
«In media nessuno degli scioperi degli ultimi anni ha registrato grandi adesioni, ma le circa 100.000 persone che ieri hanno deciso di non lavorare per seguire la protesta della Cgil rappresentano un minimo storico. Parliamo del 4,4% del totale, più o meno un terzo dei 300.000 statali iscritti al sindacato di Landini. Vuol dire che anche i suoi sono stufi di portare avanti battaglie politiche che alla fine non danno vantaggi ai lavoratori». Paolo Zangrillo è il ministro della Pubblica amministrazione e negli ultimi mesi si è scontrato obtorto collo con il radicalismo dell’ex Fiom.
Per mesi e mesi i no dei compagni hanno bloccato il rinnovo dei contratti della Pa. Nonostante i 20 miliardi messi sul piatto dal governo. E nonostante fossero già pronte le risorse per i rinnovi successivi. Poi è bastato che la Uil tornasse a ragionare e si decidesse a firmare per garantire a più di 2 milioni di dipendenti aumenti da 170 euro al mese. E altrettanti dovrebbero arrivare nei prossimi mesi. Senza ovviamente la firma di Landini.
Ministro c’è anche il peso della trattativa per il rinnovo contrattuale dietro al risultato disastroso dell’ennesimo sciopero di venerdì?
«Non anche, io direi soprattutto. Guardi io ho seguito quel tavolo e le dico che avevo una sensazione abbastanza lampante. A me è sembrato che i rappresentanti della Cgil si rendessero conto che sul piatto c’era un’offerta vera e concreta, di fronte alla quale sarebbe stato autolesionistico fare un passo indietro, ma che non avessero alternative».
In che senso?
«Nel senso che i miei interlocutori erano a disagio, magari mi sbaglio, ma sembrava che gli fosse stato imposto un diktat politico rispetto al quale avevano le mani legate. Un diktat che non ha nulla a che vedere con il ruolo che dovrebbe avere chi rappresenta gli interessi e i diritti dei lavoratori. Va da sé che questa posizione ha portato la Cgil a isolarsi e buona parte degli iscritti a non poterne più».
A non poterne più di cosa?
«Ma scusi, da quando sono al governo abbiamo chiuso la tornata contrattuale 2019-2022, aperto e chiuso quella 2022-2024 e ci accingiamo, questione di settimane, ad aprire quella 2025-2027. Una cosa del genere non era mai successa».
Al di là delle statistiche, cosa vuol dire tutto questo per i lavoratori?
«Tradotto in soldoni significa che il governo ha stanziato 20 miliardi e che nel periodo 2021-2027 i salari degli statali aumenteranno del 16-18%. Ecco, Landini parla tanto della necessità di far recuperare potere d’acquisto alle retribuzioni e di avvicinare gli stipendi pubbliche a quelle dei privati, e poi si chiude a riccio di fronte a numeri del genere? È chiaro che sta facendo politica, finalmente i suoi se ne sono resi conto e prendono le distanze».
Dopo il flop dello sciopero di ieri Landini dovrebbe fare un passo indietro? O comunque i suoi dovrebbero pressarlo affinché lo faccia?
«Guardi io sono focalizzato sul mio impegno, sulla responsabilità che ho nei confronti di 3,4 milioni di statali e non mi permetterei mai di dire cosa deve fare a una confederazione che ha la storia della Cgil. Mi sento però libero di evidenziare che non capisco cosa pensano di ottenere continuando su questa strada. Anzi le dirò che auspicherei un ritrovato clima di riappacificazione tra Cgil, Cisl e Uil, ma con questa leadership non mi sembra ci siano i presupposti».
A fronte di un clima che sta diventando sempre più teso. Ieri a Firenze, dove parlava il leader della Cgil, sono state distribuite banconote fasulle con l’effige sua e del premier Meloni.
«Un brutto episodio che a me sicuramente dispiace, ma che trovo ancor più offensivo verso tutti i dipendenti della pubblica amministrazione che lavorano seriamente e hanno visto nel rinnovo e negli aumenti contrattuali un giusto premio per i loro sforzi. Io penso che rispetto a un lavoratore pubblico che in 6-7 anni vede la busta paga crescere del 16-18%, non sia corretto dire che sta guadagnando soldi falsi».
Episodio che fa il paio con quello di Genova, dove Landini non si è scusato con i sindacalisti della Uilm menati dai colleghi della Fiom.
«Episodio che conferma il clima di estrema tensione che stiamo vivendo. Più c’è agitazione e più chi ha un ruolo istituzionale dovrebbe mostrare senso di responsabilità».
Può essere più specifico?
«Guardi, noi assistiamo ormai da tempo a reiterate manifestazioni di violenza da parte dei pro Pal e il fatto che pure il sindacato si renda complice di comportamenti del genere va assolutamente stigmatizzato».
E Landini non l’ha fatto.
«Sbagliando. Perché la storia di questo Paese è ricca di nette prese di distanza della Cgil rispetto alle aggressioni, penso ai tempi delle Brigate Rosse. Mentre ora a Genova si adotta la strategia del silenzio che però rischia di essere confusa con l’assenso. La dirò di più...».
Prego.
«Il fatto che viviamo tempi balordi è dimostrato da quello che è successo alla “Stampa” a Torino, un assalto assolutamente da condannare. Un episodio di una gravità assoluta e trovo incredibile che qualcuno a sinistra abbia usato quanto successo come pretesto per dare la colpa alle Forze dell’ordine che non c’erano».






