2020-10-02
Il Recovery fund è nelle sabbie mobili. Al posto di 209 miliardi solo briciole
Ursula von der Leyen (Anadolu/Getty Images)
Le diatribe fra gli Stati bloccano i soldi, che alla fine per l'Italia non arriveranno all'1% del Pil: i prestiti faranno aumentare il debito e fino al 1° gennaio non si potranno presentare progetti per i sussidi.Dopo due mesi in cui siamo stati vox clamantis in deserto, finalmente da qualche giorno c'è una marea che sta lentamente montando e la grande stampa - fino a ieri osannante verso le magnifiche sorti e progressive di questo strumento che avrebbe dovuto rilanciare l'economia italiana - ha iniziato un bagno nella realtà. E sta provando il brivido freddo dato dall'inconsistenza e fragilità dell'intera costruzione del Next generation Eu (NgEu) progettata con l'accordo politico del 21 luglio scorso.Nello stesso tempo, il ministro dell'Economia Roberto Gualtieri è alle prese con la nota di aggiornamento al documento di economia e finanza (Nadef), che dovrebbe delineare lo scenario macroeconomico alla base della legge di bilancio 2021. E pure lui non se la passa benissimo: non c'è certezza sui progetti che potrebbero ricevere i sussidi o i prestiti della Ue, i quali potranno essere sottoposti formalmente solo dal 1° gennaio e potrebbero richiedere fino a tre mesi per la definitiva approvazione del Consiglio Ue; dopo aver preso atto che i prestiti faranno sicuramente aumentare il debito pubblico, come un qualsiasi Btp, non è nemmeno sicuro, finché non si pronuncerà Eurostat, che i sussidi siano fuori dall'indebitamento netto. Non va dimenticato che il rimborso dei bond Ue è pur sempre garantito dai maggiori contributi degli Stati membri e dalle tasse dei relativi cittadini.La sintesi delle difficoltà l'ha fornita il ministro stesso, ieri in audizione parlamentare, affermando che «la Nadef quest'anno è un esercizio complesso». Infatti a Via XX Settembre stanno lavorando affannosamente per trovare leggi di spesa già incluse nell'indebitamento netto tendenziale da finanziare attraverso i fondi europei, anziché ricorrere al mercato dei titoli di Stato, che però riescano contemporaneamente a superare la strettissima griglia di selezione predisposta dai burocrati di Bruxelles. Un dedalo inestricabile, che ci porta dritto verso il primo grande difetto del NgEu: come ha finalmente scoperto anche Federico Fubini sul Corriere della Sera di mercoledì, la spesa aggiuntiva generata dal fondo sarà nettamente inferiore ai 100 miliardi. È molto probabile che il governo si limiti a inserire nel bilancio 2021 solo maggiori spese finanziate da sussidi che non dovrebbero far aumentare il deficit, e si riservi di ricorrere ai prestiti soltanto per finanziare spese già a bilancio. Ma questo fa clamorosamente crollare l'impatto macroeconomico del NgEu, poiché a rilanciare il Pil del 2021 concorreranno somme davvero modeste. In poche settimane i 209 miliardi si sono liquefatti: 127 sono prestiti, che è meglio non nominare nemmeno per non aumentare ancora il debito; i 64 miliardi di sussidi del dispositivo per la ripresa (Rrf), ancorché sperabilmente impegnati tra 2021 e 2023, saranno pagati con estrema lentezza (solo il 7% nel 2021 e il 22% dopo il 2027); gli altri 15/16 di sussidi sono frazionati su altri strumenti ancora in alto mare. Qualcuno davvero ritiene che pagamenti dalla Ue nel 2021, largamente inferiori all'1% del Pil, possano costituire quella svolta epocale annunciata da mesi per rilanciare la nostra economia?L'eccessiva fiducia riposta in questa iniziativa comincia a vacillare anche alla luce delle difficili trattative in corso a Bruxelles. La stentata maggioranza qualificata (nove voti contrari) con cui il comitato degli ambasciatori presso la Ue (Coreper) ha adottato mercoledì una bozza di regolamento sullo Stato di diritto che la settimana prossima sarà negoziata con l'Europarlamento è solo la punta dell'iceberg. Entro dicembre dovranno essere approvati numerosi regolamenti di spesa, tra cui il più importante è quello sul Rrf, da approvarsi a maggioranza qualificata del Consiglio e dall'Europarlamento. Poi c'è il bilancio 2021-2027 da 1.074 miliardi, per il quale serve però l'unanimità del Consiglio e il voto a maggioranza dell'assise legislativa di Strasburgo. Infine c'è la decisione sulle risorse proprie, la più importante perché senza di essa la Commissione non potrà indebitarsi sui mercati per 750 miliardi ed erogare sussidi e prestiti. Tale decisione deve essere approvata all'unanimità dal Consiglio e ratificata da ciascuno Stato membro. Al confronto, i marines americani avrebbero preferito affrontare i vietcong nelle paludi del Vietnam. E le parole dell'ambasciatore tedesco presso la Ue Michael Clauss («Il programma continua a essere ritardato. Già ora, saranno molto probabilmente inevitabili ritardi con conseguenze per la ripresa economica dell'Europa») sono la prova delle difficoltà e, allo stesso tempo, della forza con cui la Germania sta serrando i tempi del confronto.I tre pilastri, pur avendo percorsi diversi, si tengono tutti tra loro e sono negoziati in una logica di pacchetto in cui ciascuno Stato difende i propri diritti e interessi. Dopo settimane di ottimismo di facciata, Gualtieri ha scoperto che condizionare questi fondi al rispetto delle raccomandazioni Paese del semestre europeo significa reintrodurre dalla finestra il Patto di stabilità attualmente sospeso e che le discussioni «esaustive» - qualora anche un solo Stato abbia perplessità sul conseguimento degli obiettivi del Rrf da parte di un altro Stato beneficiario - potranno rallentare di molto i pagamenti.Speriamo che questo risveglio non sia tardivo e che la necessità di fare presto (ricordiamo ancora la fretta che portò all'approvazione del famigerato bail in) non ci costringa a ingoiare i soliti bocconi amari che arrivano da Palazzo Berlaymont.
Il presidente di Assoprevidenza Sergio Corbello (Imagoeconomica)
Il presidente di Assoprevidenza Sergio Corbello: «Dopo il 2022 il settore si è rilanciato con più iscritti e rendimenti elevati, ma pesano precariato, scarsa educazione finanziaria e milioni di posizioni ferme o con montanti troppo bassi».