
Malgrado lo stato di salute degli operatori dei media, il settore continua a essere al centro di grandi manovre. Oltre alla telenovela sul gruppo Gedi, c'è Peninsula che investe in Mediaset e la querelle Blackstone-Cairo.La maggior parte degli editori parla di sé come di un malato cronico: un business, soprattutto quello della carta, che non sta più in piedi e che impone da anni tagli, ristrutturazioni e continue richieste di sussidi. Ci permettiamo di dissentire. Ciò che serve sono manager capaci a fare editoria e desiderosi di mettere sul tavolo del rilancio (non della ristrutturazione) piani industriali infarciti di novità. Il nostro parere conta poco. Conta, invece, molto di più l'opinione del mercato e di chi ha denaro da investire. Negli ultimi mesi la bistrattata editoria è tornata al centro di battaglie e di contenziosi. I fondi sono tornati a mettere nel mirino giornali e tv. Il caso del quotidiano Repubblica, depurato dal feroce scontro interno alla famiglia, cioè tra Carlo De Benedetti e i figli, lascia però intendere che da qui alla fine dell'anno qualcosa potrebbe accadere. L'offerta «inaccettabile» così è stata definita da Cir, servirebbe a portare allo scoperto eventuali compratori. Più volte, prima dell'estate, i quotidiani hanno scritto di un interessamento del fondo Peninsula Capital, guidato da un ex manager di Mediobanca, Stefano Marsaglia. Voci più volte smentite ma che darebbero un senso all'intervento dell'Ingegnere a gamba tesa su Repubblica. D'altronde Penisula è uscito allo scoperto su Mediaset. Un altro dossier sul quale volano coltelli. Da una parte la famiglia Berlusconi e dall'altra i francesi di Vivendi. Silvio Berlusconi, lo scorso 20 settembre, ha fatto sapere di sostenere la novità che potenzialmente potrebbe blindare l'operazione Media for Europe, la holding olandese nella quale Mediaset intende concentrare tutte le sue attività e partecipazioni: «Il fondo Peninsula è il benvenuto», ma il fondatore preferirebbe ancora fare da solo. A un giorno dalla scadenza dei termini erano solo qualche migliaia le azioni per le quali era stato chiesto il recesso. La novità del miliardo abbondante che l'investitore internazionale con forte partecipazione del fondo sovrano del Qatar potrebbe mettere sul piatto al posto dei francesi non ha quindi mosso Piazza Affari. E non ha scomposto Vivendi, che con un portavoce ha sottolineato che «quanto Mediaset sta facendo è illegale dal momento che non ci hanno permesso di votare». In realtà non era stato permesso di votare alla fiduciaria Simon alla quale i francesi hanno conferito il 19% abbondante del Biscione dopo le decisioni dell'Agcom, mentre il 9,9% del gruppo controllato da Vincent Bolloré ha votato all'ultima assemblea, che verrà quasi certamente impugnata. Adesso la battaglia legale prosegue e si è spostata in Spagna dove Peninsula è forte e potrà fare da sponda a Mediaset. In ogni caso, il fatto che una società francese e un fondo estero si battano per un tv non potrà che farne salire il pezzo. Su piani diversi, lo stesso scenario che potrebbe coinvolgere Repubblica e in generale il gruppo Espresso. Ieri il Sole 24 Ore scriveva di altre mosse datate giugno e luglio 2019. «In un recente si sarebbe discusso possibile scambio azionario con le attività editoriali del patron di Iliad, Xavier Niel, che nel 2010, insieme ad altri investitori, ha comprato la quota di maggioranza del quotidiano francese Le Monde», scrive il quotidiano di Confindustria, aggiungendo che «Qualche mese fa c'è stato poi un interessamento di Vivendi, che però non pare più avere avuto seguito».Insomma, una pentola che dopo cinque anni di stasi comincia a ribollire, senza dimenticare che anche dalle parti di via Solferino presto suonerà una campanella che potrà agitare le notti dell'attuale editore, Urbano Cairo. Il patron del Torino si è imbarcato in una delicata battaglia legale con il fondo Blackstone. Cairo ha contestato il prezzo di vendita della storica sede al fondo americano, avviando un contenzioso che finirà in un'aula per un arbitrato il prossimo 21 ottobre. La casa editrice del Corriere chiede l'annullamento del contratto di vendita. Lettera 43, sito bene informato su cose di editoria, ha scritto di una lettera nella quale Tronchetti Provera, Della Valle e Banca Intesa dissentirebbe dallo schema legale e dall'operazione stessa. L'articolo non è stato smentito. Segno che Cairo dovrà farsi un appunto: non è solo e non potrà in futuro fare tutto ciò che vuole. È chiaro che se così non fosse si potrebbe immaginare che il futuro di via Solferino non è inciso sulla pietra così come sembrerebbe oggi. E visto il ritorno di fiamma sull'editoria e l'attivismo dei fondi ci da rifletterci un po' sopra. Vedremo intanto come andrà a finire la partita di famiglia dei De Benedetti, perché le pedine dei giornali sono alla fine tutte collegate. Basta spostarne uno che cambia tutto il resto.
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Giusi Bartolozzi (Ana)
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