2025-10-31
        La vendetta della Corte dei Conti
    
 
        Giancarlo Giorgetti e Giorgia Meloni (Ansa)
    
Sulla sentenza con cui la Corte dei Conti ha bocciato il Ponte sullo Stretto ci sono le impronte digitali di quella parte della magistratura che si oppone a qualsiasi riforma, in particolare a quella della giustizia, ma anche a quella che coinvolge proprio i giudici contabili. Non è una supposizione, ma una constatazione. In primo luogo, perché l’istruttoria sull’opera che dovrebbe unire Sicilia e Calabria è stata condotta da una toga imparziale con tendenza «giallorossa», ovvero da un magistrato che ha prestato servizio nei governi di sinistra. Valeria Franchi è stata prima consulente giuridico del ministro della politiche Agricole, Teresa Bellanova, poi esperta giuridica del ministro dello Sviluppo economico, Stefano Patuanelli, sempre nel Conte due. Infine, è tornata a fare il magistrato contabile e si è messa a fare le pulci al progetto del Ponte tenuto a battesimo dal governo di centrodestra.Ma se anche non ci fosse stata lei a istruire la pratica, probabilmente la bocciatura ci sarebbe stata ugualmente. Tanto per capire come la pensino le toghe con la calcolatrice, basta ricordare quel magistrato che sui social rilanciava le parole di Toni Negri, incitava le opposizioni a «far sbavare» il governo con l’ostruzionismo sulla manovra, lodava il Manifesto e chi occupa le scuole, invitando a far tornare i fascisti nelle fogne. Un vero custode della giurisdizione, distaccato ed equilibrato questo Marcello Degni, uno cui affidare con serenità un giudizio sui provvedimenti presi da una maggioranza di centrodestra. Ma se anche tra i giudici contabili non ci fossero Franchi e Degni, a fornire una chiave di lettura per capire la bocciatura del progetto del Ponte sullo Stretto credo basti il comunicato emesso l’altro ieri dall’associazione delle toghe con la calcolatrice, un sindacato tale e quale l’Anm. Un documento in cui i rappresentanti della categoria si schierano contro la riforma della Corte dei Conti, il cui esame è in corso al Senato. Il disegno di legge introduce uno scudo per gli amministratori, distinguendo il danno erariale in base alla buona fede e al dolo. Inoltre, nel caso in cui il danno sia stato volontario, il risarcimento sarà dovuto per colpa grave, ma con un tetto al 30% e comunque contenuto in due anni di stipendio e con prescrizione entro cinque anni. Tutto ciò per evitare che funzionari e politici rinuncino a provvedimenti giudicati utili per il timore che le decisioni siano addebitate a chi ha firmato. Insomma, la riforma punta a rendere efficiente e con minori rischi il percorso di realizzazione delle opere pubbliche e dei provvedimenti amministrativi. Ma i giudici contabili intravedono in tutto ciò una perdita di potere e, dunque, si oppongono. E, guarda caso, il comunicato sindacale arriva proprio a ridosso della sentenza sul Ponte, tanto che il presidente del Consiglio, ma anche il ministro dei Trasporti, scorgono un collegamento tra la posizione contraria alle riforme e la bocciatura di un investimento che l’esecutivo considera di interesse nazionale. Tuttavia, non c’è da stupirsi. Basta, infatti, dare un’occhiata alla lista di opere pubbliche che, nel corso degli anni, la Corte ha osteggiato per capire che, con la scusa delle coperture finanziarie, in realtà i giudici contabili diventano un potere che si contrappone a quasi tutti i progetti, spesso contribuendo alla lungaggine degli iter autorizzativi con conseguente lievitazione dei prezzi a cui proprio la Corte dovrebbe badare. Dal Mose all’Expo, dalla Tav Firenze-Bologna alla Salerno-Reggio Calabria, negli anni c’è sempre stato un giudice che ha alzato il ditino, avanzando riserve su procedure e costi. A volte contestando il requisito d’urgenza, altre la valutazione di impatto ambientale, altre ancora le varianti in corso d’opera. Risultato, per la realizzazione di opere strategiche sono stati necessari anni. Nel caso dell’Expo pochi, per quello della diga a protezione di Venezia decenni. Progetti utili ritardati da contestazioni inutili. Nel caso della Salerno-Reggio Calabria, siamo in attesa da mezzo secolo. Provate a immaginare quale sarebbe stato il costo se Venezia fosse stata travolta dall’acqua alta. O se non ci fosse la linea ad alta velocità tra Bologna e Milano. Senza parlare dei vantaggi per la Calabria se l’autostrada fosse completata. Dopo di che, stabilite chi ha ragione nel braccio di ferro tra governo e ragionieri con la toga.
        (Ansa)
    
«È bene che la magistratura, come io auspico, esponga tutte le sue ragioni tecniche e razionali che possono meditare contro questa riforma. Ma per l’amor del cielo non si aggreghi – come effettivamente ha già detto, ammesso, e io lo ringrazio, il presidente Parodi – a forze politiche per farne una specie di referendum pro o contro il governo. Questo sarebbe catastrofico per la politica, ma soprattutto per la stessa magistratura». «Mi auguro che il referendum sulla separazione delle carriere venga mantenuto in termini giudiziari, pacati e razionali e che non venga politicizzato nell’interesse della politica ma soprattutto della magistratura. Non si tratta di una legge punitiva nei confronti della magistratura, visto che già prospettata da Giuliano Vassalli quando era nella Resistenza e ha rischiato la vita per liberare Pertini e Saragat».
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