2025-05-03
Israele avvisa Damasco con un raid: «Il regime stia lontano dai drusi»
True
La nave Freedom Flotilla in rotta verso Gaza colpita da un drone israeliano al largo di Malta (Ansa)
Colpita dai droni la nave dell’Ong Freedom Flotilla che trasportava aiuti per Gaza.I jihadisti stranieri che hanno aiutato i ribelli siriani a prendere il potere ora sono problema.Lo speciale contiene due articoli.Nella notte tra giovedì e venerdì l’Aeronautica militare israeliana ha effettuato una serie di raid in Siria. Il premier israeliano, Benjamin Netanyahu, e il ministro della Difesa, Israel Katz, hanno confermato che Israele ha colpito anche un obiettivo vicino (500 metri) al palazzo presidenziale a Damasco. «Un messaggio chiaro al regime siriano. Non permetteremo alle truppe siriane di avanzare a Sud di Damasco, né di minacciare la comunità drusa», hanno affermato in una dichiarazione congiunta. Successivamente, il portavoce delle Idf ha confermato: «Poco fa, i caccia delle Idf hanno colpito la zona adiacente al Palazzo di Ahmed Hussein Al-Sharaa a Damasco». L’attacco è avvenuto a poche ore di distanza dalle proteste esplose nel Nord di Israele, dove membri della comunità drusa sono scesi in piazza dopo aver appreso del massacro compiuto dai jihadisti di Al-Sharaa contro i drusi a Jaramana, periferia drusa di Damasco: almeno 13 le vittime, decine i feriti. La rabbia, alimentata dai continui attacchi subiti dai loro parenti in Siria da parte del regime jihadista, ha acceso un’ondata di mobilitazione e tensioni nel Paese che ha appena superato l’emergenza degli incendi di Gerusalemme orditi da Hamas. Dalla caduta del regime di Bashar Al Assad, la Siria è precipitata nell’anarchia e nella violenza come provano i massacri operati della squadracce di Ahmed Al Sharaa/Mohammed Al Jolani contro gli alawiti (migliaia di vittime) e ora i drusi con i cristiani che vivono nel terrore. La presidenza siriana ha condannato «con la massima fermezza» l’attacco lanciato nella notte da Israele nei pressi del palazzo presidenziale. In un comunicato, ha sottolineato che il raid «costituisce una pericolosa escalation contro le istituzioni e la sovranità dello Stato». La presidenza della Repubblica ha quindi invitato «la comunità internazionale e gli Stati arabi a schierarsi al fianco del Paese nel contrastare questi attacchi aggressivi, che violano le leggi internazionali». Mai come ora occorre ricordare che mentre la stampa mainstream ci raccontava che il tagliagole Al Jolani era diventato «buono» e i politici di mezzo mondo sono andati a stringere le sue mani insanguinate, noi abbiamo sempre ricordato chi fosse e del pericolo che lui e il suo gruppo terroristico Hayat Tahir Al Sham (Hts) rappresenta per la Siria e per l’intera regione. Al Jolani è stato bravissimo a recitare la parte del «jihadista buono» e in molti ci sono cascati ad esempio l’Ue. In occasione della conferenza annuale sulla Siria promossa dall’Unione europea, lo scorso 17 marzo Bruxelles ha accolto il ministro degli Esteri siriano, Asaad al-Shibani, esponente del governo di transizione e al termine degli incontri, il capo della diplomazia siriana è tornato a Damasco con un pacchetto di aiuti economici da 5,8 miliardi di euro, «destinati a sostenere la difficile ripresa del Paese». Nel quadro del conflitto in corso con Hamas, una nave carica di aiuti umanitari e attivisti filopalestinesi è stata colpita da droni israeliani nella notte tra giovedì e venerdì, mentre si trovava in acque internazionali al largo di Malta. Secondo quanto riportato dal canale saudita Al Arabiya, citando fonti di sicurezza occidentali, il convoglio sarebbe stato orchestrato da Hamas. Le stesse fonti sostengono che i passeggeri avessero in programma un attacco contro le forze israeliane una volta raggiunta la costa della Striscia di Gaza. Ieri si è anche appreso che Hamas ha di nuovo rifiutato di disarmare e di rilasciare gli ostaggi e, secondo una nostra fonte a Gerusalemme, l’Idf ha presentato al primo ministro un piano per l’espansione delle operazioni militari, in attesa della sua approvazione. «Siamo vicini a un’escalation significativa e a un ampliamento della campagna militare. Nei prossimi giorni è previsto un ampio richiamo di riservisti e tutte le indicazioni portano in quella direzione. Un alto funzionario è a conoscenza della questione. Ci stiamo avvicinando a una manovra su vasta scala, come all’inizio della guerra», afferma la fonte.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/israele-avvisa-damasco-con-raid-2671886713.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="i-jihadisti-stranieri-che-hanno-aiutato-i-ribelli-siriani-a-prendere-il-potere-ora-sono-un-problema" data-post-id="2671886713" data-published-at="1746265051" data-use-pagination="False"> I jihadisti stranieri che hanno aiutato i ribelli siriani a prendere il potere ora sono un problema I nuovi leader siriani devono decidere cosa fare delle migliaia di combattenti stranieri tra le loro fila, che molti nel Paese temono e sospettano siano coinvolti in una recente ondata di omicidi etnici ai danni di alawiti e drusi. Fino a 10.000 combattenti provenienti da Medio Oriente, Europa e Asia centrale hanno prestato un contributo fondamentale durante il rovesciamento del regime di Assad e stanno supportando il governo nascente.Ma le loro interpretazioni intransigenti dell'Islam sunnita li rendono un peso per i nuovi governanti siriani, che vogliono prendere le distanze dal loro passato islamista e sono obbligati se vogliono il ritiro delle sanzioni, perseguire un governo inclusivo. «Le autorità provvisorie devono assicurarsi che i combattenti terroristi stranieri non abbiano alcun ruolo nel governo o nell'esercito siriano», ha affermato a The Wall Street Journal Tim Lenderking, un alto funzionario del Dipartimento di Stato per il Medio Oriente. Il problema è che Ahmad al- Sharaa dopo aver conquistato la capitale siriana a dicembre ha nominato alcuni foreign fighters a posizioni militari di alto livello, tra cui uomini provenienti da Giordania, Egitto e Turchia e da alcuni paesi centroasiatici vedi Sayfiddin Tojiboy, un noto comandante uzbeko del KTJ proveniente dal Tagikistan; Abdulaziz Davud Hudaberdi, noto anche come Abu Muhammad al-Turkestani, che ricopre la carica di comandante militare in capo e vice emiro della branca siriana del TIP; e Mawlan Tarsun Abdüssamed e Abdulselam Yasin Ahmed, entrambi comandanti del TIP di medio livello che sostengono l'indipendenza degli uiguri dalla Cina. A questo proposito la nomina di Abdulaziz Davud Hudaberdi a generale di brigata dell’esercito siriano, con incarichi di comandante militare in capo e vice emiro della branca siriana del TIP (Partito Islamico del Turkestan), ha suscitato forti reazioni a livello internazionale.Durante una riunione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, l’ambasciatore cinese Fu Cong ha espresso viva preoccupazione per il crescente ruolo dei combattenti terroristi stranieri nelle gerarchie militari siriane. In particolare, Pechino ha denunciato l’ascesa di leader legati al TIP, organizzazione inserita nella lista nera del Consiglio di Sicurezza e conosciuta anche come Movimento Islamico del Turkestan Orientale. La Cina ha infine sollecitato un rimpatrio rapido e coordinato dei numerosi combattenti terroristi stranieri (FTF) ancora presenti in Siria.Ahmed al-Sharaa, nuovo presidente siriano e leader del vittorioso gruppo ribelle Hayat Tahrir al-Sham, noto come HTS, ha affermato che i combattenti stranieri che hanno sostenuto la rivoluzione saranno ricompensati anche con la cittadinanza. Secondo Broderick McDonald, ricercatore associato presso l'International Centre for the Study of Radicalisation, un think tank del King's College di Londra questi uomini «hanno esperienza di combattimenti in vari paesi, di utilizzo di armamenti pesanti, di produzione di propaganda e dispongono di reti globali sia per reclutare sia per raccogliere finanziamenti».Sotto pressione per le stragi che hanno colpito la comunità alawita, il governo siriano ha istituito una commissione d’inchiesta per fare luce sugli attacchi. Secondo un funzionario, a partire da aprile sono già state interrogate decine di persone e oltre 50 casi sono attualmente al vaglio degli investigatori. Lo stesso mese, il leader Al-Sharaa Al Jolani ha firmato una proroga di tre mesi per estendere i lavori della commissione ma su du lui pesa un passato segnato da militanze estremiste. Inizialmente affiliato allo Stato Islamico, nel 2012 ha aderito ad al-Qaeda, salvo poi rompere definitivamente i legami con entrambe le organizzazioni per fondare il “Fronte al-Nusra” prima e “Hayat Tahir al-Sham” poi. Per il nuovo padrone della Siria pero’ è impossibile privarsi degli uomini con i quali ha combattuto e sgozzato per due decenni esseri umani e anche i siriani critici nei confronti dei combattenti stranieri riconoscono che sarebbe difficile eliminarli. Mentre alcuni combattenti potrebbero dileguarsi per partecipare a conflitti religiosi in luoghi come l'Africa, c'è il rischio che altri possano rivoltarsi contro i leader siriani se il governo abbandonasse gli ideali islamisti o li spingesse a tornare in paesi dove potrebbero essere repressi.Anche i governi dei cinque Paesi post-sovietici dell’Asia centrale osservano con crescente preoccupazione la crisi siriana, aggravata dalla caduta del regime di Bashar al-Assad. L’allarme regionale si è intensificato in seguito alla brutale repressione delle sacche di resistenza pro-Assad e ai massacri di minoranze alawite avvenuti nelle città costiere di Latakia e Tartous lo scorso marzo. In quella fase, un numero significativo di jihadisti provenienti da Uzbekistan, Tagikistan, Kirghizistan e comunità uigure ha svolto un ruolo determinante nel rafforzare il nascente governo provvisorio guidato da HTS. In particolare, destano forte preoccupazione le attività dei gruppi armati associati a HTS – ex Jabhat al-Nusra – tra cui Katibat Tawhid wal Jihad (KTJ), Katibat Imam al-Bukhari (KIB), il Partito Islamico del Turkestan (TIP) e Katibat al-Ghuraba (KG). Queste formazioni, già classificate come organizzazioni terroristiche dai governi centroasiatici dal 2014, sono accusate di legami con al-Qaeda. Le operazioni condotte in Siria hanno sollevato l’allerta nei servizi di sicurezza di Uzbekistan, Kirghizistan e Tagikistan, che temono il ritorno dei combattenti e la possibile diffusione dell’ideologia jihadista nella delicata e instabile Valle di Fergana.
La riunione tra Papa Leone XIV e i membri del Consiglio Ordinario della Segreteria generale del Sinodo dei Vescovi dello scorso giugno (Ansa)
Auto dei Carabinieri fuori dalla villetta della famiglia Poggi di Garlasco (Ansa)