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2018-07-19
La testimone oculare scagiona i libici: «Nessuno lasciato affogare in mare»
Ansa
Con la coda tra le gambe e, soprattutto, la profuga camerunense Josefhine al riparo da eventuali domande delle procure italiane, la nave di Proactiva Open Arms da ieri veleggia alla volta della Spagna. E dire che sia il porto di Catania che Malta avevano concesso l'attracco alla Ong iberica, affinché sbarcasse la donna salvata dall'annegamento. Invece l'organizzazione umanitaria ha preferito fare rotta verso Ovest, perché a suo dire «approdare in un porto italiano presenta molti fattori critici: il primo sono le parole del ministro dell'Interno, Matteo Salvini, che ha definito bugie e insulti» le denunce di Open Arms nei confronti della guardia costiera della Libia. Denunce smentite sia dal Viminale, sia da una giornalista tedesca, Nadja Kriewald, che era a bordo della motovedetta di Tripoli insieme al reporter libico Emad Matoug e che domani trasmetterà il video delle operazioni di salvataggio sul canale N-Tv. La Kriewald, raggiunta dal quotidiano Il Messaggero, aveva sostenuto che nessun uomo era stato abbandonato in mare dai militari libici.
Ma facciamo un passo indietro per ricostruire gli eventi. Lunedì 16 luglio, dopo aver ricevuto segnalazioni da un mercantile, la guardia costiera della Libia, che alla fine del mese scorso ha ufficializzato la sua Sar (la zona di ricerca e soccorso di sua competenza), si mette in moto per prestare aiuto a un barcone di 158 naufraghi a circa 26 miglia da Homs. A bordo della motovedetta ci sono anche la Kriewald e Matoug, che filmano la scena. La mattina dopo, alle 7.30, l'imbarcazione di Open Arms avrebbe intercettato un relitto: tra i rottami, i volontari hanno trovato il corpo di una donna e di un bambino, mentre un'altra donna, ancora viva, è stata tratta in salvo.
Da quel momento, partono le accuse del fondatore della Ong, Oscar Camps. Il quale, in un tweet, sentenzia: «La Guardia costiera libica ha detto di aver intercettato una barca con 158 persone fornendo assistenza medica e umanitaria, ma non di aver lasciato due donne e un bambino a bordo e di aver affondato la nave perché non volevano salire sulle motovedette». Obiettivo dell'attacco è anche il governo italiano, definito «complice» dei militari della Libia, «assassini arruolati dall'Italia». E la foto di Josephine, la donna del Camerun sopravvissuta tenendosi a un pezzo di legno galleggiante, con lo sguardo vitreo e il volto contratto, fa subito il giro del mondo. Con tanto di star spagnola della Nba, Marc Gasol, a partecipare al soccorso.
Ma la versione proposta dall'organizzazione non governativa spagnola presentava delle incongruenze. Innanzitutto, come ha rilevato Francesca Totolo del Primato nazionale, Proactiva si trovava a circa 110 miglia dal luogo in cui si sono svolte le operazioni di soccorso della Guardia costiera libica. Se fosse vero quanto twittato da Camps, dunque, nel corso della notte un barcone semidistrutto, con i due cadaveri e la ragazza ancora in vita, avrebbe coperto una lunga distanza, per poi imbattersi casualmente nell'imbarcazione della Ong iberica. Forse è per controbattere alle dichiarazioni rese dalla Kriewald al Messaggero, da lui giudicate «un tentativo di depistaggio», che ieri è intervenuto il deputato di Leu Erasmo Palazzotto, anch'egli a bordo della Open Arms: «Mentre una motovedetta girava la scena del salvataggio perfetto con una tv tedesca, un'altra lasciava in mezzo al mare 2 donne ed un bambino. Sono due interventi diversi, uno ad 80 miglia davanti a Khoms e l'altro davanti a Tripoli».
La Verità ha raggiunto telefonicamente la Kriewald, che ha sostanzialmente confermato la propria versione dei fatti. «Io non so se ci siano state altre operazioni di salvataggio in altre zone», ha spiegato la reporter, «ma per quanto riguarda la nostra nave, sono sicura che non ci fossero persone rimaste in mare» e che nelle vicinanze non ci fossero altre imbarcazioni o gommoni. «C'era soltanto una nave, credo si trattasse di un mercantile, che i rifugiati avevano provato a inseguire per salvarsi. Ma era veramente molto, molto lontana. Si vedevano soltanto le sue luci». Alla giornalista di N-Tv abbiamo chiesto come si fossero comportati i militari di Tripoli e se, non trovasse le accuse di Open Arms alla Libia e al governo italiano infondate. «Non lo so, non entro nelle questioni politiche, sono solo una giornalista», ci ha risposto. «Non conosco quello che fanno le altre motovedette. Posso dire solo che il personale della Guardia costiera con cui ho parlato e che ho filmato ha fatto un ottimo lavoro. E ha mostrato una grande umanità nei confronti dei rifugiati. Ma io sono salita solo su questa imbarcazione e non so cosa facciano gli altri».
Certo, la Kriewald ha ammesso che i libici sono costretti a servirsi di mezzi «insufficienti. Quattro motovedette non bastano. A bordo non hanno dottori né equipaggiamenti medici». Le abbiamo domandato se, a suo avviso, i militari di Tripoli siano davvero in grado di gestire la loro Sar. «Non sono un'esperta», ha replicato la giornalista tedesca, «ma in base alle mie impressioni, quelle di una giornalista che cerca di mantenersi indipendente, la Guardia costiera libica fa del suo meglio». E quindi non somiglia affatto alla banda di macellai spietati descritta da Open Arms, che nel frattempo si è allontanata dalla giurisdizione di autorità che potrebbero accertare chi, in questa ingarbugliata vicenda, abbia detto la verità. Non resta che attendere la messa in onda del reportage della Kriewald.
Alessandro Rico
«Quanto godete per le vittime?» Il Viminale alla fine querela Saviano
Non più chiacchiere, la querela è arrivata. Il Viminale stesso dichiara che il ministro dell'Interno Matteo Salvini ha presentato una querela nei confronti di Roberto Saviano. Ad essere sotto accusa è la frase che lo scrittore ha pubblicato su Twitter: «Ministro della mala vita, quanto piacere le dà veder morire bimbi innocenti in mare? Ministro della Mala Vita, l'odio che ha seminato la travolgerà».
Martedì sera Salvini aveva subito replicato twittando: «Il “signor" Saviano mi dedica queste frasi: “Ministro della mala vita, quanto piacere le dà veder morire bimbi innocenti in mare? Ministro della mala vita, l'odio che ha seminato la travolgerà". Cosa rispondergli? Merita al massimo una carezza e una querela».
L'ultima secchiata di veleno lanciata sui social dall'autore di Gomorra al segretario della Lega è stata provocata dalla notizia di morte nel mar Mediterraneo e in particolare per le frasi delvicepremier a proposito della vicenda denunciata da Open Arms: l'Ong ritiene responsabile il governo italiano e la Guardia costiera libica per i cadaveri di una donna e di un bambino recuperati dai volontari dell'associazione umanitaria spagnola. Ma il Viminale ha smentito questa ricostruzione dei fatti, parlando di «fake news».
Subito la reazione del segretario del Pd Maurizio Martina sempre su twitter: «Dal Mediterraneo ancora immagini terribili. Altro che bugie, ancora morti. Criminalizzare le Ong è errore imperdonabile. Ministro Salvini ora basta crociate d'odio #OpenArms #restiamoumani».
Già lo scorso giugno quando il leader del Carroccio aveva ipotizzato di togliere la scorta a Saviano, lo scrittore aveva reagito dandogli del «buffone» e del «ministro della mala vita», ma stavolta abbandona clamorosamente la continenza scrivendo: «Assassini! Ministro della mala vita, sui morti in mare parla di “bugie e insulti" ma con quale coraggio? Confessi piuttosto: quanto piacere le dà la morte inflitta dalla guardia costiera libica, sua (mi fa ribrezzo dire “nostra") alleata strategica? Lei che sottolinea continuamente di essere padre, da papà quanta eccitazione prova a vedere morire bimbi innocenti in mare? Ministro della mala vita, l'odio che ha seminato la travolgerà. Come travolgerà gli imbelli a 5 stelle, e tra di loro l'impresentabile Toninelli, sodale del ministro degli Interni in questa tetra esaltazione della morte degli ultimi della terra».
Ma soprattutto l'annuncio di «carezza e querela» non è andata giù allo scrittore napoletano residente a New York che ha subito controreplicato: «Delle tante querele annunciate (con questa sarebbero quante: quattro? cinque? S'è perso il conto) ad oggi non ne è arrivata nessuna... come sempre, solo chiacchiere. Come del resto tutto il suo teatro, teatro dell'orrore. Nulla di ciò che ha promesso è possibile realizzare, tanto meno il blocco delle partenze dalla Libia. Qual è il suo motto? Colpirne uno per educarne cento? Ma lo sa che le partenze nemmeno la prospettiva di morire le ferma? E poi mi dica, cos'è questa «carezza»? Perché usa questo eloquio mellifluo, a voler pensar male direi quasi mafioso? Cos'è, signor ministro della mala vita, l'equivalente di un “bacio in bocca"? Era forse per questo che avrebbe voluto mi fosse tolta la scorta? Si metta l'anima in pace, signor ministro della mala vita, fin quando avrò energia in corpo, fiato in gola e lettere sotto le mie dita, non smetterò mai di contrastare le sue dichiarazioni vili e bugiarde, le sue politiche criminali che si mantengono su un continuo, perenne e spossante incitamento all'odio. Le posso assicurare, Ministro della Mala Vita, che siamo tanti, e non le consentiremo di smantellare lo Stato di Diritto: dovrà passare sui nostri corpi». E invece, stavolta Saviano è stato smentito: il ministro Salvini ieri è andato alla Questura di Roma e nero su bianco ha presentato la sua querela nei confronti dello scrittore. Niente chiacchiere, la querela è un atto.
Intanto Sergio Mattarella, in visita a Baku, ha riaperto sull'accoglienza: «L'accoglienza, la generosità e il confronto tra donne e uomini di culture, etnie e confessioni diverse costituiscono valori irrinunciabili, poiché solo coltivando il dialogo con l'altro siamo in grado di ampliare i nostri orizzonti».
Sarina Biraghi
La Farnesina chiude i porti a Sophia
Solo qualche mese fa lamentava la lontananza dei porti spagnoli, ma ora li preferisce. «Nonostante la nostra disponibilità di porti siciliani, la nave Ong va in Spagna, con una donna ferita e due morti. Non sarà che hanno qualcosa da nascondere?», ipotizza Matteo Salvini dopo che Open Arms ha scelto di fare rotta verso la Spagna. L'approdo è previsto per sabato sull'isola di Palma di Maiorca, nelle Baleari. Per il viaggio, la Ong ha già chiesto alla Guardia costiera spagnola di assumere il coordinamento dell'operazione Search and rescue che martedì mattina ha portato al recupero dei corpi senza vita di una donna e di un bimbo e al salvataggio di una superstite del naufragio avvenuto lungo la costa libica. «Approdare in un porto italiano», sostengono dalla Ong, «presenta molti fattori critici: il primo è legato alle parole del ministro Salvini, che ha definito bugie e insulti la nostra ricostruzione». Ossia foto raccapriccianti accompagnate da accuse pesantissime, smentite peraltro dai testimoni presenti, nei confronti della Guardia costiera libica e del governo italiano.
«Io non posso dire se ci si può fidare o meno della Guardia costiera Libica», valuta il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, «perché il concetto di fiducia a livello di rapporti diplomatici con l'estero va applicato ai fatti. Posso dire però che rispetto alla Guardia costiera libica il governo italiano fa il suo dovere, che è quello di accertare, quando rientra nelle competenze italiane, che tutto si verifichi nel pieno rispetto dei diritti umani delle persone coinvolte».
Nonostante ciò, il commissario Ue per la Migrazione e gli affari interni, Dimitris Avramopoulos, ha detto di essere «scioccato» per l'episodio denunciato da Proactiva Open Arms. «Dobbiamo utilizzare ogni mezzo», ha dichiarato, «per evitare che avvenimenti simili accadano di nuovo in futuro. È importante che gli Stati comprendano che è anche il loro obbligo morale, pienamente in linea con la politica dell'Ue». E la politica Ue, secondo il commissario, è contro le barriere e i confini chiusi: «Come ho sempre detto, non vogliamo creare una sorta di fortezza europea».
Ormai, però, è chiaro che gli accordi per la missione militare europea denominata Sophia sono saltati. Dalla Farnesina confermano che il ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione internazionale, Enzo Moavero Milanesi, ha inviato al corrispettivo Ue Federica Mogherini, così come era stato anticipato, una lettera in cui viene indicato che l'Italia non ritiene più applicabili le attuali disposizioni della missione Eunavformed Sophia, che individuano l'Italia come luogo esclusivo di sbarco dei migranti.
Da qualche mese i porti sono chiusi. E un'altra nave con migranti a bordo pare sia stata respinta nelle ultime ore. Stando a Infomigrants, il portale francese che segue le rotte dei profughi, l'imbarcazione è la Sarost 5, cargo della società del gas Miskar, che al largo della Tunisia ha una piattaforma di estrazione di gas. Una settimana fa un barcone in legno con a bordo 40 migranti è partito dalla Libia per cercare di raggiungere l'Europa. Dopo cinque giorni di navigazione, però, la barca è finita alla deriva nelle vicinanze della piattaforma del gas. Tunisia, Malta e Italia, secondo Infomigrants, avrebbero negato l'attracco. E quindi i migranti sono ancora a bordo della Sarost 5 in attesa di una destinazione.
Stando alle valutazioni del responsabile del Forum tunisino per i diritti economici e sociali (Ftdes) Valentin Bonnefoy, la Tunisia tentenna ad autorizzare l'attracco, perché non vuole creare precedenti che possano portare a valutare la loro zona di approdo come «porto sicuro».
A Cipro invece un barcone è affondato a causa di un naufragio. A bordo c'erano 160 migranti. Un centinaio, secondo l'agenzia di stampa turca Andolu, sono in salvo. I morti già recuperati sarebbero 19. Restano quindi ancora una trentina di dispersi in mare.
Fabio Amendolara
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Riduci
Domani la cronista tedesca Nadja Kriewald manderà in onda il video sull'operato dei guardacoste: «Dalla barca non ho notato altri gommoni». Leu: «È un depistaggio». La Open Arms rifiuta le cure in Italia alla sopravvissuta: «C'è Salvini».«Quanto godete per le vittime?» Il Viminale alla fine querela Roberto Saviano. La scelta dopo l'ennesimo insulto sui social. Sergio Mattarella: «Accoglienza irrinunciabile».La Farnesina chiude i porti a Sophia. Enzo Moavero Milanesi scrive a Federica Mogherini: «Non saremo l'unico punto di sbarco della missione». La Tunisia vieta l'attracco a una nave commerciale che ha recuperato 40 immigrati.Lo speciale contiene tre articoli.Con la coda tra le gambe e, soprattutto, la profuga camerunense Josefhine al riparo da eventuali domande delle procure italiane, la nave di Proactiva Open Arms da ieri veleggia alla volta della Spagna. E dire che sia il porto di Catania che Malta avevano concesso l'attracco alla Ong iberica, affinché sbarcasse la donna salvata dall'annegamento. Invece l'organizzazione umanitaria ha preferito fare rotta verso Ovest, perché a suo dire «approdare in un porto italiano presenta molti fattori critici: il primo sono le parole del ministro dell'Interno, Matteo Salvini, che ha definito bugie e insulti» le denunce di Open Arms nei confronti della guardia costiera della Libia. Denunce smentite sia dal Viminale, sia da una giornalista tedesca, Nadja Kriewald, che era a bordo della motovedetta di Tripoli insieme al reporter libico Emad Matoug e che domani trasmetterà il video delle operazioni di salvataggio sul canale N-Tv. La Kriewald, raggiunta dal quotidiano Il Messaggero, aveva sostenuto che nessun uomo era stato abbandonato in mare dai militari libici. Ma facciamo un passo indietro per ricostruire gli eventi. Lunedì 16 luglio, dopo aver ricevuto segnalazioni da un mercantile, la guardia costiera della Libia, che alla fine del mese scorso ha ufficializzato la sua Sar (la zona di ricerca e soccorso di sua competenza), si mette in moto per prestare aiuto a un barcone di 158 naufraghi a circa 26 miglia da Homs. A bordo della motovedetta ci sono anche la Kriewald e Matoug, che filmano la scena. La mattina dopo, alle 7.30, l'imbarcazione di Open Arms avrebbe intercettato un relitto: tra i rottami, i volontari hanno trovato il corpo di una donna e di un bambino, mentre un'altra donna, ancora viva, è stata tratta in salvo. Da quel momento, partono le accuse del fondatore della Ong, Oscar Camps. Il quale, in un tweet, sentenzia: «La Guardia costiera libica ha detto di aver intercettato una barca con 158 persone fornendo assistenza medica e umanitaria, ma non di aver lasciato due donne e un bambino a bordo e di aver affondato la nave perché non volevano salire sulle motovedette». Obiettivo dell'attacco è anche il governo italiano, definito «complice» dei militari della Libia, «assassini arruolati dall'Italia». E la foto di Josephine, la donna del Camerun sopravvissuta tenendosi a un pezzo di legno galleggiante, con lo sguardo vitreo e il volto contratto, fa subito il giro del mondo. Con tanto di star spagnola della Nba, Marc Gasol, a partecipare al soccorso. Ma la versione proposta dall'organizzazione non governativa spagnola presentava delle incongruenze. Innanzitutto, come ha rilevato Francesca Totolo del Primato nazionale, Proactiva si trovava a circa 110 miglia dal luogo in cui si sono svolte le operazioni di soccorso della Guardia costiera libica. Se fosse vero quanto twittato da Camps, dunque, nel corso della notte un barcone semidistrutto, con i due cadaveri e la ragazza ancora in vita, avrebbe coperto una lunga distanza, per poi imbattersi casualmente nell'imbarcazione della Ong iberica. Forse è per controbattere alle dichiarazioni rese dalla Kriewald al Messaggero, da lui giudicate «un tentativo di depistaggio», che ieri è intervenuto il deputato di Leu Erasmo Palazzotto, anch'egli a bordo della Open Arms: «Mentre una motovedetta girava la scena del salvataggio perfetto con una tv tedesca, un'altra lasciava in mezzo al mare 2 donne ed un bambino. Sono due interventi diversi, uno ad 80 miglia davanti a Khoms e l'altro davanti a Tripoli». La Verità ha raggiunto telefonicamente la Kriewald, che ha sostanzialmente confermato la propria versione dei fatti. «Io non so se ci siano state altre operazioni di salvataggio in altre zone», ha spiegato la reporter, «ma per quanto riguarda la nostra nave, sono sicura che non ci fossero persone rimaste in mare» e che nelle vicinanze non ci fossero altre imbarcazioni o gommoni. «C'era soltanto una nave, credo si trattasse di un mercantile, che i rifugiati avevano provato a inseguire per salvarsi. Ma era veramente molto, molto lontana. Si vedevano soltanto le sue luci». Alla giornalista di N-Tv abbiamo chiesto come si fossero comportati i militari di Tripoli e se, non trovasse le accuse di Open Arms alla Libia e al governo italiano infondate. «Non lo so, non entro nelle questioni politiche, sono solo una giornalista», ci ha risposto. «Non conosco quello che fanno le altre motovedette. Posso dire solo che il personale della Guardia costiera con cui ho parlato e che ho filmato ha fatto un ottimo lavoro. E ha mostrato una grande umanità nei confronti dei rifugiati. Ma io sono salita solo su questa imbarcazione e non so cosa facciano gli altri».Certo, la Kriewald ha ammesso che i libici sono costretti a servirsi di mezzi «insufficienti. Quattro motovedette non bastano. A bordo non hanno dottori né equipaggiamenti medici». Le abbiamo domandato se, a suo avviso, i militari di Tripoli siano davvero in grado di gestire la loro Sar. «Non sono un'esperta», ha replicato la giornalista tedesca, «ma in base alle mie impressioni, quelle di una giornalista che cerca di mantenersi indipendente, la Guardia costiera libica fa del suo meglio». E quindi non somiglia affatto alla banda di macellai spietati descritta da Open Arms, che nel frattempo si è allontanata dalla giurisdizione di autorità che potrebbero accertare chi, in questa ingarbugliata vicenda, abbia detto la verità. Non resta che attendere la messa in onda del reportage della Kriewald.Alessandro Rico<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem2" data-id="2" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/la-testimone-oculare-scagiona-i-libici-nessuno-lasciato-affogare-in-mare-2587928752.html?rebelltitem=2#rebelltitem2" data-basename="quanto-godete-per-le-vittime-il-viminale-alla-fine-querela-saviano" data-post-id="2587928752" data-published-at="1765657735" data-use-pagination="False"> «Quanto godete per le vittime?» Il Viminale alla fine querela Saviano Non più chiacchiere, la querela è arrivata. Il Viminale stesso dichiara che il ministro dell'Interno Matteo Salvini ha presentato una querela nei confronti di Roberto Saviano. Ad essere sotto accusa è la frase che lo scrittore ha pubblicato su Twitter: «Ministro della mala vita, quanto piacere le dà veder morire bimbi innocenti in mare? Ministro della Mala Vita, l'odio che ha seminato la travolgerà». Martedì sera Salvini aveva subito replicato twittando: «Il “signor" Saviano mi dedica queste frasi: “Ministro della mala vita, quanto piacere le dà veder morire bimbi innocenti in mare? Ministro della mala vita, l'odio che ha seminato la travolgerà". Cosa rispondergli? Merita al massimo una carezza e una querela». L'ultima secchiata di veleno lanciata sui social dall'autore di Gomorra al segretario della Lega è stata provocata dalla notizia di morte nel mar Mediterraneo e in particolare per le frasi delvicepremier a proposito della vicenda denunciata da Open Arms: l'Ong ritiene responsabile il governo italiano e la Guardia costiera libica per i cadaveri di una donna e di un bambino recuperati dai volontari dell'associazione umanitaria spagnola. Ma il Viminale ha smentito questa ricostruzione dei fatti, parlando di «fake news». Subito la reazione del segretario del Pd Maurizio Martina sempre su twitter: «Dal Mediterraneo ancora immagini terribili. Altro che bugie, ancora morti. Criminalizzare le Ong è errore imperdonabile. Ministro Salvini ora basta crociate d'odio #OpenArms #restiamoumani». Già lo scorso giugno quando il leader del Carroccio aveva ipotizzato di togliere la scorta a Saviano, lo scrittore aveva reagito dandogli del «buffone» e del «ministro della mala vita», ma stavolta abbandona clamorosamente la continenza scrivendo: «Assassini! Ministro della mala vita, sui morti in mare parla di “bugie e insulti" ma con quale coraggio? Confessi piuttosto: quanto piacere le dà la morte inflitta dalla guardia costiera libica, sua (mi fa ribrezzo dire “nostra") alleata strategica? Lei che sottolinea continuamente di essere padre, da papà quanta eccitazione prova a vedere morire bimbi innocenti in mare? Ministro della mala vita, l'odio che ha seminato la travolgerà. Come travolgerà gli imbelli a 5 stelle, e tra di loro l'impresentabile Toninelli, sodale del ministro degli Interni in questa tetra esaltazione della morte degli ultimi della terra». Ma soprattutto l'annuncio di «carezza e querela» non è andata giù allo scrittore napoletano residente a New York che ha subito controreplicato: «Delle tante querele annunciate (con questa sarebbero quante: quattro? cinque? S'è perso il conto) ad oggi non ne è arrivata nessuna... come sempre, solo chiacchiere. Come del resto tutto il suo teatro, teatro dell'orrore. Nulla di ciò che ha promesso è possibile realizzare, tanto meno il blocco delle partenze dalla Libia. Qual è il suo motto? Colpirne uno per educarne cento? Ma lo sa che le partenze nemmeno la prospettiva di morire le ferma? E poi mi dica, cos'è questa «carezza»? Perché usa questo eloquio mellifluo, a voler pensar male direi quasi mafioso? Cos'è, signor ministro della mala vita, l'equivalente di un “bacio in bocca"? Era forse per questo che avrebbe voluto mi fosse tolta la scorta? Si metta l'anima in pace, signor ministro della mala vita, fin quando avrò energia in corpo, fiato in gola e lettere sotto le mie dita, non smetterò mai di contrastare le sue dichiarazioni vili e bugiarde, le sue politiche criminali che si mantengono su un continuo, perenne e spossante incitamento all'odio. Le posso assicurare, Ministro della Mala Vita, che siamo tanti, e non le consentiremo di smantellare lo Stato di Diritto: dovrà passare sui nostri corpi». E invece, stavolta Saviano è stato smentito: il ministro Salvini ieri è andato alla Questura di Roma e nero su bianco ha presentato la sua querela nei confronti dello scrittore. Niente chiacchiere, la querela è un atto. Intanto Sergio Mattarella, in visita a Baku, ha riaperto sull'accoglienza: «L'accoglienza, la generosità e il confronto tra donne e uomini di culture, etnie e confessioni diverse costituiscono valori irrinunciabili, poiché solo coltivando il dialogo con l'altro siamo in grado di ampliare i nostri orizzonti». 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Per il viaggio, la Ong ha già chiesto alla Guardia costiera spagnola di assumere il coordinamento dell'operazione Search and rescue che martedì mattina ha portato al recupero dei corpi senza vita di una donna e di un bimbo e al salvataggio di una superstite del naufragio avvenuto lungo la costa libica. «Approdare in un porto italiano», sostengono dalla Ong, «presenta molti fattori critici: il primo è legato alle parole del ministro Salvini, che ha definito bugie e insulti la nostra ricostruzione». Ossia foto raccapriccianti accompagnate da accuse pesantissime, smentite peraltro dai testimoni presenti, nei confronti della Guardia costiera libica e del governo italiano. «Io non posso dire se ci si può fidare o meno della Guardia costiera Libica», valuta il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, «perché il concetto di fiducia a livello di rapporti diplomatici con l'estero va applicato ai fatti. Posso dire però che rispetto alla Guardia costiera libica il governo italiano fa il suo dovere, che è quello di accertare, quando rientra nelle competenze italiane, che tutto si verifichi nel pieno rispetto dei diritti umani delle persone coinvolte». Nonostante ciò, il commissario Ue per la Migrazione e gli affari interni, Dimitris Avramopoulos, ha detto di essere «scioccato» per l'episodio denunciato da Proactiva Open Arms. «Dobbiamo utilizzare ogni mezzo», ha dichiarato, «per evitare che avvenimenti simili accadano di nuovo in futuro. È importante che gli Stati comprendano che è anche il loro obbligo morale, pienamente in linea con la politica dell'Ue». E la politica Ue, secondo il commissario, è contro le barriere e i confini chiusi: «Come ho sempre detto, non vogliamo creare una sorta di fortezza europea». Ormai, però, è chiaro che gli accordi per la missione militare europea denominata Sophia sono saltati. Dalla Farnesina confermano che il ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione internazionale, Enzo Moavero Milanesi, ha inviato al corrispettivo Ue Federica Mogherini, così come era stato anticipato, una lettera in cui viene indicato che l'Italia non ritiene più applicabili le attuali disposizioni della missione Eunavformed Sophia, che individuano l'Italia come luogo esclusivo di sbarco dei migranti. Da qualche mese i porti sono chiusi. E un'altra nave con migranti a bordo pare sia stata respinta nelle ultime ore. Stando a Infomigrants, il portale francese che segue le rotte dei profughi, l'imbarcazione è la Sarost 5, cargo della società del gas Miskar, che al largo della Tunisia ha una piattaforma di estrazione di gas. Una settimana fa un barcone in legno con a bordo 40 migranti è partito dalla Libia per cercare di raggiungere l'Europa. Dopo cinque giorni di navigazione, però, la barca è finita alla deriva nelle vicinanze della piattaforma del gas. Tunisia, Malta e Italia, secondo Infomigrants, avrebbero negato l'attracco. E quindi i migranti sono ancora a bordo della Sarost 5 in attesa di una destinazione. Stando alle valutazioni del responsabile del Forum tunisino per i diritti economici e sociali (Ftdes) Valentin Bonnefoy, la Tunisia tentenna ad autorizzare l'attracco, perché non vuole creare precedenti che possano portare a valutare la loro zona di approdo come «porto sicuro». A Cipro invece un barcone è affondato a causa di un naufragio. A bordo c'erano 160 migranti. Un centinaio, secondo l'agenzia di stampa turca Andolu, sono in salvo. I morti già recuperati sarebbero 19. Restano quindi ancora una trentina di dispersi in mare. Fabio Amendolara
Gabriele D'Annunzio (Ansa)
Il patrimonio mondiale dell’umanità rappresentato dalla cucina italiana sarà pure «immateriale», come da definizione Unesco, ma è fatto di carne, ossa, talento e creatività. È il risultato delle centinaia di migliaia di persone che, nel corso dei secoli e dei millenni, hanno affinato tecniche, scoperto ingredienti, assemblato gusti, allevato animali con amore e coltivato la terra con altrettanta dedizione. Insomma, dietro la cucina italiana ci sono... gli italiani.
Ed è a tutti questi peones e protagonisti della nostra storia che il riconoscimento va intestato. Ma anche a chi assapora le pietanze in un ristorante, in un bistrot o in un agriturismo. Alla fine, se ci si pensa, la cucina italiana siamo tutti noi: sono i grandi chef come le mamme o le nonne che si danno da fare tra le padelle della cucina. Sono i clienti dei ristoranti, gli amanti dei formaggi come dei salumi. Sono i giornalisti che fanno divulgazione, sono i fotografi che immortalano i piatti, sono gli scrittori che dedicano pagine e pagine delle loro opere ai manicaretti preferiti dal protagonista di questo o quel romanzo. Insomma, la cucina è cultura, identità, passato e anche futuro.
Giancarlo Saran, gastropenna di questo giornale, ha dato alle stampe Peccatori di gola 2 (Bolis edizioni, 18 euro, seguito del fortunato libro uscito nel 2024 vincitore del Premio selezione Bancarella cucina), volume contenente 13 ritratti di personaggi di spicco del mondo dell’italica buona tavola («Un viaggio curioso e goloso tra tavola e dintorni, con illustri personaggi del Novecento compresi alcuni insospettabili», sentenzia l’autore sulla quarta di copertina). Ci sono il «fotografo» Bob Noto e l’attore Ugo Tognazzi, l’imprenditore Giancarlo Ligabue e gli scrittori Gabriele D’Annunzio, Leonardo Sciascia e Andrea Camilleri. E poi ancora Lella Fabrizi (la sora Lella), Luciano Pavarotti, Pietro Marzotto, Gianni Frasi, Alfredo Beltrame, Giuseppe Maffioli, Pellegrino Artusi.
Un giro d’Italia culinario, quello di Saran, che testimonia come il riconoscimento Unesco potrebbe dare ulteriore valore al nostro made in Italy, con risvolti di vario tipo: rispetto dell’ambiente e delle nostre tradizioni, volano per l’economia e per il turismo, salvaguardia delle radici dal pericolo di una appiattente omologazione sociale e culturale. Sfogliando Peccatori 2, si può possono scovare, praticamente a ogni pagina, delle chicche. Tipo, la passione di D’Annunzio per le uova e la frittata. Scrive Saran: «D’Annunzio aveva un’esperienza indelebile legata alle frittate, che ebbe occasione di esercitare in diretta nelle giornate di vacanza a Francavilla con i suoi giovani compagni di ventura in cui, a rotazione, erano chiamati “l’uno a sfamare tutti gli altri”. Lasciamogli la cronaca in diretta. Chi meglio di lui. “In un pomeriggio di luglio ci attardavamo nella delizia del bagno quando mi fu rammentato, con le voci della fame, toccare a me le cura della cucina”. La affronta come si deve. “Non mancai di avvolgermi in una veste di lino rapita a Ebe”, la dea della giovinezza, “e di correre verso la vasta dimora costruita di tufo e adornata di maioliche paesane”. Non c’è storia: “Ruppi trentatré uova e, dopo averle sbattute, le agguagliai (mischiai) nella padella dal manico di ferro lungo come quello di una chitarra”. La notte è illuminata dal chiaro di luna che si riflette sulle onde, silenziose in attesa, e fu così che “adunai la sapienza e il misurato vigore... e diedi il colpo attentissimo a ricevere la frittata riversa”. Ma nulla da fare, questa, volando nel cielo non ricadde a terra, ovvero sulla padella. E qui avviene il miracolo laico. “Nel volgere gli occhi al cielo scorsi nel bagliore del novilunio la tunica e l’ala di un angelo”. Il finale conseguente. “L’angelo, nel passaggio, aveva colta la frittata in aria, l’aveva rapita, la sosteneva con le dita” con la missione imperativa di recarla ai Beati, “offerta di perfezione terrestre...”, di cui lui era stato (seppur involontario) protagonista. “Io mi vanto maestro insuperabile nell’arte della frittata per riconoscimento celestiale”.
La buona e sana cucina, dunque, ha come traino produttori e ristoratori «ma ancor più valore aggiunto deriva da degni ambasciatori e, con questo, i Peccatori di gola credo meritino piena assoluzione», conclude l’autore.
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Dal primo luglio 2026, in tutta l’Unione europea entrerà in vigore un contributo fisso di tre euro per ciascun prodotto acquistato su internet e spedito da Paesi extra-Ue, quando il valore della spedizione è inferiore a 150 euro. L’orientamento politico era stato definito già il mese scorso; la riunione di ieri del Consiglio Ecofin (12 dicembre) ne ha reso operativa l’applicazione, stabilendone i criteri.
Il prelievo di 3 euro si applicherà alle merci in ingresso nell’Unione europea per le quali i venditori extra-Ue risultano registrati allo sportello unico per le importazioni (Ioss) ai fini Iva. Secondo fonti di Bruxelles, questo perimetro copre «il 93% di tutti i flussi di e-commerce verso l’Ue».
In realtà, la misura non viene presentata direttamente come un’iniziativa mirata contro la Cina, anche se è dalla Repubblica Popolare che proviene la quota maggiore di pacchi. Una delle preoccupazioni tra i ministri è che parte della merce venga immessa nel mercato unico a prezzi artificialmente bassi, anche attraverso pratiche di sottovalutazione, per aggirare le tariffe che si applicano invece alle spedizioni oltre i 150 euro. La Commissione europea stima che nel 2024 il 91% delle spedizioni e-commerce sotto i 150 euro sia arrivato dalla Cina; inoltre, valutazioni Ue indicano che fino al 65% dei piccoli pacchi in ingresso potrebbe essere dichiarato a un valore inferiore al reale per evitare i dazi doganali.
«La decisione sui dazi doganali per i piccoli pacchi in arrivo nell’Ue è importante per garantire una concorrenza leale ai nostri confini nell’era odierna dell’e-commerce», ha detto il commissario per il Commercio, Maroš Šefčovič. Secondo il politico slovacco, «con la rapida espansione dell’e-commerce, il mondo sta cambiando rapidamente e abbiamo bisogno degli strumenti giusti per stare al passo».
La decisione finale da parte di Bruxelles arriva dopo un iter normativo lungo cinque anni. La Commissione europea aveva messo sul tavolo, nel maggio 2023, la cancellazione dell’esenzione dai dazi doganali per i pacchi con valore inferiore a 150 euro, inserendola nel pacchetto di riforma doganale. Nella versione originaria, l’entrata in vigore era prevista non prima della metà del 2028. Successivamente, il Consiglio ha formalizzato l’abolizione dell’esenzione il 13 novembre 2025, chiedendo però di anticipare l’applicazione già al 2026.
C’è poi un secondo balzello messo a punto dall’esecutivo Meloni. Si tratta di un emendamento che prevede l’introduzione di un contributo fisso di due euro per ogni pacco spedito con valore dichiarato fino a 150 euro.
La misura, però, non sarebbe limitata ai soli invii provenienti da Paesi extra-Ue. Rispetto alle ipotesi circolate in precedenza, l’impostazione è stata ampliata: se approvata, la tassa finirebbe per applicarsi a tutte le spedizioni di piccoli pacchi, indipendentemente dall’origine, quindi anche a quelle spedite dall’Italia. In origine, l’idea sembrava mirata soprattutto a intercettare le micro-spedizioni generate da piattaforme come Shein o Temu. Il punto, però, è che colpire esclusivamente i pacchi extra-europei avrebbe reso la misura assimilabile a un dazio, materia che rientra nella competenza dell’Unione europea e non dei singoli Stati membri. Per evitare questo profilo di incompatibilità, l’emendamento alla manovra 2026 ha quindi «generalizzato» il prelievo, estendendolo all’intero perimetro delle spedizioni. L’effetto pratico è evidente: la tassa non impatterebbe solo sulle piattaforme asiatiche, ma anche sugli acquisti effettuati su Amazon, eBay e, in generale, su qualsiasi negozio online che spedisca pacchi entro quella soglia di valore dichiarato.
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Insomma: il vento è cambiato. E non spinge più la solita, ingombrante, vela francese che negli ultimi anni si era abituata a intendere l’Italia come un’estensione naturale della Rive Gauche.
E invece no. Il pendolo torna indietro. E con esso tornano anche ricordi e fantasie: Piersilvio Berlusconi sogna la Francia. Non quella dei consessi istituzionali, ma quella di quando suo padre, l’unico che sia riuscito a esportare il varietà italiano oltre le Alpi, provò l’avventura di La Cinq.
Una televisione talmente avanti che il presidente socialista François Mitterrand, per non farla andare troppo lontano, decise di spegnerla. Letteralmente.
Erano gli anni in cui gli italiani facevano shopping nella grandeur: Gianni Agnelli prese una quota di Danone e Raul Gardini mise le mani sul più grande zuccherificio francese, giusto per far capire che il gusto per il raffinato non ci era mai mancato. Oggi al massimo compriamo qualche croissant a prezzo pieno.
Dunque, Berlusconi – quello junior, stavolta – può dirlo senza arrossire: «La Francia sarebbe un sogno». Si guarda intorno, valuta, misura il terreno: Tf1 e M6.
La prima, dice, «ha una storia imprenditoriale solida»: niente da dire, anche le fortezze hanno i loro punti deboli. Con la seconda, «una finta opportunità». Tradotto: l’affare che non c’è, ma che ti fa perdere lo stesso due settimane di telefonate.
Il vero punto, però, è che mentre noi guardiamo a Parigi, Parigi si deve rassegnare. Lo dimostra il clamoroso stop di Crédit Agricole su Bpm, piantato lì come un cartello stradale: «Fine delle ambizioni». Con Bank of America che conferma la raccomandazione «Buy» su Mps e alza il target price a 11 euro. E non c’è solo questo. Natixis ha dovuto rinunciare alla cassaforte di Generali dov’è conservata buona parte del risparmio degli italiani. Vivendi si è ritirata. Tim è tornata italiana.
Il pendolo, dicevamo, ha cambiato asse. E spinge ben più a Ovest. Certo Parigi rimane il più importante investitore estero in Italia. Ma il vento della geopolitica e cambiato. Il nuovo asse si snoda tra Washington e Roma Gli americani non stanno bussando alla porta: sono già entrati.
E non con due spicci.
Ieri le due sigle più «Miami style» che potessero atterrare nel dossier Ilva – Bedrock Industries e Flacks Group – hanno presentato le loro offerte. Americani entrambi. Dall’odore ancora fresco di oceano, baseball e investimenti senza fronzoli.
E non è un caso isolato.
In Italia operano oltre 2.700 imprese a partecipazione statunitense, che generano 400.000 posti di lavoro. Non esattamente compratori di souvenir. Sono radicati nei capannoni, nella logistica, nelle tecnologie, nei servizi, nella manifattura. Un pezzo intero di economia reale. Poi c’è il capitolo dei giganti della finanza globale: BlackRock, Vanguard, i soliti nomi che quando entrano in una stanza fanno più rumore del tuono. Hanno fiutato l’aria e annusato l’Italia come fosse un tartufo bianco d’Alba: raro, caro e conveniente.
Gli incontri istituzionali degli ultimi anni parlano chiaro: data center, infrastrutture, digitalizzazione, energia.
Gli americani non si accontentano. Puntano al core del futuro: tecnologia, energia, scienza della vita, space economy, agritech.
Dopo l’investimento di Kkr nella rete fissa Telecom - uno dei deal più massicci degli ultimi quindici anni - la direzione è segnata: Washington ha scoperto che l’Italia rende.
A ottobre 2025 la grande conferma: missione economica a Washington, con una pioggia di annunci per oltre 4 miliardi di euro di nuovi investimenti. Non bonus, non promesse, ma progetti veri: space economy, sostenibilità, energia, life sciences, agri-tech, turism. Tutti settori dove l’Italia è più forte di quanto creda, e più sottovalutata di quanto dovrebbe.
A questo punto il pendolo ha parlato: gli americani investono, i francesi frenano.
E chissà che, alla fine, non si chiuda il cerchio: gli Usa tornano in Italia come investitori netti, e Berlusconi torna in Francia come ai tempi dell’avventura di La Cinq.
Magari senza che un nuovo Mitterrand tolga la spina.
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