2020-02-09
        Girolamo Sirchia: «La Cina non ci dice tutto: è disorganizzata»
    
 
L'ex ministro della Salute: «È un Paese immaturo, con grandi disparità sociali. La situazione in Italia del coronavirus è tranquilla, ma va controllata l'immigrazione. L'accoglienza che il governo porta avanti non è espressione di bontà né di carità, è spaventosa».«Il centrodestra attuale è un movimento molto più di protesta rispetto a quello a guida berlusconiana, ma all'epoca la situazione era più tranquilla. Non avevamo l'austerity - una follia -, l'immigrazione non era così fuori controllo, c'era più sicurezza, e il clima sociale non era tanto negativo». A Girolamo Sirchia, 86 anni, ex ministro della Salute, la politica non manca. È preoccupato per la rabbia della gente, che vede diffidente e incattivita, e per un Paese che fatica a tornare a crescere dopo l'epoca berlusconiana. Professor Sirchia, come ha agito il governo italiano di fronte all'emergenza coronavirus?«Penso bene. Quello che è stato utilizzato è in sostanza il protocollo che avevamo individuato noi durante la crisi della Sars. La macchina organizzativa era già tutta predisposta. Oggi, di fronte a queste emergenze, la strada è spianata, all'epoca abbiamo dovuto affrontare parecchie difficoltà». Eppure hanno chiuso gli aerei per la Cina, ma non le rotte con gli scali…«Anche nel 2003 abbiamo chiuso solo i diretti perché i voli con gli scali sono difficili da bloccare vista l'enorme quantità di passeggeri. È importante però che si utilizzino i rilevatori di temperatura. Anche in questo caso nulla di nuovo: è la prassi del canale sanitario che avevamo ideato a Fiumicino e Malpensa con l'ospedale Spallanzani di Roma e Sacco di Milano». È stata evocata anche la peste. Si è fatto eccessivo allarmismo? «Io avrei fatto parlare di più i tecnici. Si è creata un po' di confusione, anche per colpa dei media che per “eccessivo entusiasmo" hanno fatto prendere alla situazione una piega non voluta dalle istituzioni». Lei come avrebbe provato a limitare i danni? «Per evitare che si diffonda il terrore occorre un portavoce che ogni giorno dia un bollettino con dati certi. Il ministro si occupa di politica, è normale che non sia preparatissimo nello specifico. Si deve indicare un responsabile carismatico all'interno della comunità scientifica che sia credibile. Così le acque si calmano. Per fortuna c'è il centralino».È giusta la richiesta di alcuni governatori del Nord di bloccare il ritorno a scuola per due settimane degli alunni provenienti dalla Cina? «Attualmente in Italia la situazione è tranquilla. Non credo ci siano motivi particolari per assumere misure di questa portata, se ne può fare a meno. Ogni blocco crea danni e contribuisce a diffondere un'immagine di terrore e paura tra la popolazione. E poi finiscono le mascherine… Per non parlare dei problemi economici. Ricordo che nel 2003 la compagnia della Scala sarebbe dovuta andare in Cina per esibirsi, ma non andò perché ci fu una levata di scudi dei sindacati». Ma la Cina ci sta dicendo tutto? È da tempo che lì l'epidemia si è diffusa, le notizie da noi sono arrivate parecchio dopo. Sembra di assistere a Chernobyl…«Anche al tempo della Sars ci fu un notevole ritardo nelle comunicazioni. La Cina è un Paese organizzativamente immaturo con grandi disparità economiche e sociali al suo interno. Bisogna aspettarsi che questo accada».Come mai Asiatica, Sars e ora Coronavirus nascono tutte in Oriente?«Purtroppo è così. Di sicuro influiscono le cattive condizioni igieniche di alcune aree della Cina. La Sars fu imputata a una pessima coabitazione tra uomo e animali». Vista l'espansione cinese in Africa, dobbiamo temere anche lì un contagio e un conseguente massiccio passaggio in Europa?«Non so se ci sia reale motivo per temere questo scenario. Certamente il controllo dell'immigrazione è una norma di tutela della salute pubblica. La situazione è grave. Il numero imprecisato di arrivi non è segno di civiltà. L'accoglienza che viene portata avanti non è espressione né di bontà né di carità, ma è spaventosa. Formalmente ci sentiamo a posto, però bisogna anche assistere le persone che arrivano, non le possiamo lasciare in mezzo a una strada, senza lavoro, magari in mano a gentaglia o nei centri senza poi controllare quello che effettivamente accade. Facciamo finta di salvare gli immigrati e in realtà li condanniamo».La psicosi per il coronavirus cresce. Ci sono danni notevoli all'economia nonché, pare, episodi di violenza contro la comunità cinese in Italia. Ma bisogna parlare di razzismo?«No, è la paura della gente che non conosce la realtà perché nessuno gliela spiega. Non c'è una fonte affidabile d'informazione, girano le voci più strane e hanno tutte lo stesso peso. I cinesi sono stati messi nel mirino e si teme di essere contaminati da qualcosa di misterioso che, tra l'altro, è letale in bassa percentuale». Una delle ricercatrici che ha isolato il virus, Francesca Colavita, è precaria. Le sembra accettabile? «È la testimonianza del sottosviluppo della ricerca scientifica in Italia. Un Paese che continua a sacrificare scuola, sanità e ricerca non capisce niente perché questi fattori sono motori di sviluppo sociale ed economico. È un errore strategico micidiale. Se non si fa ricerca non si creano brevetti e non si produce, e così si è costretti a comprare dall'estero indebolendo l'economia nazionale. Poi mettiamo miliardi sul reddito di cittadinanza che non funziona. È una cosa ridicola e sgradevole, una barzelletta. Se investissimo quei soldi su ricerca e istruzione l'Italia riceverebbe una straordinaria boccata d'ossigeno». Mancano da anni anche i medici. Abolirebbe il test d'ingresso a Medicina? «Lo manterrei, ma in altra forma. Lo sforzo deve essere quello di trovare la motivazione delle persone a intraprendere un percorso di studio, non di valutare le conoscenze iniziali. Le grandi università anglosassoni e americane ai colloqui esplorano le attitudini e cosa spinge i ragazzi. E non si può ragionare sempre in termini di guadagno: la medicina è una vocazione». Sono passati 15 anni dall'introduzione della legge Sirchia contro il fumo: un milione di fumatori in meno. Si può andare ancora oltre? «Assolutamente si. Nell'agenda di governo era solo il primo punto. Avremmo dovuto realizzare un blocco dell'iniziazione dei giovani - le multinazionali vogliono che i ragazzi oggi inizino a fumare prima perché diventano clienti certi per un numero di anni maggiore - e combattere contro la cultura del fumo». Il sindaco di Milano Giuseppe Sala vuole vietare il fumo anche all'aperto. È d'accordo? «Sono d'accordo su ogni iniziativa che abbia una logica progressiva. A me va anche bene che venga fatto così, è chiaro però che il problema non è la fermata del tram. Bisogna proibire il fumo nei luoghi semichiusi e di assembramento all'aperto dove c'è uno stretto contatto tra le persone. Mi va bene tutto purché si faccia qualcosa. Serve poi una legge che vieti la dispersione dei mozziconi a terra con multe salate». La sigaretta elettronica le piace?«No. È una cosa di cui non conosciamo la pericolosità, e piuttosto sappiamo che ormai inizia al fumo i giovani perché pensano che sia meno dannosa, il che è vero, ma diventa poi un tramite per passare alla sigaretta vera. È il giochetto strategico di questi grandi gruppi che differenziano l'offerta di mercato. Non gliene frega niente della salute pubblica, è lo Stato a doverci pensare, che invece fa finta di non vedere il problema e partecipa all'inaugurazione di uno stabilimento dove si fabbricano sigarette elettroniche. È una vergogna». Ci sono tre temi che tengono banco da tempo. Il primo è la legalizzazione della cannabis…«Assolutamente contrario».Il secondo è l'eutanasia, sdoganata dalla Consulta…«Ho cambiato idea su poche cose nella mia vita, ma su questo mi sono ravveduto. Chiarisco: mi sono opposto ferocemente all'eutanasia e ancora oggi ho delle perplessità, però in alcune condizioni la formula dell'accompagnamento alla morte tramite la sedazione profonda mi trova favorevole. È ovvio che tra questo e l'eutanasia il passo è molto breve. Si tratta di capire se in certi casi ci può essere spazio per spingere sull'acceleratore nell'interesse del malato e dei familiari».Il terzo sono i vaccini…«I no vax non hanno alcuna ragione d'esistere. È un movimento internazionale che nasce dalla paura e dal complottismo. Guadagnano su queste robe. È ampiamente dimostrato che tutte le loro teorie sono false. I vaccini salvano milioni di vite. Però l'informazione è stata per anni misteriosa: i medici e gli scienziati parlano con linguaggi incomprensibili e criptici, e la stampa non aiuta perché punta a fare scandalo».L'attuale ministro della Salute Speranza ha abolito il superticket. È d'accordo? «Assolutamente sì, mi sembra un'ottima idea. È vergognoso che si possa andare nel privato e spendere meno che nel pubblico perché lì il ticket non c'è. È assurdo».
        Beatrice Venezi (Imagoeconomica)