2024-04-29
L’Afghanistan è ridiventato una fabbrica di terroristi
I talebani non rispetteranno i diritti umani ma almeno rimetteranno ordine nel Paese, si pensava in Occidente. Sbagliato: lo Stato è sempre più nel caos ed è un fattore di instabilità per la regione.Il generale Giorgio Battisti: «Il gruppo addestra nuovi militanti d’intesa col governo, che nel frattempo ha perso l’appoggio dei leader tribali e deve vedersela anche con gli attentati dell’Isis».Lo speciale contiene due articoliLo scorso 23 aprile il Dipartimento di Stato Usa ha ribadito la sua decisione di non riconoscere il governo talebano. Ha citato violazioni dei diritti umani, omicidi, gravi abusi fisici, condizioni carcerarie dure e pericolose per la vita, detenzioni e rapimenti illegali, fustigazioni, restrizioni alla libertà di espressione, alla libertà dei media e alla partecipazione politica, corruzione e reclutamento di bambini come motivo della sua decisione. I talebani, tuttavia, affermano: «Esistono differenze culturali e l’Occidente dovrebbe astenersi dall’imporre all’Afghanistan i propri standard morali». A proposito delle carceri: il 90% dei prigionieri sono prigionieri politici. I risultati pubblicati dal Dipartimento di Stato americano dipingono un ritratto agghiacciante della caduta dell’Afghanistan sotto il dominio dei talebani, con arresti arbitrari, detenzione indefinita senza accusa e rifiuto di rappresentanza legale come segni strazianti della repressione sfrenata del regime. Inoltre i talebani continuano a detenere ex agenti e funzionari di polizia nonostante la dichiarazione di amnistia. Tutte le missioni dell’Onu in Afghanistan hanno registrato molteplici violazioni dei diritti umani. I talebani hanno esercitato pressioni sui giornalisti e ridotto la libertà di stampa, causando la cessazione di oltre 200 pubblicazioni giornalistiche. Il loro regime ha represso le proteste, sorvegliando e facendo sparire manifestanti e attivisti. Hanno reintegrato il ministero per la Promozione della virtù e la prevenzione del vizio, che in passato aveva imposto restrizioni su comportamenti considerati non conformi all’islam. Nel novembre 2022 hanno istruito i giudici a far rispettare la loro interpretazione della sharia, con conseguenti fustigazioni ed esecuzioni pubbliche nelle settimane successive. Le donne hanno subito gravi restrizioni ai loro diritti da quando i talebani hanno proibito alle ragazze di frequentare la scuola secondaria, e alle donne di studiare e insegnare nelle università, ostacolando anche l’accesso delle donne al mondo del lavoro. Nel dicembre 2022 hanno vietato alle donne di lavorare per organizzazioni non governative (Ong) sia locali che internazionali. Secondo l’Undp (il Programma Onu per lo sviluppo), la limitazione dell’occupazione femminile potrebbe ridurre il Pil dell'Afghanistan fino al 5%. Amnesty International ha denunciato un aumento significativo delle detenzioni di donne per violazioni di politiche discriminatorie, come le regole che richiedono alle donne di essere accompagnate da un uomo in pubblico e di coprire completamente il corpo. Anche i casi di matrimonio infantile sono in aumento. Secondo l’Undp, la presa del potere da parte dei talebani ha cancellato i progressi nel tenore di vita degli afghani raggiunti nei due decenni successivi all’invasione americana. In tutti i suoi rapporti l’agenzia ha evidenziato che quasi tutta la popolazione afghana vive in condizioni di povertà. Dopo l’ascesa dei talebani l’economia ha subito una contrazione fino al 30%, con la perdita stimata di 700.000 posti di lavoro. Oltre il 90% della popolazione affronta gravi problemi di insicurezza alimentare. La crisi è stata aggravata dalla sospensione degli aiuti da parte di alcuni Paesi e organizzazioni internazionali che rappresentavano un pilastro fondamentale per l’economia e il sistema sanitario pubblico afghani. Che il ritorno degli ex studenti coranici al potere sarebbe stato un disastro per l’Afghanistan era praticamente una certezza ma nonostante tutte le analisi che indicavano l’imminente catastrofe, sia l’amministrazione Trump che quella di Joe Biden hanno deciso, e con loro tutti gli eserciti occidentali presenti nel Paese, di abbandonare al proprio destino l’Afghanistan. I talebani avevano promesso alla popolazione che con loro a Kabul e in tutto il Paese sarebbe tornata la sicurezza, quindi niente predoni, assassini e altri crimini. Come tutte le promesse fatte, anche questa è stata disattesa perché a quasi tre anni dal ritorno nei palazzi del potere i talebani non controllano più l’Afghanistan. A dare la caccia ai leader dei talebani (spesso vengono uccisi nelle loro case) oggi c’è lo Stato islamico Provincia del Khorasan (Isis-K), oscuro gruppo jihadista responsabile dell’attentato suicida all’aeroporto Internazionale Hamid Karzai di Kabul avvenuto il 26 agosto 2021. Gli obbiettivi dell’attacco erano principalmente i civili afghani, militari Nato che lasciavano il Paese e membri talebani. A quasi tre anni dai fatti gli Usa hanno identificato il vero attentatore: si chiamava Abdul Rahman al-Logari e quel giorno ha ucciso 170 afghani e 13 militari americani. Era un agente dello Stato islamico che era stato detenuto in un carcere della coalizione in Afghanistan ma che, secondo un nuovo rapporto, era stato liberato dai talebani. Da quel momento l’Isis-K ha colpito quasi giornalmente in tutto l’Afghanistan uccidendo dirigenti talebani, agenti di polizia e membri delle forze armate. Nemmeno Al Qaeda che governa insieme ai talebani e alla rete Haqqani (un gruppo di narcotrafficanti e banditi) il «Narco Terror State» che è tornato ad essere l’Afghanistan, è stata fin qui in grado di opporsi all’Isis-K. A proposito di droga: attenzione a non farsi ingannare dai dati che ci dicono che nel 2023 è crollata la produzione di oppio dopo il divieto imposto dai talebani perché contestualmente secondo l’Unodc (l’agenzia Onu per il controllo delle droghe), l’Afghanistan è diventato il principale produttore in crescita di metanfetamine nella regione. E chi incassa? Ovviamente i talebani. Ormai nessuno si fida più del quasi invisibile Hibatullah Akhundzada, guida suprema dei talebani, e sia russi che cinesi, che inizialmente si erano detti pronti a collaborare con il nuovo regime, non hanno dato seguito alle loro promesse. Per i cinesi che qui hanno investito miliardi di dollari nelle miniere afghane e nel sottosuolo che è ricco di «terre rare», è un disastro economico ma a fronte della corruzione ad ogni livello del governo di Kabul e agli attacchi dell’Isis-K è impossibile lavorare in Afghanistan. Mentre i russi non si fidano visto il viavai di terroristi che dall’Afghanistan arrivano in Russia e nel Caucaso. I talebani, che al loro interno sono dilaniati da rivalità e conflitti che spesso sfociano in esecuzioni sommarie, stanno inoltre facendo di tutto per inimicarsi i Paesi confinanti come l’Iran e il Pakistan con i quali sono continue le scaramucce armate. Ma se crollano i talebani a prendere il loro posto c’è l’Isis-K.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/lafghanistan-e-ridiventato-una-fabbrica-di-terroristi-2668006773.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="al-qaeda-sta-aprendo-nuovi-centri" data-post-id="2668006773" data-published-at="1714285388" data-use-pagination="False"> «Al Qaeda sta aprendo nuovi centri» Giorgio Battisti, generale di Corpo d’armata, ha partecipato alle operazioni in Somalia (1993), in Bosnia (1997) e in Afghanistan per quattro turni. Il prossimo 31 agosto saranno tre anni dal ritiro degli occidentali dall’Afghanistan. Dal suo punto di vista che conseguenze ha provocato in quell’area questa decisione? «Il disordinato ritiro dei contingenti occidentali da Kabul ha generato, come era stato ampiamente previsto, una serie di effetti sia nel settore della sicurezza regionale sia in ambito sociale ed economico. Limitandoci all’aspetto sicurezza, i talebani non hanno rispettato minimamente i termini degli Accordi di Doha, siglati con gli USA il 29 febbraio 2020, che prevedevano tra l’altro di non fornire più accoglienza e supporto alle formazioni terroristiche islamiche tra cui, in particolare, ad Al Qaeda. I periodici rapporti delle Nazioni Unite hanno rilevato che circa 20 gruppi di insorti operano sotto i talebani, mentre Al Qaeda è talmente legata al governo che i suoi manuali di addestramento sono utilizzati dal ministero della Difesa. Al Qaeda, inoltre, avrebbe recentemente aperto altri otto nuovi centri di addestramento, alcuni dei quali per gli attentatori suicidi. Recentissime fonti riportano la presenza in questi campi di islamisti provenienti dall’Africa (Boko Haram, ecc.). In questi anni, inoltre, i talebani hanno avuto forti contrasti con tutti i Paesi confinanti (Iran, Pakistan, Tajikistan, Uzbekistan), che spesso sono sfociati in aspri propri combattimenti». Viste le premesse come hanno fatto i talebani a perdere il controllo del Paese? «Il controllo dei talebani sul Paese rimane fragile per alcuni motivi. Il primo, per carenza di capacità di gestione della sicurezza interna, sia per la limitata forza militare (indicativamente 70.000 uomini) inadeguata a controllare uno Stato ampio due volte l’Italia (652.864 kmq) sia per le difficoltà incontrate nell’adattarsi da movimento di guerriglia a compagine di governo, che richiede una visione più ampia e competente (molti ministeri sono retti da chierici poco istruiti). Il secondo, per una variegata resistenza armata che, pur non avendo al momento le capacità di “rovesciare” il governo, richiede comunque il dispiegamento costante di forze sul territorio. Il terzo è dovuto all’Isis-K che rappresenta la minaccia più forte per il governo di Kabul. Oltre a prendere di mira membri dei talebani, il gruppo ha effettuato alcuni degli attacchi più letali contro le minoranze religiose (indù e hazara). Per ultimo, la perdita di consenso, e quindi di supporto, da parte dei leader tribali e religiosi che, in mancanza di altre alternative, avevano accettato la presa di potere degli “studenti del Corano” – mentre la Repubblica crollava – in cambio dell’ottenimento della stabilità e della cessazione dei combattimenti». Come si chiamano i gruppi che si oppongono al regime dei talebani e da chi sono comandati? «La resistenza ai talebani è variegata e composta principalmente dal National Resistance Front (Fronte di Resistenza Nazionale), guidato da Ahmad Massoud, figlio del leggendario leader anti-talebano Ahmad Shah Massoud; dall’Afghanistan Freedom Front (Fronte per la Libertà dell’Afghanistan), guidato dal generale Mohammad Yasin Zia (già Capo di Stato maggiore della Difesa). Poi c’è L’Afghanistan Islamic National and Liberation Movement (Movimento Islamico di Liberazione Nazionale dell’Afghanistan) attivo nel sud e nell'est, che dovrebbe essere guidato da un ex comandante (Abdul Matin Suleimankhel) delle forze speciali». Dove operano e quante possibilità hanno di rovesciare il regime talebano? «Queste formazioni opererebbero in tutte le provincie afghane con le tipiche tattiche della guerriglia: imboscate, attacchi contro i check point e presidi, posa di ordigni esplosivi improvvisati lungo le rotabili (Ied), uccisioni mirate, ecc... Alcuni di questi gruppi sono anche attivi sui social media per diffondere informazioni, mobilitare il sostegno e denunciare le violazioni dei diritti umani. Così come i talebani hanno avuto difficoltà a passare dall’insurrezione al governo, coloro che erano al governo faticano a realizzare un fronte unito per l’opposizione. Gli insorti non dispongono di forze sufficienti per rovesciare i talebani, almeno nel prossimo futuro. Da precisare comunque che qualsiasi efficace resistenza deve basarsi sul sostegno straniero e sulla disponibilità di un rifugio sicuro al di fuori del Paese. Nessuno Stato o organizzazione internazionale intende supportare militarmente la resistenza, come invece avveniva negli anni Novanta con il “Leone del Panshir” Ahmad Shah Massoud, che godeva dell’aiuto di Russia, Iran e Francia. Sono tuttavia in grado di creare sfide politiche, con la loro azione e partecipazione a congressi internazionali, per il regime islamista. L’azione dei gruppi che combattono i talebani, unitamente agli attentati dell’Isis-K, potrebbe originare un’ennesima fase di guerra civile, con potenziali minacce terroristiche alla sicurezza regionale e globale».
«Haunted Hotel» (Netflix)
Dal creatore di Rick & Morty arriva su Netflix Haunted Hotel, disponibile dal 19 settembre. La serie racconta le vicende della famiglia Freeling tra legami familiari, fantasmi e mostri, unendo commedia e horror in un’animazione pensata per adulti.