2019-12-24
L’esame di inglese di Benito Mussolini: la visita a Londra che nessuno ricorda
Nel dicembre 1922, il Duce affrontò il suo primo appuntamento internazionale importante, destando la curiosità dei britannici.Quando, nel 2016, Matteo Renzi fece visita a Barack Obama portandosi dietro una delegazione di vere o presunte eccellenze italiche, sui social cominciò a girare una foto di Benito Mussolini con la seguente didascalia: «Alla cena della Casa bianca di stasera, il premier si è portato Benigni e Sorrentino. Mussolini portava con sé: Enrico Fermi, Gabriele D'Annunzio, Pietro Mascagni, Guglielmo Marconi, Adriano Olivetti e Giovanni Gentile. Piccole differenze». Il paragone tra i due presidenti del Consiglio più giovani della storia d'Italia era in effetti suggestivo, ma c'è da considerare un piccolo dettaglio: Mussolini in America non c'è mai stato. Era una bufala, una di quelle fake news che fanno la felicità dei vari David Puente (la foto in questione ritraeva il Duce nell'italianissima sede dell'enciclopedia Treccani). La verità è che Mussolini fu un capo di governo relativamente casalingo, vuoi perché all'epoca i politici giravano il mondo meno di oggi, vuoi perché l'accentramento dei poteri gli consentiva di staccare poco la spina, vuoi ancora perché, dalla campagna d'Africa in poi, l'Italia fu progressivamente isolata a livello internazionale. C'è però un viaggio all'estero vero, effettivamente compiuto dal capo del fascismo, ma di cui curiosamente gli storici non parlano mai, come se non fosse avvenuto: quello che portò Mussolini a Londra dall'8 all'11 dicembre 1922 per la Conferenza interalleata di Londra insieme ai rappresentanti di Gran Bretagna, Francia e Belgio. A questo viaggio è dedicato un saggio in uscita per i tipi di Eclettica, Welcome signor Mussolini, del giornalista lucchese Fabrizio Vincenti e con prefazione di Francesco Borgonovo. Il libro nasce dalla constatazione del curioso disinteresse generale degli storici nei confronti di questo semidebutto del nuovo capo di governo italiano sulla scena internazionale («semi» perché poco prima, come vedremo, c'era stato un meeting a Losanna). Del viaggio di Mussolini a Londra hanno scritto in pochissimi, molti storici sembrano addirittura ignorarlo. Persino Renzo De Felice, sempre attento all'occhio dell'opinione pubblica internazionale sul Regime e la cui biografia di Mussolini è nota per la mole sterminata della documentazione, anche su dettagli del tutto secondari, liquida la trasferta londinese in poche righe: «I frutti di questi incontri furono praticamente nulli per l'Italia e l'inesperienza di Mussolini non mancò di provocare qualche malinteso che dovette essere chiarito dalla nostra diplomazia; né si può dire che personalmente Mussolini si imponesse all'attenzione del mondo politico internazionale. Incerto fu anche l'atteggiamento di Mussolini nella crisi della Ruhr, in occasione della quale, per evitare l'isolamento, l'Italia fini per avvicinarsi alla posizione francese. Mussolini vi ottenne però una sorta di consacrazione ufficiale internazionale e alcune dichiarazioni d'ordine generale sull'“eguaglianza" fra gli Alleati, che se in pratica non significavano nulla, sul piano interno facevano giuoco a Mussolini, poiché contribuivano ad avallare propagandisticamente le affermazioni della stampa fascista che anche in politica estera l'assunzione al potere del fascismo aveva iniziato una nuova era».Il giudizio dello storico reatino finisce qui, con un'annotazione stringata e piuttosto dura. Vincenti ha deciso di approfondire la vicenda, contestualizzandola nell'ambito dei primi, complicati mesi di governo fascista (si ricorderà che la marcia su Roma era avvenuta il 28 ottobre, praticamente poco più di un mese prima dello sbarco di Mussolini nel tempio del liberalismo europeo in veste di capo dell'esecutivo e di ministro degli Esteri ad interim). La genesi dell'incontro fu laboriosa. Tanto per cominciare, il leader italiano cercò sino all'ultimo di cambiare sede: perché non vedersi a metà strada, diciamo nella città francese di Boulogne? Ma si era già deciso per Londra e Londra restò. Poco prima di partire, poi, Mussolini si incontrò con un emissario sovietico per cominciare a riattivare le relazioni commerciali tra i due Paesi. Circostanza decisamente poco rassicurante, per la City. I navigati rappresentanti di Francia e Gran Bretagna, del resto, avevano già fatto conoscenza con l'inedito stile mussoliniano nel già citato incontro di Losanna, avvenuto nel mese di novembre. Per evitare le umilianti anticamere cui era stato sottoposto a Londra il suo predecessore, l'ex ministro degli Esteri Carlo Schanzer, Mussolini aveva sparigliato le carte con un irrituale telegramma urgente con cui chiedeva ai rappresentanti di Londra e Parigi di incontrarsi prima della stessa conferenza. Così Richard Collier ha ricostruito quel meeting: «Diplomatici della vecchia scuola dai loro trent'anni di servizio a Whitehall e al Quai d'Orsay, Curzon e Poincaré non erano certo preparati a nulla del genere. Durante tutto il primo colloquio in una saletta riservata il “gorilla" del Duce, Lohengrin Giraud, un pezzo d'uomo di un metro e ottantasette, gli rimase accanto con un atteggiamento intimidatorio e la carabina carica. Alla fine – relegato il banchetto nell'oblio – furono costretti a cenare con Mussolini nel ristorante pubblico dell'albergo. Ma il peggio venne con l'umiliazione finale. Quando i tre uomini lasciarono l'albergo per fare ritorno ai loro treni, una banda di venti boy scout si mise in marcia precedendoli. In silenzio, sprizzando rabbia – Curzon sofferente di gotta, si appoggiava pesantemente al bastone – i due anziani uomini di Stato si diressero ai treni, cadenzando il passo al suono metallico degli ottoni che strombazzavano l'inno fascista Giovinezza, costretti - volenti o nolenti - a prendere parte a quella marcia trionfale di Mussolini».A Londra, tuttavia, i leader delle grandi democrazie giocavano in casa. Eppure i resoconti di quella trasferta trasmessi dall'entourage del Duce registrano scene di giubilo al suo arrivo. «Non ricordo entusiasmo pari a quello nemmeno in Germania. Il delirio con cui la folla ci accolse alla stazione Vittoria è indimenticabile. Procedevamo a stento tra una marea umana che gridava, accecati dai lampi di magnesio dei fotografi»: ecco come descrive l'arrivo a Londra Quinto Navarra, il commesso di Mussolini, che per tutta la durata del viaggio avrà il problema di cambiare le camicie al leader italiano, dato che la fuligine dell'aria londinese gli abbruniva i colletti. La curiosità dei tabloid per l'uomo nuovo della politica europea è forte, tant'è che lo lo storico Federico Chabod affermerà: «Vi sarebbe materia per un grosso volume a voler raccogliere tutte le dichiarazioni fatte in favore del fascismo, in particolare nel mondo anglosassone». Non tutto filò liscio, ovviamente. A un certo punto si diffuse la voce di un attentato anarchico in preparazione, mentre sulla parte interna della porta della camera del Duce fu trovato un cartello scritto in italiano che diceva: «A morte il mandolinista di passaggio».Il punto più alto, invece, fu raggiunto con la visita del 10 dicembre a Buckingham Palace a re Giorgio V. Sua altezza venne del resto in Italia nel maggio del 1923 concedendo le insegne dell'Ordine del Bagno (Order of the Bath) al Duce. Che, caustico, commentò con i suoi: «E perché non della Doccia?».