2018-09-05
Il Rottamatore smascherato minaccia di fare 87 querele
Matteo Renzi torna in tv su Mediaset a tifare spread e scaricare le responsabilità per il tracollo del suo partito. Davanti a chi gli pone domande, annuncia una raffica di denunce.Il Signor Quindicimila euro (sul conto corrente) deve aver trascorso le vacanze a giocare a tombola perché al rientro in tv non si è espresso a parole, ma a numeri. I soliti numeri volatili di Matteo Renzi, quelli appesi ai palloncini colorati, facilmente adattabili alla sua narrazione del Paese danzante e felice con lui al governo e poi con lui a tirare i fili del Paolo Gentiloni di legno. Passa il tempo, ma l'ex premier non cambia strategia: lo storytelling da cinepanettone è assicurato, mancano le slide perché almeno la regia non è più composta da suoi dipendenti.I numeri sotto i quali seppellisce Barbara Palombelli nella prima puntata di Stasera Italia su Rete4 sono sostanzialmente cinque e sostanzialmente liquidi: i 76 miliardi che secondo lui scapperebbero dall'Italia con il governo Cinquestelle-Lega, i quasi 300 punti di spread per colpa dei quali da oggi i mutui sarebbero più cari, i 49 milioni che Matteo Salvini dovrebbe restituire secondo l'impianto accusatorio dei pm di Genova, il 40,9% che il suo aplomb da Pitti Bimbo continuerebbe politicamente a valere («quando il Pd ha spersonalizzato la campagna elettorale è sceso al 18%») e le 87 querele pronte a partire nei confronti di chi non la pensa come lui.Difficile ragionare con un Archimede Pitagorico da fumetto. Infatti il direttore del Corriere della Sera, Luciano Fontana, si arrende subito mentre il direttore del Fatto Quotidiano online, Peter Gomez, prova a inchiodare l'ospite a un altro paio di cifre inconfutabili. «Lei il 16 gennaio 2016 ha preso un solenne impegno: se perdo il referendum lascio la politica. Perché è sempre qui?». Risposta del salvatore della sinistra: «Avrei volentieri interrotto l'esperienza politica, un gruppo di persone mi ha detto di continuare e 2 milioni di persone mi hanno votato alle primarie. Però non mi candido alle prossime, abbiamo già dato». Quando arriva la domanda sui suoi eventuali errori, l'infallibile risponde così: «Ne abbiamo sicuramente commessi». Ma non dice quali, caratterialmente non ce la fa; nel mondo del cinema sarebbe considerato un eclettico che finisce per fare il generico, destino dei caratteristi non dei protagonisti.Non si candiderà alle primarie, via libera a Nicola Zingaretti, a Marco Minniti, a Carlo Calenda, a Maurizio Martina. In fondo è l'unica notizia, non si sa quanto attendibile visto il preambolo. Anche perché il ritorno in tv di Renzi è il festival della contraddizione, tutta nei suoi numeri: i molto presunti 76 miliardi in fuga fanno parte del tifo che il Pd sta facendo contro l'Italia, il costo del denaro per i mutui rimane sempre attorno al 2%, il 18% è il punto di caduta di un partito dominato da lui e da lui trasformato in macerie. Il resto è uno slalom fuori stagione fra le sue cortine fumogene. Con due capitomboli rovinosi. Il primo avviene durante l'intemerata contro il governo per la gestione dei migranti e la solitudine davanti all'Europa. È Gomez a dovergli far notare che il 7 luglio 2017 (avanti con i numeri) proprio Renzi disse: «Il resto d'Europa non vuole prendere i nostri migranti e noi blocchiamo i fondi. Gli europei hanno preso un impegno con noi sui migranti e non lo fanno? Non c'è problema, siccome nel 2018 si ridiscute il bilancio dei prossimi anni, noi non abbiamo problematiche particolari: se gli altri non accolgono, noi non pagheremo tutti i soldi che dobbiamo dare». Sono i famosi 20 miliardi agitati da Luigi Di Maio come spauracchio, gli stessi davanti ai quali i colonnelli del Pd oggi traboccano di indignazione. Dichiarazione identica, quasi da far pensare che Di Maio gli abbia rubato l'idea. Preso in contropiede, Renzi non ammette la (per lui) imbarazzante primogenitura, ma si difende con un vago: «Ce l'avevo con Viktor Orbán». Il secondo scivolone arriva sulla sospensione a tempo (per vizio di incostituzionalità del decreto confezionato proprio dal suo governo) dei fondi per le periferie urbane. È vero, come sottolinea Renzi, che il suo partito ha fatto le barricate contro la scelta dell'esecutivo, ma è altrettanto vero (e l'ex premier si dimentica di dirlo) che mentre gli attivisti protestavano fuori da Palazzo Madama, il 9 agosto i senatori del Partito democratico votavano a favore della sospensione. E lo faceva anche un senatore eletto a Scandicci, che casualmente fa di nome Matteo e di cognome Renzi.A questo punto sembra del tutto legittima la critica di Gomez, «lei ha il vecchio vizio di rigirare le frittate», alla quale Renzi ribatte con un: «La sfido a pubblico duello». Poi annuncia querela, una delle 87 in canna («L'importante è esagerare», copyright Enzo Jannacci). E in questo somiglia a quel pm di Tangentopoli che teneva sulla scrivania una cartelletta gialla con la scritta «Per una vecchiaia serena». Dentro c'erano gli articoli che non gli erano piaciuti; quando doveva cambiare la macchina ne estraeva uno a caso e querelava. È la dialettica politica del numero uno del Partito democratico, che fa passerella su Mediaset col ditino alzato, tifa spread, sparge numeri come un seminatore e conta sulla cattiva memoria di chi lo ascolta. Il momento più emozionante della trasmissione arriva quando lui, nei panni di Alberto Angela, spiega pure il calcio fiorentino. «La storia passa anche da una palla come questa». Una sola?
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Margherita Agnelli (Ansa)