2020-10-05
Giovanni Floris: «Le sardine si sono cacciate da sole»
Per il conduttore tv, che ha appena scritto un libro sui giovani, «entrando nel gioco politico, il movimento ha perso freschezza». Bisogna «concentrarsi sull'occupazione. Dare sussidi serve solo a prendere tempo».«I quarantenni al potere rischiano di fallire la prova. Sono caduti negli errori della generazione dei padri». Giovanni Floris prende di petto una sfida in cui siamo dentro tutti: la battaglia generazionale. Anziani contro giovani. «Sdraiati» contro «Boomers». Garantiti contro precari, economicamente e psicologicamente. L'Alleanza (Solferino) è l'ultimo libro-inchiesta del giornalista e conduttore di Di Martedì: un incontro ravvicinato con la generazione social, quella che fugge dalla politica per inseguire gli idoli della Rete. Certo, fa un certo effetto vedere Floris che a 52 anni si cala nel mondo dei trapper, di TikTok e di Chiara Ferragni…«In effetti ho dovuto studiare parecchio: mi sono fatto aiutare dai ragazzi. È stato appassionante. Ho girato le scuole, ho cercato di conoscerli più a fondo. Ne sono usciti una serie di racconti che cercano di far luce su un mondo ancora misterioso per “noi grandi"». Più facile intervistare i politici o gli adolescenti? «Diciamo che ho scoperto una dimensione nuova di giornalismo, che quando facevo l'inviato non avevo intuito. A volte impari più sul mondo parlando con una sola persona, piuttosto che girando in lungo e in largo». Come le è venuta l'idea di un libro sullo scontro tra giovani e vecchi?«Mi girava in testa da un po'. Il punto di partenza è che in Italia ci sono più anziani che giovani. E siccome gli anziani votano, la politica li insegue». Il vecchio adagio dello statista che non guarda alle prossime generazioni, ma solo alle prossime elezioni? «Con un problema aggiuntivo: anche alla guida del Paese ci sono gli anziani, che però non sanno fare politica, pensano solo a sé stessi, s'indebitano, e si accaparrano quasi tutte le risorse». In realtà, l'età media dei politici, con l'ultima infornata, è scesa un bel po'. «Non conta quanti anni hai, ma come ragioni. Puoi essere giovanissimo, ma con categorie mentali vecchissime». Insomma, i nuovi politici ragionano da vecchi?«Sì, e infatti se, da un lato, l'età della classe dirigente si è abbassata, dall'altro, i giovani si sono ulteriormente allontanati dal discorso pubblico. Insomma, i politici di oggi continuano a giocare la loro partita con lo stile di pensiero di chi li aveva preceduti». Osservando certe esibizioni mediatiche, certe conferenze stampa, certi video su Facebook, viene da pensare piuttosto a una regressione infantile…«In realtà cambiano le persone ma i ruoli restano gli stessi. Il risultato è che spendiamo quasi 300 miliardi per le pensioni e appena 60 per scuola, università e ricerca. I fondi europei che dovranno arrivare spero rappresentino un'occasione per cambiare passo». Intanto però le pensioni dei nonni, girate a figli e nipoti, sono quelle che in qualche modo tengono in piedi il Paese. O no? «I nonni si sacrificano per la famiglia. Ma se il sistema dà i soldi solo a loro, i nipoti non potranno mai diventare autonomi e indipendenti. E ovviamente non dispongono delle certezze per poter fare figli. Così il disagio sociale diventa spesso anche psicologico». In questa pandemia è la famiglia, in generale, la grande dimenticata? «Per anni ci siamo chiesti quale sia la famiglia giusta, ma nessuno si è occupato di aiutare la famiglia quale che sia. E così oggi non c'è sostegno per le donne che si dividono tra casa e ufficio, per i lavoratori in crisi, per i giovani studenti. Purtroppo perdiamo tempo in chiacchiere, dividendoci ancora in fazioni ideologiche». Il reddito di cittadinanza ha fallito sulla creazione di lavoro: si è rivelato soltanto una «pensione per giovani»?«Non arrivo a dire questo: vi sono momenti in cui la difficoltà è tale per cui serve anche il sussidio». Però?«Però il problema vero resta la disoccupazione, e il sussidio non è la soluzione: è solo un modo per tirare avanti, per prendere tempo».Per prendere tempo, e magari per prendere voti?«A dire il vero esistono modi peggiori per prenderli. Perlomeno in questo modo si cerca di affrontare un problema vero, non si creano o cavalcano problemi inesistenti. Ma l'hanno fatto tutti: gli 80 euro, quota 100… sarebbe bene prima o poi affrontare il tema vero: la mancanza di lavoro». I giovani italiani sono più bamboccioni o più vittime? «Né l'uno né l'altro. La deriva è tale che non sappiamo più capire chi è carnefice e chi vittima. In fondo siamo noi padri che mangiamo le risorse dei giovani, ma anche loro che non accennano a ribellarsi». Ribellarsi? «Non può esserci vero cambiamento senza una forza rivoluzionaria che lo spinga. Serve una ribellione delle classi giovani, e al contempo una presa di coscienza degli anziani».Quella che lei definisce «alleanza»?«Mi suggerivano come titolo “La Guerra dei Mondi". In realtà occorre piuttosto un patto, che rompa questa gabbia nella quale gli anziani sono condannati a sostenere i giovani, e i giovani ad essere sostenuti. Così facendo, il Paese diventa sempre più triste e sempre meno coraggioso». In quest'ottica, è giusto far votare i sedicenni?«Sì, ma non subito. Non posso dare a un ragazzo un libro di tedesco alla mattina, e pretendere la traduzione il pomeriggio». E quindi? «Dobbiamo costruire un percorso che avvicini i giovani alla politica e all'interesse comune. Direi almeno una decina d'anni di apprendistato, con una sorta di servizio civile obbligatorio». Una leva militare «disarmata»? «Soprattutto dedicata all'aiuto degli altri. Per comprendere il senso della cittadinanza, della responsabilità, della disciplina, dell'impegno politico. E poi, per come la vedo io, l'importanza dell'integrazione». Anche la Terza Repubblica pare un eterno adolescente. Destra e sinistra sono finite in soffitta. «In realtà sono convintissimo che destra e sinistra esistano ancora, a prescindere dai politici del momento». Non sono categorie superate? «Al contrario, sono categorie antropologiche. Ineliminabili dall'azione politica. Lega e 5 stelle dicevano: “Non siamo né di destra né di sinistra". Non era vero». I 5 stelle hanno trovato una collocazione definitiva?«Vivono una tremenda crisi di identità. Ma adesso, pian piano, mi pare si siano inseriti nel mondo del centrosinistra. Ora devono solo cercare di dirlo con più chiarezza, senza rimanere appesi». Insomma, è possibile il ritorno del bipolarismo?«Ci siamo già tornati. E non parlo solo delle scelte dei partiti, ma anche di quelle degli elettori. Lo abbiamo visto alle ultime regionali, dove in ogni territorio le opzioni in lizza erano fondamentalmente due».Dunque?«Dunque da una parte abbiamo il tandem Giuseppe Conte e Nicola Zingaretti, dall'altra Matteo Salvini con Giorgia Meloni, la quale è già una leader completa. In generale, due schieramenti solidi. Il quadro è più semplice di quanto si immagina. Sembra strano, ma in bilico tra i due mondi sembra esserci Forza Italia, con Silvio Berlusconi che ci pensa su…».Questa tendenza va accompagnata da una legge elettorale di che genere? «Penso che il doppio turno sia lo strumento migliore per dare governabilità al Paese. Fare scelte diverse significa solo rimandare il problema». A proposito di ribellione giovanile: e le sardine?«Rischiano di cacciarsi nella rete da sole. Hanno saputo organizzare la protesta, e gliene va dato atto. Dire “no" spesso è già fare politica. Ma far nascere un partito è un lavoro più complesso». Avrebbero dovuto restare in piazza? «Diciamo che hanno risposto alla domanda sbagliata. Tutti gli chiedevano: “Cosa proponete?". Avrebbero potuto rispondere: “Non proponiamo. Ascoltiamo e basta". Poi, per carità, tutto è lecito: ma indubbiamente, entrando nel gioco politico, le sardine hanno perso freschezza». Il suo libro si apre con una frase dell'ex ministro Antonio Martino: «Tutto ciò che è inevitabile, è bene che diventi auspicabile». Perché l'ha scelta? «Ce lo diceva sempre a lezione, all'università. È un modo per dire che dobbiamo mettercelo in testa: prima o poi governeranno i più giovani. Cioè quelli che noi anziani non siamo ancora in grado di comprendere. È ora di darsi da fare per rendere il mondo migliore per entrambi. È questa l'alleanza».
Lo ha dichiarato il presidente del Consiglio europeo in occasione del suo incontro con il premier greco Kyriakos Mitsotakis.
Antonella Bundu (Imagoeconomica)