2021-06-29
Dopo il caos vaccini, quello sul green pass
Vita quotidiana a Singapore (Getty Images)
I dati dell'Iss e la situazione dei Paesi più colpiti non giustificano l'allarmismo. Sileri crea il panico sul green pass da rimodulare.Abbandonato l'obiettivo trasmissione zero. A Singapore il Covid verrà trattato come un'influenza.Lo speciale contiene due articoli.A sentire le Cassandre, la variante delta ad agosto sarà responsabile del 90% dei contagi in Europa. In Italia, secondo l'Iss, è solo allo 0,72% e la situazione nei Paesi più colpiti non è catastrofica. In questo clima Sileri propone di rimodulare il green pass e alimenta il caos. Singapore intanto abbandona lo stato d'emergenza: «Con il virus si può convivere».Le stanno provando tutte, adesso agitano lo spauracchio della variante delta per tentare di convincere chi non vuole il vaccino o quanti pensano di saltare la seconda dose, perché hanno prenotato la vacanza al mare. A più di 15 mesi dall'inizio del primo lockdown, la strategia del terrore continua ad animare i virologi da talk show, il nostro ministero della Salute ma anche i giornaloni che ormai titolano e scrivono in automatico, terrorizzati che un po' di sana normalità li costringa a occuparsi di cose più utili per gli italiani. Abbiamo appena iniziato a godere del fine restrizioni, con il Paese bianco innevato, e subito ci hanno prospettato possibili zone rosse «per impedire la diffusione dei cluster», ha detto Franco Locatelli, coordinatore del Cts, qualora dovesse dilagare questa variante indiana, ribattezzata delta. Ieri ci ha provato il sottosegretario alla Salute, Pierpaolo Sileri, a gelare l'entusiasmo dei vacanzieri. «È verosimile che la variante delta ci costringerà a rimodulare il green pass, rilasciandolo dopo la seconda dose di vaccino: ma è presto per dirlo, aspettiamo ancora i dati di una o due settimane», ha gufato il vice di Speranza. Tanti, soprattutto i giovani che avranno optato per il vaccino solo per potersi muovere in santa pace, che cosa possono pensare di questi continui dietrofront? La nuova mutazione del Covid, almeno il 10% di tutti i nuovi casi negli Stati Uniti, dal 9% al 10% in Francia, oltre il 60% nel Regno Unito (che ieri registrava 22.868 contagi, il numero più alto dallo scorso 30 gennaio ma solo tre decessi), viene presentata come un pericolo enorme. Poi vai e vedere i numeri in Italia e ti accorgi del voluto catastrofismo. Partiamo dal terzo rapporto dell'Istituto superiore della sanità, in data 25 giugno. Si legge che l'inglese, o alfa, rimane la più diffusa in Italia con una percentuale del 74,9% sul numero di segnalazioni di casi di infezione causati da varianti, ed è stata riscontrata in 23.345 individui, mentre la delta e il suo sottotipo kappa rappresentano lo 0,72%, con 272 casi segnalati al sistema di sorveglianza. L'Iss fa presente che la mutazione della proteina Spike B.1.617.1/2 (questo è il nome del cluster filogenetico) che arriva dall'India «è stata introdotta di recente nel Sistema di sorveglianza integrato Covid-19», quindi è possibile che sul territorio italiano siano presenti più casi appartenenti a tale lignaggio. Sicuramente stanno aumentando nel nostro Paese, se il 19 maggio erano lo 0,02 delle varianti e lo 0,32% al 6 giugno, ma non basta per lanciare l'allarme di un'invasione indiana. Lo scenario prospettato, invece, è di una delta che entro fine agosto sarà responsabile del 90% dei contagi in Europa. L'ha detto il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie, si sgolano le Cassandre in camice bianco, mentre l'Ecdc si è limitato a descrivere alcuni scenari possibili, l'indiana che diventerà prevalente rispetto all'inglese, dopo aver detto chiaramente che «è attualmente molto bassa» la proporzione delle varianti delta e kappa nei Paesi Ue e dello spazio economico europeo. Gli esperti dell'agenzia, con sede a Stoccolma, riportano le stime del Regno Unito che indicano come la delta sia più trasmissibile del 40-60% rispetto all'alfa, e che «ci può essere un rischio più elevato di ospedalizzazione». Riguardo ai ricoveri, l'Ecdc segnala che la percentuale è stata del 3,3% per pazienti di età compresa tra 40-49 anni ed è quasi raddoppiata con l'avanzare degli anni, raggiungendo il 25,3% per gli anziani della fascia 70-79 e il 36,2% per gli ultraottantenni. Altro che rischio per i giovani, come continuano a ripetere in Italia, non sono affatto una fascia più vulnerabile. Certo, stando alle dichiarazioni dell'Oms ogni variante avrebbe conseguenze catastrofiche. Lo diceva quando iniziò a circolare l'inglese, nel gennaio scorso: «Il nuovo ceppo potrebbe gradualmente sostituire altri», lanciò l'allarme il direttore europeo dell'agenzia, Hans Kluge. La diffusione spaventava anche perché il sequenziamento non era gestito allo stesso modo in tutti gli Stati e pure adesso questa è la maggiore preoccupazione, tant'è che l'Ecdc dichiara di «non essere in grado di valutare il rischio a livello nazionale, a causa di variazioni significative della capacità di rilevamento e strategie di sperimentazione tra i Paesi». Raccomanda la «sorveglianza genomica» delle varianti in circolazione, studiando la composizione genetica dei campioni virali ottenuti tramite tamponi, così pure l'emergere di nuove varianti. È necessario sequenziare il più possibile, mentre l'Italia ha contribuito solo con circa 20.000 genomi virali alla banca dati internazionale Gisaid. Ci sono «anche altre varianti delta plus con altre mutazioni», ha detto mercoledì il governo indiano. L'Ecdc ricorda che finora solo pochi studi hanno esaminato l'efficacia dei vaccini Comirnaty e Vaxzevria contro la variante delta e che «le stime sull'efficacia del vaccino devono essere interpretate con cautela, perché è ancora limitato il tempo di monitoraggio dopo il completamento della vaccinazione». La domanda chiave rimane se i vaccini possono prevenire ricoveri e decessi. Al quotidiano The Telegraph, l'oggi ex ministro alla Sanità inglese, Matt Hancock, pochi giorni fa affermava che il legame tra casi e ricoveri è stato «troncato» ma «non completamente interrotto» dal siero anti Covid.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/la-variante-delta-e-sotto-l1-per-cento-ma-le-cassandre-parlano-di-catastrofe-2653583774.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="singapore-dice-addio-allemergenza-con-il-virus-si-dovra-convivere" data-post-id="2653583774" data-published-at="1624958948" data-use-pagination="False"> Singapore dice addio all’emergenza «Con il virus si dovrà convivere» Addio agli obiettivi di trasmissione zero. Niente quarantena per i turisti. Chi è entrato in contatto con positivi non verrà isolato. Fine delle comunicazioni quotidiane sul numero dei casi giornalieri. Ma potrebbe essere necessario fare i test per entrare in un negozio o andare al lavoro. È la «nuova normalità» di Singapore, uno dei Paesi che meglio ha contrastato il Covid-19 (36 morti in totale, 20-30 casi di positività registrati ogni giorno) e che in questi giorni ha deciso di cambiare radicalmente la gestione della pandemia. «Convivere con il Covid-19» è la sintesi del nuovo approccio di Singapore, che ha deciso di trattare il coronavirus come un'influenza, ossia come una malattia endemica, che si configura quando «l'agente responsabile è stabilmente presente e circola nella popolazione, manifestandosi con un numero di casi più o meno elevato ma uniformemente distribuito nel tempo», come spiegato l'Istituto superiore di sanità sul portale Epicentro. «La cattiva notizia è che il Covid-19 potrebbe non scomparire mai. Quella buona è che è possibile vivere normalmente con esso in mezzo a noi», hanno scritto il ministro del Commercio, Gan Kim Yong, quello delle Finanze, Lawrence Wong, e quello della Salute, Ong Ye Kung, in un editoriale sullo Straits Times. «Significa che il virus continuerà a mutare, e quindi a sopravvivere nella nostra comunità». I tre hanno avanzato la proposta alla task force interministeriale Covid-19 di Singapore. «Non possiamo sradicarla, ma possiamo trasformare la pandemia in qualcosa di molto meno aggressivo, come l'influenza o la varicella, e andare avanti con le nostre vite», hanno scritto, sottolineando l'importanza dei test rapidi e diffusi ovunque - aeroporti, porti, uffici, centri commerciali, ospedali e scuole - e della vaccinazione: Singapore dovrebbe raggiungere l'obiettivo di due terzi della popolazione completamente vaccinata entro i primi di agosto. Singapore vuole riaprire e riaprirsi, riprendere i grandi eventi e far viaggiare il turismo. E per farlo i tre puntano anche su un netto cambio di passo nella comunicazione. Il numero di casi giornalieri di positività non verranno più diffusi. «Invece di monitorare il numero di contagi da Covid-19 ogni giorno, ci concentreremo sui risultati: quanti si ammalano gravemente, quanti sono in terapia intensiva, quanti hanno bisogno di ossigeno e di essere intubati, e così via», hanno spiegato. La nuova strategia di Singapore ha suscitato molte curiosità dai Paesi vicini. Un esempio è l'Australia. Il sito News.com.au, di proprietà del magnate Rupert Murdoch, ha riportato la notizia sottolineato come la road map dello Stato che conta 5,7 milioni, poco più di Sidney, sia in netto contrasto con la strategia del governo di Canberra guidato da Scott Morrison, secondo cui aprire le frontiere pone un rischio enorme. «Una volta che lo fai entrare, non puoi farlo uscire», ha spiegato il primo ministro australiano. «Se seguiamo ciò che suggeriscono gli altri, dobbiamo accettare che ci siano 5.000 casi al giorno. Non credo che gli australiani sarebbero felici», ha aggiunto. Canberra, lavorando a «una tabella di marcia per andare verso una nuova normalità», ha spiegato ancora. Poi quello che suona come un auspicio: «La storia ha dimostrato che ogni pandemia farà il suo corso». Ed è proprio in queste parole che sta la differenza tra la strategia di Singapore e quella dell'Australia, tra chi ha deciso di convivere con il Covid-19 e riaprire da una parte, e chi, dall'altra, aspetta.