2024-12-14
L’inchiesta sugli spioni torna a Roma. E Forza Italia avverte: «Vigileremo»
Il gip Avila dichiara l’incompetenza territoriale di Perugia e rimanda il fascicolo nella Capitale. La Procura si è opposta inutilmente alla decisione. Gasparri: «In Parlamento niente immunità, saremo inesorabili».L’inchiesta sui dossieraggi, come ampiamente previsto, torna a Roma e la notizia infiamma la politica. Anche perché nella Capitale era partita, come vedremo, in modo claudicante. Ma iniziamo dalla fine. Il gip Angela Avila verso le 12 di ieri si è ritirato in camera di consiglio per decidere in merito alla richiesta di dichiarare l’incompetenza territoriale dei magistrati del capoluogo umbro. L’istanza è stata presentata dai difensori dell’ex sostituto della Direzione nazionale antimafia, Antonio Laudati, principale indagato dell’inchiesta insieme al tenente della Guardia di finanza Pasquale Striano.Gli avvocati hanno depositato anche una recente sentenza della Cassazione che indica la competenza di Roma per le toghe della Dna. Dopo aver riflettuto, la Avila ha accolto l’eccezione, ha dichiarato l’incompetenza di Perugia e ha ordinato la trasmissione degli atti del procedimento nella Capitale.Nel provvedimento ha citato il principio enunciato nella sentenza della Cassazione del 23 settembre scorso che faceva riferimento a un «conflitto […] di competenza sollevato su una questione analoga e del tutto sovrapponibile a quella di cui al presente procedimento». Un principio secondo cui un magistrato della Direzione nazionale antimafia come Laudati può essere trattato alla stregua dei colleghi di Roma (e quindi giudicato a Perugia) solo se applicato alla Direzione distrettuale antimafia e «il fatto oggetto del procedimento penale rientri, ordinariamente, nella competenza dell’ufficio giudiziario presso il quale è stata disposta l’applicazione». Ma non è questo il caso: «All’epoca dei fatti, l’indagato, Antonio Laudati, era magistrato in servizio presso la Dna e non era applicato ad alcuna Direzione distrettuale (dagli ultimi dieci anni); di conseguenza, mancano i presupposti» per poter estendere a lui la casistica contemplata dal codice di procedura penale che permette di equiparare i magistrati della Dna a quelli delle Dda.Il procuratore Raffaele Cantone l’ha presa con fair play, ma non ha ancora dichiarato la resa: «Si tratta di una decisione non vincolante e per questo prima di trasmettere gli atti attenderemo la pronuncia del tribunale del Riesame anche se la trasmissione appare l’approdo naturale», ha spiegato. Quindi ha aggiunto: «Quella del gip era una decisione che ritenevamo probabile e non ci stupisce. Ora attenderemo la pronuncia del Riesame (che il 17 dicembre si dovrà esprimere su un ricorso legato a questa inchiesta presentato dagli stessi pm, ndr) e poi decideremo come comportarci». In realtà in Procura considerano la «partita chiusa», non essendo quello della Avila un provvedimento impugnabile, non invieranno immediatamente gli atti nella Capitale solo per «il doveroso rispetto che si deve al Riesame», ma danno «per scontato che il fascicolo torni a Roma». Anche se ieri la pm Laura Reale si è opposta all’eccezione sollevata dalla difesa di Laudati e gli inquirenti sono convinti che in futuro l’interpretazione della prima sezione della Cassazione potrebbe essere ribaltata dalle sezioni unite del Palazzaccio in considerazione dell’opinabilità delle decisioni fin qui prese.Il tribunale del Riesame martedì è chiamato a decidere sul ricorso di Cantone contro la decisione del gip di non applicare gli arresti domiciliari a Laudati e a Striano. Tra le questioni poste dalle difese in quella sede anche il tema dell’incompetenza della Procura di Perugia. Su cui si è espressa ieri la Avila.Il vincitore di giornata, l’avvocato Andrea Castaldo, esulta: «È andata come auspicavamo e avevamo indicato. Il gip ha accolto l'eccezione di incompetenza territoriale e trasmesso immediatamente tutti gli atti a Roma dove riprenderà il procedimento. Ha accolto sulla base di un principio che la Cassazione ha indicato ed è stato oggetto di una nostra eccezione al Riesame», ha aggiunto. «Abbiamo tra l'altro depositato un precedente della Procura del capoluogo umbro (all’epoca già guidata da Cantone, ndr) che in un caso analogo si era espressa per la competenza di Roma».Secondo Castaldo «va ora valutato l’impatto che l’ordinanza del gip può avere sul tribunale dei Riesame che dovrà prenderne atto».Nel mondo politico i primi a rendersi conto della delicatezza della decisione sono stati gli esponenti di Forza Italia nella commissione Antimafia, da Maurizio Gasparri al vicepresidente Mauro D’Attis. I quali hanno diramato un duro comunicato: «Se qualcuno pensa che lo scandalo Striano-De Raho-Procura antimafia possa evaporare con l’eventuale trasferimento dell’indagine a Roma, fa previsioni sbagliate. Non solo perché confidiamo che certi luoghi non siano più il “porto delle nebbie” di un tempo, ma perché la Commissione parlamentare antimafia si avvarrà certamente dei suoi ampi poteri di indagine. […]. La Commissione antimafia non è un centro studi, ma una istituzione che ha il potere di fare pulizia e imporre la legalità, a via Giulia e ovunque. Nessuno pensi di sfuggire alle proprie responsabilità. Il Parlamento non è il “refugium peccatorum”. Non ci saranno immunità, non ci saranno impunità. Saremo giusti, ma inesorabili». Una frase che sembra un chiaro riferimento all’ex procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero De Raho, entrato alla Camera con i 5 stelle e accusato di aver sottovalutato una relazione su Striano del suo vice, Giovanni Russo.Il comunicato è stato forse ispirato dal ricordo delle mosse quantomeno discutibili della Procura di Roma nella prima fase dell’inchiesta, dopo che il ministro Guido Crosetto aveva fatto denuncia dopo essersi accorto che i suoi conti correnti erano stati spiati.Nella richiesta di arresto per Striano e Laudati firmata da Cantone è evidenziato come nel novembre del 2022 la titolare dell’inchiesta avesse chiesto al collega Laudati informazioni sul ruolo del tenente. Il 13 gennaio 2023, dopo che l’ex pm oggi indagato era venuto a conoscenza dell’inchiesta e, forse, ne aveva parlato con il tenente, Striano viene invitato dalla Procura a eleggere domicilio e a nominare un avvocato. Passa più di un mese e, il 27 febbraio, il finanziere riceve l’invito a presentarsi per l’interrogatorio, che si svolge l’1 marzo. Solo dopo altri nove giorni, il 10 marzo, Striano è sottoposto a perquisizione personale, locale e informatica, quando, però, ha avuto tutto il tempo di fare le sue contromosse.Sembra anche che nel marzo del 2023 la Procura fosse pronta a chiudere l’indagine e a chiedere il processo per il finanziere. Ma questi, anziché avvalersi della facoltà di non rispondere, preferì difendere davanti ai pm il suo modus operandi e le sue interrogazioni «ad ampio raggio» alle banche dati. Una specie di «confessione» che ha portato al coinvolgimento di Laudati e al trasferimento del procedimento a Perugia. Un fascicolo che adesso dovrà tornare nella Capitale.
Un appuntamento che, nelle parole del governatore, non è solo sportivo ma anche simbolico: «Come Lombardia abbiamo fortemente voluto le Olimpiadi – ha detto – perché rappresentano una vetrina mondiale straordinaria, capace di lasciare al territorio eredità fondamentali in termini di infrastrutture, servizi e impatto culturale».
Fontana ha voluto sottolineare come l’esperienza olimpica incarni a pieno il “modello Lombardia”, fondato sulla collaborazione tra pubblico e privato e sulla capacità di trasformare le idee in progetti concreti. «I Giochi – ha spiegato – sono un esempio di questo modello di sviluppo, che parte dall’ascolto dei territori e si traduce in risultati tangibili, grazie al pragmatismo che da sempre contraddistingue la nostra regione».
Investimenti e connessioni per i territori
Secondo il presidente, l’evento rappresenta un volano per rafforzare processi già in corso: «Le Olimpiadi invernali sono l’occasione per accelerare investimenti che migliorano le connessioni con le aree montane e l’area metropolitana milanese».
Fontana ha ricordato che l’80% delle opere è già avviato, e che Milano-Cortina 2026 «sarà un laboratorio di metodo per programmare, investire e amministrare», con l’obiettivo di «rispondere ai bisogni delle comunità» e garantire «risultati duraturi e non temporanei».
Un’occasione per il turismo e il Made in Italy
Ampio spazio anche al tema dell’attrattività turistica. L’appuntamento olimpico, ha spiegato Fontana, sarà «un’occasione per mostrare al mondo le bellezze della Lombardia». Le stime parlano di 3 milioni di pernottamenti aggiuntivi nei mesi di febbraio e marzo 2026, un incremento del 50% rispetto ai livelli registrati nel biennio 2024-2025. Crescerà anche la quota di turisti stranieri, che dovrebbe passare dal 60 al 75% del totale.
Per il governatore, si tratta di una «straordinaria opportunità per le eccellenze del Made in Italy lombardo, che potranno presentarsi sulla scena internazionale in una vetrina irripetibile».
Una Smart Land per i cittadini
Fontana ha infine richiamato il valore dell’eredità olimpica, destinata a superare l’evento sportivo: «Questo percorso valorizza il dialogo tra istituzioni e la governance condivisa tra pubblico e privato, tra montagna e metropoli. La Lombardia è una Smart Land, capace di unire visione strategica e prossimità alle persone».
E ha concluso con una promessa: «Andiamo avanti nella sfida di progettare, coordinare e realizzare, sempre pensando al bene dei cittadini lombardi».
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Francesco Zambon (Getty Images)
La deposizione in mare della corona nell'esatto luogo della tragedia del 9 novembre 1971 (Esercito Italiano)
Quarantasei giovani parà della «Folgore» inghiottiti dalle acque del mar Tirreno. E con loro sei aviatori della Royal Air Force, altrettanto giovani. La sciagura aerea del 9 novembre 1971 fece così impressione che il Corriere della Sera uscì il giorno successivo con un corsivo di Dino Buzzati. Il grande giornalista e scrittore vergò alcune frasi di estrema efficacia, sconvolto da quello che fino ad oggi risulta essere il più grave incidente aereo per le Forze Armate italiane. Alle sue parole incisive e commosse lasciamo l’introduzione alla storia di una catastrofe di oltre mezzo secolo fa.
(…) Forse perché la Patria è passata di moda, anzi dà quasi fastidio a sentirla nominare e si scrive con la iniziale minuscola? E così dà fastidio la difesa della medesima Patria e tutto ciò che vi appartiene, compresi i ragazzi che indossano l’uniforme militare? (…). Buzzati lamentava la scarsa commozione degli Italiani nei confronti della morte di giovani paracadutisti, paragonandola all’eco che ebbe una tragedia del 1947 avvenuta ad Albenga in cui 43 bambini di una colonia erano morti annegati. Forti le sue parole a chiusura del pezzo: (…) Ora se ne vanno, con i sei compagni stranieri. Guardateli, se ci riuscite. Personalmente mi fanno ancora più pietà dei leggendari piccoli di Albenga. Non si disperano, non singhiozzano, non maledicono. Spalla a spalla si allontanano. Diritti, pallidi sì ma senza un tremito, a testa alta, con quel passo lieve e fermissimo che nei tempi antichi si diceva appartenesse agli eroi e che oggi sembra completamente dimenticato (…)
Non li hanno dimenticati, a oltre mezzo secolo di distanza, gli uomini della Folgore di oggi, che hanno commemorato i caduti di quella che è nota come la «tragedia della Meloria» con una cerimonia che ha coinvolto, oltre alle autorità, anche i parenti delle vittime.
La commemorazione si è conclusa con la deposizione di una corona in mare, nel punto esatto del tragico impatto, effettuata a bordo di un battello in segno di eterno ricordo e di continuità tra passato e presente.
Nelle prime ore del 9 novembre 1971, i parà del 187° Reggimento Folgore si imbarcarono sui Lockheed C-130 della Raf per partecipare ad una missione di addestramento Nato, dove avrebbero dovuto effettuare un «lancio tattico» sulla Sardegna. La tragedia si consumò poco dopo il decollo dall’aeroporto militare di Pisa-San Giusto, da dove in sequenza si stavano alzando 10 velivoli denominati convenzionalmente «Gesso». Fu uno di essi, «Gesso 5» a lanciare l’allarme dopo avere visto una fiammata sulla superficie del mare. L’aereo che lo precedeva, «Gesso 4» non rispose alla chiamata radio poiché istanti prima aveva impattato sulle acque a poca distanza dalle Secche della Meloria, circa 6 km a Nordovest di Livorno. Le operazioni di recupero dei corpi furono difficili e lunghissime, durante le quali vi fu un’altra vittima, un esperto sabotatore subacqueo del «Col Moschin», deceduto durante le operazioni. Le cause della sciagura non furono mai esattamente definite, anche se le indagini furono molto approfondite e una nave pontone di recupero rimase sul posto fino al febbraio del 1972. Si ipotizzò che l’aereo avesse colpito con la coda la superficie del mare per un errore di quota che, per le caratteristiche dell’esercitazione, doveva rimanere inizialmente molto bassa.
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