2025-10-31
        La riforma Nordio arriva in porto. Il premier: «Anm contraria a tutto»
    
 
Il Senato dà l’ok (con 112 voti, 59 no e 9 astenuti) al ddl che separa le carriere dei magistrati e mette mano ai difetti del sistema. Festeggiano Fi e Lega. Ora tocca ai cittadini. Il ministro: «Non politicizzare il quesito».Via libera alla riforma della giustizia. La legge che modifica l’ordinamento giudiziario è passata in Senato con 112 sì, 59 contrari e 9 astenuti, probabilmente dem, ufficialmente compatti sul no, ma con qualche malumore malcelato.Era la quarta e ultima lettura parlamentare, così come previsto dall’art. 138 della Carta, ma per diventare legge il testo dovrà essere sottoposto a referendum. Per il premier, Giorgia Meloni, l’approvazione rappresenta un «traguardo storico» e «un passo importante verso un sistema più efficiente, equilibrato e vicino alle persone. Un impegno concreto mantenuto a favore degli italiani. L’Italia prosegue il suo cammino di rinnovamento». Non solo, in serata il presidente del Consiglio ai microfoni del Tg1 ha aggiunto: «Sono norme di buon senso. L’Anm? Non ricordo sia mai stata favorevole alle riforme. Per loro va tutto benissimo, ma questa non è l’idea nostra e dei cittadini. Il referendum non avrà conseguenze sul governo».«Una giornata storica per l’Italia. Una dedica a Silvio Berlusconi e a tutte le vittime di errori giudiziari», ha scritto su X il vicepremier e segretario di Forza Italia, Antonio Tajani. «Fuori la politica e le correnti dai tribunali, separazione delle carriere e una giustizia finalmente più veloce ed efficiente», esulta l’altro vicepremier e capo della Lega, Matteo Salvini, che su X chiosa: «Promessa mantenuta! Ora prepariamoci a vincere il referendum confermativo».Il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, si augura «un referendum non politicizzato». «Bene che la magistratura esponga tutte le sue ragioni tecniche razionali che può meditare contro questa riforma. Ma, per l’amor del cielo, non si aggreghi (come effettivamente ha già detto, ammesso e io lo ringrazio il presidente Cesare Parodi), a forze politiche per farne una specie di referendum pro o contro il governo. Questo sarebbe catastrofico per la politica, ma soprattutto per la stessa magistratura». Le barricate delle opposizioni sono iniziate già con le dichiarazioni di voto. «Questa riforma è solo una vendetta politica perché voi siete ossessionati dalle toghe rosse, come le chiamate voi. Io pensavo che la vostra principale ossessione fosse solo per la magistratura ordinaria, ma non è così», ha detto Peppe De Cristofaro, capogruppo di Avs e presidente del gruppo Misto al Senato. A scaldare l’aula, il durissimo intervento di Roberto Scarpinato, senatore del Movimento 5 stelle ed ex magistrato: «Ci sono italiani anche di destra che non se la bevono che Berlusconi, Dell’Utri, Cosentino, D’Alì, Formigoni sono stati vittime di persecuzione dei magistrati». Forte lo sdegno degli azzurri in aula e il presidente Ignazio La Russa è stato più volte costretto a richiamare alcuni senatori. Matteo Renzi, senatore e leader di Italia viva, si rivolge al Guardasigilli: «Dicendo che in aula c’è stata la solita litania petulante, non solo insulta l’opposizione ma sta insultando il principio della democrazia parlamentare per cui le istituzioni vengono difese da chi sta al governo e non attaccate. Per noi il dibattito parlamentare non è un di più». A voto concluso i senatori del Pd, del M5s e di Avs hanno protestato mostrando in aula cartelli con la scritta «No ai pieni poteri». Fuori il leader M5s, Giuseppe Conte ha dichiarato: «Non soffrono l’indipendenza della magistratura e dei controllori ma non soffrono neppure l’opposizione politica. Vogliono pieni poteri e li contrasteremo in ogni luogo e in ogni piazza». Insomma, lo slogan è servito: «pieni poteri» ed è già campagna referendaria. Il passo successivo, infatti, è proprio questo: il referendum confermativo, per il quale tanto la maggioranza quanto l’opposizione hanno fatto sapere di essere intenzionate ad avviare le procedure in una gara intavolata già sul chi farà prima. Può essere chiesto da un quinto dei componenti di una Camera, da 500.000 elettori o da cinque consigli regionali: in questo caso avverrà per via parlamentare. Le firme vanno raccolte in tre mesi (80 deputati sui 400 totali, o 41 senatori su 205). Una volta depositate in Cassazione questa ha 30 giorni per il via libera, che va subito comunicato al governo e ai presidenti delle Camere. A quel punto il presidente della Repubblica, «su deliberazione del Consiglio dei ministri», entro 60 giorni convoca il referendum che deve svolgersi tra il 50° e il 70° giorno successivo al decreto di indizione. I tempi sono dunque elastici, ma Nordio ha detto che il governo è orientato a far svolgere il referendum tra metà marzo e metà aprile. Il referendum è confermativo, non abrogativo: si vota sì per approvare definitivamente la riforma, si vota no per respingerla. Il voto riguarda l’intera legge costituzionale, non singoli articoli.Se confermata la riforma, all’attuale Consiglio superiore della magistratura (Csm) ne subentreranno due: uno della magistratura giudicante e uno della magistratura requirente. I due Consigli non saranno elettivi, ma estratti a sorte composti per un terzo da membri laici e per due terzi da togati. Inoltre, i due Csm perdono i poteri disciplinari perché viene istituita l’Alta corte disciplinare. Le sentenze saranno ricorribili solo davanti alla stessa Corte che giudicherà in secondo grado in una composizione diversa rispetto al primo. Le sentenze non saranno impugnabili in Cassazione. L’ultimo articolo della riforma stabilisce che «entro un anno» dall’entrata in vigore (quindi dopo il referendum) devono essere varate le leggi attuative.
        (Ansa)
    
«È bene che la magistratura, come io auspico, esponga tutte le sue ragioni tecniche e razionali che possono meditare contro questa riforma. Ma per l’amor del cielo non si aggreghi – come effettivamente ha già detto, ammesso, e io lo ringrazio, il presidente Parodi – a forze politiche per farne una specie di referendum pro o contro il governo. Questo sarebbe catastrofico per la politica, ma soprattutto per la stessa magistratura». «Mi auguro che il referendum sulla separazione delle carriere venga mantenuto in termini giudiziari, pacati e razionali e che non venga politicizzato nell’interesse della politica ma soprattutto della magistratura. Non si tratta di una legge punitiva nei confronti della magistratura, visto che già prospettata da Giuliano Vassalli quando era nella Resistenza e ha rischiato la vita per liberare Pertini e Saragat».
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