
Oggi in tutta Italia numerose iniziative di sensibilizzazione contro l'omofobia. Un concetto che viene brandito come una clava per censurare e zittire le opinioni difformi. Tra cui quelle di chi osa difendere la vita e la famiglia, più che mai sotto attacco.Il 17 maggio del 1990 l'Organizzazione mondiale della sanità decise di togliere l'omosessualità dal novero delle malattie mentali. Ecco perché, da dodici anni a questa parte, è stata istituita in questa data la Giornata mondiale contro l'omofobia e la transfobia. L'evento si celebra anche nel nostro Paese, con decine di iniziative al Nord come al Sud. Torino, Napoli, Bologna, Palermo, Modena, Ragusa, Padova: ovunque sbocciano conferenze, spettacoli, lezioni, convegni e via dicendo. Sono parecchi pure gli appuntamenti istituzionali. Nella sala polifunzionale della presidenza del Consiglio dei ministri, il sottosegretario con delega alle Pari opportunità, Vincenzo Spadafora, presenterà i risultati di un'indagine realizzata da Ipsos dedicata alle persone Lgbt, e coglierà l'occasione per illustrare le iniziative governative «per la prevenzione e il contrasto delle discriminazioni basate sull'orientamento e sull'identità di genere». La medesima presidenza del Consiglio, per altro, tramite l'Unar ha diffuso uno spot televisivo in cui si spiega che, tra le tante fobie che possono affliggere l'essere umano, l'omofobia è senz'altro la peggiore e la più pericolosa. Niente di originale, insomma, ma l'impegno non è mancato. Se Spadafora è impegnato con i dati statistici, l'inarrestabile Monica Cirinnà parteciperà a un dibattito-concerto organizzato dal Circolo Mario Mieli di Roma. In giro per la Penisola, però, non si vedranno soltanto balli e canti: ci sono persino varie chiese (anche cattoliche) che hanno allestito veglie di preghiera contro l'omofobia. Accadrà a Roma, nella parrocchia di San Fulgenzio alla Balduina, ma pure in altre città. Come si può vedere, dunque, sul tema dell'omofobia la mobilitazione è generale, largamente appoggiata dalle istituzioni e pure dai presunti nemici degli omosessuali, ovvero i cattolici. Per altro, se vogliamo dirla tutta, da un po' di tempo a questa parte di omofobia si parla quasi quotidianamente sui giornali, in televisione, negli eventi pubblici. Una giornata di sensibilizzazione sull'argomento non sarebbe nemmeno necessaria. Anzi: la questione dei diritti gay è così sovraesposta da ottenere molta più visibilità rispetto ad altre questioni che sono - ce lo vogliano concedere i cari progressisti - per lo meno altrettanto rilevanti. Facciamo un esempio: giusto ieri il ministro della Famiglia, Lorenzo Fontana, ha scritto al presidente dell'Inps, Pasquale Tridico, onde ricordargli l'esistenza di un conto in sospeso. Secondo Fontana, è necessario «dare alle famiglie i circa 6 miliardi di euro degli assegni familiari che l'Inpns risulta non aver mai erogato». Nella sua lettera, il ministro sollecita Tridico a «fare chiarezza sulla rilevata discrepanza tra risorse assegnate e risorse effettivamente erogate, che ammonterebbe a circa 6 miliardi di euro» e invita a considerare i fondi «derivanti dall'avanzo di cassa strutturale di circa 1 miliardo di euro all'anno, che si verifica sistematicamente nella gestione degli assegni familiari in ambito Inps, alla stregua di un credito maturato dalle famiglie italiane in tutti questi anni». Il tema dei denari dovuti alle famiglie è centrale, poiché riguarda la vita reale di tantissimi italiani. Le associazioni pro vita hanno sollevato la questione parecchie volte, del resto a questo servono gli eventi come il Congresso delle famiglie. Il problema è che, quando si mettono in piedi iniziative dedicate ai problemi delle famiglie, si ripresenta puntuale la parolina di cui abbiamo scritto poco fa: «Omofobia». Ed eccoci al punto. Visto che oggi si celebra la Giornata mondiale contro l'omofobia, occorrerebbe fare una riflessione davvero seria e ammettere che il termine in questione ha cambiato completamente di significato. Come abbiamo scritto, in Italia non mancano affatto iniziative contro la discriminazione delle persone Lgbt. Non solo non vengono impedite, ma sono per lo più supportate con entusiasmo dalle istituzioni, persino quando si tratta di eventi chiaramente politici. Va benissimo: discriminazioni, oppressioni e maltrattamenti non piacciono a nessuno, e di certo non li meritano gli omosessuali. Il fatto, però, è che oggi l'omofobia è diventata a sua volta una forma di oppressione. Si accusa di omofobia chiunque osi criticare le affermazioni dei gruppi arcobaleno. Basta un attimo per ricevere il marchio di infamia. Pensi che tra maschi e femmine ci siano differenze? Sei omofobo. Difendi la famiglia? Sei omofobo. Ti opponi al cambio di sesso di un bambino di 7 anni? Sei omofobissimo. In nome dell'omofobia si bacchetta, si silenzia, si censura ogni pensiero difforme, ogni posizione sgradita, comprese quelle di chi vorrebbe parlare (anche) dei diritti delle famiglie naturali composte da padre e madre. Diritti che, come dimostra la vicenda Inps, troppo spesso passano in secondo piano poiché attualmente va di moda l'arcobaleno. Le associazioni Lgbt vogliono festeggiare le loro numerose giornate d'orgoglio? Nessuno glielo impedisce. Ma abbiano il fegato di ammetterlo: la parola omofobia è tra le più consultate nel dizionario della nuova inquisizione.
Zohran Mamdani (Ansa)
Le battaglie ideologiche fondamentali per spostare i voti alle elezioni. Green e woke usati per arruolare i giovani, che puntano a vivere le loro esistenze in vacanza nelle metropoli. Ma il sistema non può reggere.
Uno degli aspetti più evidenti dell’instaurazione dei due mondi sta nella polarizzazione elettorale tra le metropoli e le aree suburbane, tra quelle che in Italia si definiscono «città» e «provincia». Questa riflessione è ben chiara agli specialisti da anni, rappresenta un fattore determinante per impostare ogni campagna elettorale almeno negli ultimi vent’anni, ed è indice di una divisione sociale, culturale ed antropologica realmente decisiva.
Il fatto che a New York abbia vinto le elezioni per la carica di sindaco un musulmano nato in Uganda, di origini iraniane, marxista dichiarato, che qualche mese fa ha fatto comizi nei quali auspicava il «superamento della proprietà privata» e sosteneva che la violenza in sé non esista ma sia sempre un «costrutto sociale», così come il genere sessuale, ha aperto un dibattito interno alla Sinistra.
Jean-Eudes Gannat
L’attivista francese Jean-Eudes Gannat: «È bastato documentare lo scempio della mia città, con gli afghani che chiedono l’elemosina. La polizia mi ha trattenuto, mia moglie è stata interrogata. Dietro la denuncia ci sono i servizi sociali. Il procuratore? Odia la destra».
Jean-Eudes Gannat è un attivista e giornalista francese piuttosto noto in patria. Nei giorni scorsi è stato fermato dalla polizia e tenuto per 48 ore in custodia. E per aver fatto che cosa? Per aver pubblicato un video su TikTok in cui filmava alcuni immigrati fuori da un supermercato della sua città.
«Quello che mi è successo è piuttosto sorprendente, direi persino incredibile», ci racconta. «Martedì sera ho fatto un video in cui passavo davanti a un gruppo di migranti afghani che si trovano nella città dove sono cresciuto. Sono lì da alcuni anni, e ogni sera, vestiti in abiti tradizionali, stanno per strada a chiedere l’elemosina; non si capisce bene cosa facciano.
Emanuele Orsini (Ansa)
Dopo aver proposto di ridurre le sovvenzioni da 6,3 a 2,5 miliardi per Transizione 5.0., Viale dell’Astronomia lamenta la fine dei finanziamenti. Assolombarda: «Segnale deludente la comunicazione improvvisa».
Confindustria piange sui fondi che aveva chiesto lei di tagliare? La domanda sorge spontanea dopo l’ennesimo ribaltamento di fronte sul piano Transizione 5.0, la misura con dote iniziale da 6,3 miliardi di euro pensata per accompagnare le imprese nella doppia rivoluzione digitale ed energetica. Dopo mesi di lamentele sulla difficoltà di accesso allo strumento e sul rischio di scarse adesioni, lo strumento è riuscito nel più classico dei colpi di scena: i fondi sono finiti. E subito gli industriali, che fino a ieri lo giudicavano un fallimento, oggi denunciano «forte preoccupazione» e chiedono di «tutelare chi è rimasto in lista d’attesa».
Emmanuel Macron (Ansa)
L’intesa risponderebbe al bisogno europeo di terre rare sottraendoci dal giogo cinese.
Il tema è come rendere l’Ue un moltiplicatore di vantaggi per le nazioni partecipanti. Mettendo a lato la priorità della sicurezza, la seconda urgenza è spingere l’Ue a siglare accordi commerciali nel mondo come leva per l’export delle sue nazioni, in particolare per quelle che non riescono a ridurre la dipendenza dall’export stesso aumentando i consumi interni e con il problema di ridurre i costi di importazione di minerali critici, in particolare Italia e Germania. Tra i tanti negoziati in corso tra Ue e diverse nazioni del globo, quello con il Mercosur (Brasile, Argentina, Paraguay ed Uruguay) è tra i più maturi (dopo 20 anni circa di trattative) e ha raggiunto una bozza abbastanza strutturata.






