2023-09-28
        Le scelte Bce rilanciano il ballo dello spread
    
 
La sinistra suona l’allarme ma l’aumento era previsto visti i rialzi dei tassi e la vendita dei titoli di Stato da parte dell’Eurotower. Sull’Italia pesano pure le mosse della Commissione, che ha rinviato ma non fermato l’apertura di una proceduta di infrazione.Non è un mistero che in Italia e a Bruxelles ci sia un partito trasversale che tifa «forza spread». È già accaduto nell’autunno 2011, con gli esiti che tutti ricordiamo, e ancora nell’autunno 2018. Sia pure con notevoli differenze rispetto a quei due episodi, in questi giorni ci risiamo. Il titolo apparso ieri su Repubblica («Manovra, sfida all’Europa») offre un’immagine abbastanza nitida ed esemplificativa della bagarre - creata ad arte per fini di lotta politica - che attende il governo nelle prossime settimane. La nota di aggiornamento al Def presentata ieri, è solo il primo passo di un cammino lungo il quale si scopriranno progressivamente le carte del governo sulla prossima legge di bilancio e culminerà nell’invio, il prossimo 15 ottobre, a Bruxelles del documento programmatico di bilancio. Ieri sera la differenza di rendimento tra Btp e Bund sulla scadenza decennale ha chiuso a 194 punti base, livello che non si vedeva da inizio maggio quando iniziò una lunga discesa fino al minimo intorno a 160. Ma esattamente 12 mesi fa - all’indomani delle elezioni - lo spread era a circa 255 punti. Insomma, guardando le cose in prospettiva, siamo messi meglio rispetto a 12 mesi fa ma c’è qualcosa che inquieta gli investitori, soprattutto da un mese a questa parte. Osservando i livelli assoluti, lo spread nell’ultimo mese è aumentato di circa 30 punti perché il rendimento del Btp decennale è salito di 50 punti circa da 4,25% a 4,75% mentre il Bund è salito solo di circa 20 punti da 2,65% a 2,85%.Quindi, nel recente contesto di generalizzata tendenza al rialzo dei tassi - giustificato e provocato dalle aggressive dichiarazioni sul livello futuro dei tassi provenienti da esponenti della Fed prima e della Bce dopo - il Btp ha mostrato maggiore sensibilità al rialzo rispetto al Bund. Ma guardando indietro di un anno, il Btp decennale offriva lo stesso rendimento di oggi (4,75%) mentre il Bund tedesco è salito dal 2,20% al 2,85%. Per questo motivo, lo spread è sceso di 60 punti, da 255 a 195. In più, rispetto ad allora, bisogna osservare che la Bce è venditrice netta di titoli italiani. Solo ad agosto, ha riversato sul mercato 8,2 miliardi di titoli, circa la metà delle vendite complessivamente effettuate. A settembre e ottobre scadranno rispettivamente 13 e 44 miliardi, di cui la quota italiana sarà certamente rilevante. Se a ciò aggiungiamo che il Tesoro anche ad agosto ha dovuto emettere titoli per 29 miliardi (dopo le emissioni record di 106 miliardi nel bimestre precedente) possiamo concludere che oscillazioni di rendimento nell’ordine dei 30-40 punti non devono destare eccessive preoccupazioni. Al contrario, devono essere interpretate come segnali di tenuta rispetto a un quadro macroeconomico che manifesta chiari segnali di peggioramento.Il Btp decennale intorno a 4,70% è una quota che è stata testata dai mercati almeno altre due volte negli ultimi 12 mesi - sempre obbedendo alla regola secondo cui quando c’è una tensione rialzista sui tassi, il Btp è oggettivamente un sorvegliato speciale che attira le attenzioni di chi assume posizioni ribassiste sul prezzo del titolo - ed entrambe le volte chi ha puntato contro il Btp ne è uscito con le ossa rotte, perché il rendimento ha poi ripiegato fino ai minimi intorno al 4%.Vorremmo infine ricordare che quel 4,70% di un anno fa si registrò con un’inflazione record del 11,8% su base annua e con la Bce impegnata a rialzare i tassi a colpi di 75 punti base alla volta. Oggi siamo con l’inflazione al 5,4% ad agosto e un probabile sensibile calo previsto a ottobre (perché la variazione dei prezzi sarà calcolata partendo da una base molto più alta) e quel rendimento dovrebbe ridiventare un richiamo interessante. L’impressione è che in questi giorni gli investitori abbiamo sovrastimato le recenti parole di Christine Lagarde che ancora usa un linguaggio «muscolare» e non si convince che non può seguire la politica monetaria degli Usa, tante sono le differenze attuali e prospettiche.Certo, non si possono negare timori degli investitori riguardanti i saldi della prossima legge di bilancio e, soprattutto, la loro composizione. Ma anche qui, è probabile che i mercati temano più i comportamenti erratici della Commissione che il deficit/Pil 2024 previsto nella Nadef. Infatti, essi sanno benissimo che le entrate tributarie fino a luglio sono aumentate del 8,6% e il ministro Giancarlo Giorgetti ha incassato 25 miliardi in più rispetto al 2022. Sanno altresì che il tasso di crescita del Pil nominale del 2023 e 2024 è ben superiore al costo medio del debito, il che garantisce il rientro del rapporto debito/Pil. La preoccupazione deriva dal fatto che la Commissione non ha affatto rinunciato - perché la cosiddetta «sospensione» del Patto di stabilità non lo impedisce - a mettere nel mirino gli Stati il cui deficit/PIL eccede il 3% e il cui debito/Pil eccede il 60%. Il rapporto emesso il 24 maggio scorso sulla procedura per deficit eccessivo ai sensi dell’articolo 126 del Tfue, osservando i conti 2022 e 2023, individua in Italia e Francia i sorvegliati speciali per i quali la Commissione ha accertato la violazione dei limiti e l’8 marzo ha solo deciso di rinviare alla primavera 2024 l’apertura di tale procedura. È questo che temono i mercati e di cui sono pronti ad approfittare: il roteare casuale di una rozza clava che si traduce in una profezia autoavverante e fa guadagnare chi si è messo in anticipo dal lato giusto del mercato.
        Beatrice Venezi (Imagoeconomica)