2020-11-20
Le assicurazioni usano i big data per far pagare di più
Due documenti di Aviva e UnipolSai, visionati dalla «Verità», svelano il rischio rincari per i clienti. Intanto l'Antitrust frena Ania.Negli ultimi anni, big data e algoritmi hanno fatto inesorabilmente irruzione anche nel campo assicurativo. Una vera e propria rivoluzione per un settore da sempre contrassegnato dalla classica consulenza one-to-one, con tanto di immancabile stretta di mano finale. Per effetto di questa transizione, il potenziale cliente è visto sempre meno come insieme di bisogni e sempre più come preziosa fonte di informazioni. Sono due i documenti che la Verità ha potuto visionare in esclusiva e che testimoniano la direzione nella quale si sta muovendo questo mercato. Uno risale al 15 settembre, e riguarda la riunione della «commissione motor» della compagnia Aviva alla quale hanno partecipato otto tra dirigenti e funzionari e alcuni agenti. Scopo dell'incontro, chiarire alcuni punti già trattati «nella commissione di luglio nella quale venivano spiegate quelle che erano le variabili aggiunte per la determinazione del profitto». Come si legge nella minuta del meeting, «all'interno dei parametri che determinano il costo atteso è stato inserito anche l'indice di rischio creditizio». Si tratta di uno «score di sintesi che prevede diversi livelli». A essere premiati i «clienti che hanno un indice di rischio creditizio basso, i quali avranno un “price cap" (cioè un tetto massimo di premio, ndr) più basso del precedente». Viceversa, a essere penalizzati coloro che presentano un «indice creditizio alto (una piccola minoranza)», i quali «presenteranno un “price cap" più elevato». Fuori dai tecnicismi, si tratta di una novità non di poco conto, e per certi versi inquietante. Rischio assicurativo e rischio di credito occupano infatti due piani completamente diversi. Se il primo riguarda l'eventualità - futura e incerta per definizione - che si verifichi la circostanza in grado di innescare la copertura assicurativa, il secondo misura la possibilità di un'eventuale insolvenza. E così, mentre una persona che ha subito due sinistri nel corso di un anno evidentemente presenta un rischio assicurativo più alto, non necessariamente avrà più probabilità di essere un cattivo pagatore. D'altro canto, chi si trova a pagare in ritardo la rata del mutuo, magari per sopraggiunte difficoltà lavorative, difficilmente incorrerà in una maggiore possibilità di causare un sinistro. La scelta di utilizzare il merito creditizio come criterio per la determinazione del prezzo del un premio assicurativo, implica poi per la compagnia assicurativa la necessità di rivolgersi a sistemi di informazioni creditizie (Sic) in grado di riportare un giudizio sull'affidabilità dei pagamenti del cliente. E dunque mettere in circolo altri dati.Il secondo documento riguarda una circolare inviata il 3 agosto scorso dalla direzione di UnipolSai e indirizzata a tutte le agenzie. Oggetto, la procedura di ricalcolo delle quietanze dei rami elementari (per esempio i danni a cose e la responsabilità civile) a seguito di un «progressivo ma costante deterioramento dei risultati tecnici» riscontrato negli ultimi anni. La nuova metodologia riguarda la polizza in tacita proroga, i cui premi verranno calcolati tenendo conto di «numerosi fattori», tra i quali rientra anche «la sensibilità del cliente al prezzo». Ognuno di noi è disposto a pagare un determinato prezzo per acquistare un bene o un servizio, e le assicurazioni non fanno eccezione. Per questo motivo, UnipolSai ha deciso di introdurre un algoritmo che tenga conto anche di questo fattore. Nulla di illegale in entrambi i casi, sia chiaro. Ma sia il documento di Aviva che quello di UnipolSai dimostrano il cambiamento profondo in atto nel mondo assicurativo. Una trasformazione tanto radicale al punto da interrogare anche il regolatore. È notizia di pochi giorni fa che l'Autorità garante per la concorrenza e il mercato ha aperto un'istruttoria nei confronti dell'Associazione nazionale fra le imprese assicuratrici (Ania) riguardo al «progetto antifrode» nei rami danni e vita. Un'iniziativa che prevede anche la «realizzazione di banche dati e lo sviluppo di algoritmi comuni per determinare indicatori del rischio frode che le compagnie di assicurazioni potrebbero utilizzare sia nella fase liquidativa sia nella fase assuntiva». Con due possibili pericoli: da un lato l'insufficiente garanzia di terzietà legata al fatto che a realizzare questo progetto siano le stesse compagnie assicurative; dall'altro il rischio che questo scambio di informazioni dia vita a un cartello commerciale. L'Ania nel frattempo ha rassicurato sulla bontà del progetto. Ma una cosa è certa: stretto tra big data e algoritmi il cliente rischia di finire per essere solo un numero.