2023-03-11
«Il piano era inutile». Ma Speranza stesso ordinò di aggiornarlo
L’ex ministro diede ordine di revisionare lo scudo pandemico quando era ormai troppo tardi. Così, lo spacciò per inservibile.Ha provato a scaricare il barile in ogni modo, ma adesso le scuse sono finite. Roberto Speranza per anni ha raccontato che il piano pandemico non sarebbe servito contro il Covid, poi ha cercato di sostenere che non spettasse a lui aggiornarlo, poi ancora ha ribadito di aver affrontato la pandemia a mani nude, senza «un manuale di istruzioni». Peccato che qualcuno lo smentisca clamorosamente. Quel qualcuno si chiama… Roberto Speranza. Il 28 gennaio 2021 l’0rmai ex ministro (che in quel periodo era ancora in carica) viene sentito negli uffici del ministero della Salute dai pm bergamaschi nell’ambito delle indagini sulla gestione della prima fase della pandemia. Speranza fornisce la sua versione dei fatti sulla spinosa faccenda del piano, e si lascia sfuggire qualche dettaglio piuttosto interessante che siamo in grado di rivelarvi. Gli investigatori vanno subito al punto: Domanda: Signor ministro, può riferire quando ha appreso che l’Italia aveva un piano pandemico e chi l’ha informata?Risposta: appena diventato ministro, il 5 settembre 2019, tra i primi atti compiuto ho chiesto a tutte le direzioni generali del ministero di fornirmi lo stato dell’arte dei lavoro in corso nelle diverse direzioni. Il 9 settembre 2019 mi arriva nota, tra le altre del direttore generale della prevenzione, Claudio D’Amario, in cui si fa riferimento a un gruppo di lavoro istituito alcuni mesi prima per l’aggiornamento del piano pandemico influenzale, il cosiddetto Panflu. […]Domanda: Era stato informato che il piano non era stato aggiornato dal 2006? E quando?Risposta: La comunicazione del 9 settembre parla di lavori di un gruppo appositamente costituito presso la direzione generale della prevenzione, il cui obiettivo era di aggiornale il piano pandemico influenzale. Sapevo che c’era la necessità di adeguare il piano pandemico.Domanda: quali iniziative ha preso quando ha saputo che il piano non era stato aggiornato?Risposta: ho preso atto che vi era un gruppo di lavoro già istituito, prima del mio arrivo al ministero, per l’aggiornamento e non ho ritenuto di fare altro sul momento. Ecco il primo dato di fatto. Speranza era stato informato già nel settembre del 2019 della mancanza di un piano pandemico. Gli dicono che c’è un tavolo di lavoro aperto, e lui sui accontenta di questo. A quanto pare, il fatto che l’Italia fosse in ritardo di sei anni sulla normativa europea non lo preoccupava più di tanto. Viene da chiedersi come egli abbia potuto, in queste condizioni, affermare ripetutamente - a partire dal gennaio del 2020 - che il nostro sistema sanitario fosse prontissimo a qualsiasi evenienza. Come ben sappiamo, invece, non lo era, anche perché - spiegano i pm di Bergamo - non era stato attivato il piano, che avrebbe dovuto diventare operativo già a partire dal 5 gennaio del 2020, cioè non appena l’Oms comunicò l’esistenza di perniciose polmoniti in Cina. Sappiamo già quale sia la tesi difensiva: il ministro non sapeva o non riteneva che il piano pandemico potesse servire. La difesa, però, non regge. A Speranza qualcuno disse di attivare il piano: per la precisione gliene parlò Giuseppe Ippolito dello Spallanzani il 29 gennaio del 2020, proprio durante una riunione della famigerata task force voluta dal ministro stesso (un organismo che - lo abbiamo scritto ieri - era inutile e illegittimo). A confermarlo ci ha pensato, parlando con i pm, il dirigente del ministero Francesco Maraglino. Nella testimonianza di quest’ultimo leggiamo quanto segue: «Prendo atto che il dott. Ippolito, nel resoconto 29.1.2020, consigliava «di riferirsi alle metodologie del piano pandemico di cui è dotata l’Italia» e sul punto riferisco che all’interno della task force riferii del piano pandemico influenzale del 2006, pur vigente, era in corso di revisione». Capito? Glielo avevano detto, di aggiornare il piano. È a questo punto che la vicenda comincia a farsi molto, molto interessante. Che cosa fa Speranza quando - all’inizio dell’emergenza - gli ricordano che il piano va attivato e aggiornato? A raccontarlo è sempre Francesco Maraglino: «Fu chiesto dal ministro di riunione il gruppo di lavoro e dare una accelerazione ai lavori». Certo, il dirigente del ministero potrebbe anche dire il falso. Ed è qui che, di nuovo, ci viene in aiuto l’interrogatorio di Speranza. Speranza: «Vi è poi stata una mia sollecitazione affinché il gruppo di lavoro procedesse con maggior sollecitudine. Produco mail del 15.2.2020 di convocazione del gruppo di lavoro per il 18.2.2020, dalla quale emerge nel testo la mia sollecitazione, oltre ai nominativi del componenti. Tengo a precisare che la definizione di un piano pandemico influenzale è un atto complesso che vede coinvolti tantissimi soggetti: diversi ministeri, la protezione Civile, le regioni, Iss e molti altri riscontrabili dalla stessa mail».Domanda: «Signor ministro, perché questo piano pandemico non è stato adottato per rispondere alla pandemia?». Speranza: «Voglio dire, in premessa che il D.Lvo 165/2001, agli artt. 4 e 16 distingue le funzioni del ministro da quelle dei dirigenti; l’art. 16 comma b) asserisce che i dirigenti “curano l’attuazione dei piani, dei programmi e delle direttive generali”. Quando ho intuito che la pandemia era una cosa seria, ho costituito una task force con diversi soggetti, di cui mi sono avvalso. I miei dirigenti, mi riferisco in particolare al Direttore generale della prevenzione, D’Amario, ma preciso che le valutazioni erano frutto di un confronto tra tutti i componenti della task force da me individuali. La valutazione di fondo è stata che il coronavirus non era un’influenza, ma un virus diverso e quindi che non fosse sufficiente un approccio di tipo statico, cioè esclusivamente fondato su un documento, tra l’altro in corso di aggiornamento, ma che fosse necessario avvalersi di quel tavolo di confronto e di strumenti nuovi e diversi, più specificamente adattati al nuovo virus che ci trovava a dover affrontare. Infatti, ben presto i nostri organismi tecnici prima nella task force e poi nel Cts, valutarono la necessità di avvalersi e di definire un documento di approccio alla crisi del coronavirus specifico, come emerge dai verbali del Cts»Domanda: «Secondo lei si doveva o poteva utilizzare il piano pandemico per mettere in atto tutte le misure di prevenzione, sorveglianza, formazione e preparazione previste dal piano pandemico per attutire l’impatto di Covid?»Speranza: «Preciso che, ferme restando le differenze tra il Covid e l’influenza, alcune linee di principio connesse al Panflu sono riscontrabili nelle circolari del ministero, nelle direttive, a partire dalla dichiarazione dello stato di emergenza del 31 gennaio 2020, prevista nel piano pandemico per i casi di particolare gravità».Queste frasi sono semplicemente sconcertanti. Speranza dice che il piano non sarebbe servito contro il Covid. Eppure il 15 febbraio 2020 - dopo almeno due sollecitazioni - si premurò di chiedere personalmente che ne fosse sollecitato l’aggiornamento. Come è possibile? Se era davvero inservibile, perché ha chiesto di aggiornarlo? Qualcosa non torna. Proviamo a riepilogare, per mettere un poco d’ordine in questo caos. A settembre del 2019 Speranza viene informato che il piano va aggiornato, ma lui non si dà particolare preoccupazione in questo senso. A gennaio del 2020 il piano è datato e non viene attivato. Alla fine di gennaio viene istituita la task force anti Covid (illegittima), e durante una riunione al ministro viene detto che il piano va attivato. Lui comunque non lo attiva. Però diversi giorni dopo, il 15 febbraio, interviene di persona per strigliare il gruppo di lavoro che dovrebbe aggiornare il piano. Visto il quadro, a noi sorge un forte sospetto. Speranza non si preoccupò di aggiornare lo scudo anti pandemia quando avrebbe dovuto. Provò a farlo quando era ormai troppo tardi, e resosi conto di essere fuori tempo massimo ha finto che quel piano non servisse, inventandosi task force, comitati scientifici e consulenze varie. Ed è esattamente di questo che - politicamente - dovrebbe rendere conto quanto prima. (ha collaborato Matteo Lorenzi)