Intesa Sanpaolo, per Messina i risparmi possono aiutare le imprese

L'ad di Intesa Sanpaolo, Carlo Messina
Mettere assieme i due punti di forza del Paese: da un lato il risparmio degli italiani, dall’altro le imprese di qualità. Potenziando gli investimenti nella parte sana del settore produttivo. Solo così si potrà venir fuori dalla crisi contenendo l’aumento delle disuguaglianze. E superare il rallentamento del pil che nel 2022 crescerà del 2,5-3 per cento. Questo, in sintesi, il pensiero dell’amministratore delegato di Intesa Sanpaolo, Carlo Messina, che è intervenuto al congresso della First Cisl a Roma.
«Il vero spread dell'Italia verso la Germania» ha spiegato il banchiere. Non è quello finanziario «ma è sul differenziale fra gli investimenti», il «punto debole del nostro paese» ha spiegato. Per il banchiere, la flessione del prodotto interno lordo pro-capite degli ultimi anni é infatti legato a doppio filo «alla carenza degli investimenti». Intanto gli italiani continuano a mettere soldi da parte senza contribuire a finanziare il sistema produttivo. «Il risparmio delle famiglie è addirittura cresciuto in volumi, ma anche le caratteristiche delle imprese sono migliorate moltissimo in questi anni». Secondo Messina, l’Italia ha quindi «due elementi di forza». Ma è necessario «mettere in contatto il risparmio con la parte migliore delle imprese».
Non senza il coinvolgimento dello Stato che «deve fornire una componente di garanzia salvando il capitale delle famiglie»., invogliare gli italiani ad investire nel sistema produttivo e attivando così un circuito di crescita e sviluppo. Quanto alla banca da lui guidata, in questo complesso momento storico per gli istituti di credito, Messina ha confortato i sindacali: «la nostra previsione e il mio impegno personale è mantenere l'occupazione agli attuali livelli» ha precisato. Attualmente «siamo 100 mila, a prescindere dalle uscite su base volontaria per l'integrazione con Ubi - ha ripreso - e l'impegno é mantenere i livelli attuali e garantire la dignità del lavoro». Nei progetti di Intesa Sanpaolo c’è la chiusura di 1000 sportelli, «ma ne rafforzeremo 3000» con una visione di lungo termine per raggiungere i risultati «non in un anno ma nei prossimi 10» ha precisato il banchiere che si è detto «molto preoccupato dall'aumento delle diseguaglianze e della povertà».
Secondo le sue stime, la crescita del pil dovrebbe rallentare nel 2022 al 2,5-3 per cento. Dal suo punto di vista, «è indubbio che l'aumento dei prezzi e le conseguenze di questa terribile guerra avranno un impatto fortissimo sulle famiglie», come ha chiarito Messina. Soprattutto sulla fascia più debole della popolazione. Il banchiere ha rilevato come «non dobbiamo dimenticarci la componente sociale nei parametri Esg». Per questo Intesa stia portando avanti il progetto contro la povertà «garantendo 26 milioni di pasti». Anche perché è convinto che le «banche con capacità di reddito» del calibro di Intesa «devono farsi carico di questa componente delle diseguaglianze».
Per Messina «dobbiamo fare in modo che la sostenibilità abbia una componente sociale, di cui tutti noi dobbiamo prenderci cura con grandissima attenzione». «I soggetti che hanno una capacità finanziaria forte - ha concluso - e hanno le risorse devono metterle a disposizione anche per sostenere materialmente le aree che hanno difficoltà a raggiungere la fine della giornata con soddisfazione».
Un rapporto tecnico, destinato a spiegare al mondo come l’Italia aveva reagito alla pandemia da Covid 19, si è trasformato in un dossier da riscrivere per «mitigare le parti più problematiche». Le correzioni da apportare misurano la distanza tra ciò che l’Organizzazione mondiale della sanità dovrebbe essere e ciò che era diventata: un organismo che, di fronte a una crisi globale, ha scelto la prudenza diplomatica invece della verità. A leggere i documenti depositati alla Procura di Bergamo da Francesco Zambon, funzionario senior per le emergenze sanitarie dell’Ufficio regionale per l’Europa dell’Oms, il confine tra verità scientifica e volontà politica è stato superato.
La teoria di origine statunitense della «discriminazione positiva» ha almeno questo di buono: è chiara e limpida nei suoi intenti non egualitari, un po’ come le quote rosa o il bagno (solo) per trans. Ma se non si fa attenzione, ci vuole un attimo affinché la presunta e buonista «inclusione» si trasformi in una clava che esclude e mortifica qualcuno di «meno gradito».
Su Facebook, la piattaforma di Mark Zuckerberg che ha fatto dell’inclusività uno dei principali «valori della community», è appena apparso un post che rappresenta al meglio l’ipocrisia in salsa arcobaleno.
La mozione non poteva che arrivare dai Verdi, sempre meno occupati a difendere l’ambiente (e quest’ultimo ringrazia) e sempre più impegnati in battaglie superflue. Sono stati loro a proporre al comune svizzero di Burgdorf, nel Canton Berna, di eliminare gli orinatoi dalle scuole. Per questioni igieniche, ovviamente, anche se i bidelli hanno spiegato che questo tipo di servizi richiede minor manutenzione e lavoro di pulizia. Ma anche perché giudicati troppo «maschilisti». Quella porcellana appesa al muro, con quei ragazzi a gambe aperte per i propri bisogni, faceva davvero rabbrividire la sinistra svizzera. Secondo la rappresentante dei Verdi, Vicky Müller, i bagni senza orinatoi sarebbero più puliti, anche se un’indagine (sì il Comune svizzero ha fatto anche questo) diceva il contrario.














