
La leggenda narra che il pianto della dea, alla vista del suo Adone trasformato in cinghiale, quando toccò terra prese la forma di piccoli cuori rossi. Il frutto fu coltivato negli orti dal 1300. Re Sole ne andava pazzo, William Shakespeare lo definì il «cibo delle fate».Simbolo di passione e voluttà, le fragole sono presenza costante nella storia dell'uomo. Sono considerate afrodisiache forse perché, quando Venere vide il suo Adone travolto dalla furia della gelosia di Marte, trasformatosi in cinghiale, pianse sulle spoglie dell'amato copiose lacrime che, giunte a terra, si trasformarono in piccoli cuori rossi. Citate da Plinio il Vecchio e da Ovidio, non sfuggirono nemmeno a Virgilio, che ammoniva i fanciulli golosi, mentre le coglievano ai limiti del bosco, di stare attenti ai serpenti. Un tempo le fragoline erano piccole e bisognava cercarle, tra le selve oscure, ma ne valeva la pena, tanto che furono lodate da San Francesco di Sales per il fatto di «mantenere la loro fresca innocenza e il loro meraviglioso sapore pur circondate da serpi e lucertole».Le fragole furono sdoganate nel 1300 per venire trapiantate nei giardini ed essere coltivate negli orti, anche se la loro funzione era prevalentemente ornamentale. Con il rinascimento iniziò una progressiva rivalutazione, anche perché ne vennero scoperte altre proprietà, oltre a quelle di soddisfare l'occhio o il palato. Tra questi Linneo, uno dei padri nobili della botanica, che vide nelle fragole la soluzione dei suoi annosi problemi di gotta. Grande testimonial fu Luigi XIV di Borbone, passato alla storia come il Re Sole. Nei giardini di Versailles le fragole divennero protagoniste, non solo per la goduriosa voracità del monarca, ma grazie anche alla dedizione del giardiniere di corte, Jean de la Quintinye, il quale mandava legioni di suoi sottoposti a prelevarle dal bosco per renderle regine tra le aiuole reali. Più modestamente ne fecero grande uso i monaci amanuensi, che le ritraevano spesso nelle miniature che abbellivano i loro testi sacri, intese come omaggio della natura alla Vergine Maria. Di loro parla Giovanni Battista della Porta, in un suo volume di botanica, «tra le delicatezze del giardino e la delizia del palato». In Germania venivano coltivate con cura nei giardini dei farmacisti, via via che se ne scoprivano le celate virtù. Foglie, frutti, radici venivano usati per la preparazione di tisane, sciroppi, tinture e pomate. Lo stesso William Shakespeare le definì «il cibo delle fate». Insomma, un crescendo esponenziale da quel tempo in cui presero forma, nell'immaginario collettivo, dalle lacrime dell'amore infelice di Venere.Fragole che si ritrovano in dipinti di nomi senza tempo, quali Caravaggio in Il fanciullo con canestro di frutta o lo stesso Sandro Botticelli, nella sua Primavera. Più tardi, con gli impressionisti, dettero ispirazione a pennelli quali Auguste Renoir o Èdoaurd Monet. Il poeta maledetto, Charles Baudelaire, nel libro I fiori del male, le paragonò a una sensuale bocca femminile. Oramai il cambio di passo, anzi, di pezzatura, era conseguente. Avvenne nel Settecento, grazie a un ufficiale del genio francese, Amédée Frézier, che fece omaggio alla corona di due specie che aveva trovato nelle sue peregrinazioni in Cile. Tempo qualche decennio e, nel 1766, nacque la «fragola grossa», un'evoluzione, per contaminazione oceanica, delle piccole fragoline di bosco sino ad allora conosciute.Nel frattempo, alla corte di Luigi XVI, un altro giardiniere reale, Antoine Duschesne, scrisse il primo libro dedicato alla Storia naturale della fragola, descrivendone le diverse specie. Erano anni di splendori imperiali, con le fragole sempre più protagoniste, tanto che, per usare un termine attuale, una delle più note influencer dei tempi predigitali, tale Madame de Thermidor (al secolo Teresa Cabarrus) spargeva il verbo che, per rendere la pelle elastica e vellutata come la sua, bastava immergersi per un'ora in un bagno a base di fragole. Un piccolo e trascurabile dettaglio.Ne bastavano solo 10 chilogrammi al colpo, ogni giorno. Un chirurgo plastico sarebbe costato meno, un ritocco e via. Altri tempi, evidentemente. Tuttavia, questo serve a introdurre alle mille virtù delle fragole nel frattempo divenute adulte, cioè di largo consumo, con buona pace di Madame Cabarrus. Hanno un altissimo potere antiossidante, come tutti i frutti rossi, mirtilli e ciliegie in primis. Sono più ricche di vitamina C degli agrumi e tra le migliori alleate del cuore e del sistema cardiovascolare. Contengono un mix di antiossidanti e antinfiammatori, comprese le antocianine, tra i migliori alleati nel prevenire i fattori di rischio dello sviluppo di cellule cancerose, in particolare a livello del colon. Potete mangiarne a volontà (solo 30 calorie per 100 grammi) senza dover confessare questi peccati di gola al vostro dentista. Ricche di xilitolo, uno zucchero protettivo che «inverte» il Ph salivare, cioè l'acidità relativa, fattore di rischio per la carie come avviene con gli zuccheri tradizionali. La fragola è, inoltre, amica del colesterolo buono, cioè gli Hdl. Da un'iniziale produzione concentrata tra fine maggio e agosto, ora il calendario di raccolta si è molto ampliato, sia per le varietà regionali, ma anche per le varie modalità di coltura. Le prime ad arrivare sul mercato sono quelle siciliane, coltivate attorno a Trapani o alle pendici dell'Etna. Città della fragola è Policoro, in Lucania, dove viene utilizzata come testimonial per stimolare il turismo vicino alla città dei sassi, Matera, capitale europea della Cultura 2019.A Nemi, piccola città dei castelli romani, si svolge dal 1922 la Festa della fragolina di bosco, con relativa sfilata delle «fragolare», le raccoglitrici armate di gonna rossa, bustino nero, camicetta bianca e la tradizionale mandrucella, il tipico copricapo di pizzo con fiocchi rossi. E poi Terracina, in provincia di Latina, dove, con la piccola fragola «favetta», si propongono delizie fuori spartito quali le pappardelle con gamberi rossi e fragole o il filetto di tonno pinna rossa con aspretto di fragole, per non parlare dello strudel con marmellata di fragole. Una festa dedicata nel giorno del patrono, San Venanzio, a Lagosanto, nel Ferrarese, antica capitale di una delle zone un tempo regina di questa produzione che, dal Nord, si è via via sviluppata poi verso il Sud, anche se è oramai il Veronese la zona d'Italia che detta legge. Iniziò già nel 1880 a esportarle in Germania e poi introdusse per prima innovazioni di coltivazione quali il «tunnel veronese» o il «fuori suolo», tecniche in grado di prolungare la raccolta oltre il classico calendario stagionale.In val Martello, Alto Adige, detta anche «la valle delle fragole» vi è forse la più ardita coltivazione in altura, con recinzioni che arrivano sino ai 1700 metri, per proteggere la preziosa risorsa da incursioni di cervi e caprioli. Qui, da anni, viene eletta la Regina delle fragole, che non è il prezioso frutto, ma una fanciulla a rigorosa nascita valligiana. La particolarità è che non basta esibire quanto generosa madre natura abbia elargito alle candidate, ma bisogna superare una rigida selezione che prevede domande specifiche sul mondo fragoloso. Infine, troviamo Tortona, nell'Alessandrino, la cui pregiata varietà locale, dai sentori di Moscato, è tra le più ricercate tra gli amanti del genere. Nelle vicine Langhe è stato inventato il fragolino, un curioso mix di preparazione tra la fragola e il fagiolo locale.Quanto alle tentazioni culinarie in chiave di fragola, il primo a porvi attenzione è stato l'inglese sir High Palt che, nel 1632, iniziò a codificare la preparazione della marmellata, seguito poi, nell'Ottocento, da Thomas Austin, un inglese che diede ordine alle varie ricette che, nel frattempo, si erano sviluppate. Fragole legate, per tradizione, al distretto dolciario, sotto varie forme, anche se la loro «morte» è sempre stata considerata una corona di panna o una spruzzata di zucchero e succo di limone. Negli anni Ottanta la nouvelle cuisine, di ispirazione francese, le sdoganò abbinandole a risotto e champagne. Oggi le fragole le si può incontrare in vari abbinamenti, più o meno eretici. In marmellata con il rosmarino, ma anche in salsa agrodolce, con pescato di varia fatta: dai crostacei al pesce azzurro e pure in insalata, magari con rucola, caprino e noci. Insomma, non ce n'è per nessuno, quando fantasia e tecnica sanno estrarre il meglio da questo frutto nato dalle lacrime di Venere che, oltre ad Adone, non sa cosa poi sia sia persa.
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