2021-09-06
Non se ne esce: Israele alla 4ª dose
Il responsabile della campagna vaccinale dello Stato ebraico parla apertamente della necessità di prepararsi a un'altra serie di iniezioni mentre nel Paese è in corso la terza. Ma se questi medicinali sono meno efficaci del previsto, quanto andremo avanti?Oggi l'incontro tra sindacati e Confindustria: verso la richiesta di una legge sull'obbligoIl capo epidemiologo del governo israeliano, Salman Zarka, ha fatto il suo annuncio sabato alla radio pubblica Kan: «Dato che Sars-CoV-2 è qui con noi e continuerà ad esserci, dobbiamo prepararci alla quarta dose». Laconica l'aggiunta: «Questa sarà la nostra vita d'ora in avanti, a ondate». Per la diminuzione d'efficacia dei vaccini e il calo degli anticorpi «ogni pochi mesi, una o due volte l'anno avremmo bisogno di richiami contro il Covid», ha detto il professore, coordinatore della lotta alla pandemia in uno Stato leader mondiale nella vaccinazione contro il coronavirus. Con oltre 6 milioni di israeliani, la stragrande maggioranza della popolazione, che hanno ricevuto almeno una dose del vaccino Pfizer, mentre 5,5 milioni hanno completato il ciclo e a 2,5 milioni è già stato somministrato il terzo richiamo, il cosiddetto booster, il governo di Naftali Bennett fatica comunque a contenere la quarta ondata con la variante Delta che dilaga. Questa pare dunque la prospettiva: vaccinarsi contro il Covid a più riprese, dimenticando la normalità che era stata promessa dopo due dosi e una volta ottenuta l'immunità di gregge. Una situazione che sembra smontare la narrativa di una terza dose come quella che risolve i problemi e consentirà di rottamare green pass e divieti vari. Invece di risolvere dubbi, o perlomeno ammettere che nulla si conosce di certo su come agiscono nel medio e lungo periodo i vaccini in circolazione contro questo maledetto virus, in Italia si blindano i provvedimenti adottati classificando ogni perplessità come delirio no vax. Ma per fortuna esistono le chiacchierate. Non tra amici al bar ma su un palco, trasmesse in streaming durante l'ultima giornata della festa del Fatto quotidiano. Ieri mattina, a parlare di «Green pass e vaccini: cosa ci attende» c'erano il direttore prevenzione del ministero della Salute, Gianni Rezza, e Andrea Crisanti, docente di microbiologia all'Università di Padova. Ne sono venute fuori delle belle. Per Rezza quello che sta accadendo in Israele «mostra che anche i vaccinati possono infettarsi, trasmettere l'infezione e alcuni di questi sviluppare una malattia grave». Però «non hanno ancora analizzato nel dettaglio il tasso di infezione e il rischio di morte dei vaccinati che si infettano rispetto ai non vaccinati. Questo rimane da capire». Può sembrare banale, e il concetto lo è: ma è anche la prima volta che un pezzo grosso del ministero della Salute ammette che non ci sono dati certi e dichiara che «bisogna sempre esplicitare dubbi quando li abbiamo». Non è però questa la posizione corrente, caro professor Rezza: a fare domande si ricevono solo insulti. Invece il luminare ieri ha ammesso che, per quel che si sa, «il vaccino potrebbe bloccare l'infezione o semplicemente essere in grado di evitare la malattia grave», ma non ci sono certezze. A fronte di queste riconosciute incertezze, rendere obbligatori tali vaccini - anzi, averli già imposti al personale sanitario e a quello scolastico appare sproporzionato. Dall'incontro di fine estate sono emerse altre scomode verità, che meriterebbero di essere comunicate nelle sedi istituzionali, nelle conferenze stampa del governo, su tutti i giornali, e non confinate nella kermesse di un quotidiano, chiamandosi «Gianni» e «Andrea», mentre si parla di Covid. Crisanti ha detto che «i vaccini che abbiamo a disposizione non sono l'unica soluzione», e che quello che sta accadendo in Israele mostra che «l'immunità indotta dalla vaccinazione con Pfizer Biontech dura intorno ai sei, sette mesi», ed è di grandissima importanza per capire che cosa succederà in Italia. Se saremo costretti pure noi a fare, quattro, infinite dosi «che poi non hanno questo grande effetto», secondo l'esperto. Crisanti però si è chiesto come mai, visto che in Israele «le persone hanno iniziato a vaccinarsi a fine dicembre 2020, inizio gennaio scorso», Pfizer, Moderna e Astrazeneca non erano a conoscenza già a maggio della ridotta durata dell'immunità. «Arrivare a scoprire sul campo che la vaccinazione dura sei mesi è un po' tardi», ha commentato il microbiologo, ricordando «quante volte abbiamo sentito dire che a settembre avremmo ottenuto l'immunità di gregge». Ha aggiunto che è importante sapere se questa ridotta efficacia «è dovuta al vaccino o alle varianti, anche per effettuare delle politiche di sanità pubblica efficaci». Quante volte abbiamo posto questa domanda senza ottenere risposte? Il professor Rezza, ha poi tranquillamente spiegato agli astanti che Pfizer, Moderna, Astrazeneca e J&J «avranno dati di più lunga durata dai trial, dalle sperimentazioni condotte, però è un po' interesse dell'azienda quella di fare la terza dose, quindi non mi sorprende che si nascondano informazioni, diciamo che si ritardino a darle». Avete capito bene? È normale che «abbiano interesse a vendere più prodotti» (e ci mancherebbe altro), ma anche che trattengano dati. Almeno così ha dichiarato Rezza. Poi Crisanti conferma quanto più volte qui scritto: «I dati di Israele dicono una cosa chiara: il green pass non crea ambienti sicuri. Serve a indurre le persone a vaccinarsi». Stesso disco messo anche dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che ieri durante l'inaugurazione dell'anno accademico all'Università di Pavia ha chiesto apertamente che «non si invochi la libertà per sottrarsi alla vaccinazione perché quell'invocazione» equivale a «mettere a rischio la salute altrui». Il capo dello Stato ha parlato di «responsabilità sociale», facendo riferimento «in questo periodo al dovere, morale e civico della vaccinazione. È lo strumento che in grande velocità la comunità scientifica ci ha consegnato per sconfiggere il virus e sta consentendo di superarne le conseguenze non solo di salute ma anche economiche e sociali». Pazienza se non è dato sapere quante dosi ne dovremo ricevere.
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