2020-11-25
Il processo a McCarrick è una messinscena
Theodore McCarrick (Chip Somodevilla/Getty Images)
Prima puntata dell'intervento con cui monsignor Carlo Maria Viganò contesta la ricostruzione vaticana della vicenda del cardinale spretato, esplosa grazie al memoriale pubblicato due anni fa sulla Verità. L'ex nunzio: «Il documento non fa i nomi per paura di vendette».Il Rapporto McCarrick pubblicato dalla Segreteria di Stato il 10 Novembre 2020 è stato oggetto di molteplici commenti: alcuni ne rilevano le lacune, altri lo elogiano come prova della trasparenza di Bergoglio e dell'infondatezza delle mie accuse. Vorrei soffermarmi su alcuni aspetti che meritano di essere approfonditi, e che non mi riguardano personalmente. Scopo di queste riflessioni non è quindi addurre ulteriori prove circa la falsità delle argomentazioni mosse nei miei confronti, quanto piuttosto evidenziare le incongruenze e i conflitti di interessi che sussistono tra chi giudica e chi è giudicato, tali a mio parere da inficiare l'indagine, il processo e la sentenza.Premetto che, a differenza di un normale processo civile o penale, nelle indagini ecclesiastiche vi è una sorta di diritto implicito alla credibilità nelle testimonianze rese dai chierici. Questo mi pare abbia consentito di considerare come prove anche le testimonianze di prelati che potrebbero trovarsi in una posizione di complicità nei riguardi di Theodore McCarrick e che quindi non avrebbero alcun interesse a rivelare la verità, anzi ne avrebbero tratto un danno per sé e per la propria immagine. Insomma, per citare Carlo Collodi, è difficile pensare che il gatto (Kevin Farrell) possa credibilmente scagionare la volpe (Theodore McCarrick); eppure questo è avvenuto, così come è stato possibile ingannare Giovanni Paolo II sull'opportunità di nominare McCarrick cardinale arcivescovo di Washington, o Benedetto XVI sulla gravità delle accuse che gravavano sul porporato. Si è ormai compreso che questo diritto alla credibilità con l'argentino è assurto a dogma, forse l'unico che non è possibile mettere in dubbio nella chiesa della misericordia, specialmente quando le interpretazioni alternative della realtà - che i mortali chiamano prosaicamente menzogne - sono formulate proprio da lui.Lascia inoltre sconcertati il fatto che la testimonianza di monsignor Farrell in difesa di McCarrick sia stata riportata con enfasi - il vescovo è addirittura chiamato con il titolo di «Eccellentissimo» - ma che allo stesso tempo la testimonianza di James Grein sia stata completamente omessa, così come prudentemente si è scelto di non far deporre i Segretari di Stato Angelo Sodano e Tarcisio Bertone. Né si comprende per quale motivo siano ritenute valide e credibili le parole di Farrell in difesa dell'amico e coinquilino, e non le mie, che pure sono arcivescovo e nunzio apostolico. L'unico motivo che riesco a individuare è che mentre le parole di Farrell confermano la tesi di Bergoglio, le mie la confutano e mostrano che a mentire non è stato solo il vescovo di Dallas. Andrebbe poi ricordato che il cardinale Donald Wuerl, successore di McCarrick sulla cattedra di Washington, si è dimesso il 12 Ottobre 2018 a causa delle pressioni dell'opinione pubblica dopo le sue iterate negazioni di essere stato a conoscenza della condotta depravata del suo confratello. Eppure nel 2004 Wuerl aveva dovuto gestire la denuncia contro McCarrick di Robert Ciolek, un ex sacerdote della Diocesi di Metuchen, inviandola all'allora nunzio apostolico, monsignor Gabriel Montalvo. Nel 2009 fu Wuerl a ordinare il suo trasferimento dal seminario Redemptoris Mater alla parrocchia di San Tommaso Apostolo a Washington; e nel 2010 fu proprio Wuerl, assieme al presidente della Conferenza episcopale, cardinale Francis George, a sconsigliare la Segreteria di Stato circa l'invio di un messaggio augurale a McCarrick in occasione del suo ottantesimo compleanno. Nel Rapporto è inoltre citata la corrispondenza tra il nunzio Pietro Sambi e Wuerl concernente il pericolo di scandalo intorno alla persona di McCarrick; lo stesso dicasi per la corrispondenza del cardinale Giovanni Battista Re, Prefetto della Congregazione per i vescovi, nella quale si conferma che Wuerl «ha costantemente favorito McCarrick anche quando non viveva in seminario». Risulta quindi molto strano che i gravi sospetti che gravavano sul cardinale prima della mia nomina, ampiamente documentati nel Rapporto, siano considerati motivo di censura nei miei confronti - nonostante li avessi notificati nuovamente alla Segreteria di Stato - ma non nei confronti di Wuerl; il quale, anche dopo le dimissioni da arcivescovo di Washington, ha mantenuto i propri incarichi nei dicasteri romani, ivi compresa la Congregazione dei vescovi, in seno alla quale ha avuto voce in capitolo nella nomina dei presuli. Non si comprende per quale motivo gli estensori del Rapporto siano così disinvolti nel giudicare Giovanni Paolo II per aver prestato fede alle parole del suo segretario in difesa di McCarrick, e così assolutori nei confronti di Bergoglio, nonostante si accumulassero dossier sul conto di Zio Ted, al quale il predecessore aveva chiesto di «tenere un basso profilo». Credo sia giunto il momento di chiarire una volta per tutte la posizione dell'organo giudicante - rectius: di questo organo giudicante - rispetto all'imputato. A norma del diritto, un giudice deve essere imparziale, e per essere tale non deve avere alcun interesse o legame con il giudicato. In realtà, questa imparzialità viene meno in uno dei processi più clamorosi della storia della Chiesa, quando gli scandali e i crimini contestati all'imputato sono di tale gravità da avergli meritato la deposizione da cardinale e la riduzione allo stato laicale.Occorre sottolineare l'estrema mitezza della condanna inflitta al reo, anzi si potrebbe dire la sua assenza, dal momento che l'imputato è stato solamente privato dello stato clericale con procedura amministrativa dal tribunale della Congregazione per la dottrina della fede ratificata come res iudicata da Bergoglio. Eppure sarebbe stato possibile condannarlo a una pena detentiva, come fu fatto per il consigliere alla nunziatura di Washington, condannato nel 2018 a cinque anni di prigione in Vaticano per possesso e diffusione di materiale pedopornografico.In verità, la dimissione dallo stato clericale rivela l'essenza di quel clericalismo - tanto deplorato a parole - che considera lo stato laicale quasi una punizione in sé, mentre dovrebbe essere la premessa per l'erogazione della sanzione penale. Tra l'altro, la mancata reclusione in carcere o quantomeno agli arresti domiciliari permette a McCarrick una totale libertà di movimento e di azione che mantiene inalterata la sua situazione: egli pertanto è in condizione di commettere nuovi reati e di continuare ad esercitare le sue attività criminali tanto in ambito ecclesiale quanto in ambito politico.Infine, va ricordato che il processo canonico non fa venir meno le cause penali contro l'ex-porporato istruite nei tribunali americani, che stranamente languiscono nel massimo riserbo, a ulteriore dimostrazione del potere politico e dell'influenza mediatica di McCarrick non solo in Vaticano ma anche negli Stati Uniti. Risulta difficile guardare al «giudice» di questa causa senza considerare il fatto che egli possa trovarsi in una situazione di debito di riconoscenza verso l'imputato e i suoi complici. Che cioè egli si trovi in un palese conflitto di interessi. Se Jorge Mario Bergoglio deve la propria elezione alla congiura della cosiddetta Mafia di San Gallo, della quale farebbero parte cardinali ultra-progressisti in rapporto costante e assiduo con McCarrick; se gli endorsement di McCarrick al candidato Bergoglio hanno davvero trovato ascolto negli elettori del Conclave e in coloro che hanno un potere di persuasione in Vaticano, ad esempio il famoso «Italian gentleman» cui alludeva il cardinale americano in una conferenza alla Villanova University; se la rinuncia di Benedetto XVI è stata in qualche modo provocata o favorita da un'interferenza della deep church e del deep state, è logico supporre che Bergoglio e i suoi collaboratori non abbiano alcuna intenzione di lasciar trapelare nel Rapporto né i nomi dei complici di McCarrick, né quanti lo hanno favorito nel suo cursus honorum ecclesiastico, né soprattutto coloro che dinanzi all'eventualità di una condanna potrebbero in qualche modo vendicarsi, ad esempio rivelando il coinvolgimento di personalità di spicco della curia romana, se non dello stesso Bergoglio. In palese contraddizione con la conclamata pretesa di trasparenza, il Rapporto si è ben guardato dal rivelare gli atti del processo amministrativo. Ci si può quindi chiedere se la difesa di McCarrick abbia pattuito la condanna del proprio assistito in cambio di una pena irrisoria, che di fatto lascia il reo di così gravi delitti in totale libertà, evitando che le vittime abbiano a ricusare il «giudice» e ad esigere un giusto risarcimento. Di certo l'anomalia è evidente anche a chi non è esperto di diritto. In questa rete di complicità e ricatti si possono evidenziare legami del «giudice» e dell'imputato anche con la politica, in particolare con il Partito democratico americano, con la Cina comunista e più in generale con i movimenti e partiti globalisti. Il fatto che nel 2004 McCarrick, allora arcivescovo di Washington, abbia boicottato strenuamente la diffusione della lettera dell'allora Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, cardinale Joseph Ratzinger, all'Episcopato americano a proposito del divieto di amministrare la comunione ai politici favorevoli all'aborto, rappresenta indubbiamente un assist ai politici democratici sedicenti cattolici, ad iniziare da John Kerry e per finire con Joe Biden. Quest'ultimo, convinto abortista, ha meritato l'appoggio quasi unanime della gerarchia, potendo così contare sui voti di un elettorato altrimenti destinato a Trump. Strane coincidenze, a onor del vero: da un lato il deep state ha colpito la Chiesa e Benedetto XVI con l'intento di eleggere Papa un rappresentante della deep church; dall'altro la deep church ha colpito lo Stato e Trump con l'intento di eleggere un rappresentante del deep state. Giudichi il lettore se i piani dei congiurati hanno raggiunto lo scopo prefisso. Questa collusione con la sinistra mondiale è il necessario corollario di un progetto più vasto, in cui le quinte colonne della dissoluzione penetrate in seno alla Chiesa collaborano attivamente con il deep state seguendo un unico copione (script) sotto un'unica regia (direction): i protagonisti di questa pièce hanno parti diverse ma seguono la medesima trama (plot) sullo stesso palcoscenico. (1. Continua)
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