2020-11-08
La Difesa senza Washington? Parigi e Berlino brigano però i piani Ue fanno acqua
Emmanuel Macron e Angela Merkel (Ansa)
Il disimpegno Usa dalla Nato ha alimentato le mire di Emmanuel Macron su un esercito europeo. Più cauti i tedeschi. Bruxelles cerca sponde e stanzia miliardi, ma con scarsi risultati.L'esito - salvo clamorosi ribaltoni giudiziari - delle elezioni presidenziali americane e i nuovi episodi di terrorismo di matrice islamica che hanno colpito il cuore dell'Europa stanno mettendo pressione alle nazioni Ue affinché costruiscano migliori capacità di difesa. Ne deriva che gli impegni a investire in nuove risorse militari paneuropee stanno diventando più urgenti. Da un lato, seppure il Regno Unito sia fuori dall'Ue, c'è il Future combat air system (Fcas), programma che include un caccia di sesta generazione che possa operare insieme con droni armati, costituendo un sistema d'arma di nuova concezione. Sono due i gruppi che ci stanno lavorando: uno creato da inglesi, svedesi e italiani (nel quale siamo gli unici a non aver ancora messo il denaro), mentre dall'altra parte ci sono Airbus e Dassault Aviation che fungono da appaltatori principali, rappresentando rispettivamente Francia, Germania e la servile Spagna.Poi c'è il programma armi 2040 dell'Unione, resosi necessario da quando Donald Trump, fin dal 2016, mise in dubbio l'attuale rilevanza degli sforzi militari transatlantici, compresa la Nato, e ha invitato gli alleati europei a spendere di più per la loro difesa, arrivando almeno al 2% dei singoli Pil nazionali. Filosofia da subito cavalcata dalla Francia, che storicamente, in fatto di armi, va per conto suo. Alla vigilia delle elezioni presidenziali americane, il ministro della Difesa tedesco, Annegret Kramp-Karrenbauer, aveva dichiarato: «Le illusioni dell'autonomia strategica europea devono finire», ma anche: «I responsabili politici in Germania e in Europa devono continuare a rafforzare le loro capacità militari, esortando il continente a riconoscere che per il prossimo futuro, rimarremo dipendenti dalla cooperazione armata con gli Stati Uniti». Parole che naturalmente non sono piaciute all'Eliseo, sia perché non è un segreto che Emmanuel Macron ambisca a guidare la nascente Difesa Ue, sia perché la Francia attualmente contende alla Russia il posto di secondo esportatore di armi al mondo dopo gli Usa.In questo scenario il processo caotico che segue le elezioni presidenziali statunitensi è considerato un campanello d'allarme per l'Europa a mantenere alta l'attenzione sul proprio destino strategico.Joel Barre, direttore acquisizioni della Direction générale de l'armement (Dga), praticamente colui che firma gli ordini di armi per la Francia, ha recentemente detto ai giornalisti che la cooperazione francotedesca sul programma Fcas e altri programmi rimarrà salda, ma anche che i prossimi cinque anni saranno cruciali affinché il programma sia confermato. Lo Fcas servirà per sostituire gli Eurofighter Typhoon ma soprattutto gli F-35 dal 2040 in poi, con un prodotto europeo completamente indipendente da Washington. Ma per porre le prerogative di una possibile Difesa europea il programma Fcas da solo non basta.A Bruxelles i funzionari dell'Unione, trainati in questo caso dalla Germania, che detiene l'attuale presidenza del Consiglio Ue, stanno creando una montagna di regole per permettere ai Paesi che fanno parte della Nato, ma non dell'Ue, e alle loro aziende, di aderire a progetti di cooperazione nel campo militare, nel quadro delle prerogative del Pesco, ovvero del Programma continuo e strutturato di cooperazione militare dei Paesi Ue, la cui creazione è prevista dal Trattato di Lisbona ed è poi stata attuata nel 2017. La bozza del nuovo accordo prevederebbe la partecipazione di nazioni e aziende terze come casi eccezionali, con procedure di selezione lunghe e complesse e soprattutto l'obbligo di approvazione all'unanimità da parte di tutti i membri. Come dire che vogliamo essere indipendenti dagli Usa, ma che siccome non possiamo permettercelo è meglio prevedere che anche le loro aziende possano fruire di fondi per la ricerca, purché abbiano stabilimenti in Europa. Ma anche per le nazioni Ue partecipare ai programmi di Difesa sarà complicato. E ci sono 47 progetti in corso che rischiano già di esaurire il budget stanziato dal Fondo europeo per la Difesa voluto dalla commissione Juncker: 13 miliardi delle nostre eurotasse da spendere tra il 2021 e il 2027, sui quali si avventeranno leader di settore, ma anche consorzi di aziende decisamente improvvisati.In attesa di sapere chi abiterà la Casa Bianca, i funzionari Ue tedeschi hanno messo in programma una riunione dei ministri della Difesa dei Paesi Ue per il 20 novembre. Probabilmente l'agenda vedrà un cambiamento dettato dai fatti accaduti di Parigi e Vienna, ma rimarrà la discussione riguardante i principi generali delle nazioni Nato ma non Ue per partecipare alla Difesa europea, partendo dal fatto che questi devono «condividere i valori dell'Unione e onorare buone relazioni di vicinato con i Paesi membri» e offrire un «valore aggiunto sostanziale» a un determinato progetto, ad esempio attraverso «competenze tecniche o capacità aggiuntive, compreso il supporto operativo o finanziario». Ancora una volta, se da un lato i requisiti escluderebbero nazioni inaffidabili come la Turchia, dall'altro si tende una mano a chi ha soldi da spendere, con i funzionari Ue che si dicono preoccupati di lasciare competenze e conoscenze a Paesi a rischio ma poi sono disposti a farsi finanziare da questi. Di conseguenza il nuovo patto includerebbe una sezione per impedire la proliferazione della tecnologia contro gli interessi dell'Ue, ma da codificare in un accordo separato e ancora da scrivere.Infine, questi Paesi terzi interessati a partecipare allo sviluppo della Difesa Ue dovranno fornire un «accordo sulla sicurezza delle informazioni» e un «accordo amministrativo» con l'Agenzia europea per la Difesa. Questo significa, per esempio, che un'azienda con più sedi posizionate in più nazioni dentro e fuori dall'Ue, che partecipi alla costruzione di una nuova arma, dovrà applicare regole differenti a seconda di dove si trovano gli stabilimenti. In soldoni, difficilmente vedremo un risultato prima del 2026, ma nel frattempo spenderemo i soldi fino all'ultimo centesimo. Senza risolvere la crisi della Nato, della quale forse si occuperà sempre la Casa Bianca in chiave antiterrorismo e - non dimentichiamolo - anticinese.
Attività all'aria aperta in Val di Fassa (Gaia Panozzo)
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