True
2021-06-29
Dopo il caos vaccini, quello sul green pass
Vita quotidiana a Singapore (Getty Images)
A sentire le Cassandre, la variante delta ad agosto sarà responsabile del 90% dei contagi in Europa. In Italia, secondo l'Iss, è solo allo 0,72% e la situazione nei Paesi più colpiti non è catastrofica. In questo clima Sileri propone di rimodulare il green pass e alimenta il caos. Singapore intanto abbandona lo stato d'emergenza: «Con il virus si può convivere».Le stanno provando tutte, adesso agitano lo spauracchio della variante delta per tentare di convincere chi non vuole il vaccino o quanti pensano di saltare la seconda dose, perché hanno prenotato la vacanza al mare. A più di 15 mesi dall'inizio del primo lockdown, la strategia del terrore continua ad animare i virologi da talk show, il nostro ministero della Salute ma anche i giornaloni che ormai titolano e scrivono in automatico, terrorizzati che un po' di sana normalità li costringa a occuparsi di cose più utili per gli italiani. Abbiamo appena iniziato a godere del fine restrizioni, con il Paese bianco innevato, e subito ci hanno prospettato possibili zone rosse «per impedire la diffusione dei cluster», ha detto Franco Locatelli, coordinatore del Cts, qualora dovesse dilagare questa variante indiana, ribattezzata delta.
Ieri ci ha provato il sottosegretario alla Salute, Pierpaolo Sileri, a gelare l'entusiasmo dei vacanzieri. «È verosimile che la variante delta ci costringerà a rimodulare il green pass, rilasciandolo dopo la seconda dose di vaccino: ma è presto per dirlo, aspettiamo ancora i dati di una o due settimane», ha gufato il vice di Speranza. Tanti, soprattutto i giovani che avranno optato per il vaccino solo per potersi muovere in santa pace, che cosa possono pensare di questi continui dietrofront? La nuova mutazione del Covid, almeno il 10% di tutti i nuovi casi negli Stati Uniti, dal 9% al 10% in Francia, oltre il 60% nel Regno Unito (che ieri registrava 22.868 contagi, il numero più alto dallo scorso 30 gennaio ma solo tre decessi), viene presentata come un pericolo enorme. Poi vai e vedere i numeri in Italia e ti accorgi del voluto catastrofismo.
Partiamo dal terzo rapporto dell'Istituto superiore della sanità, in data 25 giugno. Si legge che l'inglese, o alfa, rimane la più diffusa in Italia con una percentuale del 74,9% sul numero di segnalazioni di casi di infezione causati da varianti, ed è stata riscontrata in 23.345 individui, mentre la delta e il suo sottotipo kappa rappresentano lo 0,72%, con 272 casi segnalati al sistema di sorveglianza. L'Iss fa presente che la mutazione della proteina Spike B.1.617.1/2 (questo è il nome del cluster filogenetico) che arriva dall'India «è stata introdotta di recente nel Sistema di sorveglianza integrato Covid-19», quindi è possibile che sul territorio italiano siano presenti più casi appartenenti a tale lignaggio. Sicuramente stanno aumentando nel nostro Paese, se il 19 maggio erano lo 0,02 delle varianti e lo 0,32% al 6 giugno, ma non basta per lanciare l'allarme di un'invasione indiana.
Lo scenario prospettato, invece, è di una delta che entro fine agosto sarà responsabile del 90% dei contagi in Europa. L'ha detto il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie, si sgolano le Cassandre in camice bianco, mentre l'Ecdc si è limitato a descrivere alcuni scenari possibili, l'indiana che diventerà prevalente rispetto all'inglese, dopo aver detto chiaramente che «è attualmente molto bassa» la proporzione delle varianti delta e kappa nei Paesi Ue e dello spazio economico europeo. Gli esperti dell'agenzia, con sede a Stoccolma, riportano le stime del Regno Unito che indicano come la delta sia più trasmissibile del 40-60% rispetto all'alfa, e che «ci può essere un rischio più elevato di ospedalizzazione».
Riguardo ai ricoveri, l'Ecdc segnala che la percentuale è stata del 3,3% per pazienti di età compresa tra 40-49 anni ed è quasi raddoppiata con l'avanzare degli anni, raggiungendo il 25,3% per gli anziani della fascia 70-79 e il 36,2% per gli ultraottantenni. Altro che rischio per i giovani, come continuano a ripetere in Italia, non sono affatto una fascia più vulnerabile. Certo, stando alle dichiarazioni dell'Oms ogni variante avrebbe conseguenze catastrofiche. Lo diceva quando iniziò a circolare l'inglese, nel gennaio scorso: «Il nuovo ceppo potrebbe gradualmente sostituire altri», lanciò l'allarme il direttore europeo dell'agenzia, Hans Kluge. La diffusione spaventava anche perché il sequenziamento non era gestito allo stesso modo in tutti gli Stati e pure adesso questa è la maggiore preoccupazione, tant'è che l'Ecdc dichiara di «non essere in grado di valutare il rischio a livello nazionale, a causa di variazioni significative della capacità di rilevamento e strategie di sperimentazione tra i Paesi». Raccomanda la «sorveglianza genomica» delle varianti in circolazione, studiando la composizione genetica dei campioni virali ottenuti tramite tamponi, così pure l'emergere di nuove varianti. È necessario sequenziare il più possibile, mentre l'Italia ha contribuito solo con circa 20.000 genomi virali alla banca dati internazionale Gisaid.
Ci sono «anche altre varianti delta plus con altre mutazioni», ha detto mercoledì il governo indiano. L'Ecdc ricorda che finora solo pochi studi hanno esaminato l'efficacia dei vaccini Comirnaty e Vaxzevria contro la variante delta e che «le stime sull'efficacia del vaccino devono essere interpretate con cautela, perché è ancora limitato il tempo di monitoraggio dopo il completamento della vaccinazione». La domanda chiave rimane se i vaccini possono prevenire ricoveri e decessi. Al quotidiano The Telegraph, l'oggi ex ministro alla Sanità inglese, Matt Hancock, pochi giorni fa affermava che il legame tra casi e ricoveri è stato «troncato» ma «non completamente interrotto» dal siero anti Covid.
Singapore dice addio all’emergenza «Con il virus si dovrà convivere»
Addio agli obiettivi di trasmissione zero. Niente quarantena per i turisti. Chi è entrato in contatto con positivi non verrà isolato. Fine delle comunicazioni quotidiane sul numero dei casi giornalieri. Ma potrebbe essere necessario fare i test per entrare in un negozio o andare al lavoro.
È la «nuova normalità» di Singapore, uno dei Paesi che meglio ha contrastato il Covid-19 (36 morti in totale, 20-30 casi di positività registrati ogni giorno) e che in questi giorni ha deciso di cambiare radicalmente la gestione della pandemia. «Convivere con il Covid-19» è la sintesi del nuovo approccio di Singapore, che ha deciso di trattare il coronavirus come un'influenza, ossia come una malattia endemica, che si configura quando «l'agente responsabile è stabilmente presente e circola nella popolazione, manifestandosi con un numero di casi più o meno elevato ma uniformemente distribuito nel tempo», come spiegato l'Istituto superiore di sanità sul portale Epicentro.
«La cattiva notizia è che il Covid-19 potrebbe non scomparire mai. Quella buona è che è possibile vivere normalmente con esso in mezzo a noi», hanno scritto il ministro del Commercio, Gan Kim Yong, quello delle Finanze, Lawrence Wong, e quello della Salute, Ong Ye Kung, in un editoriale sullo Straits Times. «Significa che il virus continuerà a mutare, e quindi a sopravvivere nella nostra comunità».
I tre hanno avanzato la proposta alla task force interministeriale Covid-19 di Singapore. «Non possiamo sradicarla, ma possiamo trasformare la pandemia in qualcosa di molto meno aggressivo, come l'influenza o la varicella, e andare avanti con le nostre vite», hanno scritto, sottolineando l'importanza dei test rapidi e diffusi ovunque - aeroporti, porti, uffici, centri commerciali, ospedali e scuole - e della vaccinazione: Singapore dovrebbe raggiungere l'obiettivo di due terzi della popolazione completamente vaccinata entro i primi di agosto.
Singapore vuole riaprire e riaprirsi, riprendere i grandi eventi e far viaggiare il turismo. E per farlo i tre puntano anche su un netto cambio di passo nella comunicazione. Il numero di casi giornalieri di positività non verranno più diffusi. «Invece di monitorare il numero di contagi da Covid-19 ogni giorno, ci concentreremo sui risultati: quanti si ammalano gravemente, quanti sono in terapia intensiva, quanti hanno bisogno di ossigeno e di essere intubati, e così via», hanno spiegato.
La nuova strategia di Singapore ha suscitato molte curiosità dai Paesi vicini. Un esempio è l'Australia. Il sito News.com.au, di proprietà del magnate Rupert Murdoch, ha riportato la notizia sottolineato come la road map dello Stato che conta 5,7 milioni, poco più di Sidney, sia in netto contrasto con la strategia del governo di Canberra guidato da Scott Morrison, secondo cui aprire le frontiere pone un rischio enorme. «Una volta che lo fai entrare, non puoi farlo uscire», ha spiegato il primo ministro australiano. «Se seguiamo ciò che suggeriscono gli altri, dobbiamo accettare che ci siano 5.000 casi al giorno. Non credo che gli australiani sarebbero felici», ha aggiunto. Canberra, lavorando a «una tabella di marcia per andare verso una nuova normalità», ha spiegato ancora.
Poi quello che suona come un auspicio: «La storia ha dimostrato che ogni pandemia farà il suo corso». Ed è proprio in queste parole che sta la differenza tra la strategia di Singapore e quella dell'Australia, tra chi ha deciso di convivere con il Covid-19 e riaprire da una parte, e chi, dall'altra, aspetta.
Continua a leggereRiduci
I dati dell'Iss e la situazione dei Paesi più colpiti non giustificano l'allarmismo. Sileri crea il panico sul green pass da rimodulare.Abbandonato l'obiettivo trasmissione zero. A Singapore il Covid verrà trattato come un'influenza.Lo speciale contiene due articoli.A sentire le Cassandre, la variante delta ad agosto sarà responsabile del 90% dei contagi in Europa. In Italia, secondo l'Iss, è solo allo 0,72% e la situazione nei Paesi più colpiti non è catastrofica. In questo clima Sileri propone di rimodulare il green pass e alimenta il caos. Singapore intanto abbandona lo stato d'emergenza: «Con il virus si può convivere».Le stanno provando tutte, adesso agitano lo spauracchio della variante delta per tentare di convincere chi non vuole il vaccino o quanti pensano di saltare la seconda dose, perché hanno prenotato la vacanza al mare. A più di 15 mesi dall'inizio del primo lockdown, la strategia del terrore continua ad animare i virologi da talk show, il nostro ministero della Salute ma anche i giornaloni che ormai titolano e scrivono in automatico, terrorizzati che un po' di sana normalità li costringa a occuparsi di cose più utili per gli italiani. Abbiamo appena iniziato a godere del fine restrizioni, con il Paese bianco innevato, e subito ci hanno prospettato possibili zone rosse «per impedire la diffusione dei cluster», ha detto Franco Locatelli, coordinatore del Cts, qualora dovesse dilagare questa variante indiana, ribattezzata delta. Ieri ci ha provato il sottosegretario alla Salute, Pierpaolo Sileri, a gelare l'entusiasmo dei vacanzieri. «È verosimile che la variante delta ci costringerà a rimodulare il green pass, rilasciandolo dopo la seconda dose di vaccino: ma è presto per dirlo, aspettiamo ancora i dati di una o due settimane», ha gufato il vice di Speranza. Tanti, soprattutto i giovani che avranno optato per il vaccino solo per potersi muovere in santa pace, che cosa possono pensare di questi continui dietrofront? La nuova mutazione del Covid, almeno il 10% di tutti i nuovi casi negli Stati Uniti, dal 9% al 10% in Francia, oltre il 60% nel Regno Unito (che ieri registrava 22.868 contagi, il numero più alto dallo scorso 30 gennaio ma solo tre decessi), viene presentata come un pericolo enorme. Poi vai e vedere i numeri in Italia e ti accorgi del voluto catastrofismo. Partiamo dal terzo rapporto dell'Istituto superiore della sanità, in data 25 giugno. Si legge che l'inglese, o alfa, rimane la più diffusa in Italia con una percentuale del 74,9% sul numero di segnalazioni di casi di infezione causati da varianti, ed è stata riscontrata in 23.345 individui, mentre la delta e il suo sottotipo kappa rappresentano lo 0,72%, con 272 casi segnalati al sistema di sorveglianza. L'Iss fa presente che la mutazione della proteina Spike B.1.617.1/2 (questo è il nome del cluster filogenetico) che arriva dall'India «è stata introdotta di recente nel Sistema di sorveglianza integrato Covid-19», quindi è possibile che sul territorio italiano siano presenti più casi appartenenti a tale lignaggio. Sicuramente stanno aumentando nel nostro Paese, se il 19 maggio erano lo 0,02 delle varianti e lo 0,32% al 6 giugno, ma non basta per lanciare l'allarme di un'invasione indiana. Lo scenario prospettato, invece, è di una delta che entro fine agosto sarà responsabile del 90% dei contagi in Europa. L'ha detto il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie, si sgolano le Cassandre in camice bianco, mentre l'Ecdc si è limitato a descrivere alcuni scenari possibili, l'indiana che diventerà prevalente rispetto all'inglese, dopo aver detto chiaramente che «è attualmente molto bassa» la proporzione delle varianti delta e kappa nei Paesi Ue e dello spazio economico europeo. Gli esperti dell'agenzia, con sede a Stoccolma, riportano le stime del Regno Unito che indicano come la delta sia più trasmissibile del 40-60% rispetto all'alfa, e che «ci può essere un rischio più elevato di ospedalizzazione». Riguardo ai ricoveri, l'Ecdc segnala che la percentuale è stata del 3,3% per pazienti di età compresa tra 40-49 anni ed è quasi raddoppiata con l'avanzare degli anni, raggiungendo il 25,3% per gli anziani della fascia 70-79 e il 36,2% per gli ultraottantenni. Altro che rischio per i giovani, come continuano a ripetere in Italia, non sono affatto una fascia più vulnerabile. Certo, stando alle dichiarazioni dell'Oms ogni variante avrebbe conseguenze catastrofiche. Lo diceva quando iniziò a circolare l'inglese, nel gennaio scorso: «Il nuovo ceppo potrebbe gradualmente sostituire altri», lanciò l'allarme il direttore europeo dell'agenzia, Hans Kluge. La diffusione spaventava anche perché il sequenziamento non era gestito allo stesso modo in tutti gli Stati e pure adesso questa è la maggiore preoccupazione, tant'è che l'Ecdc dichiara di «non essere in grado di valutare il rischio a livello nazionale, a causa di variazioni significative della capacità di rilevamento e strategie di sperimentazione tra i Paesi». Raccomanda la «sorveglianza genomica» delle varianti in circolazione, studiando la composizione genetica dei campioni virali ottenuti tramite tamponi, così pure l'emergere di nuove varianti. È necessario sequenziare il più possibile, mentre l'Italia ha contribuito solo con circa 20.000 genomi virali alla banca dati internazionale Gisaid. Ci sono «anche altre varianti delta plus con altre mutazioni», ha detto mercoledì il governo indiano. L'Ecdc ricorda che finora solo pochi studi hanno esaminato l'efficacia dei vaccini Comirnaty e Vaxzevria contro la variante delta e che «le stime sull'efficacia del vaccino devono essere interpretate con cautela, perché è ancora limitato il tempo di monitoraggio dopo il completamento della vaccinazione». La domanda chiave rimane se i vaccini possono prevenire ricoveri e decessi. Al quotidiano The Telegraph, l'oggi ex ministro alla Sanità inglese, Matt Hancock, pochi giorni fa affermava che il legame tra casi e ricoveri è stato «troncato» ma «non completamente interrotto» dal siero anti Covid.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/la-variante-delta-e-sotto-l1-per-cento-ma-le-cassandre-parlano-di-catastrofe-2653583774.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="singapore-dice-addio-allemergenza-con-il-virus-si-dovra-convivere" data-post-id="2653583774" data-published-at="1624958948" data-use-pagination="False"> Singapore dice addio all’emergenza «Con il virus si dovrà convivere» Addio agli obiettivi di trasmissione zero. Niente quarantena per i turisti. Chi è entrato in contatto con positivi non verrà isolato. Fine delle comunicazioni quotidiane sul numero dei casi giornalieri. Ma potrebbe essere necessario fare i test per entrare in un negozio o andare al lavoro. È la «nuova normalità» di Singapore, uno dei Paesi che meglio ha contrastato il Covid-19 (36 morti in totale, 20-30 casi di positività registrati ogni giorno) e che in questi giorni ha deciso di cambiare radicalmente la gestione della pandemia. «Convivere con il Covid-19» è la sintesi del nuovo approccio di Singapore, che ha deciso di trattare il coronavirus come un'influenza, ossia come una malattia endemica, che si configura quando «l'agente responsabile è stabilmente presente e circola nella popolazione, manifestandosi con un numero di casi più o meno elevato ma uniformemente distribuito nel tempo», come spiegato l'Istituto superiore di sanità sul portale Epicentro. «La cattiva notizia è che il Covid-19 potrebbe non scomparire mai. Quella buona è che è possibile vivere normalmente con esso in mezzo a noi», hanno scritto il ministro del Commercio, Gan Kim Yong, quello delle Finanze, Lawrence Wong, e quello della Salute, Ong Ye Kung, in un editoriale sullo Straits Times. «Significa che il virus continuerà a mutare, e quindi a sopravvivere nella nostra comunità». I tre hanno avanzato la proposta alla task force interministeriale Covid-19 di Singapore. «Non possiamo sradicarla, ma possiamo trasformare la pandemia in qualcosa di molto meno aggressivo, come l'influenza o la varicella, e andare avanti con le nostre vite», hanno scritto, sottolineando l'importanza dei test rapidi e diffusi ovunque - aeroporti, porti, uffici, centri commerciali, ospedali e scuole - e della vaccinazione: Singapore dovrebbe raggiungere l'obiettivo di due terzi della popolazione completamente vaccinata entro i primi di agosto. Singapore vuole riaprire e riaprirsi, riprendere i grandi eventi e far viaggiare il turismo. E per farlo i tre puntano anche su un netto cambio di passo nella comunicazione. Il numero di casi giornalieri di positività non verranno più diffusi. «Invece di monitorare il numero di contagi da Covid-19 ogni giorno, ci concentreremo sui risultati: quanti si ammalano gravemente, quanti sono in terapia intensiva, quanti hanno bisogno di ossigeno e di essere intubati, e così via», hanno spiegato. La nuova strategia di Singapore ha suscitato molte curiosità dai Paesi vicini. Un esempio è l'Australia. Il sito News.com.au, di proprietà del magnate Rupert Murdoch, ha riportato la notizia sottolineato come la road map dello Stato che conta 5,7 milioni, poco più di Sidney, sia in netto contrasto con la strategia del governo di Canberra guidato da Scott Morrison, secondo cui aprire le frontiere pone un rischio enorme. «Una volta che lo fai entrare, non puoi farlo uscire», ha spiegato il primo ministro australiano. «Se seguiamo ciò che suggeriscono gli altri, dobbiamo accettare che ci siano 5.000 casi al giorno. Non credo che gli australiani sarebbero felici», ha aggiunto. Canberra, lavorando a «una tabella di marcia per andare verso una nuova normalità», ha spiegato ancora. Poi quello che suona come un auspicio: «La storia ha dimostrato che ogni pandemia farà il suo corso». Ed è proprio in queste parole che sta la differenza tra la strategia di Singapore e quella dell'Australia, tra chi ha deciso di convivere con il Covid-19 e riaprire da una parte, e chi, dall'altra, aspetta.
La famiglia Trevallion-Birmingham (Ansa)
È infatti una prepotenza senza significato confrontare una bomba affettiva e esistenziale come tre fratellini che giocano e si vogliono evidentemente bene, accompagnata da genitori altrettanto uniti, e naturalmente affettivi con norme e abitudini di un Paese dove il nucleo abitativo più frequente nelle città più prestigiose consiste in un cittadino singolo. Pretendere che i pochi figli superstiti in qualche «terra di nessuno», con i suoi boschi e le affettuosità (che ancora esistono fuori dalle famiglie-tipo), si uniformino ai secchi diritti e cupe abitudini del sociologico e disperato «gruppo dei pari» è un’operazione di una freddezza stalinista, per fortuna destinata allo scacco. È coltivata da burocrazie che scambiano relazioni profonde e vere, comunque indispensabili alla vita e alla sua felicità, con strumenti tecnici, adoperabili solo quando la famiglia purtroppo non c’è più, molto spesso per l’ottusità e la corruzione dello Stato stesso che le subentra (come racconta Hanna Arendt) quando è riuscito a distruggerla. Se non si vuole creare danni inguaribili, tutti, anche i funzionari dello Stato, dovrebbero fare attenzione a non sostituire gli aspetti già legati all’umano fin dalla creazione del mondo, con pratiche esterne magari infiocchettate dalle burocrazie ma che non c’entrano nulla con la sostanza dell’uomo e la sua capacità di sopravvivere.
Certo, la bimba Utopia Rose, citata nel bel pezzo di Francesco Borgonovo del 18 dicembre, è una testimone insostituibile di un’altra visione del mondo rispetto alle varie ideologie che prevalgono in questo momento, unendo ferocia e ricchezza, cinismo e follia. Impossibile di fronte ai fratellini che tanto scandalizzano le burocrazie perbene non ricordare (oltretutto a pochi giorni dal Natale) l’ordine di Gesù: «Lasciate che questi piccoli vengano a me». Nessuno dubita che entreranno nel Regno prima degli assistenti sociali. Utopia Rose, la più grande, è affettuosa e impegnata, lavoratrice e giocattolona, organizzatrice e sognatrice. Però non è sola (Come si fa a non amarla, e anche un po’ invidiarla?). Non soltanto perché ha i suoi due fratellini, e i tre quarti del pubblico fa il tifo per loro. Ma perché questa visione loro e dei genitori di cercare una vita buona e naturale, semplicemente felice e affettuosa verso sé e verso gli altri e tutto il mondo vivente, cresce con la stessa velocità con la quale si sviluppa l’idolatria verso tutto ciò che è artificiale, fabbricato, mentale, non affettivo. È già qualche anno che chi viene in analisi scopre soprattutto questo: l’urgenza di mettersi al riparo dagli egoismi e pretese grandiose, vuote e fredde, e invece amare. Ormai il fenomeno trasborda nelle cronache. Trasgressione conclusiva, dialettale e popolaresca (milanese): «Spérèm»!
Continua a leggereRiduci
(Imagoeconomica)
A leggere queste parole c’è davvero da impazzire. In pratica si continua a ripetere che questi bambini sono bravi, educati, felici e amati. Ma hanno difficoltà con la lettura e si cambiano i vestiti troppo raramente. E alle nostre istituzioni, oltre che a una parte della politica, sembra normale che tanto basti per strapparli ai genitori e lasciarli in una casa famiglia a tempo indeterminato. In aggiunta, si continuano a trattare papà e mamma Trevallion come discoli da raddrizzare. Si scrive e si dice che ora si comportano bene, che hanno accettato di modificare la propria casa, di vaccinare i figli, di farli incontrare con un insegnante. Lo ripetono pure i giudici della Corte d'appello che hanno confermato venerdì la validità del provvedimento di allontanamento e hanno passato la palla al Tribunale dei minori dell'Aquila per eventuali nuove decisioni. La corte conferma «tutte le criticità rilevate nell'ordinanza del Tribunale dei minorenni» tra cui i «gravi rischi per la salute fisica e psichica dei bambini, per la loro sana crescita, per lo sviluppo armonioso della loro personalità». Ma rileva «gli apprezzabili sforzi di collaborazione» da parte dei genitori e auspica «un definitivo superamento del muro di diffidenza da loro precedentemente alzato verso gli interventi e le offerte di sostegno». Chiaro, no? Quando papà e mamma saranno più docili e addomesticati, il ricatto potrà forse concludersi.
Pare infatti che il nodo di tutta questa storia, sia soltanto questo: bisogna compiacere i magistrati. Chi non lo fa è un pericoloso pasdaran della destra, è uno che fa campagna politica per il referendum sulla giustizia. Lo dice chiaramente Elisabetta Piccolotti di Alleanza verdi e sinistra, la quale se la prende con i ministri Matteo Salvini e Eugenia Roccella «che continuano a fare gli sciacalli con l’unico scopo di preparare il terreno per il referendum sulla giustizia. Noi di Avs», spiega Piccolotti, «crediamo che il percorso di dialogo con la famiglia debba dare i giusti frutti, come sostengono anche gli avvocati: i bambini devono tornare a casa dai genitori, con la garanzia che non saranno negati loro il diritto all’istruzione e alla socialità che solo la scuola assicura davvero». Ah, ma dai: i bambini devono tornare a scuola, perché quella parentale non va. Di più: bisogna che il ministro Valditara invii «gli ispettori nella scuola paritaria che ha certificato l’assolvimento dell’obbligo scolastico per la bambina di 11 anni, nonostante pare che la bimba sappia a stento scrivere il proprio nome sotto dettatura».
Interessante cortocircuito. Con la famiglia del bosco i compagni di Avs sono inflessibili, invocano perquisizioni e correzioni. Ma con altri sono molto più teneri. Nei riguardi degli antagonisti di Askatasuna, per dire, hanno parole di miele. Marco Grimaldi, vicecapogruppo di Avs alla Camera, si è aggregato al corteo di protesta contro lo sgombero del centro sociale. «Noi non abbiamo nulla da nascondere», grida. «Siamo parte, alla luce del sole, di un’associazione a resistere, quella dell’antifascismo che i trumpiani di tutto il mondo vorrebbero dichiarare fuori legge. Ma fino a quando la nostra Costituzione sarà in piedi nessuno potrà impedirmi di manifestare il mio dissenso ed io continuerò a farlo». La sua compagna di partito Ilaria Salis ribadisce che «lo spirito di Askatasuna continuerà ad ardere». Bravi, bravissimi, dei veri rivoluzionari, dei grandi ribelli antisistema. Ma per chi sceglie davvero un modello di vita alternativo, a quanto risulta, non hanno pietà. Anzi, dicono le stesse cose dei magistrati.
Fateci caso: Elisabetta Piccolotti ha pronunciato praticamente le stesse frasi scandite da Virginia Scalera, giudice del tribunale di Pescara e presidente della sezione Abruzzo dell’Anm. Costei è intervenuta ieri dicendo che c’è «stato un attacco scomposto e offensivo nei confronti dei giudici da parte dei ministri Salvini e Roccella, espresso peraltro in mancanza di conoscenza del provvedimento, perché le motivazioni non sono ancora uscite. E comunque è inaccettabile il tono. Abbiamo l’impressione chiara», insiste Scalera, «che sia un modo per riattivare l’attenzione dell’opinione pubblica, strumentalizzando una storia significativa in ottica referendaria. Ogni volta si additano i giudici, si parla di sequestro di bambini. Stigmatizziamo gli attacchi del governo».
Siamo sempre lì: guai a sfiorare i giudici, guai ad avanzare anche solo un minuscolo dubbio sul loro operato. Persino la sinistra radicale, quella che si batte contro i confini e contro la fantomatica «repressione», alla bisogna si rimette in riga al fianco delle toghe. E intanto tre bambini bravi e educati sono ancora tenuti lontano dai loro genitori.
A proposito di cortocircuiti sinistri, sia concessa un’ultima considerazione. Negli anni passati, con l’avvicinarsi del Natale, fior di sacerdoti e militanti progressisti hanno proposto presepi pieni zeppi di barconi e migranti. È un vero peccato che quest’anno qualcuno di questi impegnati a favore dei più deboli non abbia pensato a un bel presepe con la famiglia del bosco posizionata in mezzo ai pastori.
Continua a leggereRiduci
Orazio Schillaci (Ansa)
Stiamo parlando della Cceps, la commissione centrale esercenti professioni sanitarie che funziona come una sorta di Corte d’Appello. Due giorni fa doveva svolgersi a Roma l’udienza, fissata a ridosso del Natale per esaminare i ricorsi di almeno 25 medici radiati dall’Ordine. Nemmeno il tempo di aprire la seduta, e subito è stata rinviata con data da destinarsi.
Il 18 sera, infatti, l’indipendenza e imparzialità dei componenti della Cceps è stata messa in discussione dalle istanze di ricusazione di uno dei legali dei medici radiati, l’avvocato Mauro Sandri. La presidente e il suo vice, così pure diversi membri dell’organo del ministero della Salute che esercita il giudizio di secondo grado, si sono già espressi contro le critiche nei confronti del vaccino Covid. In alcuni casi, anche contro gli stessi dottori che hanno presentato ricorso, si legge nella memoria di ricusazione.
Una cosa inaudita, che vanificherebbe qualsiasi conclusione della commissione. Non attiva da anni, la Cceps era stata ricostituita lo scorso ottobre dal ministro Schillaci su pressione di Filippo Anelli, presidente Fnomceo, la Federazione nazionale degli Ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri. A marzo, il capo dei medici si lamentava perché il ricorso «di fatto vanifica l’azione sanzionatoria degli Ordini, facendo sì che medici sospesi o addirittura radiati continuino a esercitare».
Così, per liquidare in fretta la questione, in un’udienza fissata per trattare i soli procedimenti dei medici radiati (in violazione del normale calendario), tutte le memorie scritte dei difensori dovevano essere presentate nella stessa mattinata del 19 e «date in pasto» a medici, a magistrati che il loro giudizio già l’hanno formulato.
Le istanze di ricusazione presentate dall’avvocato Sandri sono state nei confronti della presidente della Cceps, Giulia Ferrari, in quanto come componente del Consiglio di Stato ha partecipato alla stesura di numerose sentenze nelle quali ha «sempre respinto le domande di illegittimità delle sospensioni dal lavoro avanzate da pubblici dipendenti».
E nei confronti del vice presidente Oscar Marongiu «che ha partecipato a decisioni di contenuto analogo quale componente del Tar di Cagliari». Ma non è finita. La maggior parte dei componenti la Cceps per quanto riguarda i ricorsi dei medici sono professionisti che hanno fatto parte di Consigli dell'Ordine, che hanno emesso provvedimenti di radiazione e che hanno espresso, prima del processo, opinioni che fanno già chiaramente trasparire la posizione che avranno nel giudizio di secondo grado.
Tra questi c’è Giovanni Leoni, presidente dell’Ordine dei medici chirurghi e odontoiatri della Provincia di Venezia e vice presidente nazionale Fnomceo. Il presidente a luglio 2022 si era opposto all’idea dell’allora governatore Luca Zaia di reintegrare i medici sospesi perché non vaccinati: «Sarebbe un pessimo messaggio», disse. E che aveva definito l’abolizione della sanzione ai no vax «un premio ai furbetti. Questa scelta non è un messaggio educativo alla popolazione sul rispetto delle regole». Qualcuno ha dei dubbi su come Leoni giudicherà il ricorso di medici quali Ennio Caggiano, Barbara Balanzoni, Fabio Milani, Riccardo Szumski? Sono solo alcuni dei dottori stimati, amati dai loro pazienti, però presi di mira dagli Ordini professionali perché osavano contrastare la non scienza imposta con i dpcm di Speranza e Conte.
Ennio Caggiano di Camponogara, nel Veneziano mandato a processo per aver compilato 16 certificati di esenzione dal vaccino ritenuti falsi dalla Procura di Venezia, è stato assolto da ogni accusa pochi mesi fa. Eppure il 20 maggio del 2022 il presidente dell’Ordine dei medici di Venezia ne firmò la radiazione. Oggi il medico si dice sconcertato di sapere che lo stesso Leoni dovrebbe valutare il suo ricorso. «L’incompatibilità assoluta. Invece di chiudere una vicenda che si trascina da anni, analizzando oggettivamente i fatti, vogliono ribadire che avevano ragione. È una cosa ridicola e tragica nello stesso tempo».
Un periodo, quello della pandemia e dei diktat, segnato anche da brutte storie di delazioni. Fabio Milani, stimato professionista bolognese non vaccinato, nel dicembre del 2021 curò con antibiotico e cortisone una famiglia con polmonite da Covid abbandonata a Tachipirina e vigile attesa dal proprio medico di famiglia. Segnalato dal collega all'Ordine, aveva subìto un lungo processo per esercizio abusivo della professione, conclusosi nel gennaio 2025 perché «il fatto non sussiste». Ma non era finita. Il medico venne radiato nell’agosto 2022 con l’accusa di aver violato il codice deontologico. Con quale imparzialità sarà giudicato in secondo grado da una simile commissione?
«Nessun medico radiato può essere giudicato per avere espresso opinioni critiche sulla gestione dell'emergenza sanitaria», ribadisce l’avvocato Sandri. «Nessuno mi ha denunciato per aver maltrattato un paziente», osserva Riccardo Szumski, il consigliere di Resistere Veneto risultato tra i più eletti alle ultime Regionali, evidenziando l’assurdità di una sanzione così grave. «Mi sembra una commissione non a tutela dei medici e dei pazienti, ma dell’obbedienza a ogni costo. E Schillaci era un collaboratore dell’ex ministro Roberto Speranza. Nella mia radiazione venne citata la frase del presidente Sergio Mattarella “non si invochi la libertà per sottrarsi all’obbligo vaccinale” ma la libertà, secondo me, è un bene assoluto».
Continua a leggereRiduci
Antonio Filosa (Ansa)
La Commissione sta semplicemente «rinviando» l’obiettivo: l’impianto che aveva portato all’azzeramento delle emissioni allo scarico (e quindi alla fine dei motori termici) viene riformulato con un abbassamento delle emissioni del 90% rispetto al 2021. Il 10% residuo verrebbe coperto tramite strumenti di compensazione lungo la catena del valore: come, ad esempio, prodotti a minore intensità carbonica (acciaio low-carbon) e carburanti sostenibili. Quella voluta dell’Ue è una flessibilità «contabile» più che tecnologica, secondo il manager.
Filosa sostiene che questa architettura rischia di introdurre costi e complessità che i costruttori «di massa» assorbono peggio di quelli premium: «È una misura il cui costo potrebbe non essere alla portata dei costruttori di volume che servono la maggior parte dei cittadini». Tradotto: se la conformità dipende da risorse scarse (acciaio verde, e-fuels/biocarburanti certificati) con prezzi elevati e volatilità, il rischio è che tutti i problemi si scarichino proprio sui segmenti più sensibili al prezzo, comprimendo volumi e margini.
Stellantis segnala che non vede strumenti «ponte» sufficienti per rendere praticabile la transizione, in particolare nei veicoli commerciali, dove la competitività dell’elettrico dipende molto più che nelle auto da infrastrutture di ricarica, costo dell’energia, pianificazione flotte e disponibilità prodotto. Se l’adozione dei motori elettrici resta importante, il blocco al 2035 non genera crescita: può solo spostare i problemi su regole di compensazione e materiali verdi e costosi. La reazione dell’industria è dunque polarizzata: Renault valuta il pacchetto come un tentativo di gestire alcune criticità, mentre l’associazione industriale tedesca Vda lo bolla come «disastroso» per gli ostacoli pratici e di implementazione. La Commissione, invece, nega che si tratti di un arretramento: Stéphane Séjourné, commissario europeo per il mercato interno e i servizi, afferma che l’Europa non mette in discussione gli obiettivi climatici. Un altro funzionario Ue difende l’uso di questi meccanismi perché dovrebbero «creare un mercato di sbocco» per tecnologie e materiali necessari alla transizione.
Nel dibattito, inoltre, c’è anche l’asimmetria regolatoria transatlantica: negli Stati Uniti si osserva una traiettoria più favorevole per ibridi e termici, con revisione di incentivi e standard; non a caso Stellantis ha annunciato un piano di investimenti molto rilevante negli Usa. Il messaggio implicito è che, a parità di vincoli, la stabilità e l’economia della domanda influenzano dove si costruiscono capacità e catena del valore.
La verità è che la partita vera non è lo slogan «stop ai termici sì o no», ma la definizione dei dettagli che porteranno verso una transizione sostenibile: in particolare, si tratta della definizione di carburanti sostenibili e delle regole Mrv (monitoring, reporting, verification, un sistema obbligatorio dell'Unione Europea per il monitoraggio, la comunicazione e la verifica delle emissioni di gas serra) sulle norme industriali e, soprattutto, sulle misure lato domanda/infrastrutture che evitino che la compliance diventi un costo fisso.
Stellantis sostiene che, così com’è, la proposta non crea le sufficienti condizioni per crescere; la Commissione europea, dal canto suo, replica che serve una flessibilità che spinga filiere verdi europee senza abbandonare gli obiettivi industriali.
Continua a leggereRiduci