Caro Don Matteo, non oso chiamarla eminenza per non appesantire di trionfalismo preconciliare quell’immagine dimessa e modesta che tanto scrupolosamente ella ha creato di sé. Essere eminenti presuppone infatti una posizione di superiorità e di responsabilità, dinanzi a Dio e alla comunità rispetto agli altri, che le si riconoscono gerarchicamente inferiori. Credo quindi di farle cosa gradita rivolgendomi a lei come farei con il mio idraulico o con l’impiegato delle Poste: l’abbigliamento e l’eloquio, più o meno, sono gli stessi. Devo dire che trovo poco spontaneo questo négligé soigné, questo suo atteggiarsi a ultimo degli ultimi quando, a differenza dei veri ultimi, ella conserva e sfrutta ampiamente tutti i privilegi connessi con il fatto di essere arcivescovo di Bologna, presidente della Cei e cardinale di Santa romana Chiesa. Questo impegno nel costruirsi un’immagine mediatica è di gran moda nella Chiesa sinodale cui ella appartiene. Il gesuita argentino che vive al residence Santa Marta anziché negli appartamenti papali del Palazzo apostolico non è da meno: se ne va a comprare scarpe ortopediche a Borgo Pio e occhiali da vista in via del Babuino come un pensionato qualunque, con l’accorgimento di farsi seguire dai reporter e dai fotografi che, estasiati, celebrano sulla stampa l’umiltà di papa Francesco. Un’umiltà di facciata che stride con il suo comportamento tirannico e collerico ben noto a chi lo conosce da vicino. Il cliché è, quindi, evidente e forse sarebbe il caso di introdurvi una qualche variazione, non fosse che per fugare l’impressione di volersi ingraziare Bergoglio o di ambire a succedergli.
Leggo su La Verità un resoconto del suo intervento al Festival di Giffoni, località che a molti è del tutto sconosciuta e che proprio per questo rientra in quella selezione di luoghi prediletti dall’élite bolognese di ricchi radicali rigorosamente di sinistra che vive in lussuosi appartamenti del centro, lasciando ai comuni mortali le «periferie esistenziali» dei condomini popolari di via Stalingrado, dove essere un operaio e avere una famiglia normale è più problematico che fare la drag queen al Cassero. Dove un cattolico è più emarginato di un maomettano.
Ella parla di accoglienza in una città che, come quasi tutti i capoluoghi italiani, si è trasformata in un suk di derelitti, drogati, criminali e prosseneti proprio grazie alla sua «accoglienza», in un lucroso business foraggiato dallo Stato e dall’Unione europea. Se ella percorresse a piedi via Indipendenza di sera, potrebbe assaporare e respirare il clima che, a parole, sembra piacerle tanto, ma che le è evidentemente sconosciuto. E forse dovrebbe rifugiarsi in un bar o farsi venire a salvare dai carabinieri per non dover consegnare orologio e cellulare ai delinquenti che tengono in ostaggio la città di cui ella - lo ricordo per chi non se ne fosse accorto - è arcivescovo.
Una città in cui ci sono più persone al pride che alla processione del Corpus domini o della Madonna di San Luca. La sua accoglienza, caro don Matteo, è una grottesca chimera e una menzogna. Una chimera, perché si limita a enunciare principi velleitari che la storia ha ampiamente sconfessato. Una menzogna, perché l’utopia di una società multirazziale e multireligiosa serve in realtà a demolire quel modello di società che la Chiesa cattolica - quella a lei sconosciuta, precedente al Concilio Vaticano II - aveva costruito nel corso dei secoli non solo con le sue chiese e i suoi capolavori d’arte e cultura, ma anche con gli ospedali, gli ospizi, le scuole, le confraternite, le opere di carità. Le chiese di Bologna, come quelle di tutta Italia, sono deserte e servono ormai come luoghi in cui tenere concerti, conferenze o incontri ecumenici riservati ai pochi privilegiati della sua ristrettissima cerchia, che poi è la stessa della Murgia, della Schlein e della gauche caviar oggi convertita alla religione woke e al globalismo, all’ideologia Lgbtq+, al gender e al green. Quelle chiese abbandonate, in cui pochi adepti del culto modernista si raccolgono per compiacersi di quanto sono bravi e umili e inclusivi e di quanto brutti e cattivi siano gli indietristi (che scomunicate), sono il sintomo di una crisi di cui la sua Chiesa è principale responsabile, sin dai tempi in cui il progressismo cattolico italiano di Dossetti trovava ampia protezione sotto il manto del cardinal Lercaro.
E non è un caso se ella, pochi giorni fa, ha ritenuto opportuno celebrare una messa da requiem per l’anima del modernista Ernesto Buonaiuti, sacerdote eretico ridotto allo stato laicale, scomunicato vitandus e morto impenitente nella difesa di quegli errori dottrinali che oggi lei, la sua Chiesa e il suo Bergoglio avete fatto vostri e volete imporre anche ai comuni fedeli, dei quali disprezzate la semplicità di fede e l’esasperazione per questo mondo che la rinnega col vostro plauso. E quando sui campanili di Bologna la mezzaluna sostituirà la croce e nelle vie del centro risuonerà la voce del muezzìn al posto delle campane, i cattolici superstiti sapranno chi ringraziare. Sta già avvenendo in molte nazioni europee, vittime prima dell’Italia della sostituzione etnica che voi colpevolmente incoraggiate.
Chi le scrive ha avuto il privilegio di vedersi comminata la scomunica per scisma proprio dagli eredi di Buonaiuti, intimo amico di Angelo Giuseppe Roncalli quanto Giovanni Battista Montini lo fu di don Lorenzo Milani e di altri egocentrici ribelli. Un bell’ambientino, non c’è che dire. Coloro che fino a Pio XII erano pericolosi deviati nella fede e nella morale, oggi sono i numi protettori di una gerarchia non meno corrotta, che cambiando il magistero della Chiesa spera di riabilitare sé stessa con loro e di poter così coprire le proprie vergogne e i propri scandali. Ma non basta cambiare nome ai vizi per renderli virtù: l’eresia rimane eresia, la fornicazione rimane fornicazione, la sodomia rimane sodomia. E come tali, queste piaghe continuano a dannare le anime, perché le allontanano da Dio, che è verità e carità.
Il suo appello a «volersi bene» non significa nulla. Quando un’anima è perduta, è compito del buon pastore andarla a cercare, prenderla con la forza della parola di Dio - questo simboleggia il pastorale - e ricondurla all’ovile. La sua indulgenza verso il «mondo queer» tradisce la mancanza di quella visione soprannaturale che dovrebbe avere ogni sacerdote e ogni vescovo. Voler bene a una persona significa volere il suo bene nell’ordine stabilito da Dio, non confermarla nei suoi errori. Il medico che nega la piaga purulenta non cura il paziente, ma tradisce la sua vocazione per quieto vivere o compiacenza; e il paziente a cui dovrà essere amputato l’arto in cancrena non lo ringrazierà per la sua indulgenza, ma anzi lo detesterà per il suo tradimento.
Lei si bea della conventicola di seguaci che la invita a destra e a sinistra (più a sinistra, in realtà). Finché si vestirà come un conducente dell’autobus, finché terrà la croce pettorale ben nascosta nel taschino e ratificherà le loro istanze con discorsi equivoci e ipocriti, la chiameranno anche alla sagra della piadina di Borgo Panigale, forse più famosa del Festival di Giffoni. Ma se avesse l’ardire di fare l’arcivescovo e il cardinale, di predicare opportune importune il Vangelo anche nei suoi punti più ostici per la mentalità del mondo, ella dovrebbe tornarsene in episcopio e sarebbe ferocemente attaccato come tutti i suoi predecessori fino al Concilio. La massoneria si scaglierebbe contro l’intolleranza papista, la sinistra la additerebbe come fascista, e lo stesso Bergoglio - che tradisce allo stesso modo l’intero corpo ecclesiale - la rimuoverebbe e le farebbe omaggio della medesima scomunica che ha comminato a me, che cerco di non venir meno ai miei doveri di pastore.
È troppo comodo, don Matteo, stare al passo coi tempi: è la tentazione di tutti i secoli e contro di essa ci ha messo in guardia anche la Sacra scrittura. Non lasciarsi contaminare da questo mondo (Giac 1, 27) non significa vivere in un iperuranio di sedicenti intellettuali progressisti incuranti di chi muore nel corpo e nell’anima, né incoraggiare i peccatori a continuare sulla via della perdizione per essere amici di tutti e non avere nessuno contro. Chi ha ricevuto la sacra porpora dovrebbe sapere che essa simboleggia il sangue che deve essere pronto a spargere per la Chiesa, come hanno fatto tutti coloro che hanno preso sul serio il Signore: «Voi siete miei amici se farete quello che Io vi comando» (Gv 15, 14). Ha sentito bene: quello che Io vi comando. La redenzione non è un’opzione tra le altre, come vorrebbero farci credere i modernisti: morendo in croce, il Figlio di Dio ha dato la sua vita per noi e noi non possiamo rimanere indifferenti davanti al sacrificio di Cristo. Senza quella croce, senza la passione e morte di Cristo l’umanità sarebbe ancora sotto il potere di Satana. La vera umiltà non consiste nell’apparire umili, ma nel riconoscersi tali dinanzi a Dio, nell’obbedire ai suoi Comandamenti, nell’avere in lui l’unico scopo della nostra esistenza, nel condurre a lui tutte le anime, per le quali egli ha sofferto.
La Chiesa non è una sala di teatro o un tendone da circo da riempire con del pubblico purchessia, cambiando di tanto in tanto gli spettacoli in cartellone. Essa è la sala delle nozze dell’Agnello, in cui si entra solo con la veste nuziale che lo sposo ci dà nel battesimo. Il «todos todos todos» del suo Bergoglio è un inganno ed è tanto più grave quanto maggiore è la vostra consapevolezza di andare contro le parole stesse del Signore, che pretendete di rappresentare e di cui calpestate il Vangelo. Ipocriti: la vostra inclusività comprende tutti solo in teoria, ma finisce con l’escludere nella pratica chi non ha le vostre idee e non adora i vostri idoli, esattamente come fa la sinistra woke che tanto le piace.
Affermare che non serve credere in Dio per salvarsi è una bestemmia: una bestemmia che piace al mondo proprio perché si illude di rendere Dio superfluo con la vostra complicità, mentre tutto ruota intorno alla croce di Cristo e nessuno che non rinneghi sé stesso e non lo segua potrà avere la salvezza eterna. Una bestemmia che rende la Chiesa inutile e lei con essa. Continui a compiacere il mondo che le chiede di abiurare la fede e di abbracciare le sue ideologie false e ingannatorie. Essi dicono ai veggenti: «Non abbiate visioni» e ai profeti: «Non fateci profezie sincere, diteci cose piacevoli, profetateci illusioni!» (Is 30, 10). Continui a farsi invitare al Festival di Giffoni e a celebrare messe di suffragio per eretici scomunicati. Continui a far credere a tante anime perdute che la loro vita peccaminosa non precluderà loro la felicità eterna e agli immigrati maomettani che sottomettendo l’Europa all’islam andranno in Paradiso. Ma almeno abbia la coerenza di riconoscere che di cattolico e conforme alla volontà di Cristo, in quello che ella fa e che è, non c’è nulla. Non le occorre nemmeno che si cambi d’abito.
È di questi giorni la notizia che Bergoglio si stia dedicando ad una serie televisiva dal titolo La saggezza del tempo, prodotta da quella Netflix che proprio ieri pubblicava su Twitter un post che sintetizza quale sia il proprio riferimento ideologico: «Praise Satan», ossia «Sia lodato Satana». E non occorre ricordare quanto questa multinazionale sia coinvolta nella diffusione dell'immoralità e del vizio, ivi compreso lo sfruttamento sessuale dei minori.
È parimenti di questi giorni l'accordo siglato tra la Santa Sede e l'Onu per promuovere la sostenibilità e l'uguaglianza di genere, dando contestualmente supporto ad un'organizzazione che diffonde l'aborto e la contraccezione. Nel giorno dedicato all'Immacolata - l'8 dicembre 2020 - quasi come un indegno oltraggio alla Madonna, è stata ufficializzata la nuova partnership tra il Vaticano e il Council for inclusive capitalism promosso da Lynn Forester de Rothschild, grande amica di Hillary Clinton e di Jeffrey Epstein, dopo aver inviato un messaggio di elogio a Klaus Schwab, presidente del World economic forum e teorizzatore del Great reset. E per non dare adito a equivoci, dopo i numerosi appelli ad obbedire alle autorità nell'emergenza della psico-pandemia, pare che il vaccino contro il Covid sarà reso obbligatorio per tutti i funzionari della Città del Vaticano, nonostante esso sia prodotto con materiale fetale abortivo e non dia alcuna garanzia di efficacia e innocuità.
Credo si sia ormai compreso oltre ogni ragionevole dubbio che i vertici dell'attuale gerarchia cattolica si sono posti al servizio dell'oligarchia globalista e della massoneria: al culto idolatrico della pachamama nella Basilica vaticana si affianca ora anche un sacrilego presepe, la cui simbologia pare alludere agli antichi riti egizi e agli alieni. Solo un ingenuo o un complice può negare che in tutto questo concatenarsi di eventi non vi sia una chiarissima coerenza ideologica e una lucida mente diabolica.
Ma come ho già fatto notare, sarebbe fuorviante limitarsi ad una valutazione degli eventi interni alla Chiesa senza inquadrarli nel più vasto contesto politico e sociale: vi è una sola regia in cui gli attori protagonisti e le comparse seguono il medesimo copione. Lo scopo è ormai dichiarato: distruggere le nazioni dal loro interno tramite il deep state e la Chiesa di Cristo tramite la deep church per poter instaurare il regno dell'Anticristo con l'aiuto del Falso Profeta.
L'Accordo segreto sino-vaticano, fortissimamente voluto da Bergoglio e rinnovato poche settimane fa, si colloca perfettamente in questo quadro inquietante, confermando il pactum sceleris che consegna i cattolici cinesi alla persecuzione, i dissidenti alla rieducazione, le chiese alla demolizione, la Sacra Scrittura alla censura e all'adulterazione. Non è un caso se questo Accordo, sempre rifiutato con sdegno dai pontefici, sia stato reso possibile grazie agli uffici dell'ex cardinale McCarrick e dei suoi complici, con l'ausilio determinante dei gesuiti: gli attori, lo sappiamo, sono sempre gli stessi. Corrotti e corruttori, ricattati e ricattatori, accomunati dalla ribellione alla dottrina e alla morale e tutti indistintamente asserviti a poteri anticattolici, anzi anticristici.
La Cina comunista costituisce il braccio armato del Nuovo Ordine Mondiale, tanto nella diffusione di un virus mutante creato in laboratorio, quanto nell'interferenza nelle elezioni presidenziali americane e nell'arruolamento di quinte colonne al servizio del regime di Pechino. E nel promuovere l'apostasia dei vertici della Chiesa, impedendole di proclamare il Vangelo e di porsi come antemurale contro l'attacco dell'élite. Che questo comporti vantaggi economici per il Vaticano rende ancor più vergognoso l'asservimento della setta bergogliana a questo piano infernale, creando un significativo contrappunto al business dei migranti, anch'esso parte del processo dissolutorio della società che un tempo fu cristiana. Sconcerta che tale scandaloso tradimento della missione della Chiesa cattolica non meriti la condanna ferma e coraggiosa da parte dell'episcopato, il quale - dinanzi all'evidenza di un'apostasia perseguita con sempre maggior determinazione - non osa levare la voce per pavidità o per un falso concetto di prudenza.
Le parole del dott. Arthur Tane, direttore del Council on Middle East relations, possono suonare ardite e forti, ma hanno il merito di evidenziare senza falsi timori la sovversione operata sotto questo infaustissimo «pontificato». C'è da sperare che con la pubblicazione della lettera di Tane al cardinale Parolin vi sia chi finalmente apra gli occhi, prima che il piano dei congiurati si compia. È per questo lodevole e condivisibile la denuncia che il cardinal Burke ha lanciato alcuni giorni fa, a proposito dell'uso del Covid per gli scopi del Great reset: una denuncia che si affianca a quella da me formulata sin dallo scorso maggio e più volte reiterata, e a quella di altri pastori fedeli alla Parola di Dio e solleciti verso il loro gregge.
La lettera di Arthur Tane al Segretario di Stato si chiude con una citazione evangelica quantomai appropriata: «Se la Chiesa non comprenderà il significato della sua missione, diventerà un tempio di cambiavalute. Poiché Gesù ha detto: “È scritto che la mia casa sarà chiamata casa di preghiera, ma voi ne avete fatto una spelonca di ladri" (Mt 21,12-13)».
Come vescovi non possiamo tacere: il nostro silenzio costituirebbe una intollerabile connivenza e complicità con quei mercenari che, abusando di un potere usurpato, rinnegano Cristo e consegnano le anime al Nemico del genere umano.
Il legame intrinseco tra deviazione dottrinale e deviazione morale è emerso nella sua evidenza in occasione dello scontro frontale con gli insabbiatori del caso McCarrick: le persone coinvolte sono quasi sempre le stesse, con gli stessi vizi contro la fede e la morale. Esse si difendono, si coprono e si promuovono a vicenda, perché fanno parte di una vera e propria «lobby», intesa come gruppo di potere in grado di influenzare a proprio vantaggio l'attività del legislatore e le decisioni del governo o di altri organi dell'amministrazione.
In campo ecclesiastico, questa lobby agisce per cancellare la condanna morale della sodomia, e lo fa prima di tutto a proprio vantaggio, essendo composta principalmente da sodomiti. Essa si adegua all'agenda politica nel legittimare le istanze dei movimenti Lgbtq, promosse da politici non meno viziosi. Ed è altresì evidente il ruolo che ha avuto in questi decenni la Chiesa cattolica - o meglio: la sua parte deviata moralmente e dottrinalmente - nell'aprire la finestra di Overton sull'omosessualità, in modo che il peccato contro natura che essa ha sempre condannato fosse in qualche modo sconfessato dall'evidenza degli scandali via via emergenti. Se quarant'anni fa destava orrore apprendere delle molestie compiute da un prete su un ragazzino, da qualche anno la cronaca ci informa dell'irruzione della Gendarmeria vaticana nell'appartamento del segretario del cardinale Francesco Coccopalmerio nel palazzo del Sant'Uffizio, dove si teneva un festino di chierici con droga e prostituti. Da qui a legittimare la pedofilia, come vorrebbero alcuni politici, il passo sarà relativamente breve: le premesse poste dalla teorizzazione di presunti «diritti sessuali» dei minori, l'imposizione dell'educazione sessuale nelle scuole primarie su raccomandazione dell'Onu e i tentativi di legiferare nei parlamenti per abbassare l'età del consenso vanno tutti nella medesima direzione. Qualche ingenuo - ammesso che di ingenuità ancora si possa parlare - dirà che mai la Chiesa potrà dirsi favorevole alla corruzione dei bambini, perché ciò contraddirebbe l'ininterrotto magistero cattolico; io mi limito a ricordare ciò che solo qualche anno fa si diceva a proposito dei cosiddetti «matrimoni» omosessuali, o sull'ordinazione delle donne, il celibato ecclesiastico, l'abolizione della pena di morte, e ciò che viceversa si afferma impunemente oggi, col plauso del mondo.
Quello che va segnalato nel Rapporto non è tanto ciò che esso contiene, quanto piuttosto ciò che esso tace e nasconde sotto una montagna di documenti e testimonianze, per quanto raccapriccianti esse siano. Molti giornalisti e moltissimi ecclesiastici erano a conoscenza della vita scandalosa dell'«uomo con il cappello rosso», ma cionondimeno lo consideravano machiavellicamente utile agli interessi del Partito Democratico espressione del deep state e del progressismo cattolico espressione della deep church. Scriveva il Washingtonian nel 2004: «Con un cattolico controverso nella corsa presidenziale [John Kerry, ndr], il cardinale è visto da molti come l'uomo del Vaticano a Washington - e potrebbe svolgere un ruolo importante nella selezione del prossimo Papa». Un ruolo da lui orgogliosamente rivendicato nel discorso tenuto l'11 Ottobre 2013 alla Villanova University e che oggi, con il cardinale Farrell assurto a Camerlengo di Santa Romana Chiesa su nomina di Bergoglio, potrebbe riconcretizzarsi. Dati i rapporti di fedeltà che si consolidano tra i membri della «Lavender mafia», è quantomeno ragionevole pensare che McCarrick sia ancora in grado di intervenire nell'elezione del Pontefice non solo grazie alla rete di amici e complici, alcuni dei quali cardinali elettori, ma anche attivamente nelle procedure del Conclave e nella sua stessa preparazione.
Potremmo stupirci se, dopo aver forse tentato di condizione i risultati elettorali nell'elezione del Presidente degli Stati Uniti, «qualcuno» cercasse di manipolare anche l'elezione del Sommo Pontefice? Non dimentichiamo che, come già rilevato da più parti, alla quarta votazione del secondo giorno, nell'ultimo Conclave emerse una irregolarità nel computo delle schede, sanata con una nuova votazione in deroga a quanto previsto dalla Costituzione Apostolica Universi Dominici Gregis promulgata da Giovanni Paolo II nel 1996.
È comunque significativo che, se da un lato McCarrick ora è estromesso dalle sue funzioni e risiede in una località segreta (dove peraltro egli può continuare indisturbato la propria attività para-diplomatica per conto del deep state e della deep church nelle anonime vesti di laico), dall'altro sono tutt'ora al loro posto, e anzi vengono promossi, quanti proprio grazie a McCarrick hanno fatto carriera nella Chiesa: tutti personaggi che egli ha favorito in ragione di un comune stile di vita e di comuni intenti; tutti ricattabili e ricattatori, per via dei segreti dei quali sono venuti a conoscenza grazie alla loro posizione; tutti pronti a tirar fuori nomi e circostanze e date, se solo qualcuno osasse toccarli. Alcuni potrebbero forse essere costretti a obbedire al signor McCarrick, se questi può tenerli sotto ricatto o corromperli con l'ingente denaro a sua disposizione, anche ora che non è più un Principe della Chiesa.
La «filiera» cui questo cardinale ha dato origine è oggi in grado - come vediamo - di interferire e operare nella vita della Chiesa e della società, col vantaggio di aver scaricato su un comodo capro espiatorio le colpe dell'intera «Lavender mafia» e di poter oggi apparire essa stessa come estranea alle accuse di abusi. Ma basta varcare i cancelli di Porta Angelica per imbattersi in personaggi impresentabili, alcuni dei quali sono stati chiamati in Vaticano per sottrarli alle indagini che pendevano su di loro all'estero; altri sono addirittura assidui di Santa Marta o vi svolgono mansioni dirigenziali, consolidando la rete di connivenze e complicità sotto gli occhi indulgenti del Principe. D'altra parte, l'enfasi sul ruolo moralizzatore di Bergoglio si infrange sulla cruda realtà che nulla è mai davvero cambiato dietro le alte Mura Leonine, vista la protezione di cui godono, tra gli altri, Edgar Peña Parra e Gustavo Zanchetta.
Giustamente alcuni commentatori hanno evidenziato un dato sconsolante: i delitti per i quali McCarrick è stato chiamato in giudizio riguardano solo gli abusi su minori, mentre i rapporti contro natura compiuti con adulti consenzienti sono tranquillamente accettati e tollerati, quasi siano da deplorare non gli atti immorali e sacrileghi della sodomia di un chierico, ma la sua imprudenza nel non averli saputi tenere nel segreto delle mura domestiche. Anche di questo, a suo tempo, si dovrà chiedere conto ai responsabili. Soprattutto in considerazione della sempre più palese volontà di Bergoglio di applicare un approccio pastorale lassista - secondo il metodo sperimentato di Amoris laetitia -in deroga alla condanna morale della sodomia.
La cosa paradossale che emerge dagli scandali del clero è che l'ultima preoccupazione del cerchio magico di Bergoglio è di dare giustizia alle vittime, non solo risarcendole (cosa che peraltro non fanno i colpevoli, ma le diocesi, con i beni donati dai fedeli) ma anche punendo in modo esemplare i responsabili. E si dovrebbero punire non solo i delitti riconosciuti come crimini penali dalle legislazioni degli Stati, ma anche quelli morali, a causa dei quali persone non minorenni sono state indotte in peccato grave da ministri sacri. Chi sanerà le ferite dell'anima, le macchie alla purezza di tanti giovani, tra i quali anche seminaristi e sacerdoti? Pare invece che si sentano vere vittime coloro che sono stati scoperti ed esposti all'esecrazione pubblica: essi si sentono colpiti nei loro interessi, nei loro traffici, nei loro intrighi; mentre vengono considerati colpevoli coloro che hanno denunciato gli scandali, quelli che chiedono giustizia e verità, a iniziare dai sacerdoti trasferiti o privati della cura d'anime perché avevano osato informare il loro Vescovo delle perversioni di un loro confratello.
Ma c'è un'altra vittima, completamente innocente, di questi scandali: la Santa Chiesa. L'immagine della Sposa di Cristo è stata infangata, oltraggiata, umiliata e screditata, perché chi ha commesso questi delitti ha agito sfruttando la fiducia verso l'abito che indossa, utilizzando il proprio ruolo di sacerdote o di prelato per irretire e corrompere le anime. Di questo discredito della Chiesa sono responsabili anche quanti in Vaticano, nelle diocesi, nei conventi, nelle scuole cattoliche e nelle organizzazioni religiose - pensiamo ai boy scout - non hanno estirpato sul nascere questa piaga, ma l'hanno anzi nascosta e negata. È ormai evidente che questa invasione di omosessuali e pervertiti è stata programmata e voluta: non si tratta di un evento fortuito che si è verificato solo per l'omissione di controlli, ma di un preciso piano di infiltrazione sistematica della Chiesa per demolirla dall'interno. E di questo risponderanno al Signore coloro ai quali Egli ha affidato il governo della Sua Sposa.
In tutto questo, tuttavia, i nostri avversari dimenticano che la Chiesa non è un insieme di persone senza volto che obbediscono ciecamente a mercenari, ma un Corpo vivo con un Capo divino, Nostro Signore Gesù Cristo. Pensare di poter uccidere la Sposa di Cristo senza che lo Sposo intervenga è un delirio che solo Satana può credere possibile. Anzi si accorgerà che proprio nel crocifiggerla, nel coprirla di sputi e di colpi di flagello come duemila anni fa crocifisse il Salvatore, egli sta siglando la propria sconfitta definitiva. O mors, ero mors tua: morsus tuus ero, inferne.
(3. fine)




