'indagine condotta su militari Usa ha rilevato un incremento del 36% di patologie legate ai coronavirus (prima del Sars-Cov-2), mentre in Spagna sarebbe stata individuata «una relazione diretta tra vaccinazioni antinfluenzali» e «decessi da Covid-19». È presto per trarre conclusioni sul loro impatto sul morbo cinese. Ma il solo sospetto di interferenze virali è motivo sufficiente per evitare decisioni avventate. Tanto più che proprio sulle categorie oggetto delle ordinanze, over 65 e sanitari, il vaccino non garantisce miglioramenti. Gli studi randomizzati controllati hanno dimostrato che l'antinfluenzale reca benefici ai pazienti attempati solo se hanno cardiopatie croniche. Una ricerca britannica, invece, ha rilevato una tendenza al peggioramento dei dati su ricoveri e mortalità negli anziani non cardiopatici vaccinati. Risultati non incoraggianti si sono registrati altresì su bimbi e puerpere. Ciò mette in questione anche la costituzionalità di un obbligo vaccinale: mancano le prove, richieste in virtù di una sentenza della Consulta, che il trattamento possa «migliorare o preservare lo stato di salute di chi vi è assoggettato»; e non si può affermare neppure che «esso non incida negativamente sullo stato di salute». Nel suo ultimo libro, Ilaria Capua azzarda: se gli italiani vaccinati per l'influenza fossero stati di più, «i numeri del contagio da Sars-Cov-2 sarebbero stati più contenuti». L'ex montiana ammette di non avere «ancora a disposizione informazioni tali da poter suffragare» la sua tesi. Però, ribadisce, «ne sono convinta». Per una scelta politica così delicata può bastare un atto di fede?
Da sinistra: Bruno Migale, Ezio Simonelli, Vittorio Pisani, Luigi De Siervo, Diego Parente e Maurizio Improta
Questa mattina la Lega Serie A ha ricevuto il capo della Polizia, prefetto Vittorio Pisani, insieme ad altri vertici della Polizia, per un incontro dedicato alla sicurezza negli stadi e alla gestione dell’ordine pubblico. Obiettivo comune: sviluppare strumenti e iniziative per un calcio più sicuro, inclusivo e rispettoso.
Oggi, negli uffici milanesi della Lega Calcio Serie A, il mondo del calcio professionistico ha ospitato le istituzioni di pubblica sicurezza per un confronto diretto e costruttivo.
Il capo della Polizia, prefetto Vittorio Pisani, accompagnato da alcune delle figure chiave del dipartimento - il questore di Milano Bruno Migale, il dirigente generale di P.S. prefetto Diego Parente e il presidente dell’Osservatorio nazionale sulle manifestazioni sportive Maurizio Improta - ha incontrato i vertici della Lega, guidati dal presidente Ezio Simonelli, dall’amministratore delegato Luigi De Siervo e dall’head of competitions Andrea Butti.
Al centro dell’incontro, durato circa un’ora, temi di grande rilevanza per il calcio italiano: la sicurezza negli stadi e la gestione dell’ordine pubblico durante le partite di Serie A. Secondo quanto emerso, si è trattato di un momento di dialogo concreto, volto a rafforzare la collaborazione tra istituzioni e club, con l’obiettivo di rendere le competizioni sportive sempre più sicure per tifosi, giocatori e operatori.
Il confronto ha permesso di condividere esperienze, criticità e prospettive future, aprendo la strada a un percorso comune per sviluppare strumenti e iniziative capaci di garantire un ambiente rispettoso e inclusivo. La volontà di entrambe le parti è chiara: non solo prevenire episodi di violenza o disordine, ma anche favorire la cultura del rispetto, elemento indispensabile per la crescita del calcio italiano e per la tutela dei tifosi.
«L’incontro di oggi rappresenta un passo importante nella collaborazione tra Lega e Forze dell’Ordine», si sottolinea nella nota ufficiale diffusa al termine della visita dalla Lega Serie A. L’intenzione condivisa è quella di creare un dialogo costante, capace di tradursi in azioni concrete, procedure aggiornate e interventi mirati negli stadi di tutta Italia.
In un contesto sportivo sempre più complesso, dove la passione dei tifosi può trasformarsi rapidamente in tensione, il dialogo tra Lega e Polizia appare strategico. La sfida, spiegano i partecipanti, è costruire una rete di sicurezza che sia preventiva, reattiva e sostenibile, tutelando chi partecipa agli eventi senza compromettere l’atmosfera che caratterizza il calcio italiano.
L’appuntamento di Milano conferma come la sicurezza negli stadi non sia solo un tema operativo, ma un valore condiviso: la Serie A e le forze dell’ordine intendono camminare insieme, passo dopo passo, verso un calcio sempre più sicuro, inclusivo e rispettoso.
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Due bambini svaniti nel nulla. Mamma e papà non hanno potuto fargli neppure gli auguri di compleanno, qualche giorno fa, quando i due fratellini hanno compiuto 5 e 9 anni in comunità. Eppure una telefonata non si nega neanche al peggior delinquente. Dunque perché a questi genitori viene negato il diritto di vedere e sentire i loro figli? Qual è la grave colpa che avrebbero commesso visto che i bimbi stavano bene?
Un allontanamento che oggi mostra troppi lati oscuri. A partire dal modo in cui quel 16 ottobre i bimbi sono stati portati via con la forza, tra le urla strazianti. Alle ore 11.10, come denunciano le telecamere di sorveglianza della casa, i genitori vengono attirati fuori al cancello da due carabinieri. Alle 11.29 spuntano dal bosco una decina di agenti, armati di tutto punto e col giubbotto antiproiettile. E mentre gridano «Pigliali, pigliali tutti!» fanno irruzione nella casa, dove si trovano, da soli, i bambini. I due fratellini vengono portati fuori dagli agenti, il più piccolo messo a sedere, sulle scale, col pigiamino e senza scarpe. E solo quindici minuti dopo, alle 11,43, come registrano le telecamere, arrivano le assistenti sociali che portano via i bambini tra le urla disperate.
Una procedura al di fuori di ogni regola. Che però ottiene l’appoggio della giudice Nadia Todeschini, del Tribunale dei minori di Firenze. Come riferisce un ispettore ripreso dalle telecamere di sorveglianza della casa: «Ho telefonato alla giudice e le ho detto: “Dottoressa, l’operazione è andata bene. I bambini sono con i carabinieri. E adesso sono arrivati gli assistenti sociali”. E la giudice ha risposto: “Non so come ringraziarvi!”».
Dunque, chi ha dato l’ordine di agire in questo modo? E che trauma è stato inferto a questi bambini? Giriamo la domanda a Marina Terragni, Garante per l’infanzia e l’adolescenza. «Per la nostra Costituzione un bambino non può essere prelevato con la forza», conferma, «per di più se non è in borghese. Ci sono delle sentenze della Cassazione. Queste modalità non sono conformi allo Stato di diritto. Se il bambino non vuole andare, i servizi sociali si debbono fermare. Purtroppo ci stiamo abituando a qualcosa che è fuori legge».
Proviamo a chiedere spiegazioni ai servizi sociali dell’unione Montana dei comuni Valtiberina, ma l’accoglienza non è delle migliori. Prima minacciano di chiamare i carabinieri. Poi, la più giovane ci chiude la porta in faccia con un calcio. È Veronica Savignani, che quella mattina, come mostrano le telecamere, afferra il bimbo come un pacco. E mentre lui scalcia e grida disperato - «Aiuto! Lasciatemi andare» - lei lo rimprovera: «Ma perché urli?». Dopo un po’ i toni cambiano. Esce a parlarci Sara Spaterna. C’era anche lei quel giorno, con la collega Roberta Agostini, per portare via i bambini. Ma l’unica cosa di cui si preoccupa è che «è stata rovinata la sua immagine». E alle nostre domande ripete come una cantilena: «Non posso rispondere». Anche la responsabile dei servizi, Francesca Meazzini, contattata al telefono, si trincera dietro un «non posso dirle nulla».
Al Tribunale dei Minoridi Firenze, invece, parte lo scarica barile. La presidente, Silvia Chiarantini, dice che «l’allontanamento è avvenuto secondo le regole di legge». E ci conferma che i genitori possono vedere i figli in incontri protetti. E allora perché da due mesi a mamma e papà non è stata concessa neppure una telefonata? E chi pagherà per il trauma fatto a questi bambini?
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Il premier: «Il governo ci ha creduto fin dall’inizio, impulso decisivo per nuovi traguardi».
«Il governo ha creduto fin dall’inizio in questa sfida e ha fatto la sua parte per raggiungere questo traguardo. Ringrazio i ministri Lollobrigida e Giuli che hanno seguito il dossier, ma è stata una partita che non abbiamo giocato da soli: abbiamo vinto questa sfida insieme al popolo italiano. Questo riconoscimento imprimerà al sistema Italia un impulso decisivo per raggiungere nuovi traguardi».
Lo ha detto la premier Giorgia Meloni in un videomessaggio celebrando l’entrata della cucina italiana nei patrimoni culturali immateriali dell’umanità. È la prima cucina al mondo a essere riconosciuta nella sua interezza. A deliberarlo, all’unanimità, è stato il Comitato intergovernativo dell’Unesco, riunito a New Delhi, in India.
Ansa
I vaccini a Rna messaggero contro il Covid favoriscono e velocizzano, se a dosi ripetute, la crescita di piccoli tumori già presenti nell’organismo e velocizzano la crescita di metastasi. È quanto emerge dalla letteratura scientifica e, in particolare, dagli esperimenti fatti in vitro sulle cellule e quelli sui topi, così come viene esposto nello studio pubblicato lo scorso 2 dicembre sulla rivista Mdpi da Ciro Isidoro, biologo, medico, patologo e oncologo sperimentale, nonché professore ordinario di patologia generale all’Università del Piemonte orientale di Novara. Lo studio è una review, ovvero una sintesi critica dei lavori scientifici pubblicati finora sull’argomento, e le conclusioni a cui arriva sono assai preoccupanti. Dai dati scientifici emerge che sia il vaccino a mRna contro il Covid sia lo stesso virus possono favorire la crescita di tumori e metastasi già esistenti. Inoltre, alla luce dei dati clinici a disposizione, emerge sempre più chiaramente che a questo rischio di tumori e metastasi «accelerati» appaiono più esposti i vaccinati con più dosi. Fa notare Isidoro: «Proprio a causa delle ripetute vaccinazioni i vaccinati sono più soggetti a contagiarsi e dunque - sebbene sia vero che il vaccino li protegge, ma temporaneamente, dal Covid grave - queste persone si ritrovano nella condizione di poter subire contemporaneamente i rischi oncologici provocati da vaccino e virus naturale messi insieme».
Sono diversi i meccanismi cellulari attraverso cui il vaccino può velocizzare l’andamento del cancro analizzati negli studi citati nella review di Isidoro, intitolata «Sars-Cov2 e vaccini anti-Covid-19 a mRna: Esiste un plausibile legame meccanicistico con il cancro?». Tra questi studi, alcuni rilevano che, in conseguenza della vaccinazione anti-Covid a mRna - e anche in conseguenza del Covid -, «si riduce Ace 2», enzima convertitore di una molecola chiamata angiotensina II, favorendo il permanere di questa molecola che favorisce a sua volta la proliferazione dei tumori. Altri dati analizzati nella review dimostrano inoltre che sia il virus che i vaccini di nuova generazione portano ad attivazione di geni e dunque all’attivazione di cellule tumorali. Altri dati ancora mostrano come sia il virus che il vaccino inibiscano l’espressione di proteine che proteggono dalle mutazioni del Dna.
Insomma, il vaccino anti-Covid, così come il virus, interferisce nei meccanismi cellulari di protezione dal cancro esponendo a maggiori rischi chi ha già una predisposizione genetica alla formazione di cellule tumorali e i malati oncologici con tumori dormienti, spiega Isidoro, facendo notare come i vaccinati con tre o più dosi si sono rivelati più esposti al contagio «perché il sistema immunitario in qualche modo viene ingannato e si adatta alla spike e dunque rende queste persone più suscettibili ad infettarsi».
Nella review anche alcune conferme agli esperimenti in vitro che arrivano dal mondo reale, come uno studio retrospettivo basato su un’ampia coorte di individui non vaccinati (595.007) e vaccinati (2.380.028) a Seul, che ha rilevato un’associazione tra vaccinazione e aumento del rischio di cancro alla tiroide, allo stomaco, al colon-retto, al polmone, al seno e alla prostata. «Questi dati se considerati nel loro insieme», spiega Isidoro, «convergono alla stessa conclusione: dovrebbero suscitare sospetti e stimolare una discussione nella comunità scientifica».
D’altra parte, anche Katalin Karikó, la biochimica vincitrice nel 2023 del Nobel per la Medicina proprio in virtù dei suoi studi sull’Rna applicati ai vaccini anti Covid, aveva parlato di questi possibili effetti collaterali di «acceleratore di tumori già esistenti». In particolare, in un’intervista rilasciata a Die Welt lo scorso gennaio, la ricercatrice ungherese aveva riferito della conversazione con una donna sulla quale, due giorni dopo l’inoculazione, era comparso «un grosso nodulo al seno». La signora aveva attribuito l’insorgenza del cancro al vaccino, mentre la scienziata lo escludeva ma tuttavia forniva una spiegazione del fenomeno: «Il cancro c’era già», spiegava Karikó, «e la vaccinazione ha dato una spinta in più al sistema immunitario, così che le cellule di difesa immunitaria si sono precipitate in gran numero sul nemico», sostenendo, infine, che il vaccino avrebbe consentito alla malcapitata di «scoprire più velocemente il cancro», affermazione che ha lasciato e ancor di più oggi lascia - alla luce di questo studio di Isidoro - irrisolti tanti interrogativi, soprattutto di fronte all’incremento in numero dei cosiddetti turbo-cancri e alla riattivazione di metastasi in malati oncologici, tutti eventi che si sono manifestati post vaccinazione anti- Covid e non hanno trovato altro tipo di plausibilità biologica diversa da una possibile correlazione con i preparati a mRna.
«Marginale il gabinetto di Speranza»
Mentre eravamo chiusi in casa durante il lockdown, il più lungo di tutti i Paesi occidentali, ognuno di noi era certo in cuor suo che i decisori che apparecchiavano ogni giorno alle 18 il tragico rito della lettura dei contagi e dei decessi sapessero ciò che stavano facendo. In realtà, al netto di un accettabile margine di impreparazione vista l’emergenza del tutto nuova, nelle tante stanze dei bottoni che il governo Pd-M5S di allora, guidato da Giuseppe Conte, aveva istituito, andavano tutti in ordine sparso. E l’audizione in commissione Covid del proctologo del San Raffaele Pierpaolo Sileri, allora viceministro alla Salute in quota 5 stelle, ha reso ancor più tangibile il livello d’improvvisazione e sciatteria di chi allora prese le decisioni e oggi è impegnato in tripli salti carpiati pur di rinnegarne la paternità. È il caso, ad esempio, del senatore Francesco Boccia del Pd, che ieri è intervenuto con zelante sollecitudine rivolgendo a Sileri alcune domande che son suonate più come ingannevoli asseverazioni. Una per tutte: «Io penso che il gabinetto del ministero della salute (guidato da Roberto Speranza, ndr) fosse assolutamente marginale, decidevano Protezione civile e coordinamento dei ministri». Il senso dell’intervento di Boccia non è difficile da cogliere: minimizzare le responsabilità del primo imputato della malagestione pandemica, Speranza, collega di partito di Boccia, e rovesciare gli oneri ora sul Cts, ora sulla Protezione civile, eventualmente sul governo ma in senso collegiale. «Puoi chiarire questi aspetti così li mettiamo a verbale?», ha chiesto Boccia a Sileri. L’ex sottosegretario alla salute, però, non ha dato la risposta desiderata: «Il mio ruolo era marginale», ha dichiarato Sileri, impegnato a sua volta a liberarsi del peso degli errori e delle omissioni in nome di un malcelato «io non c’ero, e se c’ero dormivo», «il Cts faceva la valutazione scientifica e la dava alla politica. Era il governo che poi decideva». Quello stesso governo dove Speranza, per forza di cose, allora era il componente più rilevante. Sileri ha dichiarato di essere stato isolato dai funzionari del ministero: «Alle riunioni non credo aver preso parte se non una volta» e «i Dpcm li ricevevo direttamente in aula, non ne avevo nemmeno una copia». Che questo racconto sia funzionale all’obiettivo di scaricare le responsabilità su altri, è un dato di fatto, ma l’immagine che ne esce è quella di decisori «inadeguati e tragicomici», come ebbe già ad ammettere l’altro sottosegretario Sandra Zampa (Pd).Anche sull’adozione dell’antiscientifica «terapia» a base di paracetamolo (Tachipirina) e vigile attesa, Sileri ha dichiarato di essere totalmente estraneo alla decisione: «Non so chi ha redatto la circolare del 30 novembre 2020 che dava agli antinfiammatori un ruolo marginale, ne ho scoperto l’esistenza soltanto dopo che era già uscita». Certo, ha ammesso, a novembre poteva essere dato maggiore spazio ai Fans perché «da marzo avevamo capito che non erano poi così malvagi». Bontà sua. Per Alice Buonguerrieri (Fdi) «è la conferma che la gestione del Covid affogasse nella confusione più assoluta». Boccia è tornato all’attacco anche sul piano pandemico: «Alcuni virologi hanno ribadito che era scientificamente impossibile averlo su Sars Cov-2, confermi?». «L'impatto era inatteso, ma ovviamente avere un piano pandemico aggiornato avrebbe fatto grosse differenze», ha replicato Sileri, che nel corso dell’audizione ha anche preso le distanze dalle misure suggerite dall’Oms che «aveva un grosso peso politico da parte dalla Cina». «I burocrati nominati da Speranza sono stati lasciati spadroneggiare per coprire le scelte errate dei vertici politici», è il commento di Antonella Zedda, vicepresidente dei senatori di Fratelli d’Italia, alla «chicca» emersa in commissione: un messaggio di fuoco che l’allora capo di gabinetto del ministero Goffredo Zaccardi indirizzò a Sileri («Stai buono o tiro fuori i dossier che ho nel cassetto», avrebbe scritto).In che mani siamo stati.
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