2022-12-13
Gli italiani hanno ricominciato a risparmiare
True
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Come mostra l’Indagine sul risparmio e sulle scelte finanziarie degli italiani 2022 di Intesa Sanpaolo e Centro Einaudi, la percentuale dei risparmiatori è tornata verso i livelli pre pandemia, attestandosi al 53,5%, in netto aumento rispetto al 48,6% del 2021.
Come mostra l’Indagine sul risparmio e sulle scelte finanziarie degli italiani 2022 di Intesa Sanpaolo e Centro Einaudi, la percentuale dei risparmiatori è tornata verso i livelli pre pandemia, attestandosi al 53,5%, in netto aumento rispetto al 48,6% del 2021.La quota varia però sensibilmente tra diversi gruppi sociali: riesce ad accantonare risorse il 68% dei laureati, contro meno del 50% di chi ha un’istruzione media inferiore. Risparmia il 69% di chi ha un reddito netto mensile maggiore di 2.500 euro, ma solo il 36% di chi non arriva ai 1.600 euro. Per quel che riguarda la percentuale di risparmio sul reddito, si attesta all’11,5%, in crescita rispetto al 10,9% del 2021 e non lontano dai livelli pre Covid (12,6%). Solo una quota minoritaria (il 17%) degli intervistati dichiara di accantonare risorse avendo in mente uno scopo preciso: il 30% circa lo fa per ragioni precauzionali. Alla presentazione dello studio hanno partecipato Gregorio De Felice, chief economist di Intesa Sanpaolo, Gian Maria Gros-Pietro, presidente dell’istituto di credito, Beppe Facchetti e Giuseppe Russo, rispettivamente presidente e direttore del Centro Einaudi, e la giornalista Debora Rosciani. Nel 2021, aggiunge lo studio, è continuata la «pioggia di liquidità»: rispetto a prima della pandemia, i depositi delle famiglie sono cresciuti del 13%, pari a 135 miliardi. Non si inverte quindi la tendenza a detenere saldi liquidi in eccesso per prudenza. In questa fase particolare occorre però fare i conti con l’inflazione che erode parte del denaro accumulato. Tanto che Gros-Pietro ha sottolineato: «L'inflazione è una brutta bestia perché tutti gli operatori si aspettano che continuerà e quindi anticipano gli acquisti per non dover subire troppo l'aumento dei prezzi, ma così facendo provocano un'accelerazione dell'aumento dei prezzi. Per evitare questo le Banche centrali sono molto rigide ma bisogna fare attenzione a cercare un atterraggio morbido», aggiungendo: «L'atteggiamento della Bce è determinante e mi sembra di capire che c’è una variazione negli accenti che vengono usati. Pertanto credo che un ammorbidimento possiamo aspettarcelo». Il presidente di Intesa ha poi ricordato: «I risparmiatore italiani preferiscono impieghi in cui, apparentemente, il rischio non esiste. Il rischio esiste per conto proprio, non si può evitare. Va affrontato e gestito».Sulla stessa linea anche De Felice: «Il grande tema è quello di un'elevata liquidità tenuta dalle famiglie italiane ancora sui conti correnti. Forse non tutte le famiglie hanno compreso che con un tasso di inflazione del 10% avere soldi fermi e non investirli ha un inevitabile costo. Credo che il nostro Paese abbia ancora un problema di educazione finanziaria nonostante gli sforzi che il sistema bancario sta effettuando». A questo proposito, si evidenzia ancora una forte debolezza: solo il 2,3% dei giovani si dichiara molto interessato all’economia, contro un 38% che si definisce per niente interessato. De Felice ha poi allargato gli orizzonti sulla situazione geopolitica internazionale: «Abbiamo un problema politico che è la guerra. A questo problema abbiamo reagito con le sanzioni, anche perché non si poteva fare altrimenti. Ma chi sta pagando il prezzo delle sanzioni? I cittadini e le imprese europee. Ecco questo politicamente, a livello centrale, va sicuramente compensato». Critiche poi a Bruxelles: «In Europa non siamo stati capaci di rispondere alla crisi energetica con una politica comune. Gli Stati Uniti negli ultimi dieci anni hanno raggiunto un’autonomia dal punto di vista energetico, noi no. Se l’Ue si limita al Repowereu chiaramente non sta scegliendo l’importante reazione avuta dopo la pandemia, con Next generation Eu e poi con i Piani nazionali».Un altro dato interessante è quello che riguarda la previdenza. Gli intervistati appaiono relativamente sereni sul proprio tenore di vita da anziani e restano basse le adesioni alla previdenza integrativa (17,6%) e alle polizze long term care (14% circa). Il 90% dei giovani non ha sottoscritto un fondo pensione per la mancanza di risparmi (57,4%) o perché ha altre priorità (37%).
Alfredo Mantovano (Imagoeconomica)
Ranieri Guerra (Imagoeconomica). Nel riquadro, Cristiana Salvi