2019-06-10
«La ricetta di Trump funziona. Ora applicatela pure in Italia»
L'esperto di Wall Street Jason Trennert: «Tagliando le tasse il presidente ha ridato fiducia alle imprese Imitandolo potreste rilanciare la crescita, ma siate pronti ad accettare diseguaglianze».Jason Trennert è uno degli investitori più influenti di Wall Street, fondatore e Ceo dello Strategas fund, è uno dei massimi esperti a Wall Street di mercati e politiche economiche. Prima che Donald Trump venisse eletto, molti prevedevano che se fosse diventato presidente, l'economia americana si sarebbe contratta e la borsa sarebbe crollata. Ma è accaduto l'opposto. Il perché lo abbiamo chiesto proprio a Trennert.Qual è il segreto del successo economico di Trump?«Dall'elezione di Trump, uno dei cambiamenti più evidenti nell'ambito economico è l'aumento della fiducia da parte delle imprese. Questo è stato sostanzialmente il risultato dell'insistenza di Trump nel voler tagliare le tasse e i profitti aziendali, che in Usa erano tra i più alti al mondo, ma anche dalla sua volontà di semplificare le norme amministrative, soprattutto nel settore bancario ed energetico». E questo ha rilanciato la crescita?«Il presidente e i suoi consiglieri economici hanno subito rifiutato il concerto di una “nuova normalità" secondo la quale la crescita economica è destinata a essere perennemente deludente. L'amministrazione Trump ha capito subito che i governi possono influenzare ma non controllare la crescita economica - possono cioè solamente creare gli incentivi per stimolarla». Come?«Riducendo l'aliquota dell'imposta sulle società, abbassando le tasse sui profitti ricondotti in patria dall'estero, rendendo del tutto deducibile dalle tasse l'investimento nei beni strumentali delle imprese e creando così le condizioni necessarie per investire». Le tensioni commerciali non rischiano di rovinare il piano?«In questo momento, le aziende sono più prudenti. Ma credo che la risoluzione di queste tensioni commerciali darà maggiore fiducia alle imprese e agli investimenti. Una guerra commerciale prolungata potrebbe, invece, compromettere gli effetti positivi della politica fiscale dell'amministrazione».Se Donald Trump fosse un titolo azionario, che simbolo avrebbe? E lei continuerebbe a puntare su di lui?«Mi sembra chiaro che il simbolo sarebbe Trump se fosse quotato al Nasdaq, o Djt se lo volesse invece quotarsi alla Borsa di New York... E a questi questi prezzi, lo comprerei. Entro la fine dell'anno il presidente potrebbe trovarsi in una posizione in cui la banca centrale taglierebbe i tassi d'interesse e le aziende si sentirebbero sollevate dalla fine delle tensioni commerciali. Se entrambe le cose dovessero succedere, i mercati avrebbero un'impennata, l'economia si rafforzerebbe, e diventerebbe molto difficile sconfiggere Trump nel 2020».Trump sostiene che la Borsa americana sarebbe ancora più in alto se la Fed non alzasse i tassi d'interesse. Lei è d'accordo?«Questo è vero, ma è anche vero che la Borsa americana sarebbe ancora più forte se gli investitori non fossero preoccupati dell'impatto a lungo termine di questa guerra commerciale. Ma il presidente aveva ragione nel sostenere che la Fed stava alzando i tassi troppo rapidamente. E ora, sembra molto probabile che la Fed diminuisca i tassi verso la fine dell'anno».La politica economica di Trump si potrebbe applicare ad altri Paesi, per esempio l'Italia?«Certamente! Studio l'economia e i mercati da 30 anni e ho anche esperienza reale, avendo fondando la mia azienda. Sento, ora più che mai, che la gente reagisce positivamente agli incentivi. Le politiche che promuovono la formazione di capitale e che limitano l'influenza del governo producono economie più forti. Una nazione può scegliere l'economia che vuole, ma la deve poter finanziare. Lo stimolo alle imprese private aumenterebbe senza dubbio la crescita europea. Gli effetti sarebbero che alcuni diventerebbero estremamente ricchi e le classi sociali diventerebbero più fluide».Più fluide? Cioè?«I poveri potrebbero diventare ricchi, e i ricchi potrebbero diventare poveri. Come americano, mi sembra invece che gli europei spesso preferiscano rischiare la mediocrità economica condivisa piuttosto che una prosperità sbilanciata. E questa è una scelta politica».La disoccupazione al 3,6%, i salari crescono, e il Pil americano supera ogni aspettativa. Questa performance economica può durare a lungo?«Qui si dice che l'espansione economica non muore di vecchiaia, ma viene uccisa». Che significa?«Non c'è alcun motivo per il quale l'espansione non possa durare più a lungo, sempre che la Fed o l'amministrazione non commettano gravi errori. Le aspettative d'inflazione negli Usa rimangono basse, e la politica della Fed non è restrittiva. La politica fiscale crea gli stimoli e si continuano ad allentare le regole per le aziende. In questo contesto, il rischio più significativo per l'economia americana è il commercio, ma anche qui bisogna ricordare che gli Stati Uniti hanno un deficit commerciale, e dunque non dipendono dalle esportazioni per crescere». E quindi?«Questa è la ragione principale per la quale gli Stati Uniti possono portare il resto del mondo verso la recessione, e non viceversa. È difficile, quindi, immaginare che una recessione globale possa condurre alla recessione negli Stati Uniti». Può crescere ancora la Borsa americana? O ha raggiunto il suo limite?«Credo che il mercato abbia ampio spazio di crescita, specialmente per le azioni di natura ciclica, ad esempio nel settore finanziario, industriale, e tecnologico. Questo presume che ci stiamo avvicinando a un accordo commerciale con la Cina e con il Messico». È preoccupato che la guerra dei dazi possa danneggiare l'economia americana?«Secondo le nostre previsioni, i dazi toglieranno mezzo punto percentuale dal Pil americano sia nel 2019 sia nel 2020. Visto che i dazi sono sostanzialmente una tassa, si può presumere che l'economia rallenti, ma la struttura del calcolo per il Pil americano rende molto difficile prevedere una recessione senza una escalation dei dazi o una restrizione della Fed». Stati Uniti e Cina sono impegnati in una guerra dei dazi. Pensa che i dazi alla Cina possano contenere le mire espansionistiche cinesi?«Penso che entrambe le parti abbiano molto da perdere sia politicamente sia economicamente da una lunga guerra commerciale, e che presto appianeranno le loro differenze. Se questo vuol dire una ritirata di entrambi dal mirare a una influenza geopolitica di lungo termine, resta da vedere. Ma la Cina rimarrà un rivale economica degli Usa per decenni». Facebook è pronta a lanciare la propria moneta. Che effetto avrebbe questo sul sistema bancario mondiale?«Dal mio punto di vista, mi sembra più che altro una barzelletta. Se Facebook non riesce neanche a preservare i nostri dati personali, come si può pensare che sia in grado di gestire una moneta? La mia unica preoccupazione sarebbe nei confronti di quelli che non apprezzano i benefici di possedere la valuta di riserva mondiale, il dollaro». Lei ha scritto un libro per spiegare Trump agli investitori, ma Trump ha ancora bisogno di essere spiegato?«Credo che a questo punto molti degli investitori professionisti capiscano bene il fenomeno Trump e l'ascesa globale del populismo. Quello che trovo ancora sconvolgente è quanti membri della nostra classe politica e del nostro giornalismo credano ancora che la vittoria del presidente Trump nel 2016 sia avvenuta per caso, per errore, o per un'anomalia». Le cose non stanno così?«La verità è che molte delle idee che le élite, sia di sinistra sia di destra, hanno proposto agli elettori negli ultimi 30 anni, come l'immigrazione illegale incontrollata, il libero commercio con un Paese che manipola la propria valuta, cambi di regime nei Paesi stranieri e tassi di interesse a zero, alla fine abbiano danneggiato la gente comune».