2020-04-10
La «potenza di fuoco» si è ridotta al fumo. Il dl Liquidità di Conte risulta a saldo zero
Perfino i prestiti fino a 25.000 euro sono riservati a chi fattura quattro volte tanto. E le Casse private congelano i 600 euro.Abbiamo scherzato. Non La Verità: che anzi ha raccontato ai lettori dal primo minuto tutti i rischi di fregatura legati al decreto Liquidità, per come era stato concepito e impostato. Ma hanno scherzato e scherzano pesantemente - con la pazienza degli italiani - Giuseppe Conte e Roberto Gualtieri. Infatti, ora che il decreto è stato bollinato e pubblicato, e dunque i testi ufficiali hanno preso il posto delle nostre indiscrezioni e interpretazioni (pur rivelatesi precisissime), la certezza della beffa è totale.Altro che «potenza di fuoco»: siamo alla «potenza di fumo». Ne volete la testimonianza definitiva? Il provvedimento è a saldo zero. Se n'è accorto tra i primissimi Massimo Garavaglia, già viceministro all'Economia, che ha mostrato anche su Twitter la tabellina allegata alla versione bollinata del decreto. «Quanto mette il governo? Zero. Sì, zero euro. Che effetto sul Pil può avere un decreto che investe zero euro?», è stata la domanda retorica dell'esponente della Lega. Detto questo, veniamo a ciò che rischia di accadere quando ci si troverà materialmente di fronte a uno sportello bancario. È confermato che la garanzia al 100%, senza valutazione del merito di credito, è prevista solo per i prestiti più piccoli, fino a 25.000 euro. Di fatto, potrebbe essere (vedremo tra poco la ragione del verbo al condizionale) l'unico treno destinato a viaggiare su un binario sicuro e ad arrivare in stazione: posto che la stazione di arrivo sarà il pagamento delle tasse di giugno (e quindi l'Agenzia delle entrate), mentre i conti correnti di famiglie e imprese saranno solo stazioni di transito, nella stragrande maggioranza dei casi. Ma perché abbiamo usato il condizionale? Perché (ecco la nuova amara conferma di queste ore) perfino i 25.000 euro appaiono a rischio. In base all'art. 13 lettera «m» del provvedimento, non si può chiedere più del 25% dei propri ricavi. Ricavi per 20.000 euro? Non si potrà andare oltre la richiesta di 5.000 euro. Ricavi per 40.000 euro? Non si potrà andare oltre la richiesta di 10.000 euro, e così via. In altre parole, la soglia dei 25.000 sarà raggiungibile, come richiesta, solo da chi abbia ricavi o compensi pari o superiori a 100.000 euro. Morale: molti piccolissimi commercianti e artigiani rischiano di dover fare i conti con una tagliola imprevista perfino per una somma così piccola. Ma per cifre superiori la situazione è ancora peggiore. Al di sopra dei 25.000, cioè per i prestiti fino a 800.000 euro, la garanzia sarà al 100% (90% Stato e 10% Confidi), ma con una valutazione bancaria della solvibilità. Ancora al di sopra, per le imprese grandi e medie, è confermato il ruolo di Sace, con garanzie fino al 90% (comunque fino a 5 milioni), ma anche qui sulla base di una valutazione del merito di credito. Morale: le banche avranno tutti gli strumenti per stoppare le posizioni in sofferenza. E in concreto, un imprenditore al limite, che viaggiava sul filo del rasoio, rischia di cadere inesorabilmente vittima delle forche caudine delle valutazioni bancarie, del rating, del merito. Tutte cose che potranno ritardare o precludere l'accesso a una liquidità vitale. In sede teorica, il cittadino potrebbe eccepire: cara banca, non puoi dirmi no per un'operazione nella quale è in gioco solo il 10% del rischio. Ma non è affatto detto che l'argomento abbia successo. Da questo punto di vista, sarebbe vitale che le norme attuative (che arriveranno entro qualche giorno), necessarie a rendere operativo il decreto legge, derogassero rispetto ai criteri di Basilea e facessero anche venir meno le segnalazioni al sistema Crif, la temutissima centrale rischi. In particolare, per evitare che piccole cicatrici del passato recente incidano negativamente sulla posizione dell'imprenditore, sarebbe indispensabile disporre la cancellazione dal sistema delle segnalazioni per importi al di sotto di una certa soglia.Derogare rispetto a Basilea e alle procedure ordinarie diventa vitale anche dal punto di vista dei tempi per finalizzare l'operazione. Anche ammesso che le istruttorie abbiano esito favorevole, in circostanze normali servirebbero 4-5 settimane per l'erogazione effettiva, un tempo lunghissimo. Con una modifica e un binario veloce, tutto si potrebbe ridurre al ragionevole tempo di 7-9 giorni. Peraltro, dalla circolare Abi che illustra il decreto, si evince non solo che il prestito non sarà a tasso zero, ma che le imprese dovranno versare commissioni alla Sace per le garanzie. Ultimo «dettaglio»: tutto dipende dall'esito della partita a Bruxelles, visto che il governo, diversamente da quanto fece a marzo, non ha ritenuto di chiedere al Parlamento un'ulteriore autorizzazione a sforare. Su un altro piano, va infine segnalata l'ennesima beffa. Avendo il dl Liquidità modificato pure i requisiti di accesso all'indennità di 600 euro stabilita dal Cura Italia varato a marzo, le Casse di previdenza private si sono viste di fatto forzate a sospendere i relativi pagamenti agli iscritti, in attesa che questi ultimi autocertifichino di essere iscritti alle Casse in via esclusiva e di non essere titolari di redditi da lavoro dipendente. Altro caos, altra burocrazia, altro tempo perso, altra rabbia.
Roberto Occhiuto (Imagoeconomica)
Il presidente di Generalfinance e docente di Corporate Finance alla Bocconi Maurizio Dallocchio e il vicedirettore de la Verità Giuliano Zulin
Dopo l’intervista di Maurizio Belpietro al ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin, Zulin ha chiamato sul palco Dallocchio per discutere di quante risorse servono per la transizione energetica e di come la finanza possa effettivamente sostenerla.
Il tema centrale, secondo Dallocchio, è la relazione tra rendimento e impegno ambientale. «Se un green bond ha un rendimento leggermente inferiore a un titolo normale, con un differenziale di circa 5 punti base, è insensato - ha osservato - chi vuole investire nell’ambiente deve essere disposto a un sacrificio più elevato, ma serve chiarezza su dove vengono investiti i soldi». Attualmente i green bond rappresentano circa il 25% delle emissioni, un livello ritenuto ragionevole, ma è necessario collegare in modo trasparente raccolta e utilizzo dei fondi, con progetti misurabili e verificabili.
Dallocchio ha sottolineato anche il ruolo dei regolamenti europei. «L’Europa regolamenta duramente, ma finisce per ridurre la possibilità di azione. La rigidità rischia di scoraggiare le imprese dal quotarsi in borsa, con conseguenze negative sugli investimenti green. Oggi il 70% dei cda delle banche è dedicato alla compliance e questo non va bene». Un altro nodo evidenziato riguarda la concentrazione dei mercati: gli emittenti privati si riducono, mentre grandi attori privati dominano la borsa, rendendo difficile per le imprese italiane ed europee accedere al capitale. Secondo Dallocchio, le aziende dovranno abituarsi a un mercato dove le banche offrono meno credito diretto e più strumenti di trading, seguendo il modello americano.
Infine, il confronto tra politica monetaria europea e americana ha messo in luce contraddizioni: «La Fed dice di non occuparsi di clima, la Bce lo inserisce nei suoi valori, ma non abbiamo visto un reale miglioramento della finanza green in Europa. La sensibilità verso gli investimenti sostenibili resta più personale che istituzionale». Il panel ha così evidenziato come la finanza sostenibile possa sostenere la transizione energetica solo se accompagnata da chiarezza, regole coerenti e attenzione al ritorno degli investimenti, evitando mode o vincoli eccessivi che rischiano di paralizzare il mercato.
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