2025-07-16
Ursula vuole i nostri soldi. Come fermare il saccheggio
Ursula von der Leyen (Getty Images)
Più tasse raccolte direttamente da Bruxelles, una ripartizione sfavorevole dei fondi, i rischi sui dazi: l’Unione si prepara a dare l’assalto al «portafoglio Italia». Ecco alleati e nemici per impedire il salasso.Lo speciale contiene due articoli.Mentre si discute dell’impatto dei dazi statunitensi sui prezzi delle merci europee, Bruxelles, invece di tagliare la burocrazia, è pronta ad aggiungere nuove tasse. La decisione è prevista per oggi, ma secondo le bozze in circolazione, l’Unione europea per finanziare il suo bilancio intende introdurre una nuova tassazione sui prodotti del tabacco, comprese le sigarette elettroniche e le bustine di nicotina. L’impatto sui prezzi per i consumatori sarebbe enorme: si parla di un +139% per le sigarette tradizionali, +258% per i tabacchi trinciati e fino a un +1.090% per i sigari. Anche i prodotti alternativi, come tabacco riscaldato, e-cigarette e bustine di nicotina, subirebbero rincari importanti. Secondo i dati riportati da Adnkronos tutto questo si tradurrebbe in un aumento medio superiore al 20%, l’impatto sull’inflazione sarebbe pari a circa mezzo punto percentuale. Insomma se un pacchetto di sigarette oggi costa 5 euro, arriverà a costarne almeno sei. Come già scritto su queste colonne però, per quanto l’aumento dei prezzi non non sia nei desiderata di nessuno in questo momento storico, non si tratta solo di questo: il piano europeo si tradurrebbe in una vera rivoluzione fiscale. Per la prima volta infatti questo maggiore gettito invece di finire nelle casse degli Stati, andrà direttamente all’interno del bilancio dell’Unione europea. Una mossa astuta iniziare dal tabacco, nessuno si metterà a fare le barricate per difendere i diritti dei tabagisti, ma questo crea un precedente e apre la strada a nuove tasse comuni. Insomma, se pensavate che la pressione fiscale fosse già abbastanza alta, ad aumentarla di più ci penserà l’Unione europea, dando per scontato che gli Stati difficilmente rinuncerebbero a parte del loro incasso, per molti già insufficiente a tenere i conti in ordine. Anche se c’è stato il tentativo di far passare la questione sotto traccia sono già parecchi gli Stati membri che si sono messi di traverso: tra questi l’Italia. A opporsi per prima, la Svezia con il ministro delle Finanze, Elisabeth Svantesson, che detto: «Il gettito deve restare ai singoli Paesi, non finire nelle mani della burocrazia europea». Con la Svezia e l’Italia si oppongono anche Repubblica Ceca, Grecia, Romania e Bulgaria. Euractiv riporta un documento ufficiale tedesco, un rapporto da Bruxelles per il Bundestag, in cui si legge: «Il 16 luglio 2025 verrà inoltre presentata una nuova proposta per nuove risorse proprie. Saranno mantenute alcune proposte dei due precedenti pacchetti di risorse proprie di dicembre 2021 e giugno 2023, come la proposta meno controversa del Consiglio di generare risorse proprie dal Meccanismo di adeguamento del carbonio alla frontiera dell’Ue (Cbam). Tuttavia, saranno sviluppate anche nuove fonti di risorse proprie, ove opportuno, ad esempio attraverso imposte sui rifiuti elettronici o sul tabacco». Due gli elementi che se ne traggono. Anche se la Commissione sta già mettendo le mani avanti giustificando la manovra con l’obiettivo di ridurre i consumi nocivi per la salute pubblica, l’obiettivo è chiaro: attivare un nuovo strumento per finanziare le politiche europee e creare così un precedente. Sempre dal testo, inoltre, si palesa che si tratta di un’iniziativa «controversa» perché fin qui, l’unico strumento di finanziamento proprio deriva dalle risorse che arrivano dal Meccanismo di adeguamento del carbonio. Ad ogni modo l’ultima bozza del quadro finanziario pluriennale che circola indica che la Commissione proporrà cinque nuove risorse proprie, tra cui una basata sui ricavi delle imprese e una derivante dalle accise sul tabacco. Public Policy che ne ha preso visione riporta: «Le imprese contribuiranno al finanziamento del bilancio dell’Ue». Il testo non specifica le soglie e le condizioni per l’applicazione di questa nuova tassa, ma specifica che «la risorsa propria non si applicherà, in linea di principio, alle pmi».La risorsa propria derivante dalle accise sul tabacco sosterrebbe gli obiettivi della politica sanitaria dell’Ue, generando al contempo entrate per il bilancio dell’Ue. «I regimi fiscali divergenti nell’Unione hanno effetti negativi sulle politiche degli Stati membri volte a scoraggiare il consumo di tabacco attraverso la tassazione», si legge nella bozza di comunicazione, che specifica come la proposta sulla risorsa propria sia complementare alla prossima rifusione della direttiva sulle accise sul tabacco, che mira ad adeguare le accise minime dell’Ue e alcune categorie di prodotti tradizionali del tabacco, garantendo condizioni di parità nel mercato unico. Un’altra risorsa propria prevede che una percentuale delle entrate derivanti dal sistema di scambio di quote di CO2 dell’Ue (Ets) sia destinata al bilancio dell’Ue. Il Meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere (Cbam) viene definito come la dimensione esterna dell’Ets, per questo le entrate così derivanti dovrebbero essere incamerate dall’Ue. Infine l’ultima risorsa propria è basata sulla quantità di rifiuti elettronici (Raee) non raccolti che contengono «molte materie prime critiche importanti per l’Ue».Infine il messaggio più inquietante che appare come una minaccia: «La Commissione continuerà inoltre a lavorare all'introduzione di nuove tasse relative alle politiche dell’Unione». <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/leuro-tassa-sui-fumatori-linizio-2673253002.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="litalia-guida-il-fronte-degli-stati-contrari-ai-tagli-della-von-der-leyen" data-post-id="2673253002" data-published-at="1752639900" data-use-pagination="False"> L’Italia guida il fronte degli Stati contrari ai tagli della Von der Leyen È con il prossimo bilancio settennale dell’Unione europea che arriva il bello, si fa per dire, per Ursula von der Leyen. La presidente della Commissione Ue, che giovedì scorso ha schivato una mozione di sfiducia sullo Pfizergate, presenterà oggi a Bruxelles la sua proposta più ambiziosa, quella di riformare il budget a lungo termine dell’Unione europea dal 2028 al 2034, del valore di 1,2 trilioni di euro, con l’obiettivo di «costruire un’Europa più indipendente in una situazione globale complessa». «Abbiamo avuto una pandemia, una crisi energetica e una guerra, il mondo è completamente cambiato», ha anticipato la baronessa tedesca otto giorni fa parlando all’Ufficio di presidenza del Parlamento europeo, «il budget attuale è molto rigido, i fondi per rispondere a sfide inaspettate - condizioni meteorologiche estreme, incendi, inondazioni - sono esauriti e questi eventi diventeranno più frequenti», ha pronosticato Von der Leyen, cercando di persuadere una platea alquanto ostile con la giustificazione della «maggiore flessibilità e trasparenza».Ma quanto è trapelato già da ottobre scorso non convince i partiti europei. Pour cause: il piano, ispirato al rapporto sulla competitività elaborato da Mario Draghi a settembre del 2024, propone innanzitutto la cancellazione della Politica agricola comune (Pac), strumento che rappresenta quasi il 40% del bilancio Ue, introdotto nel 1962 per sostenere gli agricoltori europei, e la sua fusione con il Fondo di coesione, istituito per ridurre le disparità economiche e sociali tra le regioni europee. Ursula vuole fondere i due storici strumenti Ue nel nuovo «Fondo europeo per la prosperità e la sicurezza sostenibili». La riforma elaborata da Von der Leyen prevede dunque una riduzione dei fondi Pac per l’agricoltura (si parla del 20%, che nella più rosea delle ipotesi potrebbe diventare un 15%) per alimentare le esigenze di riarmo Ue e l’assegnazione dei fondi non più direttamente alle regioni ma agli Stati membri in un’unica indennità nazionale, aumentando drasticamente il potere dei governi nella gestione dei fondi, a scapito degli enti locali.Contro la cancellazione o riduzione della Pac si sono già mobilitati le associazioni di categoria, a cominciare da Farm Europe, che chiede a Von der Leyen di «proteggere la sicurezza alimentare e mantenere una Pac forte». E anche i due maggiori gruppi, popolari e socialisti europei, sono contrari. Ma è la ri-assegnazione dei fondi a livello nazionale anziché regionale a preoccupare di più. Il vicepresidente della Commissione Ue Raffaele Fitto, fortemente voluto da Giorgia Meloni in cambio del suo sostegno alla riconferma di Von der Leyen, sta guidando il fronte dei contrari: il nuovo sistema aggirerebbe le regioni rafforzando le disparità esistenti all’interno dei singoli Paesi. La sua battaglia per conto della premier italiana sembra essere andata a buon fine: contro l’assegnazione dei fondi a livello nazionale si sono già schierati quasi tutti gli Stati membri, a cominciare da Italia, Germania e, con qualche distinguo, la Francia, mentre Austria, Danimarca e Lussemburgo sono incerti e soltanto Estonia, Finlandia, Paesi Bassi e Svezia sono favorevoli. L’unico a cantare inopinatamente vittoria è il Pd: secondo il capodelegazione a Bruxelles Nicola Zingaretti, il Fondo sociale sarebbe «salvo» a seguito di una lettera inviata dai socialisti alla vigilia del voto sulla sfiducia a Von der Leyen, la quale avrebbe promesso attenzione al tema in cambio del no del gruppo alla sfiducia contro di lei. Ma la missiva diventerà, con ogni probabilità, lettera morta.C’è poi il capitolo «aumento del budget»: la presidente sta prendendo in considerazione l’ipotesi di risanare le casse dell’Ue introducendo nuove tasse. Dulcis in fundo, la presidente della Commissione intende introdurre una norma affinché il «rispetto dello stato di diritto» diventi una pre-condizione di accesso ai fondi europei, una sorta di spada di Damocle sui governi nazionali: se un Paese non dovesse rispettare i criteri di democraticità stabiliti arbitrariamente da Bruxelles potrebbe non aver accesso ai fondi Ue. Un assaggio di ciò che potrebbe succedere lo sta sperimentando l’Ungheria di Viktor Orbán, cui l’Unione ha congelato circa 18 miliardi di euro a causa delle persistenti preoccupazioni per il «deficit democratico», riscontrato ad esempio nel «deterioramento del clima politico» dopo il divieto della parata del Pride.Il gruppo PfE (Patriots for Europe) di cui fa parte la Lega ha espresso forte preoccupazione per i tagli inaccettabili all’agricoltura, «proprio mentre stanno per essere approvati accordi di libero scambio come quello con il Mercosur che rischiano di danneggiare ulteriormente i nostri produttori», ha dichiarato il vice segretario generale del gruppo Marco Campomenosi. «Difendiamo il ruolo centrale delle Regioni, chiediamo semplificazione delle regole e rifiutiamo condizionalità politiche e green calate dall’alto che, già con il Recovery, hanno mostrato tutti i loro limiti, andando, peraltro, contro l’autonomia degli Stati membri. L’Italia, da Paese contributore netto al bilancio Ue, nei prossimi mesi dovrà utilizzare il proprio peso negoziale per pretendere un bilancio equo, al servizio dei cittadini e delle imprese e non delle logiche ideologiche o anti-industriali di Bruxelles». Più che mesi, si parla di negoziati di due anni: anni in cui nei singoli Stati potrebbero cambiare gli equilibri politici, la stessa Ursula von der Leyen potrebbe non essere più al suo posto e, con gli Stati membri in ordine sparso, la montagna potrebbe partorire un topolino
(Totaleu)
«Strumentalizzazione da parte dei giornali». Lo ha dichiarato l'europarlamentare del Carroccio durante un'intervista a margine della sessione plenaria al Parlamento europeo di Strasburgo.