2018-12-19
L’erudito «agnostico» che ha riportato il dubbio nella scienza
Il biologo Giuseppe Sermonti è morto, lasciandoci una lezione: l'uomo può conoscere, ma non cancellerà mai il mistero. Alla fine della sua vita, si dedicò anche alle fiabe, con uno stile poetico piuttosto suggestivo. I detrattori lo presero in giro, con frasi di questo tenore: «Autore di diversi libri e articoli di critica letteraria delle fiabe, l'aspirazione ultima di Sermonti sembra essere proprio di vivere lui stesso nelle favole».È morto Giuseppe Sermonti e i giornali lo hanno ricordato, per lo più, come un personaggio curioso, un dinosauro sopravvissuto alle intemperie dei secoli. Si è rammentato, soprattutto, il suo invito a Dimenticare Darwin, come recita il titolo di un suo libro di successo, letto e amato da molti che hanno visto in quel dotto professore, non tanto il nemico del naturalista inglese, quanto di quella religione scientista sorta intorno a Charles Darwin, grazie a lui, in parte malgrado lui. Sermonti non è stato un professore qualsiasi: biologo, docente di genetica in varie università italiane, presidente dell'Associazione genetica italiana e vicepresidente del XIV Congresso internazionale di genetica tenutosi a Mosca nel 1978. Si potrebbe partire proprio dalla Mosca comunista per capire la battaglia scientifica e culturale di Sermonti, condensata in una sua celebre frase: «Tutti i manuali di scienza per le scuole partono da una premessa (o addirittura da una vecchia mitologia) scientista, cioè dalla convinzione che la scienza sia in grado di dare una risposta a tutti i problemi. In tal modo si nega o si nasconde che la scienza si aggira nel mistero e che ogni sua scoperta apre un nuovo mistero». La Mosca comunista è il regno dello scientismo: per Lenin la scienza cancellerà la fede in Dio, ogni possibilità di mistero, rendendo chiara a tutti l'unica realtà esistente, cioè la «materia unica, eterna, indistruttibile», come scriveva un altrettanto dogmatico Benito Mussolini, ancora socialista, nel 1904. Eppure, mentre mitizzano la scienza i sovietici condannano violentemente proprio i progressi della scienza contemporanea, considerando come non ortodosse la genetica fondata dal monaco ceco Gregor Mendel e la nuova cosmologia del Big bang, proposta dal sacerdote belga Georges Edouard Lemaître. Il biologo neodarwinista Julian Huxley, nel suo La genetica sovietica e la scienza, ricorda la fine che facevano, nella «patria dei lavoratori e della scienza», i genetisti e i cosmologi colpevoli di aderire o di approfondire le nuove teorie: perdita della cattedra, gulag o fucilazione. Recandosi a Mosca, nel 1978, Sermonti va dunque in un Paese che ha sposato più di ogni altro l'idea, per lui aberrante, che la scienza sperimentale ha compreso ogni cosa. Lo aveva dichiarato apertis verbis Leon Trotsky nel 1925: «Non esiste l'impenetrabile per il pensiero cosciente. Noi raggiungeremo ogni cosa! Noi domineremo ogni cosa! Noi ricostruiremo ogni cosa!».L'aspetto curioso è che poche righe prima, il fondatore dell'Armata Rossa aveva dovuto ammettere che lo stesso Dmitrij Ivanovic Mendeleev, lo scienziato russo dell'Ottocento autore delle tavole periodioche degli elementi, pur molto fiducioso nelle potenzialità della scienza, aveva, erroneamente, dichiarato il suo «agnosticismo», cioè l'impossibilità per l'uomo di annullare ogni mistero.Ecco, anche Sermonti è stato, in questo senso, un «agnostico»: con Blaise Pascal riteneva che i limiti della scienza sono connessi ai limiti dell'uomo; con Isaac Newton, Madame Curie e Albert Einstein pensava che lo scienziato è come un bambino, capace più di stupirsi e di domandare, che di rispondere a tutto; con Socrate proclamava che l'uomo saggio «sa non di sapere»; con Agostino e Nicolò Cusano si considerava un «dotto ignorante», che ritiene più razionale credere nell'Onniscienza di Dio che in quella dell'uomo...E così, senza entrare ora nelle sue specifiche critiche al darwinismo, Sermonti va ricordato per il suo coraggio di seminare dei dubbi in mezzo all'ortodossia scientista, mettendo in luce l'assurdità di un'ideologia per la quale l'uomo è, nello stesso tempo, una semplice «scimmia nuda», figlia di un cieco meccanismo che tutto produce e realizza, e un essere che ha compreso tutto e che conosce tutto! Non importa, in conclusione, se Dimenticare Darwin e gli altri scritti di Sermonti, siano lavori scientifici in tutto e per tutto corretti: certamente non lo pretendeva neppure lui! È certo però che molte delle affermazioni di Sermonti, anche le più lapidarie («Sull'origine dell'uomo non sappiamo nulla» è una di queste) contengono profonde verità, se è vero come è vero che da una parte compaiono continue revisioni della storia evolutiva (la rivista darwiniana Le scienze, del novembre 2014, pubblicava un articolo così intitolato: «La saga dell'umanità. Riscrivere l'evoluzione. Un'ondata di nuove e sorprendenti scoperte sta costringendo a ripensare molto di ciò che credevamo di sapere sulla storia umana»), mentre dall'altra è sempre più chiaro che l'uomo, il suo pensiero, la sua volontà, la sua creatività, il suo linguaggio… sono ben altro rispetto al frutto di un meccanismo cieco, e fanno molta fatica a stare, per quanto pigiati e compressi dall'ideologia, in quell'uno per cento circa di materia/Dna che distingue l'uomo dallo scimpanzè. Alla fine della sua vita, Sermonti si dedicò anche alle fiabe, con uno stile poetico piuttosto suggestivo. I detrattori lo presero in giro, con frasi di questo tenore: «Autore di diversi libri e articoli di critica letteraria delle fiabe, l'aspirazione ultima di Sermonti sembra essere proprio di vivere lui stesso nelle favole». In sua memoria, proviamo a rigirare noi la frittata, ribaltando l'accusa: «molte interpretazioni dell'evoluzione umana assumono la forma della favola, con un eroe in via di trasformazione (da rospo a principe), una fatina (la teoria darwiniana), un talismano (la stazione eretta o l'encefalizzazione, tra mille) e un lieto fine (homo sapiens, noi), con tutti che vivono felici e contenti». A Sermonti, insomma, piacevano anche le fiabe, ma non questa.
Gattuso e la Nazionale lasciano San SIro al termine del match perso per 4-1 contro la Norvegia (Ansa)
(Arma dei Carabinieri)
L’organizzazione era strutturata per assicurare un costante approvvigionamento e una capillare distribuzione della droga nelle principali piazze di spaccio del capoluogo e della provincia, oltre che in Veneto e Lombardia. Il canale di rifornimento, rimasto invariato per l’intero periodo dell’indagine, si trovava in Olanda, mentre la gestione dei contatti e degli accordi per l’invio della droga in Italia era affidata al capo dell'organizzazione, individuato nel corso dell’attività investigativa. L’importazione della droga dai Paesi Bassi verso l’Italia avveniva attraverso corrieri ovulatori (o “body packer”) i quali, previa ingestione degli ovuli contenenti lo stupefacente, raggiungevano il territorio nazionale passando dalla Francia e attraversando la frontiera di Ventimiglia a bordo di treni passeggeri.
Lo schema operativo si ripeteva con regolarità, secondo una cadenza settimanale: ogni corriere trasportava circa 1 chilogrammo di droga (cocaina o eroina), suddiviso in ovuli termosaldati del peso di circa 11 grammi ciascuno. Su ogni ovulo era impressa, con pennarello, una sigla identificativa dell’acquirente finale, elemento che ha permesso di tracciare la rete di distribuzione locale. Tutti i soggetti interessati dal provvedimento cautelare risultano coinvolti, a vario titolo, nella redistribuzione dello stupefacente destinato alle piazze di spaccio cittadine.
Dopo due anni di indagini, i Carabinieri sono stati in grado di ricostruire tutta la filiera del traffico di stupefacenti: dal fornitore olandese al promotore che in Italia coordinava la distribuzione alla rete di corrieri che trasportavano la droga in ovuli fino ai distributori locali incaricati dello spaccio al dettaglio.
Nel corso delle indagini è stato inoltre possibile decodificare il linguaggio in codice utilizzato dagli indagati nelle loro comunicazioni: il termine «Top» era riferito alla cocaina, «Spa» all’eroina, «Pantaloncino»alle dosi da 5grammi, mentre «Fogli di caramelle» si riferiva al contante. Il sequestro di quaderni contabili ha documentato incassi giornalieri e movimentazioni di denaro riconducibili a un importante giro d’affari, con pagamenti effettuati tramite bonifici internazionali verso conti correnti nigeriani per importi di decine di migliaia di euro.
Il Gip del Tribunale di Venezia ha disposto la custodia cautelare in carcere per tutti i venti indagati, evidenziando la «pericolosa professionalità» del gruppo e il concreto rischio di fuga, considerati anche i numerosi precedenti specifici a carico di alcuni appartenenti all’organizzazione.
L’esecuzione dei provvedimenti restrittivi e delle perquisizioni è stata condotta con il concorso di Carabinieri di rinforzo provenienti da tutti i Comandi Provinciali del Veneto, con il supporto dei Reparti Mobili e Speciali dell’Arma, delle Unità Cinofile Antidroga e del Nucleo Elicotteri Carabinieri, che hanno garantito la copertura aerea durante le operazioni.
L’Operazione «Marshall» rappresenta un importante risultato dell’attività di contrasto al narcotraffico internazionale e alle organizzazioni criminali transnazionali, confermando l’impegno costante dell’Arma dei Carabinieri nel presidio del territorio e nella tutela della collettività.
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