(Totaleu)
«Strumentalizzazione da parte dei giornali». Lo ha dichiarato l'europarlamentare del Carroccio durante un'intervista a margine della sessione plenaria al Parlamento europeo di Strasburgo.
«Strumentalizzazione da parte dei giornali». Lo ha dichiarato l'europarlamentare del Carroccio durante un'intervista a margine della sessione plenaria al Parlamento europeo di Strasburgo.
Riemerso dalle acque della Versilia, dopo il bagno di inizio anno ha annunciato: «Il 2025 sarà frizzante».
«Sono in programma grandi sfide: dalle elezioni regionali al congresso nazionale. Avremo la possibilità di sorprendere molti, che già ci considerano ininfluenti».
Un inatteso trionfo.
«Lo vedremo solo al traguardo, ma ci alleniamo per quello».
Il generale Roberto Vannacci, valoroso eurodeputato leghista, è più tonico che mai.
«Per fare quest’intervista ho rinunciato alla palestra serale».
A Bruxelles pare sia il primo ad arrivare, lunedì mattina, e l’ultimo ad andar via, venerdì pomeriggio.
«È un brutto vizio dal quale non riesco a sganciarmi. Alle 6.45 sono in ufficio. Passo dalla porta centrale, perché le altre sono chiuse. Mi alzano la saracinesca perplessi. Pensano sia un matto, probabilmente».
Non sono abituati al rigore.
«Sto cercando di capire al meglio come funziona il parlamento. Non è solo il mio primo mandato, ma anche la mia prima esperienza politica. Prendo molto seriamente il lavoro in Europa».
L’approccio resta militaresco.
«Rigoroso: l’ho ereditato dalla precedente vita».
Quando torna in patria, nel fine settimana, corre da un incontro all’altro.
«Ne faccio almeno tre a settimana».
Presenta i suoi libri?
«Ormai sono solamente spunti per parlare di politica: sicurezza, immigrazione, guerra, relazioni internazionali».
Una campagna elettorale permanente.
«In pratica, sì. Il mio rammarico è di non riuscire a onorare tutti gli inviti che ricevo. Ogni evento a cui partecipo è sempre sold out. Come quello di domenica, a Verona. Hanno esposto la locandina. Due giorni dopo, i 450 posti disponibili erano già esauriti. A Cagliari, lo scorso novembre, sono venute più di mille persone».
In Sardegna aveva protestato un gruppo di giovani antifascisti. A Chiesina Uzzanese, dov’è atteso il prossimo sabato, si rivoltano piddini e associazioni gay.
«Hanno chiesto di cancellare l’incontro. Questo rivela l’intolleranza e la tirannia, che invece imputano a me. Una parte della sinistra resta dittatoriale. Non conosce i principi della democrazia e della libera manifestazione del pensiero».
Il movimento che prende ispirazione dal suo bestseller, Il mondo al contrario, correrà alle prossime regionali?
«È un comitato culturale nato dopo la pubblicazione del libro, nell’agosto 2023. Intanto, sono diventato un politico. È normale, quindi, che quest’associazione si trasformi».
In che modo?
«Prenderà ispirazione dalla guerriglia: non è prevista nessuna gerarchia, i gruppi agiranno in base ad alcune direttive. Ci sarà un nuovo statuto, con un diverso scopo. Non diventerà un partito, però».
Una lista civica, piuttosto?
«Certamente. Se aumenta il numero dei miei sostenitori, cresce anche la Lega. Io sono sempre stato attento all’obiettivo. Il nostro è raddrizzare il mondo. Lo strumento per raggiungere questo scopo esiste. Si chiama Lega. Se domani dovessero crearsi presupposti diversi, la situazione potrebbe cambiare. Ma adesso non ci sono ragioni per creare un nuovo soggetto politico».
Avrete dei vostri candidati, comunque.
«Ovvio. Alle scorse regionali in Veneto ha corso la Lista Zaia, per dare maggior peso al candidato alla presidenza. Nessuno ha gridato allo scandalo, mi pare. Lo stesso potrebbe verificarsi ora in altre regioni, se venisse considerata una mossa tatticamente utile».
Quando vale l’ipotetica formazione «Noi con Vannacci»?
«Non ne ho idea. Mai fatto sondaggi. Con altrettanta franchezza le dico però che riscontro una grandissima simpatia ovunque vada, sia in Italia che all’estero. Immagino, quindi, che esista una solida base elettorale disposta a votare per me».
In Toscana, dove lei vive con la famiglia, si candida a governatore?
«Non sono stato io a propormi. Molto spesso si fanno i conti senza l’oste. Comunque, è una cosa che andrà discussa. L’ipotesi verrà presa in esame quando, assieme a Salvini, tracceremo la strategia per avere il massimo risultato in tutte le regioni che andranno al voto quest’anno».
Sembra accarezzare l’idea.
«Dobbiamo prenderla in considerazione. Da bravo generale, non scarto mai nessuna possibilità».
Zaia, intanto, vuole il terzo mandato.
«Sono per il rispetto delle regole. Se esiste una norma, è giusto che venga applicata. Era considerata sorpassata? Bisognava provvedere in tempi non sospetti. Farlo ora, a ridosso della tornata, fa pensare a un provvedimento di contingenza».
Un po’ vago.
«Non credo che motivazioni valide allora, non lo siano più adesso. Tra l’altro, non si possono applicare eccezioni solamente in Veneto o in Campania, perché c’è qualcuno che scapita. Sembrerebbe una cosa fatta ad personam, dunque molto antipatica».
Il governatore leghista ha eccepito su alcune sue dichiarazioni: le classi separate per i disabili e Mussolini «statista».
«Se avesse letto con attenzione le interviste, non avrebbe potuto dire nulla. Per bambini e ragazzi disabili, come ho spiegato, servirebbero strutture adeguate».
Quanto al Duce?
«È un’altra tecnica del politicamente corretto, che cambia il senso delle parole. Ho verificato a posteriori. Anche l’enciclopedia Larousse lo definisce così: “Uomo di stato”».
Vannacci, candidato da indipendente, ha trascinato il Carroccio alle europee con oltre mezzo milione di voti. Nemmeno un po’ di riconoscenza, invece.
«Sono un uomo paziente».
Ovvero?
«Sono sicuro che abbiamo imboccato la direzione giusta».
È la solitudine dei numeri primi, per citare il famoso romanzo?
«Non l’ho letto. Le posso però dire, con certezza, che la base elettorale del partito mi vuole un gran bene. Sono stato a Pontida e tutti mi hanno acclamato. Peraltro, continuo ad avere riscontri ottimi quando vado in giro per strada, così come agli incontri che organizzano. Vedo un grande consenso: sia nella Lega, che al di fuori di Lega».
Ecco.
«Probabilmente, con alcuni leader del partito, non c’è una grande conoscenza. Ed è normale. Io sono venuto fuori da un cilindro. Abbiamo avuto poche occasioni di confronto. È comprensibile che tra persone insieme da una vita e il sottoscritto appena arrivato ci sia una certa freddezza. Fa parte della dialettica interna. Così va il mondo. Però, non ho mai avuto conflitti con nessuno. Anzi, molto spesso ci sono state discussioni proficue e cordiali. Ho ottimi rapporti con Salvini, ma pure con altri esponenti storici del partito».
Ad esempio?
«Il ministro Calderoli. A Pontida ci siamo scambiati idee e abbiamo riscontrato convergenze. Mi ha anche invitato a pranzo».
Cosa avete mangiato?
«Specialità calabresi. A me piacciono moltissimo, tra l’altro».
Il patto della ‘nduja.
«Una cosa simile».
Lombardi e veneti spingono per un ritorno alle origini: meno Lega nazionale, più partito del Nord.
«Nessuno vuole trascurare una parte dell’Italia per dedicarsi a un’altra. Credo che la richiesta sia di una maggiore attenzione alle necessità dei territori, da ovunque esse provengano. Questo ridarebbe uno sprint a tutto il partito».
I colonnelli lamentano una crisi d’identità.
«Non è vero. La Lega oggi è l’unico partito italiano veramente sovranista, che ha dimostrato coerenza con le proprie idee».
Come?
«In Europa ci siamo opposti all’elezione di Von der Leyen, senza contraddirci né scendere a compromessi. Abbiamo votato contro la guerra a oltranza e l’impiego delle armi occidentali in Russia. Altre formazioni politiche hanno dimostrato più incoerenza».
Quali?
«Fratelli d’Italia ha votato contro la presidente della Commissione ma a favore della Commissione, assumendosi una grande responsabilità. Forza Italia vuole vietare il gas dall’Azerbaijan. È un’assurdità: le nostre industrie chiuderebbero e i cittadini non potrebbero più riscaldarsi».
Dunque?
«Sono sicuro che il tempo ci premierà».
Nell’attesa, si dibatte.
«La Lega è alla vigilia di un congresso federale. Da sempre, in prossimità di simili eventi, ci sono ampie discussioni e accesa dialettica. Ma la linea tracciata a Pontida è chiarissima. Inutile continuare a ragionarci su. Al raduno c’erano tutti i leader sovranisti d’Europa».
Il generale vuole fare le scarpe al capitano, teorizzano i malevoli.
«Non è vero, assolutamente. Se avessi voluto, me ne sarei già andato per conto mio. Prima delle elezioni, la sinistra diceva: “Vannacci prende il taxi”. Anche a destra qualcuno ne era convinto. Invece, sono ancora qua».
Le davano del furbacchione.
«Dicevano che avrei fatto il mio partito, abbandonando la Lega. Ma non è successo. Sono una persona che crede nella parola data. Questo mi contraddistingue da molti altri politici, che la considerano un orpello. Fino a quando non sarà tradita, andremo avanti insieme».
Nessuna defezione.
«Non mi discosto dalle premesse alla base della nostra collaborazione: sovranità, identità, sicurezza, interesse nazionale, stop all’immigrazione clandestina».
Però.
«Se poi la Lega dovesse decidere di andare per conto suo perché questi principi non vanno più bene, prendendo una deriva diversa, a quel punto non sarebbe più un tradimento da parte mia».
Ognuno per la sua strada.
«Al momento, mancano i presupposti».
Dopo l’elezione a europarlamentare (con la bellezza di 532.368 preferenze), adesso il percorso politico di Roberto Vannacci ha raggiunto un’ulteriore tappa: ieri, a Marina di Grosseto, la sua associazione culturale Il mondo al contrario è stata trasformata in un movimento. «La seconda assemblea del Mondo al contrario segna il passaggio da movimento culturale a politico, perché passa dal seguire uno scrittore al seguire un politico», ha sottolineato il generale. Che poi ha spiegato: «Vogliamo radunare tutti coloro che si riconoscono nel Mondo al contrario e nelle idee in esso contenute». Idee che sono state riassunte in un manifesto di otto punti: patria, sicurezza, sovranità, identità, difesa dei confini, famiglia, tradizioni e lavoro.
Tuttavia, ha puntualizzato Vannacci, questo movimento, che conta già 1.600 iscritti, «non è un partito, state tranquilli» e «io non ne faccio parte». Una puntualizzazione che, ovviamente, intende diradare i dubbi su presunte frizioni con il Carroccio: «Chi dice che faccio un partito per lanciare un’Opa sulla Lega dice delle balle, non è così». Parole confermate anche dal tenente colonnello Fabio Filomeni, presidente nazionale del Mondo al contrario: «Oggi non nasce il partito di Vannacci», ha dichiarato, «questo è il movimento di tutti i sostenitori di Vannacci che sposano il Vannacci pensiero al di là dell’appartenenza a un partito o a un’ideologia». Gli otto punti alla base del Mondo al contrario, ha proseguito Filomeni, rappresentano «il manifesto dei sovranisti e dei nazionalisti. La nazionalità è un’ideologia che difende ed esalta la patria, non è una parolaccia, e non è di destra o di sinistra».
Insomma, nessun problema con Salvini: «Si è detto che uso la Lega come un taxi, ma io non mi sono mai scostato dalla vita della Lega e non c’è alcuna spaccatura con Salvini», ha affermato Vannacci, che si è autodefinito «un valore aggiunto» per il Carroccio. «Siamo convinti», ha aggiunto, «che nel futuro della Lega ci siamo tutti e due e portiamo avanti questa splendida avventura. Si è visto anche a Pontida, siamo in sincronia». Al massimo, ha ipotizzato il generale, il Mondo al contrario potrebbe correre come lista associata al Carroccio: «Qualora venga valutato opportuno, positivo, redditizio e conveniente fare una lista Vannacci, perché no», così come si è fatto alle elezioni regionali in Veneto con la lista civica di Luca Zaia.
A rinsaldare l’asse tra il capitano e il generale, è stato poi lo stesso Salvini, che nel pomeriggio è intervenuto all’evento in videocollegamento: «Sono orgoglioso e felice di aver incontrato Vannacci, con cui faremo un lunghissimo tratto di strada insieme. Il mondo al contrario lo raddrizzeremo insieme, uniti non ci fermerà nessuno», ha affermato Salvini. Che poi ha sottolineato: «Hanno detto che Vannacci avrebbe fondato il suo partito e che sarebbe andato per suo conto. La risposta è che oggi siamo insieme. Con Roberto cambieremo insieme questa Europa».
Alla kermesse toscana, peraltro, non è mancato un po’ di colore: il comitato del movimento ha messo in vendita il calendario «Un anno con Vannacci». Tra le illustrazioni più «sulfuree», spicca quella del generale insieme a Paola Egonu: «Ho i tratti somatici italiani», recita la pallavolista nella vignetta. «Certo, come io ho quelli nigeriani», è la risposta dell’ex militare. «Il calendario è un’iniziativa del comitato che non è stata sottoposta alla ratifica del sottoscritto», ha commentato Vannacci. Che però ha aggiunto: «Comunque, condivido le vignette che mi sembrano appropriate e ironiche». E, in ogni caso, «con la Egonu la questione è chiusa e sono stato assolto».
Dalle polemiche con il gruppo dei Patrioti per l'Europa alla delusione per la rielezione della Von der Leyen e la gestione del conflitto ucraino: Bruxelles vista dal generale.
«Siamo vivi e vivaci, ringrazio chi non ha mai tradito». Matteo Salvini guarda lo 0,10% in più rispetto alle politiche di due anni fa e trova nel risicato decimale lo spunto, anzi lo spuntone, per fissare i ramponi a metà della parete di roccia, montare la tenda e guardare il panorama. Non è spettacolare. Perché la Lega non ha ottenuto l’«effetto protesta» che voleva, non ha intercettato il forte vento euroscettico che ha soffiato sul continente, anzi ha subito il sorpasso di Forza Italia (9,6% contro 9,0%). Quanto allo tsunami Roberto Vannacci, che da solo ha conquistato 500.000 voti, se da una parte è stato il capolavoro tattico del segretario, dall’altra mette in risalto una fragilità: il generale ha portato a casa da solo il 25% dei voti del partito (2.095.000).
Salvini riparte da qui e sottolinea un aspetto che in un movimento dirigista come la Lega non si era mai manifestato con questa evidenza: la questione interna, quella del tradimento. «Il mio obiettivo era prendere lo “zero virgola” in più delle politiche e lo abbiamo raggiunto nonostante i problemi esterni e in alcuni casi interni. Perché se il fondatore di un partito (Umberto Bossi - ndr) a urne aperte annuncia che vota un altro partito... Non so come avrebbero reagito altre realtà. Noi non solo abbiamo tenuto, ma siamo andati avanti. Sono abituato a confrontarmi con gli avversari esterni; dover fare i conti con chi, da dentro, rema contro è complicato».
La pugnalata di Bossi gli ha fatto male. Secondo le ricostruzioni di via Bellerio, il Senatur molto vicino all’ex segretario della Lega lombarda Paolo Grimoldi (storico avversario di Salvini, ora in odore di espulsione), avrebbe votato per l’ex enfant prodige Marco Reguzzoni passato con gli azzurri e neppure eletto. L’operazione non ha spostato nulla ma ha avvelenato i pozzi, e conferma il mal di pancia soprattutto nelle regioni chiave Lombardia e Veneto. «È lì che abitano i traditori, è lì che bisognerà contare al più presto amici e nemici», rivela un colonnello di antico lignaggio. Il congresso previsto per l’autunno, nel quale Salvini si ricandiderà segretario, rischia di diventare una resa dei conti con la fronda.
Il leader non va oltre. L’uomo che raccolse il vessillo leghista da terra 11 anni fa nella «notte delle scope» per riportarlo in auge non intende dimenticare. «Penso ai militanti, ai sindaci e alle persone che hanno dedicato giorni e notti al movimento, all’affissione dei manifesti fuori da scuole e fabbriche. Non meritano che dentro qualcuno faccia i propri interessi senza un obiettivo comune. Sono abituato a vincere o perdere di squadra, non a tradire chi è a fianco. Io devo rendere conto a decine di migliaia di sostenitori e iscritti che non meritano questo. Valuteranno i militanti». È praticamente impossibile che Bossi venga espulso per una chiara questione d’immagine e perché, tecnicamente, non ha la tessera della Lega Salvini Premier, ma solo quella della scatola vuota Lega Nord.
Detto questo, la mai sopita «questione settentrionale» (vale a dire la mai digerita nazionalizzazione del partito), è destinata a rompere la crosta e a imporsi una volta per tutte. Lo fa capire il capogruppo al Senato, Massimiliano Romeo: «Il fatto che Forza Italia ci abbia superato, anche se di poco, induce a delle riflessioni. Sono convinto che occorra riguadagnare il territorio, rafforzare la nostra base, stare più vicino ai nostri amministratori. Lega nazionale sì, ma senza dimenticare le origini. La questione settentrionale è un tema che deve ritrovare la giusta enfasi». La Lega ricomincia dai voti dei testimonial d’eccezione (qualcuno ricorda che la candidatura di Vannacci era osteggiata da Luca Zaia e Massimiliano Fedriga) ma anche dalla consapevolezza che il cammino in montagna va ripreso e la rotta va ridefinita. Lo stesso Salvini si intesta la mossa vincente del generale: «Il caso Vannacci è strano. Prima era un problema perché non prendeva voti, adesso è un problema perché ha preso tanti voti».
«Lo dico sempre, e le mie dichiarazioni sono sempre quelle, e che cioè ogni elezione ha una storia a sé, che non si deve mai considerare un'elezione una regola», ha dichiarato invece il presidente del Veneto, Luca Zaia, «oggi il vincitore di questa tornata, è decisamente il presidente del Consiglio».
Le fibrillazioni interne creeranno terremoti esterni? Il segretario assicura di no. Ha telefonato a Giorgia Meloni per i complimenti, ha smentito l’ipotesi di Zaia ministro «perché l’alleanza di governo funziona bene così e non ci sono margini per i rimpasti». Domani sarà a Bruxelles per incontrare i due trionfatori Marine Le Pen e l’austriaco Herbert Kickl, più il leader olandese Gert Wilders: dovranno coordinare la strategia di Id. Sul tavolo la richiesta di riammissione dei tedeschi di Afd, espulsi due settimane fa. Ma soprattutto l’approccio al Ppe, quindi a Forza Italia. Salvini ribadisce il concetto chiave: «Spero in un centrodestra unito e compatto in Europa, possibilmente in maggioranza, senza accordi a ribasso con i socialisti. Conto che il centrodestra non si divida a Bruxelles. Altri cinque anni di Ursula Von der Leyen non porteranno a nulla di buono».

