2024-05-09
Israele: «Il conflitto a Gaza durerà un anno»
Il portavoce dell’esercito: «L’opinione pubblica non va ingannata». Ma i colloqui con Hamas al Cairo continuano. Il numero uno della Cia ricevuto da Benjamin Netanyahu. Il segretario Usa alla Difesa, Lloyd Austin: «Stiamo rivedendo alcuni aiuti militari a Gerusalemme».Il segretario dell’Alleanza atlantica a Roma. Così Giorgia Meloni vuole smarcarsi da Emmanuel Macron.Lo speciale contiene due articoli.«Non inganneremo l'opinione pubblica: anche dopo che ci saremo presi cura di Rafah, ci sarà il terrorismo. Hamas si sposterà a nord e si riorganizzerà». Lo ha dichiarato il portavoce militare Daniel Hagari al quotidiano Yedioth Ahronot aggiungendo: «L’Idf ha presentato un piano al governo per combattimenti a Gaza che dovrebbero durare un anno. Gaza è forse uno dei teatri più difficili al mondo: sovraffollata e piena di tunnel. Andiamo incontro ad anni difficili e dovremo spiegarlo sia all’interno sia all’esterno»; Hagari ha poi concluso ribadendo che l’Idf si è assunto la responsabilità per il fallimento del 7 ottobre 2023. La dichiarazione arriva quasi contemporaneamente a quanto scrive Barak Ravid di Axios che sostiene che tra Israele e Hamas «persiste una ampia distanza per giungere a un accordo, ma la delegazione israeliana rimane al Cairo per cercare di colmare queste divergenze e farà uno sforzo significativo per promuovere un accordo». Secondo un funzionario israeliano che ha parlato con Axios «la proposta avanzata da Hamas attraversa tutte le linee rosse di Israele e non permette alcun progresso», tuttavia, nonostante le ampie divergenze «la delegazione israeliana resterà al Cairo». Un segnale che fa pensare che il filo della trattativa non si è ancora spezzato del tutto anche se è bene non illudersi dato che Hamas chiede tra le molte cose di poter decidere il post conflitto a Gaza che è una cosa inaccettabile per Gerusalemme. Altro tema divisivo è il numero degli ostaggi ancora vivi da scambiare con i prigionieri di Hamas detenuti nelle carceri israeliane, senza dimenticare i cadaveri degli ostaggi uccisi dai jihadisti palestinesi in questi mesi. Di tutto questo hanno parlato ieri pomeriggio a Gerusalemme il capo della Cia William Burns e il primo ministro Benjamin Netanyahu. Prima di questo incontro Burns aveva avuto un incontro con il capo del Mossad David Barnea, il quale era presente anche durante l’incontro con Netanyahu. Bocche cucite sui contenuti e sull’esito dei colloqui. A proposito del post conflitto, il ministro degli esteri Israel Katz ha affermato che «riconoscere uno Stato palestinese dopo il 7 ottobre significa premiare Hamas che ha ucciso oltre 1.000 israeliani. Significa vivere con la possibilità di un altro 7 ottobre e dare un premio al regime iraniano e l’unica maniera per promuovere la pace sono negoziati diretti nell’ambito di un processo di normalizzazione regionale». Ieri mattina Israele ha riaperto il valico di Kerem Shalom a Gaza, come confermato dalle autorità. Si è precisato che i camion provenienti dall’Egitto sono già in fase di ispezione. Lunedì la Casa Bianca aveva annunciato che Netanyahu aveva concordato la riapertura del valico durante una telefonata con Biden. Sul terreno la guerra procede con le truppe delle Forze di difesa israeliane (Idf) che stanno continuando l’operazione mirata di antiterrorismo per eliminare Hamas e smantellare le sue infrastrutture in specifiche aree di Rafah est. È quanto confermato dal portavoce militare, il quale ha dichiarato che «le truppe hanno avviato il processo di smantellamento sia delle strutture terroristiche sia degli imbocchi dei tunnel. I soldati stanno operando con raid mirati sul lato di Gaza del valico di Rafah». E in un raid l’esercito ha ucciso Ahmed Ali, il comandante della Forza navale di Hamas a Gaza City. Hamas ha dichiarato: «I nostri combattenti stanno affrontando le truppe israeliane a est di Rafah». Secondo quanto riportato dal Guardian, i residenti hanno segnalato che gli scontri sono ancora in corso nella periferia. Gruppi armati tra cui Hamas, Jihad Islamica e Fatah hanno confermato in comunicati separati che ci sono stati scontri armati nella zona centrale di Gaza, mentre i residenti del nord di Gaza hanno riferito di bombardamenti da parte dei carri armati israeliani nelle aree orientali della città. L’Idf ha comunicato di aver colpito durante la notte edifici militari appartenenti a Hezbollah nei villaggi di Ayta ash Shab, al-Khiam e Maroun El Ras nel Libano meridionale. Sono stati presi di mira anche altri obiettivi nei villaggi libanesi di Hula, Aitaroun, Tayr Harfa e Jibbain. Mentre il Centcom, il Comando Centrale delle Forze Armate degli Stati Uniti, ha riportato su X che gli Huthi dello Yemen hanno lanciato tre droni e un missile balistico antinave verso il Golfo di Aden. Due droni e il missile sono stati intercettati e abbattuti, mentre il terzo drone si è schiantato in mare. Non sono stati segnalati né feriti né danni da parte di navi statunitensi, della coalizione oppure mercantili. È confermato che gli Stati Uniti hanno interrotto la consegna di un carico di bombe dopo che Israele «non ha risposto alle preoccupazioni» di Washington in merito all’annunciata offensiva su Rafah, nel sud della Striscia di Gaza. In tal senso il segretario Usa alla Difesa Lloyd Austin ad una commissione del Senato ha detto: «Stiamo attualmente rivedendo alcuni aiuti alla sicurezza a breve termine. Nel contesto degli eventi in corso a Rafah», e in questo caso si tratta di 1.800 bombe da 910 chili e 1.700 bombe da 225 chili. Infine, il ministro degli Esteri Antonio Tajani a margine di un convegno su Italia-Africa alla Farnesina ha affermato che l’Italia continua a spingere per un cessate il fuoco nella Striscia di Gaza che permetta la liberazione degli ostaggi e il rinvio dell’attacco israeliano a Rafah. L’obiettivo, secondo Tajani, «è di salvare il maggior numero possibile di vite umane e permettere l’invio di aiuti umanitari alla popolazione palestinese, che sta vivendo un momento di estrema difficoltà».<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/israele-conflitto-gaza-un-anno-2668209364.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="la-meloni-chiede-a-stoltenberg-una-nato-piu-attenta-al-fianco-sud" data-post-id="2668209364" data-published-at="1715256355" data-use-pagination="False"> La Meloni chiede a Stoltenberg una Nato più attenta al fianco Sud L’Italia guarda con notevole interesse al fianco meridionale della Nato. Ieri, Giorgia Meloni ha ricevuto a Palazzo Chigi il segretario generale dell’Alleanza atlantica, Jens Stoltenberg. Una nota del governo italiano ha riferito che sono stati posti «al centro del colloquio i temi di attualità dell’agenda atlantica nel contesto della preparazione del vertice Nato di Washington in luglio». «Il presidente Meloni», si legge ancora, «ha in particolare ribadito l’aspettativa italiana che a Washington possano essere adottate decisioni concrete in risposta alle sfide caratterizzanti il fianco Sud, in coerenza con l’approccio a 360 gradi alla sicurezza euroatlantica previsto dal Concetto Strategico della Nato». Dal canto suo, Stoltenberg ha elogiato Roma per il sostegno a Kiev, citando «la fornitura di un sistema di difesa aerea Samp T insieme alla Francia». Non è la prima volta che il nostro premier affronta la questione del fianco meridionale della Nato e del Mediterraneo: lo aveva già fatto in passato sia con Joe Biden sia con lo stesso Stoltenberg. Si tratta d’altronde di una priorità tanto per il nostro Paese quanto per la stessa Alleanza. La crisi mediorientale ha infatti portato definitivamente alla luce le connessioni strutturali tra la guerra in Ucraina e il Mediterraneo allargato. L’Iran fornisce droni alla Russia che vengono poi utilizzati da quest’ultima contro Kiev. Sempre l’Iran, dall’altra parte, foraggia un pericoloso network regionale che, da Hamas a Hezbollah passando per gli Huthi, sta destabilizzando il Medio Oriente e mettendo sotto pressione Israele. Senza poi dimenticare l’influenza russa sull’Est della Libia e su vari Paesi del Sahel, come Mali, Niger e Burkina Faso. Insomma, il fianco meridionale della Nato si trova a dover affrontare gli stessi avversari di quello orientale: non solo Mosca ma anche Pechino. Non dimentichiamo infatti che, nel 2021, la Cina ha firmato un accordo di cooperazione venticinquennale con Teheran e che sta anche incrementando la propria influenza economico-politica su Medio Oriente e Nord Africa. In tal senso, il rafforzamento del fianco meridionale della Nato è utile anche in funzione del piano Mattei: uno strumento che, cercando di intavolare rapporti paritetici con i Paesi africani, punta a evitare sia il terzomondismo ipocrita dei sino-russi sia l’arroganza postcoloniale di Parigi. Ed è proprio la questione francese a rivelarsi dirimente. Emmanuel Macron sta perdendo progressivamente influenza sul Sahel, mentre le sue ambizioni in materia di difesa europea stanno indebolendo le relazioni transatlantiche, facendo indirettamente il gioco di Pechino. Gli americani non si fidano dell’Eliseo sia a causa dei suoi legami sempre più stretti con la Cina sia per il suo atteggiamento significativamente ambiguo sulla Russia. Ricordiamo che, oltre a garantire sostegno a Kiev, la Meloni ha evitato di rinnovare il controverso memorandum sulla Nuova via della seta: un atteggiamento ben diverso dalla linea marcatamente filocinese, assunta soprattutto nell’ultimo anno, dall’inquilino dell’Eliseo. Inoltre, proprio ieri, Stoltenberg, che è assai vicino alla Casa Bianca, ha detto all’Ansa che la Nato non ha intenzione di schierare truppe in Ucraina, come ventilato invece da Macron. Washington ha quindi tutto l’interesse a puntare su un altro alleato nel Mediterraneo allargato. È in tal senso che si sta muovendo Giorgia Meloni: l’obiettivo è quello di rilanciare l’influenza italiana in Africa, giocando di sponda con Washington e mettendo finalmente all’angolo una Francia che, in più di un’occasione, ha intralciato l’Italia nel Mediterraneo (si pensi soltanto alla Libia). Un rapporto privilegiato con gli Stati Uniti può consentire a Roma di rilanciare il suo ruolo nella regione e di acquisire peso in seno alla stessa Alleanza atlantica, per contrastare i progetti di «egemonia» che Macron sta nutrendo sul fronte della difesa europea. L’attuale governo italiano ha compreso che l’interesse nazionale non si salvaguarda subordinandosi all’asse franco-tedesco, ma aumentando il peso di Roma nella Nato e rafforzando le relazioni transatlantiche.
«Haunted Hotel» (Netflix)
Dal creatore di Rick & Morty arriva su Netflix Haunted Hotel, disponibile dal 19 settembre. La serie racconta le vicende della famiglia Freeling tra legami familiari, fantasmi e mostri, unendo commedia e horror in un’animazione pensata per adulti.