2019-05-10
Il programma del Consiglio Ue: salvare il potere da qualunque voto
Vertice in Romania: Jean-Claude Juncker e Donald Tusk vogliono blindare il post elezioni, pianificando la nuova Commissione a prescindere dall'esito del 26 maggio. Ma Angela Merkel ed Emmanuel Macron litigano già sul meccanismo delle candidature.Fortemente voluto da Jean-Claude Junker, che aveva preconizzato il suo svolgimento già nel 2017, il Consiglio europeo informale svoltosi ieri nella cittadina rumena di Sibiu ha finito per trasformarsi in una di quelle riunioni di famiglia dove tutti si abbracciano e fingono di volersi bene, per poi pugnalarsi a vicenda non appena i convitati voltano le spalle. Per carità, sulla carta lo spot sembra perfettamente riuscito: al termine di una mattinata baciata da uno splendido sole, i 27 leader sfilano sul tappeto rosso per poi farsi fotografare sorridenti nell'incantevole Piata Mare della graziosa località della Transilvania. Quasi a rappresentare una sorta di cerchio magico, tutt'intorno al palchetto blu sopra al quale vengono sistemati i capi di governo per lo scatto di rito, campeggiano le dodici stelle della bandiera europea. La simbologia offerta sul piano comunicativo è chiarissima. Peccato però che i contenuti non siano all'altezza del messaggio visivo. La «dichiarazione di Sibiu», il testo sfornato dai leader continentali e reso noto al pubblico intorno all'ora di pranzo, è un concentrato di melensa retorica. Dopo il consueto preambolo nel quale ci viene ricordato che è solo grazie all'Ue se oggi possiamo godere di pace, democrazia, libertà e prosperità, il documento elenca 10 punti ai quali i sottoscrittori si impegnano a rimanere fedeli anche dopo le elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo che si terranno a fine maggio. Si va dalla difesa dell'Europa unita («non c'è posto per le divisioni che nuocciono al nostro interesse collettivo»), alla promessa di equità e della ricerca di soluzioni congiunte, all'impegno per un crescente ruolo internazionale, fino all'immancabile rimando alla salvaguardia del futuro delle prossime generazioni di europei. «Nel giorno europeo (il 9 maggio di ogni anno si celebra la presentazione del piano di cooperazione economica da parte di Robert Schuman, ndr) i leader dell'Ue si sono riuniti a Sibiu per riaffermare che uniti siamo più forti», ha scritto su Twitter il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk. Ma fermarsi ai proclami, alle strette di mano e ai sorrisi sarebbe da ingenui. Oggi più che mai, l'Unione europea appare divisa, litigiosa, incapace di qualsiasi autocritica e incurante dell'importanza del processo democratico. Basti pensare che nella conferenza stampa finale dell'evento, con estrema nonchalance Tusk ha annunciato di voler convocare per il 28 maggio un Consiglio europeo straordinario per identificare i nuovi leader delle istituzioni europee. La domanda sorge spontanea: a che serve allora votare per il Parlamento? Come abbiamo raccontato qualche giorno fa su La Verità, l'idea di Juncker è quella di escludere euroscettici e sovranisti dai posti che contano nell'Europa che verrà. Tuttavia, l'intenzione di blindare il post elezioni pianificando la successione del potere a prescindere dall'esito delle urne risulta indigesta anche a una grossa fetta degli stessi convenuti al Consiglio di ieri. Come racconta il Financial Times, il pomo della discordia è rappresentato dal meccanismo dello Spitzenkandidat (letteralmente «candidato di punta»), che prevede la nomina a presidente della Commissione europea dell'esponente designato dal partito vincitore delle elezioni europee. Lo stesso sistema che ha portato Jean-Claude Juncker al potere nel 2014 e, verosimilmente, dovrebbe favorire a questo giro il tedesco Manfred Weber (Ppe). E questo punto iniziano i dolori. Decisamente contrario il presidente francese Emmanuel Macron, il quale ha ribadito il proprio dissenso anche al suo arrivo a Sibiu: «Sono stato molto chiaro sin dall'inizio in merito: non credo si tratti del giusto approccio». Della fazione di Macron fanno parte Xavier Bettel, primo ministro lussemburghese, e il presidente lituano Dalia Grybauskaite. Apertamente a favore di questo sistema elettorale invece, oltre allo stesso Juncker, l'austriaco Sebastian Kurz e la cancelliera tedesca Angela Merkel. Già ai ferri corti con il Ppe, l'ungherese Viktor Orban ha poi annunciato che non sosterrà la candidatura di Weber. Sullo sfondo le due incognite rappresentate dal contenitore sovranista di Matteo Salvini e, per l'appunto, da quello macroniano: nessuno dei due ha ancora indicato un candidato alla presidenza e non è detto che lo farà prima del voto.Ma i malumori non si limitano alla future nomine. Ancora piuttosto contrariato il premier Giuseppe Conte per le previsioni economiche rese note l'altro giorno: «Scoraggianti sono le valutazioni della Commissione europea, non i nostri numeri». Secondo Conte quelli emessi da Bruxelles sono giudizi «ingenerosi» dal momento che è come se «tutte le misure adottate negli ultimi mesi avessero effetti zero». Nessun «rischio isolamento» per il premier, il quale ha spiegato che «l'obiettivo dell'Italia è avere un'adeguata rappresentanza negli organi comunitari. Si inizia a parlare di nomine, e quindi adesso si lavorerà da qui alle prossime settimane. Aspettiamo anche le elezioni europee». Solo allora, infatti, sarà possibile capire il vero volto futuro dell'Europa.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)