2020-05-08
L’ex decreto aprile resta in alto mare. Invitalia spera di essere la nuova Iri
L'esecutivo non trova un accordo perché mancano i soldi: i litigi permettono di nascondere il problema. Fra le ipotesi, l'intervento di Cdp e dell'agenzia di Domenico Arcuri, nonostante i suoi errori come commissario. Ai primi di aprile il premier, Giuseppe Conte, annunciò in diretta Facebook che il decreto di aprile contenente glia aiuti alle famiglie, agli autonomi e ai cassaintegrati sarebbe scivolato a metà mese. La motivazione fornita è stata quella di dare all'esecutivo il tempo necessario per emettere un nuovo decreto: Il dl imprese che a sua volta è finito in Gazzetta la notte tra il 16 e il 17 di aprile. Da lì si sono susseguiti gli annunci e le promesse fino a che il testo che dovrebbe dare continuità al Cura Italia (approvato a metà marzo circa) ha cambiato nome. È diventato il dl ex aprile, perché nel frattempo inesorabile il calendario ha girato pagina. Siamo a maggio e il rischio concreto che il decreto diventi legge più verso giugno si sta facendo concreto.Ieri è circolata una nuova bozza che contiene soltanto gli articoli relativi alla cig, agli altri ammortizzatori sociali e all'estensione dei bonus per le partite Iva e i collaboratori domestici. Compaiono i primi accenni al rinvio dei pagamenti delle imposte a fine giugno e ai primi di luglio, mentre la moratoria di due anni per le cartelle dell'Agenzia delle entrate riscossione ancora non si vede. Non è per nulla un dettaglio. Se lo stop agli invii non è inserito nel testo del decreto, non sarà possibile farlo tramite emendamenti in Aula e a giugno scatterà la tagliola di Ernesto Maria Ruffini con la spedizioni di 8,5 milioni di avvisi e cartelle. Non certo il modo migliore per avviare la fase 3. Al contrario dal testo consultato dalla Verità emerge una modifica interessante. Viste tutte le lentezze e gli inghippi tecnici, il decreto in via di perfezionamento mira a semplificare l'assegnazione degli assegni cig e pure delle pratiche della cassa in deroga che cede coinvolte pure le Regioni. Per il resto bisognerà aspettare almeno lunedì, data in cui è previsto, ma non fissato il Consiglio dei ministri. Anche se fonti vicine al dossier fanno sapere che ci vorranno molti più giorni. Sostanzialmente per due motivi. Uno legato all'Unione europea. Il Temporary framework targato Bruxelles contiene le norme aggiornate per definire cosa si può fare all'interno della nuova cornice degli aiuti di Stato. L'obiettivo del governo è restare dentro i paletti Ue, un atto di rispetto che poco si concilia con le scelte fatte da Germania e Francia, che in queste settimane prima hanno preso decisioni e poi si sono consultate. In realtà a Conte attendere fa molto comodo. Così come fanno comodo i litigi interni alla maggioranza. Ancora ieri il ministro dello Sviluppo economico, Stefano Patuanelli, prometteva 15 miliardi di aiuti a fondo perduto per le piccole e medie imprese. I renziani con una parte dei 5 stelle tiravano per la giacchetta il ministro dell'economia, Roberto Gualtieri, per scegliere l'opzione sgravi fiscali e agevolazioni di diversa natura. La verità è che i soldi veri non ci sono e quindi non sarà possibile aprire i rubinetti come è accaduto in altre nazioni Ue. Ecco che i litigi servono pure a nascondere la polvere sotto il tappeto e nel frattempo studiare misure alternative. La seconda parte della bozza, che ancora non è definita, conterrà così i dettagli del ruolo di Invitalia e Cdp. Le due partecipate pubbliche saranno coinvolte a vario modo per creare capitale aggiuntivo per le aziende asfissiate dal Covid. Per quanto riguarda Cassa depositi e prestiti, guidata da Fabrizio Palermo, il focus riguarderebbe le grandi imprese si tratterebbe di ampliare l'attività già in essere. Così come potrebbe anche essere chiamata a emettere obbligazioni convertibili, che, una volta arrivate a fine emissione, possono essere ripagate dall'imprenditore oppure trasformarsi in capitale. In ogni caso nessuno in Cdp immagina di entrare nella governance. Esistono infatti diverse classi di azioni (tipo share C) che consentono partecipazione all'assemblea ma non al consiglio. Mentre sul ruolo di Invitalia le cose si fanno più complicate e fumose. Almeno per il momento. L'idea sarebbe quella di estendere il lavoro di Domenico Arcuri, dal 2007 al timone dell'agenzia per l'attrazione degli investimenti a migliaia di Pmi. Il manager ha inaugurato la sua carriera all'Iri di Stato e il timore è che il decreto di maggio lo faccia tornare indietro al 1986. Il ruolo di Arcuri sarebbe quello di affiancare gli aumenti di capitale delle aziende comprese tra i 5 e i 50 milioni di fatturato. E iniettare altro denaro in cambio del rilancio e del coordinamento strategico.Il problema è che Invitalia negli ultimi 20 anni ha gestito un numero molto limitato di pratiche e anche se lo schema fosse valido in teoria, la pratica si trasformerebbe in un fiume in piena che rischia di travolgere l'agenzia. Il governo sogna di rimettere in piedi una nuova Iri, e nemmeno l'esperienza commissariale di Arcuri sembra far desistere Conte. Se non riesce a mettere in piedi la produzione di beni di prima necessità, come le mascherine, tanto da ridursi a imporre i prezzi fissi come ai tempi dell'Urss, figuriamoci che cosa può accadere con la spina dorsale del made in Italy.